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    Matteo Varnier, leggenda del beach azzurro: “Le Olimpiadi? Ho ancora molta fame…”

    Di Roberto Zucca
    Ogni volta che la telecamera d’ordinanza inquadra la tribuna azzurra, dopo aver passato in rassegna punto per punto il repertorio dei suoi magnifici Paolo Nicolai e Daniele Lupo, appare lui, con la sua tempra, il suo entusiasmo, quasi come se fosse ancora lì, sulla sabbia, a giocare quel punto, quella gara, quella medaglia. Matteo Varnier è molto di più di un tecnico che oggi segue la coppia italiana più vincente della storia del Beach Volley. È una storia, una leggenda che parte alla fine degli anni ’90 e che percorre una strada che, al di fuori della disciplina, non tutti conoscono così bene. Ma non rimpiange il passato:
    “Io l’entusiasmo di allora lo provo ancora quando i ragazzi vincono. Non sono un ex giocatore che ha ancora la smania di entrare in campo e fare l’allenatore-giocatore. Gioisco per loro, vivo la loro partita, le loro emozioni. Ma non penso mai a quella situazione come se volessi essere al posto loro”.
    Io la immagino a Rio nel 2016, con le luci spente e il romanticismo del campo vuoto. E una medaglia d’argento in tasca.
    “Vorrei restituirle un’immagine altrettanto romantica, ma è stato un momento non vissuto, per il tritacarne nel quale sei immerso durante le Olimpiadi. Le parlo invece sicuramente di un’emozione immediata, ma anche di una cena consumata velocemente, pochissime ore di sonno e un aereo da prendere la mattina successiva all’alba. Le emozioni le realizzi col tempo. Se vogliamo ricordare un momento in cui ce la siamo goduta, penso sicuramente più alla semifinale”.
    Mi ero sempre fatto l’idea di un Varnier nostalgico. Mi smentisca.
    “Non sono assolutamente un nostalgico. Sono magari stato un solitario, uno che ha i suoi momenti in cui si estranea e pensa. Uno che tornato a casa sta bene in barca a pescare. È più una visione romantica della vita”.
    La vita di un beacher. Divertimento, donne bellissime, sole e mare dodici mesi l’anno. Varnier è un anticonformista?
    “C’è stato tutto. Ma io ho sempre avuto fame di vincere, perciò mi sono dedicato molto anche al lato meno goliardico del beach. A 18 anni mi allenavo ad Arma di Taggia in inverno con la sacca dei palloni e la gente che dalla battigia guardava me e le persone con cui mi allenavo in modo strano. Eravamo dei pionieri, o magari semplicemente dei sognatori”.
    Torniamo lì. Due nomi su tutti hanno fatto parte della sua adolescenza: Davide Sanguagnini e Sean Fallowfield.
    “Il primo lo vidi giocare ad Arma di Taggia in un tappa internazionale del Gatorade e mi innamorai del suo gioco e dello sport che praticava. Avevo 15 anni e decisi che volevo farlo anche io. Qualche anno dopo giocammo assieme qualche torneo e fu per me un grande mentore. Il secondo si trovò per caso in Italia in vacanza e un amico lo convinse a giocare con me un torneo in Liguria. Era un giocatore molto affermato e accettò di buon grado. Ci trovammo talmente bene che mi chiese di andare con lui in America ad allenarmi, ma io ero troppo giovane per lasciare la Liguria, la famiglia, gli amici”.
    Il tennista Fognini ha scritto che il profumo della spiaggia di Arma di Taggia lo ha portato dietro per tutta la vita, in tutti i luoghi in cui ha giocato. È capitato anche a lei?
    “Arma è un luogo bellissimo per il suo mare. È un posto che mi fa sentire a casa. Io mi sono adattato, ad un certo punto, e non ho più sofferto della nostalgia del luogo. Sento però, ovunque vado, la nostalgia del mare. Se non lo vivo mi manca. E poi sì, anche della spiaggia La Fortezza di Arma!”
    Gianluca Casadei ha detto che lei rappresenta un atleta che nasce in un’era per anticipare al mondo come saranno i giocatori del futuro.
