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    Aimone Alletti lancia Taranto: “Voglio riportare la Puglia dove merita di stare”

    Di Roberto Zucca
    La sua discesa in Serie A2 è stata accompagnata da un tripudio di saluti, soprattutto perché il suo approdo alla Prisma Taranto, terra pugliese e squadra corazzata quanto basta per presentarsi in lizza per la Superlega del 2021, è sinonimo di ambizione. Aimone Alletti sin dalle prime battute si è mostrato molto entusiasta della scelta fatta:
    “Sono stato accolto sin dalle prime ore con molto entusiasmo dal presidente Bongiovanni e da Elisabetta Zelatore che hanno obiettivi ambiziosi con la Prisma. Mi ritrovo assieme a un grande amico come Simone Parodi, con il quale faremo questo salto in A2, senza rammarico rispetto al fatto di non essere in Superlega”.
    Possiamo però dire che vorrebbe ritornarci velocemente?
    “(ride, n.d.r.) Certo! Non solo per un obiettivo personale ma per regalare ad una regione come la Puglia una piazza che si merita. Non sarà assolutamente semplice centrare l’obiettivo. Dopo la nostra presentazione, anche Castellana, nostra outsider e vicina di casa ha cominciato ad annunciare dei grandi nomi. Idem Siena, Bergamo e Cuneo, che si sono attrezzate per essere competitive anche quest’anno”.
    Non sarà facile però opporsi contro una Taranto che ha Alletti e Parodi come punte di diamante.
    “Be’, sicuramente chi si ritroverà davanti Taranto darà il 200% e saranno delle grandi battaglie contro molte compagini. Il livello della A2 negli ultimi anni è cresciuto molto, non solo perché sono diminuite le squadre di Superlega ma perché ci sono nuove squadre e graditi ritorni che scrivono dei bei progetti. Taranto è uno di questi”.
    Lo scorso anno lo ha vissuto in maniera molto particolare.
    “Sì. E posso dire che è un ricordo sempre più lontano. È arrivato tutto improvvisamente e trovarsi dalla sera alla mattina ad avere il 50% delle possibilità di dover interrompere la carriera è un qualcosa che all’apparenza può destabilizzare”.
    Mi dica la verità: ha davvero pensato che la carriera potesse finire da un momento all’altro?
    “Era una questione delicata. Nel senso che ho fatto accertamenti su accertamenti per scongiurare il pericolo. È stato un momento molto particolare. Mi ritrovavo a bordo campo a non potermi allenare di punto in bianco, e a casa a ripensare che avrei dovuto lasciare la pallavolo. È un periodo che a mente fredda mi è servito per rimettere in discussione le priorità della vita”.
    Cosa si porta dietro?
    “Intanto tutto il periodo, perché poco dopo il mio ritorno la pallavolo si è bloccata per l’emergenza Covid. In quel frangente è aumentata la mia consapevolezza che le cose importanti sono la mia famiglia, la salute di mia figlia. Poi il resto viene in secondo piano”.
    Perché è entrato nel board dell’Associazione Pallavolisti?
    “Perché credo ci fosse bisogno di un organismo a tutela di noi giocatori. E perché penso debba esistere un organo rappresentativo del nostro lavoro e della nostra professionalità. È un’associazione che nasce per accompagnare l’atleta in tutte le fasi, dall’inizio alla fine della carriera”.
    Lei, alla fine della carriera, ci pensa già?
    “Talvolta. Ma per ora non ho una strada ben definita. Mi piacerebbe rimanere nell’ambiente e seguire il dietro le quinte di questo sport in una società. Se così non fosse, mi piacerebbe lavorare in famiglia, magari in Liguria dove vive la famiglia di mia moglie. Se ne è parlato e i presupposti ci sono. Ora però mi prendo un po’ di tempo per scegliere. Ma nel frattempo torno in campo!”. LEGGI TUTTO

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    Federico Tosi cambia vita e sceglie Pontedera: “Voglio essere davvero… libero”

