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    Davide Saitta, bentornato al Sud: “Non sottovalutate la Tonno Callipo”

    Di Roberto Zucca
    È stato spesso al centro delle cronache non solo per la sua carriera pallavolistica fatta di vittorie e di soddisfazioni, bensì per l’uomo e la voce che è stato capace di imprimere alle sue battaglie, in primis quella riguardante il diritto alla festività del Natale. Succede infatti che Davide Saitta lo scorso anno scriva una lettera direttamente al Pontefice perché la sua squadra, la Consar Ravenna, è costretta da impegni di calendario a giocare in data 25 dicembre contro la Itas Trentino. Nessun diritto quindi per gli atleti delle due squadre di trascorrere la festività con le proprie famiglie in un giorno, che è anche sofferenza per chi in quelle giornate è costretto dal campionato a dover scendere in campo:
    “Molti mi ricordano per questa battaglia e devo dire che il risultato è stato inaspettato. Papa Francesco ha risposto al mio appello mostrandomi la sua vicinanza e il suo appoggio. Conservo la risposta tra le cose più care e sono grato a coloro che gli hanno fatto ascoltare la mia voce e la mia richiesta”.
    Per molti suoi colleghi il Natale è una festività come altre. Lei ne ha evidenziato in primis il carattere religioso.
    “Indipendentemente dal significato che può avere per chi possiede una fede cristiana o meno, è un appello che ho reputato fare perché come atleta e professionista di questa disciplina sento l’esigenza di trascorrere le festività del Santo Natale con la mia famiglia, andando a messa, e celebrando ciò che la mia religione professa. Non vuole essere un sottrarsi agli impegni previsti dalla pallavolo, bensì un diritto che molti lavoratori hanno ottenuto col tempo”.
    Posso chiederle se il suo rapporto con la fede è stato oggetto di critiche o di malcontento negli anni scorsi?
    “Assolutamente no. C’è stata una fase giovanile in cui la mia esigenza è stata oggetto di scherno da parte di qualche compagno di scuola o delle giovanili, ma nell’ambito dell’innocenza. Quindi non ci sono mai rimasto male per questo”.
    C’è stato qualche fattore o accadimento che le ha fatto incontrare la fede?
    “La famiglia. Faccio semplicemente parte di una famiglia cristiana, che crede in Dio e in Gesù Cristo morto e risorto, e che sulla base di questo ha fondato l’educazione dei suoi quattro figli. Ed io spero di essere allo stesso modo un buon esempio per i miei figli”.
    Foto Ufficio stampa Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia
    Intanto congratulazioni. Qualche giorno fa è diventato padre di Giuseppe, il secondogenito di casa Saitta.
    “La ringrazio. Mi spiace non avere la possibilità di stare di più con lui e col resto della famiglia, ma di comune accordo abbiamo deciso che mia moglie Nicoletta rimanga a Brolo con Noemi e Giuseppe e i nonni. Ho avuto il permesso della società di partire dopo la partita di Modena e di andare a trovarlo, anche se con le misure Covid ho potuto vederlo solo alla sera dall’incubatrice. Tutto ciò non ha tolto però l’emozione del momento”.
    Veniamo a Vibo e al perché di questa scelta.
    “Il mio progetto a Ravenna si è concluso senza strascichi, ma con la fortuna di aver militato per due anni in una bellissima realtà. Il presidente Callipo mi ha cercato e voluto, e sono molto contento di aver scelto Vibo perché è una realtà altrettanto bella, fatta da un uomo, Pippo Callipo, che vuole molto bene alla pallavolo e che per questo sport ogni anno cerca di fare il massimo”.
    Vibo è una squadra dalle mille incognite ogni stagione. Saitta potrebbe essere l’uomo della Provvidenza?
    “(ride, n.d.r.) Ci sono anni in cui, come tante squadre non di vertice, ha fatto più fatica ad imporsi ma ha sempre fatto delle ottime squadre. Quest’anno penso di far parte di una squadra tutt’altro che sottovalutabile. Lo abbiamo dimostrato nella partita con Milano, ma penso sia in generale il leit motiv di tutto il campionato. È un tutti contro tutti in cui le sorprese possono arrivare ogni domenica. Adesso ci aspettano sfide importanti e già nei prossimi incontri avremo degli scontri diretti con le nostre concorrenti”.
    Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia
    Ha dichiarato che lei ala lotta per la salvezza non crede.
    “No non sono uno che condanna una squadra solo perché non sta tra le prime quattro della classifica. Vibo ha enormi potenzialità così come Padova, Verona, Ravenna hanno allestito squadre competitive. Pensiamo a Verona che a Trento ha fatto una partita stupenda. Capisco che Civitanova, Trento, Perugia e Piacenza hanno fatto un grande mercato, ma il resto della Superlega non è stata certo a guardare”.
    Nella gara contro Milano ha esaltato Aboubacar e Chinenyeze. A Ravenna ha fatto la stessa cosa con Russo e Rychlicki.
    “Non avevano bisogno di me, perché i giocatori che mi ha nominato sono dei grandi talenti. Detto questo il mio ruolo è anche quello di valorizzare delle individualità. Se qualcuno col mio lavoro è riuscito poi ad emergere, mi fa solo che piacere. C’è tanto merito nella carriera di questi ragazzi“.
    Le piacerebbe rimanere nell’ambiente e magari diventare una guida per i giovani di domani?
    “Sì, ma è troppo presto per pensare al futuro. Io sono uno ancorato al presente. Qualche pensiero anni fa lo feci, anche perché mi piacerebbe far fruttare la mia laurea e i miei studi. Penserò però tra qualche tempo al come e al quando”. LEGGI TUTTO

