Ventuno anni, casertana. Segni particolari: intelligenza viva, fuori e dentro il campo, condita da una bella dose di carisma e grinta. E’ Emanuela Moretti, playmaker di Elite Basket Roma, alla sua prima travagliata stagione in maglia giallonera, cominciata in forte ritardo per colpa di un ginocchio birichino che l’ha tradita proprio nell’ultima gara di precampionato. Da allora ha lavorato duro, durissimo. Ed eccola là, di nuovo in campo in tempi record, pronta a rispondere alle nostre domande
Nove febbraio, Campobasso, due minuti dalla fine. Il tuo esordio stagionale, a quattro mesi e mezzo dall’infortunio. Che cosa hai provato quando il coach ti ha chiamato e nei primi movimenti in campo?
Eh, bella domanda…Se devo essere sincera mio rientro non era programmato il per quel giorno, quindi per me è stato tutto inaspettato, una valanga di emozioni che sinceramente ho fatto fatica a gestire, e che tuttora faccio fatica a definire. Mi sono sentita nello stesso momento felice, libera, ansiosa, spaventata, forte, a casa, fiera di me…Insomma potrei star qui a fare un lungo elenco ma niente renderebbe realmente ciò che ho sentito appena ho fatto anche solo il primo palleggio in una gara di campionato.
Quanto è stato duro recuperare? Quanto ci hai lavorato?
Per quanto ormai le nuovissime tecniche per operare e riabilitare l’infortunio del crociato rendano, inevitabilmente, più facile il recupero, è inutile negare quanto sia stata dura. La parte più difficile è sempre stata anche quella più “felice”, in un certo senso. Ogni piccolo passetto in avanti mi faceva sentire al settimo cielo ma volevo sempre di più, e quindi in un amen ritornavo a sentirmi frustrata e mai abbastanza pronta. Io ci ho lavorato veramente tantissimo: a casa da sola, con il fisioterapista, al palazzetto, ogni momento era buono per lavorare sul mio ginocchio. E per questo ci tengo a ringraziare veramente di cuore la società, sempre presente, che mi ha messo a disposizione tutto ciò di cui avevo bisogno, chi mi ha accompagnata lungo questo percorso riabilitativo, e chi è presente tut’ora, ma soprattutto chi ha sopportato e sopporta il mio carattere da eterna insoddisfatta.
“Averla in campo ti cambia la vita perché lei sa metterti in ritmo”. Sono parole di una tua compagna di squadra, che rivelano quanto la squadra ha fiducia in te. Ma allo stesso tempo è anche una bella responsabilità: come la vivi questa situazione?
Sinceramente devo dire che sin dai primissimi allenamenti della stagione ho subito avvertito questo senso di fiducia da parte delle mie compagne, e penso non esista situazione migliore in campo. Succede spesso che una giocatrice abbia un suo punto di riferimento e questo dipende molto da ciò che ciascuna di noi riesce a trasmettere alle compagne. Quindi, per quanto sia effettivamente una responsabilità, è una cosa molto naturale, viene da sé e deve renderti ancora più sicura, non spaventarti. Quando dico di sentirmi fortunata di esser parte di questa squadra mi riferisco proprio a questo: le mie compagne mi hanno “aspettata” e nonostante questi mesi fuori, ogni volta sento sempre la stessa fiducia da parte di tutte, che poi è una fiducia reciproca, perché anche io mi fido tantissimo di loro! Nonostante i tanti periodi difficili ho sempre creduto in noi.
In campo o sugli spalti non fa differenza, basta guardarti per capire che sei una giocatrice-squadra. Nel senso che lo score personale ti interessa poco rispetto al quadro generale. Come hai vissuto il recente periodo di appannamento, finalmente finito sabato scorso a Forlì?
Beh, non vincere per 2 mesi sicuramente rende tutto maledettamente complicato. Ho vissuto molto male quel periodo, così come tutte le mie compagne. È ormai da metà gennaio che il livello degli allenamenti è salito di molto e nonostante ciò non arrivavano i risultati. È difficile per chiunque fare sacrifici, lavorare a testa bassa tutti i giorni e non ottenere risultati. Ma credo che la vera forza sia stata la nostra perseveranza, il non tirarsi indietro nonostante il malumore quando, insieme, abbiamo capito che bisognava fare di più. Sabato a Forlì è andata così, sono usciti fuori i nostri limiti ma anche la nostra determinazione. Diciamo che mancava un po’ la miccia, che finalmente sabato si è accesa e che ci permetterà di lavorare con ancora più intensità e determinazione da qui fino alla fine del campionato.
Secondo te la vittoria in Romagna è stato un punto di svolta? Una vera ripartenza per un finale di campionato “a tutta forza”?
La vittoria di sabato è stata ossigeno puro. Una di quelle partite che giochi con la paura di fallire ancora e la voglia di rialzare la testa. Siamo stati bravi tutti a lottare fino alla fine, c’era negli occhi di ognuna di noi una determinazione diversa, sapevamo che dovevamo portarla a casa a tutti i costi. Io credo ci abbia dato una grande forza per ripartire adesso, cariche e ancora più concentrate per queste partite che ci aspettano.
Sei ancora giovanissima ma comunque è un bel po’ che giri l’Italia per giocare a basket. Che mi dici di Roma, ti trovi bene, sinceramente?
Sinceramente non mi aspettavo di restare così affascinata da Roma. Naturalmente ha tutti i problemi che hanno le grandi città, ma mi trovo molto bene qui e adesso che riesco a girare un po’ di più mi sto veramente rendendo conto di quanto sia una città così bella ed enigmatica allo stesso tempo.
Emanuela fuori dal campo. Che cosa fa quando non è impegnata con la pallacanestro?
Emanuela fuori dal campo è una ragazza molto semplice. Mi piace dedicare del tempo a me stessa, andare in palestra, studiare psicologia, scrivere, fare lunghe passeggiate da sola ascoltando musica…Poi amo guardare partite di pallacanestro e visitare Roma nei momenti in cui è meno affollata.