    Di Roberto Zucca
    Questa non è la storia di una semplice scelta pallavolistica. È la storia di una scelta di vita, che tocca la pallavolo in tutte le sue corde e in qualunque sfumatura essa rappresenti anche l’esistenza di una persona. È la storia di Federico Tosi, un ragazzo e un atleta eccezionale che negli ultimi anni ha vissuto lungo un filo rosso di emozioni, e di momenti, che oggi hanno come pista di atterraggio quella dell’Era Volleyball Project Pontedera, un’ambiziosa squadra di Serie B, nella quale Federico rappresenta la speranza per qualcosa di più di un semplice campionato di categoria.
    Federico, partiamo dalla scelta di Pontedera.
    “Una scelta fatta per una sola ragione: la serenità. Ho giocato un’ultima stagione a Calci, in serie A2, dopo aver disputato molti anni in Superlega. Mi sono riavvicinato a casa, ne ero felice. È la prima volta che tornavo a casa dai tempi di Santa Croce, dei miei esordi. È andata bene dal punto di vista personale, perché sono rientrato a pieno regime con un ottimo rendimento in crescendo, un po’ meno per il fatto che il campionato si è bloccato in un momento importante”.
    Le chiedo, se è d’accordo, di suddividere questa intervista in vari momenti. Il primo è chiederle del suo presente e del mercato di quest’anno.
    “Ho ricevuto una proposta dalla Superlega, di cui ero entusiasta, con una squadra del Nord. Ma che, a seguito del lockdown e del mercato che ha poi portato avanti, non si è concretizzata. Ho avuto poi una sola offerta da parte della A2 ma ho deciso di non accettare. Principalmente perché, dopo quello che ho passato negli ultimi anni della mia carriera, desideravo sposare una scelta col cuore e non solo per un ingaggio interessante o per una squadra di vertice. Volevo stare bene. Completamente”.
    Il presente. Pontedera.
    “Avevo semplicemente chiesto di allenarmi in estate, perché sono rimasto deluso dal mercato. Mi sono invece ritrovato una sera a cena qualche settimana fa a discutere con i dirigenti di un mio impegno. E di un cambio ruolo. Sarò schiacciatore, in serie B. La prendo come una sfida, non certo come un qualcosa di cui dovermi giustificare. È stata una scelta innanzitutto voluta, per continuare a giocare a pallavolo, anche se ho voglia di rimettermi in gioco come libero molto presto. È stata inoltre una scelta che mi ha semplicemente fatto sentire libero dai fardelli del passato”.
    Di cosa è stato prigioniero, Federico?
    “Della mia ambizione. E dell’aver vissuto male certe scelte della mia vita, certi momenti. Non ne ho mai parlato completamente, ma credo sia arrivato il momento, anche perché credo nel mio piccolo di poter far passare alcuni messaggi che nel mondo dello sport spesso vengono taciuti o messi in secondo piano”.
    Foto Lega Pallavolo Serie A
    Inizi lei.
    “Sono a Città di Castello dal 2012. Raggiungiamo la Superlega dopo una storica promozione. Il secondo anno sempre con amici come Matteo Piano e Jacopo Massari è stato altrettanto fantastico. Era il mio primo in Superlega e raggiungemmo i play off e tanti rimasero piacevolmente colpiti da quella stagione, perché a soli 22 anni giocai delle belle gare, tra cui il 3-0 contro Modena fuori casa. L’anno dopo invece, le cose non andarono così bene. Rinunciai, per il legame che avevo con la società, ad altre proposte e il terzo anno a Castello, che doveva un po’ essere quello della consacrazione, fu l’anno in cui venni travolto da tutto. Finì la stagione, ma nella mia testa l’errore, la fatalità di essere come sceso da un treno in corsa mentre tutti gli altri avevano proseguito il viaggio, mi ha destabilizzato”.
    Passò a Milano.
    “Fu l’anno in cui iniziò tutto. Ricordo che cominciai a pensare a quei momenti, e alle occasioni perse. Ricordo che mi portai dietro quel fardello ingombrante, e che qualcuno iniziò a notare che qualcosa non andava. Fuori dal campo soffrivo molto per quei pensieri e se c’è una persona che devo ringraziare per avermi fatto staccare è senza dubbio Federico Marretta, un compagno e un amico che da quei pensieri mi portò via e mi aiutò ad affrontarli anche solo con una chiacchiera e una condivisione. La stagione in sé fu molto buona, sia dal punto di vista tecnico sia per i risultati in campo che arrivarono, nonostante i tanti infortuni della squadra durante la stagione. Da parte mia ci fu qualche momento di instabilità che ha pesato sul giudizio della società e a fine stagione decisero di non confermarmi. Si diffuse la voce, messa in giro da qualcuno, che non ero in condizioni di stabilità perfette e questo mi danneggiò senz’altro”.