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    La grande occasione di Giulio Pinali: “Ma per me non è l’ultimo treno”

    Di Roberto Zucca
    A Bologna, solo qualche anno fa, Giulio Pinali e suo fratello Roberto indossavano una maglia, quella della Zinella, che nel mondo della pallavolo emiliana ha più di un ricordo storico. Poi la chiamata arrivò dalle giovanili di Modena, per entrambi. E da allora la storia dei due fratelli è nota. Roberto milita in A3 con la maglia di Motta di Livenza. Giulio è rimasto invece nella sua Romagna e ha indossato una maglia, quella della Consar Ravenna, carica di sogni e responsabilità:
    “Ho conosciuto vari atleti che hanno militato a Ravenna e di questa società mi hanno parlato molto bene. Ho trovato la voglia di fare, l’entusiasmo, la spinta per osare quel qualcosa in più che voglio da questa stagione. E ho firmato con piacere buttandomi in questa avventura”.
    Ravenna, negli anni, ha saputo regalare sorprese al campionato. Ci proverà anche quest’anno con Pinali?
    “La volontà c’è tutta. Siamo una squadra molto giovane, ma oserei dire promettente. Ci sono ottimi elementi e altrettanti ragazzi che vogliono fare bene in Superlega. Mi piace vedere che siamo tutti spinti da un grande entusiasmo”.
    Ha dichiarato che l’esordio con Piacenza è stato meglio del previsto.
    “Da parte loro vedevo molta pressione. Hanno cambiato e investito moltissimo sui grandi nomi e sono un’ottima squadra che volendo, potrà occupare le parti alte della classifica. Noi abbiamo pagato l’emozione dell’esordio, ma in Coppa Italia abbiamo avuto la meglio contro di loro. Diciamo che questa Consar può dare fastidio a molti”.
    Foto Lega Pallavolo Serie A
    Da Ravenna ogni anno ci si può aspettare di tutto?
    “Quando si crea un’alchimia, poi è facile fare bene. Credo sia anche legato al fatto che l’innocenza degli esordi e il non aver nulla da perdere contro squadre molto titolate ti possa portare a fare più di quello che avevi preventivato. Ravenna è sempre stata una piazza ostica. Adesso che mi ci trovo dentro, voglio contribuire anche io a renderla inespugnabile”.
    È stata una scelta irrinunciabile quella di lasciare Modena?
    “È stata una scelta ragionata e ponderata. Anni fa chiamarono me e mio fratello Roberto nelle giovanili e iniziammo un percorso che personalmente mi ha dato molto. Quest’anno volevo una squadra che mi desse la possibilità di giocare e di esprimermi con continuità. Bonitta ha saputo trasmettermi le leve giuste ed eccomi qui. Modena è una parte della mia storia che rimarrà sempre importante”.
    Vedendola da fuori negli scorsi anni è sembrato che lei abbia vissuto molte pressioni.
    “Sono più quelle che pensano di percepire gli altri dall’esterno di quelle che un atleta vive. Ho cercato di fare ciò che mi è stato chiesto e di essere a disposizione nei momenti che lo richiedevano. Se c’erano altre aspettative su di me? Non credo. Ho lavorato tanto e ora voglio cercare di raccogliere i frutti di quel lavoro”.
    Qualcuno ha detto che lei è un incendio che ancora deve esplodere.
    “Beh, credo che ci siano più che altro delle prove a cui devo essere sottoposto. Cercherò di cogliere le occasioni che mi presenteranno davanti. Quello è sicuro”.
    Posso chiederle come vive il tema di Tokyo sì o Tokyo no?
    “Con molta serenità. Comprendo che sia un anno importante per me e ce la metterò tutta per fare sì che le persone che debbano fare delle scelte sul mio conto possano farle in senso positivo. Ma non sono uno che vede Tokyo come l’ultimo treno da prendere. Se c’è una cosa che ho imparato in questi anni è il valore del tempo. Le Olimpiadi per me rappresentano l’occasione più importante della mia carriera. Cercherò assolutamente di arrivare a centrare quell’obiettivo”.
    Di lei si pensa sia uno tutto casa e pallavolo.
    “Forse perché, anche quando non sono in campo, il pallone mi segue. Forse perché anche con mio fratello, quando ci vediamo, giochiamo spesso e facciamo dei tornei di green volley anche assieme alle nostre compagne? Non so. Sicuramente a casa mia la pallavolo ha avuto un ruolo importante sin dall’infanzia”.
    Eleonora, la sua compagna, le dà filo da torcere in campo?
    “(ride n.d.r.) Ci siamo conosciuti perché suo fratello era un mio compagno di squadra. Diciamo che in campo è una che non si risparmia. Peccato che quest’estate è andata k.o. per un infortunio al ginocchio. Altrimenti ci sarebbe stato da divertirsi”. LEGGI TUTTO