    “Quando lo ha detto mi ha lusingato molto. Si riferiva forse alla parte atletica, che non era così preponderante come adesso. Ho sempre ammirato, ad esempio, la dedizione e l’allenamento di Sanguagnini. Io invece non sono mai stato uno che amava allenarsi. È buffo, se pensiamo al fatto che poi sono diventato un allenatore”.
    Il suo valore aggiunto come allenatore è forse quello di ascoltare e di saper comprendere gli atleti?
    “Lo faccio perché sono stato anche io dalla loro parte e perché ho capacità di immedesimazione. Credo che ogni atleta debba fare il suo percorso e che un allenatore debba essere più una supporto, una guida che un modello di comportamento”.
    Lione-Varnier. Una coppia leggendaria. Le posso chiedere cosa rimane una volta che la coppia smette di giocare assieme?
    “Affetto e stima sicuramente. Non capita di sentirci tutti i giorni o di vedersi spesso, per via degli impegni presi con i rispettivi lavori, ma ad esempio Riccardo è uno che non si tira mai indietro nel mandarmi dei messaggi e complimentarsi per i risultati raggiunti. Questo fa molto piacere”.
    Foto Facebook Matteo Varnier
    La coppia Nicolai-Lupo con lei ha vinto tanto.
    “Ho scritto che abbiamo chiuso l’Europeo di Jurmala con un’altra splendida medaglia, e che sono davvero fortunato a lavorare con uno staff e con una squadra che è quella dei miei sogni. Il lavoro fatto in questi anni è stato impagabile”.
    Si pensa a Tokyo. Lei dove trova gli stimoli per continuare a vincere ancora?
    “Sono uno che tendenzialmente non riesce a pensarsi su un divano, soddisfatto e riposato per ciò che ha ottenuto. Ho ancora molta fame di tutto. Di vita, di vittorie, di traguardi professionali e non”.
    Fanta-Beach. Dopo Lupo-Nicolai, le chiedono di allenare una coppia proveniente dalla Superlega. Mi faccia due nomi.
    “Tra tutti? Leon-Grebennikov. E mi fermo qui, perché non hanno bisogno di presentazioni”. LEGGI TUTTO

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    Simone Anzani si prepara a lottare: “Quest’anno ogni partita sarà tosta”

    Di Roberto Zucca
    Ha ripreso subito da dove aveva lasciato. Da quella grinta che lo fa saltare in alto con più convinzione dei suoi avversari e da quell’ambizione che lo fa essere uno dei punti di riferimento del suo ruolo. Simone Anzani ha iniziato la sua seconda stagione alla Cucine Lube Civitanova con una finale di Del Monte Supercoppa persa amaramente contro Perugia, ma si è subito rifatto nello stesso AGSM Forum di Verona contro la NBV, alla prima di campionato.
    “Era un trofeo a cui tenevamo tanto, così come ci teneva Perugia, per riprendere al massimo da dove avevamo lasciato con la vittoria della Coppa Italia. Era nella nostre corde ma avevamo contro una grande squadra. Il rammarico c’è, ma c’è anche la consapevolezza di poter fare meglio del livello di questa finale“.
    La stagione è poi ripresa con una vittoria convincente contro Verona.
    “Sì, sempre nello stesso palazzetto in cui abbiamo giocato la Supercoppa. Siamo entrati in campo super concentrati e aggressivi. Verona ha dei giocatori di grande qualità e dovevamo essere determinati fin da subito. Giocheremo la stagione con l’idea che ogni partita sarà una finale”.
    Anzani, per quel poco che ha visto, cosa ne pensa della nuova Superlega?
    “Abbastanza per capire che sarà un’annata molto difficile. Tralasciando i discorsi sul Covid-19, che comunque hanno la loro importanza. Mi riferisco al fatto che la competizione che si è creata tra tutte le squadre è tantissima. Sono cresciuti molti organici di prima fascia e sono cresciuti ancora di più i roster di quelle squadre che lo scorso anno erano a metà classifica, e sono andate a pescare molto bene sul mercato. Sarà tosta ogni volta che scenderemo in campo”.