    Nonostante questo arrivò la chiamata di Perugia.
    “Una squadra che partì con la perdita momentanea di Atanasijevic. Era un dream team, che non garantiva i risultati sperati dalla società e dalla presidenza. Io e Andrea Bari fummo al centro di numerose critiche, perché gran parte di quelle mancate performance brillanti lo si attribuì alla scelta dei liberi. Commisi un errore che mi costò caro, ovvero quello di iniziare a curarmi troppo di ciò che leggevo sul mio conto. Soffrivo le frasi e la cattiveria che veniva fuori da qualche blog di settore, soffrivo le voci di un possibile mercato di riparazione, tanto che quando arrivò Bernardi, chiesi subito se volessero mandarmi via”.
    Ufficio Stampa Latina
    È vero che Bernardi la aiutò?
    “Moltissimo. È stato uno degli allenatori migliori che abbia potuto trovare sulla mia strada. Lollo mi disse che per lui andavo bene, anzi, che voleva valorizzarmi sempre di più, e che le sue scelte erano libere e mai viziate da imposizioni dall’esterno. Non sono stupito che la Sir abbia vinto tutto con lui. È un vincente e farà sempre di tutto per vincere. Parlammo a lungo dopo il suo arrivo e gli dissi che non stavo bene. Mi aiutò parlandomi di alcuni suoi momenti delicati vissuti in carriera, del supporto che i suoi maestri del tempo gli diedero. Arrivammo alla partita contro Trento e vincemmo 3-0. L’entusiasmo continuò fino ad una partita che ricordo molto bene”.
    Andata di Champions League. Avevate di fronte il Belgorod.
    “Entrai in campo per il riscaldamento molto carico ma andammo subito sotto 10-0 con due miei errori in ricezione. Fui sopraffatto da un attacco di ansia, e quando vidi Andrea Bari pronto per il cambio, ne fui completamente sollevato. È stato il primo vero momento in cui ho sentito franare la terra sotto i piedi. Ero contemporaneamente all’apice della carriera e vittima del peggiore momento psicologico della stessa. La partita successiva contro Modena, chiesi di far giocare Bari perché non me la sentivo di entrare in campo. Bernardi mi diede un periodo di riposo e anche per la gara di ritorno contro Belgorod rimasi assieme ad Ivan Zaytsev ad allenarmi a Perugia. Quella stagione fu l’inizio di tutto. Se potessi riaffrontare la gara di Modena con la consapevolezza del mio presente, mi creda, affronterei tutto in maniera diversa”.
    La stagione successiva arrivò la chiamata di Modena.
    “La definirei una montagna russa. Nel senso che fu un anno difficile per tutti. Sappiamo tutti come è andata a finire e quanti momenti no visse la squadra. Non fu un anno particolarmente complicato per me, quanto per il team. La durezza di Stoytchev e la fermezza del personaggio non aiutavano certo la mia fragilità del momento, ma non ero arrivato a Modena per giocare da titolare e quindi da quel punto di vista non sentivo la responsabilità piena in alcuni momenti. Che non mi abbandonarono di certo. Il mio angelo di quei momenti ha un nome: Bruno. Un ragazzo eccezionale che mi aiutò sempre, con la sua delicatezza, con il suo modo di essere coinvolgente, presente. Col fatto che durante la partita era coinvolgente con tutti.
    Eravamo un gruppo partecipe alla gara, titolari e non. Era capace di sfruttare un break e chiedere magari a me o Bossi un consiglio da utilizzare in partita. Lui, il più grande di tutti. Ecco, il valore di Bruno lo riconosci da quei momenti. E quel suo modo di fare era come il segnale che nonostante tutto, nonostante le scelte di un tecnico, la fiducia dei compagni ti accompagna sempre e ti è di grande supporto. Quell’aria respirata a Modena me la porterò dentro per sempre e il ricordo di Catia Pedrini e della gente è sempre vivo. Modena è sempre tanto per un giocatore. È una piazza bellissima e unica nel suo genere”.