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    Swan Ngapeth è tornato a casa: “Metterò a frutto quello che ho imparato in Italia”

    Di Roberto Zucca
    Il destino, talvolta beffardo, si presenta alla porta di una carriera facendo un giro tale che è difficile prevederne l’esito. È così che da poche settimane il destino di Swan Ngapeth si ritrova ancorato al suo paese d’origine e alla città che meglio lo rappresenta, Poitiers, nella quale Swan ha deciso di proseguire il suo percorso pallavolistico con la maglia dello Stade Poitevin:
    “Ho deciso di accettare la sfida dello Stade dopo essermi confrontato con il tecnico Brice Donat, con cui abbiamo giocato assieme per alcuni anni e che già mi aveva allenato in passato. Ho detto sì con entusiasmo, non solo perché Poitiers per me è casa, ma anche perché possiamo fare tutti assieme un bel campionato”.
    La Ligue A. Noi la aspettavamo in Italia.
    “Dispiace aver lasciato un campionato così bello, che mi ha regalato molte emozioni dentro e fuori dal campo. Dopo l’ultimo campionato a Vibo ho avuto subito il sentore che sarebbe stato difficile rientrare in Italia anche per questa stagione, nonostante ci abbia sperato fino all’ultimo. La mia fidanzata gioca in Italia e mi mancherà non poterla vedere come succedeva quando vivevo lì. Questo però non vuole dire che l’estero è una seconda scelta. Credo che, dopo aver giocato per così tanti anni in un paese e aver trovato amici e compagni di squadra e società con cui mi sono trovato bene, si abbia voglia di continuità”.
    A proposito di amici. Mi ha colpito il rapporto, che lei definisce di fratellanza, con Nimir Abdel-Aziz.
    “Ha fatto un esordio strepitoso con Trento e ho molto tifato per lui. I compagni di squadra vanno e vengono. Le quotidianità spesso si azzerano perché si cambia squadra. Siamo, d’altronde dei viaggiatori, e cambiamo annualmente gran parte del nostro vissuto. Lui e alcuni altri rimangono dei punti fermi”.
    In Francia che ambiente ha trovato?
    “Giovane, sfidante, entusiasta. Sono il terzo più anziano, cosa che non mi era ancora capitata. Quindi un po’ sto diventando grande e un po’ ho scelto di giocare in una squadra anagraficamente più giovane rispetto alla mia età. Penso sia uno stimolo. Ci sono elementi molto validi, penso a Pajenk, Raffaelli, che hanno militato anche nel campionato italiano. Lo Stade potrà togliersi delle belle soddisfazioni”.

    Si è cominciato con le finali di Coppa annullate causa Covid-19.
    “Avremmo dovuto giocare in semifinale contro Tolosa, ma sia loro, sia Parigi avevano giocatori positivi e la Federazione ha deciso di giocare direttamente la finale tra noi e Tours. I nostri avversari però non se la sono sentita di giocare, a causa dell’aumento dei casi di Covid-19. Capisco che purtroppo dovremo convivere con questo virus. Speriamo che il proseguimento del campionato sia meglio delle premesse”.
    Gli obiettivi di Swan Ngapeth per questa stagione?
    “Raccogliere ciò che ho seminato in Italia in tutti questi anni. È un anno particolare, nel quale devo riuscire a mettere tutto quello che di meglio gli anni di Modena, di Latina e Vibo mi hanno lasciato. Sono molto determinato”.
    Ritrova, dopo anni, la vicinanza con la sua famiglia. Quanto ha inciso sulla scelta?
    “Riavvicinarmi a casa è sicuramente positivo per stare vicino alla mia famiglia e agli amici di sempre, anche se ormai mi ero completamente abituato a vivere lontano da casa. La più felice è mia madre che per anni mi ha chiesto ‘Ma perché non torni a casa?’. Non che le madri francesi, quindi, siano molto diverse dalle mamme italiane!”
    Chiudiamo con suo fratello Earvin. Ha ascoltato il suo ultimo disco?
    “(ride, n.d.r.) Altroché! Ho avuto modo di ascoltarlo in anteprima. È un disco molto bello, molto in stile Ngapeth. Se ne parlerà, glielo assicuro!” LEGGI TUTTO

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    Matteo Varnier, leggenda del beach azzurro: “Le Olimpiadi? Ho ancora molta fame…”