    De Cecco nuovo acquisto. Quanto vi conoscete?
    “A livello di gioco moltissimo. Avevamo creato una bella alchimia a Perugia e vedo che queste prime settimane siamo riusciti subito a ritrovarci. È un elemento che a Civitanova potrà dare tanto”.
    Bruno per lei era l’affiatamento, il capogruppo. Cosa è De Cecco?
    “Due mani d’oro capaci di fare giocate bellissime. Bruno mi manca e fuori dal campo siamo anche amici, ma non poteva esserci sostituto migliore di Luciano”.
    Lei è uno dei volti dell’AIP. Quanto è stato importante metterci la faccia?
    “Personalmente attribuisco molto significato alla cosa. Ci sono atleti che hanno davvero posto le basi di questa associazione e che si sono fortemente impegnati a farla crescere. Dobbiamo continuare così, anche perché sedersi a un tavolo rappresentando il 50% degli atleti è diverso dal sedersi con la percentuale del 95%. Quindi stiamo sensibilizzando maggiormente gli atleti ad entrarne a far parte. Penso che un organismo rappresentativo possa fare molto bene al movimento”.
    Ora che siete seduti al tavolo capite meglio le complessità di quel mondo?
    “No, diamo valore aggiunto al tavolo. Decisioni congiunte prese in accordo generano condivisione d’intenti e senso di appartenenza”.
    Quanto è lontana Tokyo?
    “Ancora qualche mese. Poi sarà un sogno farne parte”.
    Pensa mai al dopo Olimpiadi?
    “È capitato. Ci sono dei progetti, ma è prematuro parlarne. Continuo intanto con la mia università e penso, lavoro, affino”.
    Qual è l’obiettivo di Civitanova?
    “Vincere. E continuare a farlo. È una cosa che accomuna me e questo percorso bellissimo qui alla Lube”. LEGGI TUTTO

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    Francesco Cottarelli e Alessandro Ubaldi: “La nostra avventura a Temptation Island”

    Di Roberto Zucca
    Il volley e il beach volley in questa calda estate italiana si sono fatti perdonare l’assenza dalle tv causa pandemia anche grazie a loro. Francesco Cottarelli, ex palleggiatore della Kioene Padova e neo acquisto della Prisma Taranto, e Alessandro Ubaldi, ex beacher professionista e ora allenatore di talenti in quel di Pescara insieme a Simone Di Tommaso, sono stati tra i protagonisti indiscussi della nuova stagione di Temptation Island, il reality dei sentimenti di Canale 5, che con il 24% di share è stato il programma cult dell’estate targata Mediaset.
    Perché due atleti, in questo caso un pallavolista e un beacher scelgono di prendere parte a Temptation Island?
    Francesco Cottarelli: “Avevo in programma di trasferirmi a Pescara in pianta stabile e allenarmi con Edgardo Ceccoli da maggio per preparare la stagione, poi il Covid-19 ha rimesso tutto in discussione. È stata un’occasione che si è presentata e ho accettato di buon grado. Per curiosità e per fare un’esperienza diversa“.
    Alessandro Ubaldi: “Confermo ciò che ha detto Francesco. Si è creato un bel gruppo e ognuno ha scelto di presentare il proprio vissuto all’interno di una trasmissione televisiva. Ci portiamo dentro sicuramente il fatto di aver trascorso un periodo dell’estate in un contesto particolare“.
    Foto Instagram Francesco Cottarelli
    La pallavolo e il Beach Volley veicolati dalla televisione. Che immagine è emersa?
    Cottarelli: “Ci sono state poche occasioni in cui è emerso il nostro mestiere, ma nei vari filmati di presentazione abbiamo parlato della nostra professione“.
    Ubaldi: “Purtroppo non abbiamo potuto organizzare occasioni in cui portarci nel villaggio un pallone e giocare, ma si è detto più volte che gioco a Beach Volley e sono un insegnante di Beach“.