    Ufficio Stampa Top Volley Latina
    Tubertini in quell’anno la venne a vedere e pensò a lei per Latina.
    “Mi seguì in qualche allenamento e mi propose per la stagione di due anni fa. Accettai. L’anno di Modena provai a buttarmelo alle spalle e mi lanciai in questa avventura. Fu un incubo, ma non da subito. Almeno non dal punto di vista psicologico. Ma l’ansia e i pensieri mi tenevano sempre più ancorato ai fantasmi del passato. Dovevo staccarmi. Per assurdo, stavo quasi meglio in palestra che a casa, posto nel quale venivo assalito dall’angoscia che qualcosa non stesse andando bene e che non ce l’avrei più fatta. Scoppiai, complice anche una ricaduta dell’infortunio che mi tenne fuori un mese l’anno prima a Modena. E qui ho avuto la fortuna di trovare una società che decise per il mio bene di lasciarmi allontanare e di sciogliere il contratto e un allenatore come Tubertini, che è stato eccezionale e che mi ha aiutato a trovare qualcuno con cui confrontarmi rispetto a tutto questo”.
    Questa persona si chiama Elena Di Chiara.
    “Fu lei a diagnosticare la mia sindrome da burn out. Con lei ho iniziato un percorso, perché da tutto questo non si viene fuori scacciando semplicemente i pensieri, bensì affidandosi a persone competenti, le quali ti accompagnano lungo una strada nella quale devi ritrovare la fiducia in te stesso, l’equilibrio perduto e devi anche rimettere assieme molti pezzi. Significa ripartire dagli errori, interpretarli, e ricostruire le proprie certezze”.
    Possiamo dire che si può guarire da tutto questo?
    “Sì. Io l’ho provato sulla mia pelle. C’è stato un momento in questa stagione nel quale ho capito che quelle pietre accumulate dentro il mio bagaglio le avevo ormai abbandonate lontano. Una partita contro Cantù. Vissi male tutta la settimana di preparazione alla gara, perché capitava nello stesso periodo in cui l’anno precedente decisi di lasciare Latina. Scesi in campo con la voglia di  giocare senza quei pensieri addosso e senza quella paura di fallire, di non essere all’altezza, che mi ha accompagnato per molti anni. Ci riuscii e mi buttai tutto alle spalle. Devo molto anche a Gulinelli, con il quale affrontai il discorso di ciò che avevo vissuto e che mi ha sempre supportato”
    Nel mondo dello sport si parla poco di tutto questo.
    “Un po’ per il pregiudizio e l’ignoranza sull’argomento. Sono stato anche io un problema e sono stato spesso l’oggetto dell’imbarazzo di alcuni. Ma ho conosciuto tanti atleti che sono stati vittime di tutto questo. Non sono solo i Micheal Jordan o le Serena Williams a combattere. E con i giusti strumenti le assicuro che può essere affrontato. Non come un problema, ma come un’opportunità di crescita”
    Le posso chiedere cosa si porta dietro dopo ciò che ha vissuto?
    “Ho imparato in primis a non dare importanza all’opinione poco costruttiva di qualche frustrato che usa i social o i blog per avere 5 minuti di notorietà. Ho imparato ad affrontare il giudizio. Fare il giocatore infatti ti rende soggetto a tutto questo ed è giustissimo doverlo affrontare; bisogna però imparare a distinguere un giudizio negativo ma rispettabile dalla cattiveria gratuita di qualcuno”.
    Lo sa che invece in molti hanno salutato positivamente la sua scelta di Pontedera?
    “Sono fortunato ad aver avuto una famiglia che è stata pronta a riaccogliermi a casa durante lo scorso anno. Una moglie, Veronica, che mi è stata vicino in tutto questo tempo. Mio fratello Lorenzo e mia sorella Alessandra, che mi sono stati accanto sempre. E degli amici, nomino fra tutti Marco Falaschi, ma sono stati davvero tanti, che hanno sempre creduto che da tutto questo potesse venirne fuori un Federico migliore, più forte. Ora sto bene e le posso dire che quello che le ho raccontato è dentro una stanza. Chiuso. Lontano da me”.
    Sta bene ora?
    “Molto. Se il prezzo per tornare in alto sarà quello di scendere di categoria e cambiare ruolo lo accetto e riparto proprio da qui. Con il desiderio di tornare dove ero ma con un occhio sempre molto vivo sul Federico inteso come persona e non solo come Federico il giocatore”. LEGGI TUTTO