    Di Roberto Zucca
    Ogni volta che la telecamera d’ordinanza inquadra la tribuna azzurra, dopo aver passato in rassegna punto per punto il repertorio dei suoi magnifici Paolo Nicolai e Daniele Lupo, appare lui, con la sua tempra, il suo entusiasmo, quasi come se fosse ancora lì, sulla sabbia, a giocare quel punto, quella gara, quella medaglia. Matteo Varnier è molto di più di un tecnico che oggi segue la coppia italiana più vincente della storia del Beach Volley. È una storia, una leggenda che parte alla fine degli anni ’90 e che percorre una strada che, al di fuori della disciplina, non tutti conoscono così bene. Ma non rimpiange il passato:
    “Io l’entusiasmo di allora lo provo ancora quando i ragazzi vincono. Non sono un ex giocatore che ha ancora la smania di entrare in campo e fare l’allenatore-giocatore. Gioisco per loro, vivo la loro partita, le loro emozioni. Ma non penso mai a quella situazione come se volessi essere al posto loro”.
    Io la immagino a Rio nel 2016, con le luci spente e il romanticismo del campo vuoto. E una medaglia d’argento in tasca.
    “Vorrei restituirle un’immagine altrettanto romantica, ma è stato un momento non vissuto, per il tritacarne nel quale sei immerso durante le Olimpiadi. Le parlo invece sicuramente di un’emozione immediata, ma anche di una cena consumata velocemente, pochissime ore di sonno e un aereo da prendere la mattina successiva all’alba. Le emozioni le realizzi col tempo. Se vogliamo ricordare un momento in cui ce la siamo goduta, penso sicuramente più alla semifinale”.
    Mi ero sempre fatto l’idea di un Varnier nostalgico. Mi smentisca.
    “Non sono assolutamente un nostalgico. Sono magari stato un solitario, uno che ha i suoi momenti in cui si estranea e pensa. Uno che tornato a casa sta bene in barca a pescare. È più una visione romantica della vita”.
    La vita di un beacher. Divertimento, donne bellissime, sole e mare dodici mesi l’anno. Varnier è un anticonformista?
    “C’è stato tutto. Ma io ho sempre avuto fame di vincere, perciò mi sono dedicato molto anche al lato meno goliardico del beach. A 18 anni mi allenavo ad Arma di Taggia in inverno con la sacca dei palloni e la gente che dalla battigia guardava me e le persone con cui mi allenavo in modo strano. Eravamo dei pionieri, o magari semplicemente dei sognatori”.
    Torniamo lì. Due nomi su tutti hanno fatto parte della sua adolescenza: Davide Sanguagnini e Sean Fallowfield.
    “Il primo lo vidi giocare ad Arma di Taggia in un tappa internazionale del Gatorade e mi innamorai del suo gioco e dello sport che praticava. Avevo 15 anni e decisi che volevo farlo anche io. Qualche anno dopo giocammo assieme qualche torneo e fu per me un grande mentore. Il secondo si trovò per caso in Italia in vacanza e un amico lo convinse a giocare con me un torneo in Liguria. Era un giocatore molto affermato e accettò di buon grado. Ci trovammo talmente bene che mi chiese di andare con lui in America ad allenarmi, ma io ero troppo giovane per lasciare la Liguria, la famiglia, gli amici”.
    Il tennista Fognini ha scritto che il profumo della spiaggia di Arma di Taggia lo ha portato dietro per tutta la vita, in tutti i luoghi in cui ha giocato. È capitato anche a lei?
    “Arma è un luogo bellissimo per il suo mare. È un posto che mi fa sentire a casa. Io mi sono adattato, ad un certo punto, e non ho più sofferto della nostalgia del luogo. Sento però, ovunque vado, la nostalgia del mare. Se non lo vivo mi manca. E poi sì, anche della spiaggia La Fortezza di Arma!”
    Gianluca Casadei ha detto che lei rappresenta un atleta che nasce in un’era per anticipare al mondo come saranno i giocatori del futuro.
    “Quando lo ha detto mi ha lusingato molto. Si riferiva forse alla parte atletica, che non era così preponderante come adesso. Ho sempre ammirato, ad esempio, la dedizione e l’allenamento di Sanguagnini. Io invece non sono mai stato uno che amava allenarsi. È buffo, se pensiamo al fatto che poi sono diventato un allenatore”.
    Il suo valore aggiunto come allenatore è forse quello di ascoltare e di saper comprendere gli atleti?
    “Lo faccio perché sono stato anche io dalla loro parte e perché ho capacità di immedesimazione. Credo che ogni atleta debba fare il suo percorso e che un allenatore debba essere più una supporto, una guida che un modello di comportamento”.
    Lione-Varnier. Una coppia leggendaria. Le posso chiedere cosa rimane una volta che la coppia smette di giocare assieme?
    “Affetto e stima sicuramente. Non capita di sentirci tutti i giorni o di vedersi spesso, per via degli impegni presi con i rispettivi lavori, ma ad esempio Riccardo è uno che non si tira mai indietro nel mandarmi dei messaggi e complimentarsi per i risultati raggiunti. Questo fa molto piacere”.
    Foto Facebook Matteo Varnier
    La coppia Nicolai-Lupo con lei ha vinto tanto.
    “Ho scritto che abbiamo chiuso l’Europeo di Jurmala con un’altra splendida medaglia, e che sono davvero fortunato a lavorare con uno staff e con una squadra che è quella dei miei sogni. Il lavoro fatto in questi anni è stato impagabile”.
    Si pensa a Tokyo. Lei dove trova gli stimoli per continuare a vincere ancora?
    “Sono uno che tendenzialmente non riesce a pensarsi su un divano, soddisfatto e riposato per ciò che ha ottenuto. Ho ancora molta fame di tutto. Di vita, di vittorie, di traguardi professionali e non”.
    Fanta-Beach. Dopo Lupo-Nicolai, le chiedono di allenare una coppia proveniente dalla Superlega. Mi faccia due nomi.
    “Tra tutti? Leon-Grebennikov. E mi fermo qui, perché non hanno bisogno di presentazioni”. LEGGI TUTTO

