MARANELLO – «Credo che la squadra da battere sia ancora la Mercedes. Ha un gruppo consolidato, sa come costruire una macchina veloce, ha disponibilità economiche, competenze. E se dovesse incontrare difficoltà iniziali le supererà. Noi siamo un gruppo giovane, conosciamo i nostri obiettivi ma dovremo dimostrare di essere uniti nelle difficoltà. Non so se è proprio una preoccupazione, ma la tenuta va verificata»: così il team principal della Ferrari, Mattia Binotto, fissa gli obiettivi della stagione di Formula 1 a pochi giorni dal debutto, domenica a Melbourne. «Abbiamo una squadra che stagione dopo stagione ha dimostrato di crescere. Perchè ogni anno impara, anche dagli errori. E questo processo ci sta portando ad avere una monoposto sempre migliore», spiega in un’intervista al Corriere della Sera.
LA VETTURA – «Ha una stabilità aerodinamica importante, è prevedibile e costante a medie e alte velocità, con il vento laterale, in curva e nei rettilinei. È un elemento che abbiamo ricercato perchè era una delle difficoltà della vettura della scorsa stagione», ha detto a proposito della vettura. «Come lo abbiamo individuato? Con i riscontri fra galleria del vento e pista. Ci siamo spinti nelle simulazioni per far emergere problemi e ottenere una migliore correlazione dei dati».
I PILOTI – Vettel e Leclerc non richiedono metodi di lavoro diversi: «Il nostro impegno è dar loro un prodotto identico. È diverso l’approccio: Charles per noi è un investimento. Passa molto tempo con gli ingegneri per progredire al meglio. È anche una questione di linguaggio, deve acquisire il vocabolario necessario per comunicare perchè puoi anche essere sensibile, ma poi devi saper spiegare la macchina. Impara in fretta, è un tipo smart». Se potesse scegliere un pilota del passato, ingaggerebbe «Schumacher. Prima ancora di metterlo in macchina lo metterei in squadra. Perchè è un leader. Quell’avventura lì è irripetibile? No, e lo sta dimostrando la Mercedes. Il nostro obiettivo è spostare la palla dall’altra parte del campo: non siamo qui per vincere una stagione, siamo qua per aprire un ciclo», ha sottolineato. Difficile fare un paragone tra Lewis Hamilton e Schumi: «Sono due persone opposte. Nella personalità, nel talento e anche nel modo di guidare, in tutto. Se sento la responsabilità di aver accolto nell’Academy il figlio Mick? È solo un grande piacere, ci riempie di gioia averlo. Ma non mettiamogli fretta ed evitiamo i paragoni».
UNA NUOVA STAGIONE – Binotto, al termine del 2018 è stato vicino a lasciare la Ferrari: «Ritenevo di non essere più nelle condizioni di esercitare bene il mio mestiere, e l’ho reso noto. E che questa non fosse solo una difficoltà mia ma riguardasse tutto il gruppo anche perchè se un direttore tecnico non lavora al meglio, tutto si riflette su quelli che coordina. Sì, è vero: altre scuderie mi hanno cercato perchè la mia esperienza ha valore in F1. I nomi? Ma no, sono tifoso della Ferrari da quando ero bambino. Non ho mai pensato a un’altra squadra se non alla Ferrari».
IL RAPPORTO CON ARRIVABENE – «Lavorando qui da 25 anni ho avuto la fortuna di vivere anche momenti gloriosi con Todt, Brawn e Schumacher. E poi con Stefano Domenicali. Io ho sempre imparato da tutti, anche da Maurizio e di questo lo ringrazio», ha detto a proposito del suo predecessore, Maurizio Arrivabene. «Il rapporto personale è sempre stato buono. Mai un litigio. Le difficoltà riguardavano la visione, la gestione del gruppo o di un weekend di gara. Avevamo punti di vista differenti», ha raccontato.
GLI INSEGNAMENTI DI MARCHIONNE – Binotto, poi, parla anche degli insegnamenti che ha trasmesso Sergio Marchionne agli uomini della Ferrari: «Non porci limiti. Darci l’obiettivo di raggiungere l’impossibile. Era la sua motivazione costante, cercare di fare qualcosa che resti nella storia, personale o di questo sport. A volte ci stimolava magari in modo ‘violento’ ma funzionava. Diceva: «Tutto qui? Queste sono str…, bisogna fare il triplo’». Quando Marchionne l’ha promosso direttore tecnico è rimasto sorpreso: «È stato un passaggio completamente inaspettato. Mi aveva già promosso a capo dei motori nel 2014 ma credo che con la seconda nomina volesse rompere gli schemi, non solo qui alla Ferrari ma nella F1. Ha scelto un direttore tecnico che non ha mai progettato una vettura. È stata una scommessa che ha a che fare con questa organizzazione orizzontale, con la quale continuiamo a lavorare», ha spiegato.
LA NOMINA A TEAM PRINCIPAL – «Che io potessi diventare team principal se ne era parlato anche con Arrivabene. La nomina è stata una scelta dell’azienda. E sono grato alla Ferrari per la fiducia e la stima», ha continuato. «La cosa più difficile è concentrarsi sull’oggi ma anche sul dopodomani, organizzare una struttura pronta per le regole del 2021. Significa ritagliare del tempo a tutto il gruppo per guardare oltre. Quello che mi diverte di più è avere in mano le redini di questo gioco pur essendo consapevole che sono i miei collaboratori a poter fare la differenza».