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    Federico Marretta ha scelto Lagonegro: “Mi sono autoimposto di giocare”

    Di Roberto Zucca
    La scelta è tra quelle che hanno più sorpreso e alimentato l’entusiasmo del mercato di serie A2. Federico Marretta è la punta di diamante della nuova Rinascita Lagonegro, annunciato come l’acquisto che potrebbe portare il contributo determinante ad una formazione che pensa in grande:
    “E aggiungo che mi ha fatto molto piacere. Mi sono autoimposto per questa stagione di giocare da titolare. Avevo comunicato la mia decisione anche a Verona e da qui la scelta di trovare più spazio in una formazione come Lagonegro”.
    Dispiaciuto di aver lasciato Verona?
    “È stata una bellissima storia durata tre anni. Una storia con la quale sono cresciuto molto e nel corso della quale ho avuto modo di giocare a grandi livelli in una società ambiziosa, seguito e allenato da tecnici che mi hanno dato delle visioni nuove e interessanti. Penso anche a Rado (Stoytchev, n.d.r.), con cui ho iniziato a dare valore anche al lato statistico. Ringrazio Verona di cuore, ma era tempo di nuove scelte”.
    Mi dica quanto le costa lasciare la Superlega.
    “Ovviamente sono dispiaciuto, più per la dimensione che lascio che per il valore del campionato. Arrivo in una Serie A2 che ancora devo conoscere e sperimentare, ma nella quale leggo quotidianamente di acquisti importanti e di squadre ben attrezzate. Penso a Taranto e Castellana, altre squadre del Sud che si sono rinforzate molto”.
    È vera la storia di una proposta del cambio ruolo ai tempi di Verona?
    “Sì, avrebbero voluto che diventassi libero. Me lo propongono da anni perché, a sentire gli allenatori, è un ruolo a me congeniale. Mi dissero che da libero avrei potuto anche giocarmi una finale di Champions, sintomo del fatto che credevano in me per questo ruolo. Per ora la valuto come una cosa prematura. Magari più avanti. Ora mi butto in questa nuova avventura”.
    Obiettivi di Lagonegro?
    “Io dico che potrebbe dire la sua. Fabroni, Spadavecchia, Mazzone, lo stesso opposto Tiurin sono tutti giocatori importanti che hanno alle spalle una bella esperienza nella serie. Abbiamo un tecnico, Gianco D’Amico, con cui ho curiosità di giocare e che avrà tutto l’entusiasmo di chi è alla prova del nove come primo allenatore”.
    Cosa porta Marretta nella nuova avventura in A2?
    “Il bagaglio acquisito in questi ultimi anni, sia dal punto di vista tecnico, che professionale. Ho ribadito di essere a disposizione della società anche con i giovani. Spero che il mio arrivo porti valore in tal senso”.
    Professionalmente, sarà un anno di cambiamenti?
    “Sicuramente rappresenta uno spartiacque anche in vista dei prossimi anni. Avrò una consapevolezza diversa e affronterò fisicamente e mentalmente il campionato in un’ottica di maggiore responsabilità. Cerco delle risposte da questa stagione e voglio darne altrettante”.
    Un ritorno al Sud. Alla soglia dei 30 anni si sente il richiamo delle origini?
    “In realtà i miei familiari ora saranno a sei ore di macchina da casa mia, quindi non proprio dietro l’angolo. Però, se mi chiede del richiamo, le posso dire che la volontà di avvicinarmi sempre più a casa ho iniziato ad avvertirla. Se poi aggiungiamo la consapevolezza di avere in Sicilia la famiglia, gli amici e parte della mia vita, il dado è tratto. E poi nei prossimi anni vorrei provare a capire e immaginarmi il mio futuro qui”.
    Come la immagina la sua seconda vita oltre il volley?
    “Abbiamo lo studio medico di papà che noi fratelli vorremmo continuare a portare avanti. Ognuno di noi dovrebbe ritagliarsi la propria fetta di clientela e io dovrei dedicarmi alla riabilitazione. C’è ancora tanto tempo davanti, ma la mia seconda vita per ora la immagino così”. LEGGI TUTTO