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    Simone Anzani si prepara a lottare: “Quest’anno ogni partita sarà tosta”

    Di Roberto Zucca
    Ha ripreso subito da dove aveva lasciato. Da quella grinta che lo fa saltare in alto con più convinzione dei suoi avversari e da quell’ambizione che lo fa essere uno dei punti di riferimento del suo ruolo. Simone Anzani ha iniziato la sua seconda stagione alla Cucine Lube Civitanova con una finale di Del Monte Supercoppa persa amaramente contro Perugia, ma si è subito rifatto nello stesso AGSM Forum di Verona contro la NBV, alla prima di campionato.
    “Era un trofeo a cui tenevamo tanto, così come ci teneva Perugia, per riprendere al massimo da dove avevamo lasciato con la vittoria della Coppa Italia. Era nella nostre corde ma avevamo contro una grande squadra. Il rammarico c’è, ma c’è anche la consapevolezza di poter fare meglio del livello di questa finale“.
    La stagione è poi ripresa con una vittoria convincente contro Verona.
    “Sì, sempre nello stesso palazzetto in cui abbiamo giocato la Supercoppa. Siamo entrati in campo super concentrati e aggressivi. Verona ha dei giocatori di grande qualità e dovevamo essere determinati fin da subito. Giocheremo la stagione con l’idea che ogni partita sarà una finale”.
    Anzani, per quel poco che ha visto, cosa ne pensa della nuova Superlega?
    “Abbastanza per capire che sarà un’annata molto difficile. Tralasciando i discorsi sul Covid-19, che comunque hanno la loro importanza. Mi riferisco al fatto che la competizione che si è creata tra tutte le squadre è tantissima. Sono cresciuti molti organici di prima fascia e sono cresciuti ancora di più i roster di quelle squadre che lo scorso anno erano a metà classifica, e sono andate a pescare molto bene sul mercato. Sarà tosta ogni volta che scenderemo in campo”.
    De Cecco nuovo acquisto. Quanto vi conoscete?
    “A livello di gioco moltissimo. Avevamo creato una bella alchimia a Perugia e vedo che queste prime settimane siamo riusciti subito a ritrovarci. È un elemento che a Civitanova potrà dare tanto”.
    Bruno per lei era l’affiatamento, il capogruppo. Cosa è De Cecco?
    “Due mani d’oro capaci di fare giocate bellissime. Bruno mi manca e fuori dal campo siamo anche amici, ma non poteva esserci sostituto migliore di Luciano”.
    Lei è uno dei volti dell’AIP. Quanto è stato importante metterci la faccia?
    “Personalmente attribuisco molto significato alla cosa. Ci sono atleti che hanno davvero posto le basi di questa associazione e che si sono fortemente impegnati a farla crescere. Dobbiamo continuare così, anche perché sedersi a un tavolo rappresentando il 50% degli atleti è diverso dal sedersi con la percentuale del 95%. Quindi stiamo sensibilizzando maggiormente gli atleti ad entrarne a far parte. Penso che un organismo rappresentativo possa fare molto bene al movimento”.
    Ora che siete seduti al tavolo capite meglio le complessità di quel mondo?
    “No, diamo valore aggiunto al tavolo. Decisioni congiunte prese in accordo generano condivisione d’intenti e senso di appartenenza”.
    Quanto è lontana Tokyo?
    “Ancora qualche mese. Poi sarà un sogno farne parte”.
    Pensa mai al dopo Olimpiadi?
    “È capitato. Ci sono dei progetti, ma è prematuro parlarne. Continuo intanto con la mia università e penso, lavoro, affino”.
    Qual è l’obiettivo di Civitanova?
    “Vincere. E continuare a farlo. È una cosa che accomuna me e questo percorso bellissimo qui alla Lube”. LEGGI TUTTO

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    Francesco Cottarelli e Alessandro Ubaldi: “La nostra avventura a Temptation Island”

