Alberto Bucci ha salutato la sua Bologna. Ha salutato la sua gente e la sua Virtus. Ed erano tanti, alla camera ardente allestita alla Sala Tassinari di Palazzo d’Accursio. Dalle 9 alle 13, prima di partire per l’ultimo viaggio verso Rimini, una fila infinita di amici, persone che gli devono qualcosa e ne hanno incrociato l’esistenza, semplici conoscenti venuti per dare l’ultimo saluto a un grande uomo di sport e di vita, ha riempito il chiostro del Comune di Bologna. Una processione di amore e gratitudine.
C’è tutta la Virtus, naturalmente. Giocatori, dirigenti, staff societario, giovani e tecnici del settore giovanile, la Grande Famiglia al completo. C’è la Segafredo che ha legato il proprio nome a quello di una società che è nella storia della pallacanestro italiana, guidata da Massimo Zanetti in persona. Uno che Alberto ha avuto modo di conoscerlo bene, e di apprezzarne il carisma e la spinta vitale.
Ci sono i grandi amori di Alberto, accanto a lui. Rossella, la compagna di una vita, e le figlie Beatrice, Annalisa e Carlotta. Guardano sfilare il mondo bianconero, gli sportivi, gli appassionati, e il cuore si fa più lieve. C’è anche l’altra metà della Città dei Canestri, giocatori e dirigenti della Fortitudo venuti a fare la fila per onorare un gigante del basket. E il Bologna Football Club 1909, altra gloria del mondo sportivo di questa città, rappresentato dall’Ad Claudio Fenucci, arrivato molto presto di mattina per il suo abbraccio, e ancora Renato Villalta, Alessandro Abbio, Paolo Moretti, Flavio Carera, Marco Bonamico, Matteo Lanza.
Tra i mille volti quelli del presidente Fip, Gianni Petrucci, e di quello di Legabasket, Egidio Bianchi, e di quello di LNP Pietro Basciano. Di quelli che hanno ricoperto la stessa carica in Virtus, da Achille Canna a Alfredo Cazzola, da Paolo Francia a Claudio Sabatini. Di Romano Prodi con il figlio Giorgio, del Ct azzurro Meo Sacchetti, di Alessandro Ramagli, Pino Sacripanti, Walter De Raffaele, ma anche di amici di vecchia data come Dino Costa, Julio Velasco, Giorgio Comaschi, Marino Bartoletti, Gianluca Pagliuca, Andrea Mingardi. Un elenco interminabile: Marco Calamai, Stefano Tedeschi, Giancarlo Galimberti, Gianni Zappi, Mauro Di Vincenzo, Maurizio Ragazzi, Luca Ansaloni. E i grandi di qualche anno prima, da Gigi Serafini a Loris Benelli e Tojo Ferracini. Ancora, Virginio Bernardi, Claudio Pilutti, Davide Lamma, Gianni Nanni, l’ex rettore dell’Università di Bologna Ivano Dionigi, Gigi Terrieri, Tobia Righi, Fio Zanotti.
Brevi e intensi i discorsi di saluto, aperti da quello di Daniele Fornaciari, presidente di Fondazione Virtus, che ha ricordato che “Alberto è ancora qui, dentro di noi”. L’assessore allo Sport Matteo Lepore, presente insieme al Sindaco, Virginio Merola, e al vicesindaco Marilena Pillati, ha parlato a nome dell’amministrazione comunale. E Alfredo Cazzola, che non si è mosso dalla camera ardente dall’inizio alla fine, quando l’auto che portava il feretro ha preso la strada di Rimini, ha ricordato l’infanzia felice ai Salesiani, prima ancora degli anni di gloria in Virtus, e le promesse di un giovane e già grintoso ragazzo della Bolognina: “A diciotto anni ci disse: io farò l’allenatore di basket. Aveva già le idee chiare”.
All’una in punto, Alberto lascia la città dove è nato, cresciuto, dove ha imparato con forza d’animo un mestiere bellissimo, dove ha guidato la Virtus a prendersi la sua Stella, ed altri grandi traguardi. Riposerà nelle terre di Romagna che lo hanno accolto negli ultimi anni della sua vita. Quella in cui ha lottato una partita più grande e intensa di tutte le altre. In cui, come ci ha sempre ricordato, non ha vinto ma si è battuto da leone, e dunque non ha mai perso.