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    Filippo Vedovotto punta all’en plein con Castellana: “Dobbiamo alzare l’asticella”

    Di Roberto Zucca
    Una conferma voluta e attesa da tutti i tifosi pugliesi. Filippo Vedovotto vestirà anche per la prossima stagione la maglia della New Mater Castellana, che si prepara alla nuova A2 con una formazione molto ambiziosa:
    “L’idea di concludere un percorso iniziato lo scorso anno è alla base della scelta di restare a Castellana. Il virus ha fermato non solo il campionato ma la nostra intera quotidianità, e quest’anno si spera di ripartire nel migliore dei modi. Mi è spiaciuto molto non terminare la stagione lo scorso anno, in primis perché eravamo in corsa per i play off e ce la potevamo giocare con le altre”.
    Ha dichiarato che la formazione del prossimo anno è altrettanto ambiziosa.
    “Oltre a quelli già annunciati, ci sono dei nomi fortissimi che rinforzeranno ancora di più l’organico. Quindi confermo, è una squadra ambiziosa come lo scorso anno e sono molto felice di farne parte. Lotteremo sicuramente per qualcosa di importante”.
    Obiettivo?
    “(ride, n.d.r.) Campionato e Coppa ovviamente! A parte tutto, confermare il buon andamento dello scorso anno e anche di più. Dobbiamo sempre alzare l’asticella e puntare a qualcosa di ambizioso, altrimenti gli stimoli dove si troverebbero?”.
    Un’altra formazione, Taranto, torna prepotentemente sulla scena in A2.
    “Ha fatto un mercato importante e sicuramente avrà i nostri stessi obiettivi. Sono tra quelle persone che pensa che anche gli stimoli esterni contino molto, e avere di fronte compagini così ben assortite è solamente uno stimolo per noi atleti. Credo che anche con Siena e Cuneo, che leggo fare delle belle squadre, si giocherà un bel campionato”.
    La Puglia ‘rischia’ quindi di essere la protagonista?
    “Beh, speriamo. È una regione che come poche altre ha un largo bacino di utenza della pallavolo. È una delle regioni calde della serie A, e avere qualcuno che la rappresenti in Superlega è un giusto riconoscimento a quanti ogni anno scelgono di investire in questo sport e nelle città del volley”.
    Quando si ricomincerà?
    “Tra qualche settimana. Per ora mi godo ancora qualche giorno di vacanza in Toscana, dalla mia compagna, e poi saremo pronti a ripartire”. LEGGI TUTTO

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    Andrea Mattei non lascia Reggio Emilia: “Proviamo a riscrivere il finale”