    Di Roberto Zucca
    Il volley e il beach volley in questa calda estate italiana si sono fatti perdonare l’assenza dalle tv causa pandemia anche grazie a loro. Francesco Cottarelli, ex palleggiatore della Kioene Padova e neo acquisto della Prisma Taranto, e Alessandro Ubaldi, ex beacher professionista e ora allenatore di talenti in quel di Pescara insieme a Simone Di Tommaso, sono stati tra i protagonisti indiscussi della nuova stagione di Temptation Island, il reality dei sentimenti di Canale 5, che con il 24% di share è stato il programma cult dell’estate targata Mediaset.
    Perché due atleti, in questo caso un pallavolista e un beacher scelgono di prendere parte a Temptation Island?
    Francesco Cottarelli: “Avevo in programma di trasferirmi a Pescara in pianta stabile e allenarmi con Edgardo Ceccoli da maggio per preparare la stagione, poi il Covid-19 ha rimesso tutto in discussione. È stata un’occasione che si è presentata e ho accettato di buon grado. Per curiosità e per fare un’esperienza diversa“.
    Alessandro Ubaldi: “Confermo ciò che ha detto Francesco. Si è creato un bel gruppo e ognuno ha scelto di presentare il proprio vissuto all’interno di una trasmissione televisiva. Ci portiamo dentro sicuramente il fatto di aver trascorso un periodo dell’estate in un contesto particolare“.
    Foto Instagram Francesco Cottarelli
    La pallavolo e il Beach Volley veicolati dalla televisione. Che immagine è emersa?
    Cottarelli: “Ci sono state poche occasioni in cui è emerso il nostro mestiere, ma nei vari filmati di presentazione abbiamo parlato della nostra professione“.
    Ubaldi: “Purtroppo non abbiamo potuto organizzare occasioni in cui portarci nel villaggio un pallone e giocare, ma si è detto più volte che gioco a Beach Volley e sono un insegnante di Beach“.
    Secondo voi in questi contesti, lo sport può aumentare il proprio bacino di utenza?
    Ubaldi: “Credo che una vetrina vista da 4 milioni di persone possa in qualche modo rappresentare un’occasione di marketing, quantomeno per le attività che gestisco“.
    Cottarelli: “È una vetrina in cui scegli di esporti e nella quale è importante mantenere un’immagine sana e pulita della disciplina. Io l’ho vissuta così. Magari non riempirò i palazzetti con la mia partecipazione al programma, ma qualche spettatore in più spero venga alle nostre partite!“.
    Foto Instagram Alessandro Ubaldi
    Vi dispiacerebbe essere conosciuti nel vostro sport come “quelli di Temptation Island”?
    Cottarelli: “No, ma non credo accadrà questo. Siamo quello che siamo con i propri percorsi che abbiamo costruito fuori dalle telecamere. Ho messo in conto che, partecipando, mi sarei esposto al giudizio di chi, vedendomi in tv, si sarebbe chiesto cosa ci faceva un palleggiatore di Superlega a Temptation Island. E non mi crea nessun problema rispondere che è stata una bellissima esperienza, indipendentemente dalla mia professione“.
    Ubaldi: “Io sono felice di aver ricevuto molti attestati di stima per l’immagine di me stesso che è emersa dal programma. Rimango Alessandro Ubaldi, con in più l’affetto ricevuto da tutti quelli che mi hanno scritto alla fine della messa in onda“.
    Mettereste in discussione la vostra carriera per la televisione?
    Cottarelli: “No. Per me è una parentesi. Se ci sarà qualcosa, sarà collaterale alla pallavolo“.
    Ubaldi: “Non so cosa succederà nei prossimi mesi. Ma tornerò ad allenarmi e ad occuparmi degli eventi in campo medicale nella società di mia sorella“.
    Ubaldi, per lei c’è anche il progetto di una scuola di beach a Pescara.
    “Vorrei portare avanti le attività con Simone Di Tommaso, e creare un nuovo progetto assieme. Ne stiamo parlando e penso che Pescara possa diventare un punto di riferimento importante per il beach volley in Italia. Ci sono pochi posti nel nostro paese che hanno le caratteristiche per poter diventare tali. Non abbiamo l’utenza di Roma, ma negli ultimi anni con Simone abbiamo lavorato per fare sì che diversi nomi del panorama locale si affermassero nel beach nazionale, sia maschile che femminile”.
    Cottarelli,per lei c’è la Prisma Taranto. Sarà l’anno della svolta?
    “Sarà l’anno del dentro o fuori. Mi piace pensare che si creerà l’occasione per poter riprendere a giocare in una squadra sulla carta molto forte, che ha la possibilità di costituire un bel gruppo vincente. Ce la metterò tutta, perché dopo gli anni di Padova sono curioso di misurarmi con un nuovo campionato e con la possibilità di giocare di più”.
    Dove ha lasciato la sua ambizione per il Beach Volley?
    “Avevo pensato di dedicarmi 100% al beach volley con Edgardo Ceccoli prima di decidere di prendere parte alla trasmissione. Poi è arrivata Taranto e ha un po’ sparigliato le carte. Edgardo ha ribadito ai vostri microfoni che la possibilità di giocare assieme c’è anche per il prossimo anno. Confermo che anche per me il beach è un’occasione di grande divertimento ed è più di una passione. Mi piace pensare che la coppia che si è creata lo scorso anno possa proseguire il cammino iniziato e possa raggiungere dei bei traguardi assieme”. LEGGI TUTTO