    Secondo voi in questi contesti, lo sport può aumentare il proprio bacino di utenza?
    Ubaldi: “Credo che una vetrina vista da 4 milioni di persone possa in qualche modo rappresentare un’occasione di marketing, quantomeno per le attività che gestisco“.
    Cottarelli: “È una vetrina in cui scegli di esporti e nella quale è importante mantenere un’immagine sana e pulita della disciplina. Io l’ho vissuta così. Magari non riempirò i palazzetti con la mia partecipazione al programma, ma qualche spettatore in più spero venga alle nostre partite!“.
    Foto Instagram Alessandro Ubaldi
    Vi dispiacerebbe essere conosciuti nel vostro sport come “quelli di Temptation Island”?
    Cottarelli: “No, ma non credo accadrà questo. Siamo quello che siamo con i propri percorsi che abbiamo costruito fuori dalle telecamere. Ho messo in conto che, partecipando, mi sarei esposto al giudizio di chi, vedendomi in tv, si sarebbe chiesto cosa ci faceva un palleggiatore di Superlega a Temptation Island. E non mi crea nessun problema rispondere che è stata una bellissima esperienza, indipendentemente dalla mia professione“.
    Ubaldi: “Io sono felice di aver ricevuto molti attestati di stima per l’immagine di me stesso che è emersa dal programma. Rimango Alessandro Ubaldi, con in più l’affetto ricevuto da tutti quelli che mi hanno scritto alla fine della messa in onda“.
    Mettereste in discussione la vostra carriera per la televisione?
    Cottarelli: “No. Per me è una parentesi. Se ci sarà qualcosa, sarà collaterale alla pallavolo“.
    Ubaldi: “Non so cosa succederà nei prossimi mesi. Ma tornerò ad allenarmi e ad occuparmi degli eventi in campo medicale nella società di mia sorella“.
    Ubaldi, per lei c’è anche il progetto di una scuola di beach a Pescara.
    “Vorrei portare avanti le attività con Simone Di Tommaso, e creare un nuovo progetto assieme. Ne stiamo parlando e penso che Pescara possa diventare un punto di riferimento importante per il beach volley in Italia. Ci sono pochi posti nel nostro paese che hanno le caratteristiche per poter diventare tali. Non abbiamo l’utenza di Roma, ma negli ultimi anni con Simone abbiamo lavorato per fare sì che diversi nomi del panorama locale si affermassero nel beach nazionale, sia maschile che femminile”.
    Cottarelli,per lei c’è la Prisma Taranto. Sarà l’anno della svolta?
    “Sarà l’anno del dentro o fuori. Mi piace pensare che si creerà l’occasione per poter riprendere a giocare in una squadra sulla carta molto forte, che ha la possibilità di costituire un bel gruppo vincente. Ce la metterò tutta, perché dopo gli anni di Padova sono curioso di misurarmi con un nuovo campionato e con la possibilità di giocare di più”.
    Dove ha lasciato la sua ambizione per il Beach Volley?
    “Avevo pensato di dedicarmi 100% al beach volley con Edgardo Ceccoli prima di decidere di prendere parte alla trasmissione. Poi è arrivata Taranto e ha un po’ sparigliato le carte. Edgardo ha ribadito ai vostri microfoni che la possibilità di giocare assieme c’è anche per il prossimo anno. Confermo che anche per me il beach è un’occasione di grande divertimento ed è più di una passione. Mi piace pensare che la coppia che si è creata lo scorso anno possa proseguire il cammino iniziato e possa raggiungere dei bei traguardi assieme”. LEGGI TUTTO

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    Micah Christenson: “È una Leo Shoes ambiziosa, combattiva e coraggiosa”

    Di Roberto Zucca
    La consacrazione in Italia è arrivata presto, molto presto. A soli 24 anni Micah Christenson guidava già una squadra, Civitanova, alla conquista del tricolore. E l’anno successivo andava alla conquista del tempio della pallavolo italiana, il PalaPanini di Modena, nel quale in pochissime settimane colmava il vuoto importante lasciato da Bruno e si faceva spazio nella mente di Andrea Giani per la copertura del ruolo di capitano della Leo Shoes Modena, che quest’anno ha un’importanza particolare:
    “Essere capitano di Modena per me è un grandissimo onore. E poterlo fare con la fiducia di Andrea Giani, che oltre ad essere un grande allenatore è stato anche un giocatore straordinario, è davvero importante. Sento la responsabilità ma anche la volontà da parte mia di onorare quella fascia in ogni momento della stagione”.