    Di Roberto Zucca
    Il senso di continuità. C’è questo dietro la scelta di Andrea Mattei di prolungare il suo contratto e la sua avventura alla Conad Reggio Emilia. E il suo entusiasmo, talvolta contagioso, è ciò che forse serve a questa squadra di giovani per risalire la china in vista del prossimo difficilissimo e inedito campionato di A2 post-Covid:
    “Sì, è vero. Ho scelto la continuità e ho scelto di proseguire un progetto iniziato lo scorso anno. Diciamo che non amo vivere le cose a metà, e se lo scorso anno avremmo forse dovuto vivere un finale difficile, quest’anno vorrei avere la presunzione di riscriverlo”.
    Il rinnovo è arrivato subito. È un buon segno?
    “La società mi ha cercato molto e ci teneva a riavermi anche per questa stagione: da giocatore credo che non ci sia niente di meglio per avere riconosciuto il proprio valore. Ho avuto modo di confrontarmi con coach Mastrangelo e con le sue idee. Sono molto curioso della ripresa”.
    Volti nuovi nella Reggio Emilia del prossimo anno?
    “La società sta lavorando sia sulle conferme, penso all’ottimo Ippolito, sia ai nuovi innesti come ad esempio Loglisci. Ci saranno degli innesti di valore e delle conferme che ci permetteranno di affrontare il campionato con coach Mastrangelo e sono certo verrà fuori un ottimo lavoro”.
    Obiettivi della Conad?
    “Fare un buon campionato e trovare la continuità. È quello che è mancato lo scorso anno e sono sicuro che, dopo aver faticato la scorsa stagione, quest’anno saremo tutti più consapevole di noi stessi e della squadra che andrà a formarsi”.
    Lo scorso anno è stato protagonista del mercato di metà stagione. Si è parlato di un suo approdo a Milano. Quanto c’era di vero?
    “Il contatto c’è stato. Erano molto interessati ad avermi con loro per il proseguimento della stagione e sinceramente ricevere attenzioni da un club come Powervolley mi ha lusingato molto. Poi non si sono trovati gli accordi e dopo pochissimi giorni è scoppiata la pandemia e i campionati si sono fermati”.
    Occasione persa?
    “Le dico in tutta onestà che non mi sento ancora così pronto a fare l’analisi delle occasioni perse della mia vita. Ci sono treni che ho preso, treni che ho perso, errori fatti e traguardi importanti. Nella mia carriera c’è un po’ di tutto. È un’occasione, punto. Si va avanti. Sono sicuro ricapiterà in futuro, anche perché la strada è ancora lunga”.
    Quando è prevista la ripresa?
    “I primi di agosto torneranno in palestra. Io nel frattempo proseguo con il lavoro quotidiano, anche perché, dopo mesi in cui siamo stati costretti dal virus a fermarci e al massimo allenarci in casa, adesso posso passare un po’ di tempo a fare lavoro in outdoor. In queste settimane mi alleno in spiaggia e sono molto carico per il ritorno con la squadra in quel di Reggio”. LEGGI TUTTO

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    L’intervista a Giulio Sabbi, a Piacenza per completare il dream team

    Di Roberto Zucca L’entusiasmo è il suo integratore. E ora che è tornato in Italia per disputare i playoff a Piacenza, Giulio Sabbi ha la carica giusta per affrontare la sua nuova sfida dopo un magnifico scudetto conquistato nel difficile campionato cinese: “Bello tutto. Una grande accoglienza da parte del pubblico e da parte della […] LEGGI TUTTO

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    Top & Flop SuperLega: Leon, senza parole. Juantorena trascina la Lube. Siena, che peccato! Il ritorno dello Zar

    Foto Itas Trentino Di Roberto Zucca Si avvicina la fine della regular season e la Superlega non regala nessun risultato a sorpresa ma consolida solo la sua griglia playoff di partenza.Nelle gare del sabato successi scontati per Civitanova su Milano e di Perugia sulla bella Padova. Nella giornata di domenica, vittoria sofferta per Modena contro […] LEGGI TUTTO

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    Simone Parodi: “Nazionale? Io ci credo!”

    Paola Libralato Di Roberto Zucca C’è un’immagine che riassume il percorso fatto da Simone Parodi durante questa stagione: è quella di un bagher pubblicato sulla sua pagina Instagram. Un’esecuzione perfetta, figlia di una scuola, quella di Cuneo, che nelle mani e nelle braccia di Simone ha lasciato una tecnica e un’armonia di esecuzione che oggi […] LEGGI TUTTO