Di Agnese Valenti Continua il nostro viaggio nel mondo del tifo pallavolistico, organizzato e non, alla scoperta di un punto di vista fondamentale ma troppo spesso trascurato (specialmente in queste ultime stagioni) sul nostro sport preferito. Storia, idee e problemi delle tifoserie d’Italia in una serie di interviste esclusive. Questa volta a rispondere alle nostre domande è Andrea Bastaroli, responsabile degli Amici delle Farfalle, gli storici supporter della Unet E-Work Busto Arsizio. Ci può raccontare com’è nato il vostro gruppo? “Il gruppo nasce nel 2008: un paio di ragazzi hanno pensato di organizzare delle trasferte per seguire la squadra. Da lì ci siamo allargati, e negli anni successivi siamo molto cresciuti. Siamo partiti da poco, una semplice maglietta bianca con scritto ‘Amici delle Farfalle’: a mano a mano ci siamo organizzati meglio, con un direttivo, e abbiamo raggiunto anche le 500 unità. Siamo aumentati in numero e con coreografie sempre più impegnative e grandi. Attualmente dopo questi due anni di Covid, che sono stati una bella botta, abbiamo fatto un nuovo tesseramento a gennaio (era sospeso negli anni in cui siamo stati fermi) e siamo intorno alle 200-220 persone“. Foto Unet E-Work Busto A. Qualche ricordo particolare della sua attività da tifoso? “I momenti più belli sono stati quelli passati in compagnia. È sicuramente l’aspetto più bello. Il nostro principio è quello di essere come una famiglia: abbiamo persone di tutte le età! Un esempio sono i miei figli: la più piccola ha due mesi, 5 anni il medio e 22 anni la più grande. Fanno tutti parte della tifoseria. Abbiamo anche persone di 75-80 anni. Il nostro target di età è molto ampio: l’importante per noi è divertirci! La parte più bella sono le trasferte in bus: oltre la partita ovviamente, si passa del tempo insieme sul pullman, dove si mangia, si ride, si scherza… è sicuramente il momento più divertente. Ovviamente ci sono le partite, dove si va a tifare per la squadra, ed è anche quella una parte bellissima: c’è l’amore per la maglia, ci spostiamo con i megafoni, le bandiere, le coreografie. È un bel daffare, ci vuole lavoro ma anche tanta passione“. Foto Unet E-Work Busto A. Come si vive il tifo nella pallavolo? Trova che ci siano delle differenze con gli altri sport? “Io seguivo la pallacanestro, e mi sono reso conto che il tifo è differente. La pallacanestro maschile era più un tifo “da stadio”: invece, almeno nella pallavolo femminile, non c’è ancora questo genere di tifo. Io preferisco questo! È un tifo sano: ci può essere lo striscione goliardico e ironico, ma rimane nell’ambito del rispetto delle altre persone e delle altre tifoserie. In più, come tifoseria organizzata abbiamo sempre cercato di attirare anche le famiglie: il nostro tifoso è la famiglia! Nell’ambiente della pallavolo le famiglie sono sempre le benvenute“. Ha già citato le difficoltà legate al Covid-19: come avete vissuto il periodo della pandemia e la lontananza dai palazzetti? “È stato molto duro: oltre a seguire la nostra squadra, noi come tifoseria amiamo divertirci, ci piace stare insieme anche fuori dai palazzetti. Ci è mancato proprio il poter stare insieme. Per sostenere la squadra abbiamo tentato di tutto, addirittura delle ‘trasferte virtuali’, come se si organizzasse una trasferta normale, giusto per creare qualcosa per tenere unite le persone. Siamo andati un paio di volte, a fine 2020, fuori dal palazzetto a salutare le ragazze che avevano raggiunto la qualificazione alla Champions League: ma è mancato il contatto con la squadra. È stato difficile“. Foto Amici delle Farfalle Quali sono i principali problemi che devono affrontare i tifosi, al di là della pandemia? “Potrei scriverci un libro (ride, n.d.r.)! Abbiamo già pubblicato un comunicato in occasione delle Final Four di Roma, indirizzato alla Lega Volley. Dal quarto di finale, giocato il 3 gennaio, alle semifinali a Roma, organizzare in soli 5-6 giorni una trasferta, in cui bisogna stare almeno due giorni lontani da casa, con alberghi e tutto… posso assicurare che non è una cosa semplice! Specialmente quest’anno, con il periodo peggiore della pandemia in corso, la gente preferiva non spostarsi. Abbiamo fatto trasferte per la Coppa Italia anche con 200/250 persone, e trovare un albergo che andasse bene per tutti, un autobus e tutta l’organizzazione in pochissimi giorni è davvero molto difficile. Già di per sé la pandemia aveva invogliato la gente a non andare: in più abbiamo giocato i quarti a causa di alcune positività a Scandicci, appena due giorni prima delle Final Four. Alla fine abbiamo deciso di non andare come tifoseria organizzata, ma molti sono andati ‘privatamente’, per conto loro: per l’organizzazione di una manifestazione importante come le Final Four bisogna tenere in considerazione almeno una ventina di giorni di differenza tra quarti di finale e semifinali. Le tifoserie, in questi grandi eventi, sono anche parte dello spettacolo. Inoltre il posticipo della domenica sera, trasmesso su Sky, è impraticabile soprattutto per le squadre che sono in trasferta: è davvero una bastonata, in particolare se hai un bel po’ di chilometri di percorrere. Facendo tante trasferte, abbiamo anche notato che in alcuni palazzetti sono aumentati i prezzi dei biglietti: se la pallavolo è lo sport delle famiglie, dovresti invogliare le famiglie ad andare a vedere le partite. Se bisogna pagare biglietti o abbonamenti per una famiglia intera, diventa quasi impossibile sostenerne le spese, specialmente in questo periodo. Non capisco poi il meccanismo di tenere il costo del biglietto alto, e magari il palazzetto mezzo vuoto: a questo punto è meglio abbassare il prezzo! Non vorrei ci si avvicinasse sempre di più al calcio, con una maggiore disponibilità di partite in televisione o altre piattaforme: questo può invogliare meno persone ad andare al palazzetto. Il calcio se lo può permettere, perché ha un altro movimento di persone, ma la pallavolo, avendo meno seguito, si dà la zappa sui piedi“. Foto Amici delle Farfalle Pensa ci possa essere un allontanamento dei tifosi? “Io, che ho seguito quasi tutte le partite della UYBA, ho visto molti palazzetti vuoti quest’anno. Può essere anche che la gente abbia paura, a causa della pandemia, però spero che una volta passato questo periodo la gente ricominci a tornare nei palazzetti. Anche perché vedere le partite dal vivo è tutta un’altra cosa rispetto a guardarle in televisione! Se devo seguire su RaiSport l’anticipo del sabato sera di altre due squadre ovviamente, per amore della pallavolo, lo vedo volentieri: ma la mia squadra non riesco a seguirla in televisione, devo sostenerla dal vivo! Mi auguro che per il prossimo campionato ci siano delle idee per riempire i palazzetti come una volta. Bisognerebbe venire incontro ai tifosi, a coloro che vogliono venire a vedere la partita: ci dovrebbero essere più incentivi dalle società. Penso anche agli sponsor che vogliono investire: non ha senso investire in un posto deserto. Vedere il palazzetto pieno è tutta un’altra cosa!“. 1° PUNTATA – I Sirmaniaci (continua) LEGGI TUTTO