    A Modena è diventato un leader. In nazionale lo era già?
    “È una parola che ha un’accezione molto importante e la risposta non deve certo arrivare da me ma dal campo, dall’allenatore e dai compagni di squadra. La nazionale degli Stati Uniti è di per sé una compagine ricca di campioni e piena di talento. Ognuno ha un suo ruolo importante. Detto questo, la ringrazio perché è un attestato importante sia per Modena che per la nazionale”.
    Degli esordi italiani, ha parlato come un momento bello ma di grande solitudine.
    “Era la prima esperienza fuori dal mio paese. E nei primi momenti ero lontano sia dalla mia famiglia, sia da Brooke, mia moglie. In più c’era il gap linguistico che ha pesato all’inizio. Ma anche se mi sentivo come un pesce fuor d’acqua, non mi sono lasciato prendere dalle mancanze, anzi ho lavorato su di esse”.
    Modena Volley
    Parla un italiano da veterano. Dove lo ha imparato?
    “(ride, n.d.r.) Dai, non ancora! Comprendo molto bene le domande dei giornalisti anche perché il tema è spesso quello della pallavolo, quindi è più facile fare bella figura. Sul resto, diciamo che me la cavo. Comunque ho legato molto con i compagni italiani e cerco sempre di assorbirne linguaggio e cultura. Mi nutro di qualsiasi elemento”.
    Quindi la leggenda che fate gruppo solo tra americani possiamo sfatarla?
    “Assolutamente sì. Con Bossi e Mazzone ad esempio ho costruito un bellissimo rapporto di amicizia, ma in generale con tutti. Siamo sempre stati un collettivo molto unito a Modena. E lo stiamo già diventando anche quest’anno con l’arrivo dei nuovi innesti”.
    Squadra nuova. Vita nuova. Come vede la Leo Shoes quest’anno?
    “Ambiziosa. Combattiva. Coraggiosa. Ha delle individualità che vogliono subito darsi da fare per dimostrare che questa maglia la meritano davvero. Ed è entusiasmante lavorare in palestra con tutti loro. Siamo un bel gruppo, penso che potremo fare molto bene”.
    Cosa vede nelle altre squadre?
    “Tanti rinforzi, tanta altrettanta voglia di fare bene. Ogni partita che affronteremo sarà una finale. Leggevo le news di mercato da casa mia alle Hawaii e pensavo ‘Wow, quest’anno ci sarà da divertirsi!’”.
    È rientrato in Italia dopo un lungo lockdown. Aveva bisogno di casa?
    “Da morire. Anche perché è stato il periodo più lungo della mia vita passato in famiglia dall’inizio del college. Solitamente tra campionato e nazionale passo solo pochi giorni a casa ogni anno. È stato bello ritrovarsi, è stato bello che mio figlio Ezekiel abbia passato del tempo con i parenti a costruire delle case giocattolo, o semplicemente con me e Brooke a casa in una condizione di serenità”.
    Norceca
    Con sua moglie Brooke vi siete sposati nel 2016. Dove vi siete conosciuti?
    “Al college. Direi un classico. O una storia da film! Ci siamo incontrati e innamorati subito. Per me lei e Ezekiel sono tutta la mia vita”.
    Ha scritto un messaggio molto toccante dicendo che suo figlio e sua moglie dovranno sacrificarsi molto per il suo lavoro.
    “Lo penso. Penso certamente che viaggiare sia una fortuna per tutti perché ad esempio, a Modena stiamo benissimo. Sono scelte che magari fino a una certa età non daranno una stabilità a nessuno dei tre, e quindi sarà più faticoso dire ciao agli amici e alle persone che ci vogliono bene”.