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    Micah Christenson: “È una Leo Shoes ambiziosa, combattiva e coraggiosa”

    Di Roberto Zucca
    La consacrazione in Italia è arrivata presto, molto presto. A soli 24 anni Micah Christenson guidava già una squadra, Civitanova, alla conquista del tricolore. E l’anno successivo andava alla conquista del tempio della pallavolo italiana, il PalaPanini di Modena, nel quale in pochissime settimane colmava il vuoto importante lasciato da Bruno e si faceva spazio nella mente di Andrea Giani per la copertura del ruolo di capitano della Leo Shoes Modena, che quest’anno ha un’importanza particolare:
    “Essere capitano di Modena per me è un grandissimo onore. E poterlo fare con la fiducia di Andrea Giani, che oltre ad essere un grande allenatore è stato anche un giocatore straordinario, è davvero importante. Sento la responsabilità ma anche la volontà da parte mia di onorare quella fascia in ogni momento della stagione”.
    A Modena è diventato un leader. In nazionale lo era già?
    “È una parola che ha un’accezione molto importante e la risposta non deve certo arrivare da me ma dal campo, dall’allenatore e dai compagni di squadra. La nazionale degli Stati Uniti è di per sé una compagine ricca di campioni e piena di talento. Ognuno ha un suo ruolo importante. Detto questo, la ringrazio perché è un attestato importante sia per Modena che per la nazionale”.
    Degli esordi italiani, ha parlato come un momento bello ma di grande solitudine.
    “Era la prima esperienza fuori dal mio paese. E nei primi momenti ero lontano sia dalla mia famiglia, sia da Brooke, mia moglie. In più c’era il gap linguistico che ha pesato all’inizio. Ma anche se mi sentivo come un pesce fuor d’acqua, non mi sono lasciato prendere dalle mancanze, anzi ho lavorato su di esse”.
    Modena Volley
    Parla un italiano da veterano. Dove lo ha imparato?
    “(ride, n.d.r.) Dai, non ancora! Comprendo molto bene le domande dei giornalisti anche perché il tema è spesso quello della pallavolo, quindi è più facile fare bella figura. Sul resto, diciamo che me la cavo. Comunque ho legato molto con i compagni italiani e cerco sempre di assorbirne linguaggio e cultura. Mi nutro di qualsiasi elemento”.
    Quindi la leggenda che fate gruppo solo tra americani possiamo sfatarla?
    “Assolutamente sì. Con Bossi e Mazzone ad esempio ho costruito un bellissimo rapporto di amicizia, ma in generale con tutti. Siamo sempre stati un collettivo molto unito a Modena. E lo stiamo già diventando anche quest’anno con l’arrivo dei nuovi innesti”.
    Squadra nuova. Vita nuova. Come vede la Leo Shoes quest’anno?
    “Ambiziosa. Combattiva. Coraggiosa. Ha delle individualità che vogliono subito darsi da fare per dimostrare che questa maglia la meritano davvero. Ed è entusiasmante lavorare in palestra con tutti loro. Siamo un bel gruppo, penso che potremo fare molto bene”.
    Cosa vede nelle altre squadre?
    “Tanti rinforzi, tanta altrettanta voglia di fare bene. Ogni partita che affronteremo sarà una finale. Leggevo le news di mercato da casa mia alle Hawaii e pensavo ‘Wow, quest’anno ci sarà da divertirsi!’”.
    È rientrato in Italia dopo un lungo lockdown. Aveva bisogno di casa?
    “Da morire. Anche perché è stato il periodo più lungo della mia vita passato in famiglia dall’inizio del college. Solitamente tra campionato e nazionale passo solo pochi giorni a casa ogni anno. È stato bello ritrovarsi, è stato bello che mio figlio Ezekiel abbia passato del tempo con i parenti a costruire delle case giocattolo, o semplicemente con me e Brooke a casa in una condizione di serenità”.
    Norceca
    Con sua moglie Brooke vi siete sposati nel 2016. Dove vi siete conosciuti?
    “Al college. Direi un classico. O una storia da film! Ci siamo incontrati e innamorati subito. Per me lei e Ezekiel sono tutta la mia vita”.
    Ha scritto un messaggio molto toccante dicendo che suo figlio e sua moglie dovranno sacrificarsi molto per il suo lavoro.
    “Lo penso. Penso certamente che viaggiare sia una fortuna per tutti perché ad esempio, a Modena stiamo benissimo. Sono scelte che magari fino a una certa età non daranno una stabilità a nessuno dei tre, e quindi sarà più faticoso dire ciao agli amici e alle persone che ci vogliono bene”.
    Sempre al college ha dichiarato di aver incontrato la fede.
    “Vengo da una famiglia molto credente. Il mio rapporto con la fede e Dio non si esplicita solo quando devo chiedere qualcosa per me e la mia famiglia. È una presenza importante, che ho sentito forte dai tempi in cui andavo a scuola e che ho sempre cercato di portare avanti con rispetto e discrezione”.
    Cosa chiederebbe a Dio per la sua carriera?
    “Sono già molto fortunato così. Non chiederei scudetti o medaglie olimpiche di certo. Quelli sono sogni che cercherò di rendere concreti nel corso della mia carriera!”.
    Quanto le manca la stabilità delle Hawaii?
    “È una terra meravigliosa. Con una natura straordinaria. È bellissimo viverci, ma anche qui a Modena la città è stupenda. E poi alle Hawaii non c’è mica lo gnocco fritto!”. LEGGI TUTTO

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    Davide Benzi, re per un’estate: “Voglio vincere ancora tanto, insieme a Ficosecco”

    Di Roberto Zucca
    La scena che, un paio di settimana, si è presentata al torneo King & Queen Beach Volley Tour di Civitanova Marche è stata divertente ed intensa, soprattutto per lui. Davide Benzi, infatti, si è aggiudicato il titolo di re del torneo, battendo proprio in finale il suo compagno di squadra nonché sovrano incontrastato della manifestazione per molti anni Paolo Ficosecco:
    “(ride, n.d.r.) Prima dell’inizio della finale abbiamo scherzato e lui mi ha detto che, in caso di vittoria mia, avremmo dovuto rivedere i piani del prossimo anno. Scherzi a parte, è stata una bella soddisfazione perché è un torneo che negli anni ha saputo ritagliarsi uno spazio importante all’interno del movimento”.
    Il re è colui che vince più incontri?
    “Sì. Io ho vinto tutte le gare, comprese la finale. È stato pazzesco perché siamo riusciti, insieme a Edgardo Ceccoli, e siamo due difensori, a battere Paolo Ingrosso e Tiziano Andreatta. Ho voluto, per la finale, proprio Tiziano al mio fianco, con cui sono amico da una vita. È stato divertente ma anche emozionante”.
    Stagione molto corta per il Beach italiano. Il bilancio di Caorle per lei e Ficosecco?
    “Buono, con un rammarico per la partita persa contro Cecchini-Geromin che ci ha un po’spinto verso il basso nella prima giornata. È stata una strada in salita con Paolo, che abbiamo però affrontato con molta determinazione e ci siamo rifatti con Galli-Garghella e con Windisch-Cottafava. Abbiamo poi ceduto solo a Caminati-Ingrosso sabato nonostante una bella gara finita al terzo set”.
    Ficosecco sembra non temere il tempo che passa. Cosa gli ha regalato questo nuovo sodalizio con lei?
    “Intanto posso dire ciò che ha regalato a me. Paolo è un compagno professionalmente molto generoso. Avere a disposizione la sua grandissima esperienza in questo sport è stato per me un enorme stimolo. È una persona che ha vinto tanto e se parliamo di ciò su cui posso aver contribuito è proprio il fatto di aver continuato ad instillare in lui quella voglia di vincere. Per vincere assieme e per permettere anche a me di provare ad arrivare in carriera dove è arrivato lui”.
    Ha dedicato la tua vittoria alla tua compagna Martina e a Paolo, con cui speri ancora di vincere tanto.
    “Martina è stata fondamentale perché non è stato un anno facile per nessuno di noi. Sono una persona abituata a giocare tanto nel momento in cui viene avviata la stagione. E nel momento in cui abbiamo vissuto in un limbo come beachers, attendendo di poter riprendere ero intrattabile. Lei è stata la mia forza. Con Paolo sì, spero di vincere ancora tanto. Sono uno ambizioso, perché sono partito davvero dal basso”.
    La sua gavetta è stata più lunga di altri effettivamente.
    “Ricordo quando a 18 anni mi sono affacciato in questo mondo e pian piano sono andato a costruirmi il mio spazio. La prima volta che ho giocato contro Casadei e Ficosecco ero molto emozionato. Prima d’ora quel livello di gioco lo avevo solo visto in televisione. Poi è stato tutto un divenire, anche faticando e sacrificando tanto. In fondo resto sempre quel ragazzo che vuole vincere il campionato italiano”.
    I suoi esordi sono stati con Luca Spirito, suo grande amico. Le piacerebbe rigiocare assieme?
    “Certo. Lui è un giocatore che fa molto molto bene il suo mestiere di pallavolista. Ritrovarlo su un campo da beach non mi dispiacerebbe. Chissà se un giorno, tra tanti anni ricapiterà di rientrare assieme sulla sabbia, giocando là dove abbiamo esordito. Magari ad Albissola, come tantissimi anni fa”.
    Spirito è un punto fermo della pallavolo. Lei è stato mai tentato da una carriera da libero?
    “Anni fa mi proposero di giocare a Genova in A2 come secondo libero. Ero molto giovane e avevo altre ambizioni nel Beach. Non so, non ho mai subito il fascino della pallavolo e dei suoi ritmi anche se ci ho giocato per qualche tempo. Sono una creatura della sabbia e il divertimento e la passione che ho per questa disciplina non l’ho mai trovata in altri sport. Quindi sono sicuro che continuerò con la canotta e i piedi scalzi a stare in questo mondo!”. LEGGI TUTTO