    Sempre al college ha dichiarato di aver incontrato la fede.
    “Vengo da una famiglia molto credente. Il mio rapporto con la fede e Dio non si esplicita solo quando devo chiedere qualcosa per me e la mia famiglia. È una presenza importante, che ho sentito forte dai tempi in cui andavo a scuola e che ho sempre cercato di portare avanti con rispetto e discrezione”.
    Cosa chiederebbe a Dio per la sua carriera?
    “Sono già molto fortunato così. Non chiederei scudetti o medaglie olimpiche di certo. Quelli sono sogni che cercherò di rendere concreti nel corso della mia carriera!”.
    Quanto le manca la stabilità delle Hawaii?
    “È una terra meravigliosa. Con una natura straordinaria. È bellissimo viverci, ma anche qui a Modena la città è stupenda. E poi alle Hawaii non c’è mica lo gnocco fritto!”. LEGGI TUTTO

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    Davide Benzi, re per un’estate: “Voglio vincere ancora tanto, insieme a Ficosecco”

    Di Roberto Zucca
    La scena che, un paio di settimana, si è presentata al torneo King & Queen Beach Volley Tour di Civitanova Marche è stata divertente ed intensa, soprattutto per lui. Davide Benzi, infatti, si è aggiudicato il titolo di re del torneo, battendo proprio in finale il suo compagno di squadra nonché sovrano incontrastato della manifestazione per molti anni Paolo Ficosecco:
    “(ride, n.d.r.) Prima dell’inizio della finale abbiamo scherzato e lui mi ha detto che, in caso di vittoria mia, avremmo dovuto rivedere i piani del prossimo anno. Scherzi a parte, è stata una bella soddisfazione perché è un torneo che negli anni ha saputo ritagliarsi uno spazio importante all’interno del movimento”.
    Il re è colui che vince più incontri?
    “Sì. Io ho vinto tutte le gare, comprese la finale. È stato pazzesco perché siamo riusciti, insieme a Edgardo Ceccoli, e siamo due difensori, a battere Paolo Ingrosso e Tiziano Andreatta. Ho voluto, per la finale, proprio Tiziano al mio fianco, con cui sono amico da una vita. È stato divertente ma anche emozionante”.
    Stagione molto corta per il Beach italiano. Il bilancio di Caorle per lei e Ficosecco?
    “Buono, con un rammarico per la partita persa contro Cecchini-Geromin che ci ha un po’spinto verso il basso nella prima giornata. È stata una strada in salita con Paolo, che abbiamo però affrontato con molta determinazione e ci siamo rifatti con Galli-Garghella e con Windisch-Cottafava. Abbiamo poi ceduto solo a Caminati-Ingrosso sabato nonostante una bella gara finita al terzo set”.
    Ficosecco sembra non temere il tempo che passa. Cosa gli ha regalato questo nuovo sodalizio con lei?
    “Intanto posso dire ciò che ha regalato a me. Paolo è un compagno professionalmente molto generoso. Avere a disposizione la sua grandissima esperienza in questo sport è stato per me un enorme stimolo. È una persona che ha vinto tanto e se parliamo di ciò su cui posso aver contribuito è proprio il fatto di aver continuato ad instillare in lui quella voglia di vincere. Per vincere assieme e per permettere anche a me di provare ad arrivare in carriera dove è arrivato lui”.
    Ha dedicato la tua vittoria alla tua compagna Martina e a Paolo, con cui speri ancora di vincere tanto.
    “Martina è stata fondamentale perché non è stato un anno facile per nessuno di noi. Sono una persona abituata a giocare tanto nel momento in cui viene avviata la stagione. E nel momento in cui abbiamo vissuto in un limbo come beachers, attendendo di poter riprendere ero intrattabile. Lei è stata la mia forza. Con Paolo sì, spero di vincere ancora tanto. Sono uno ambizioso, perché sono partito davvero dal basso”.
    La sua gavetta è stata più lunga di altri effettivamente.
    “Ricordo quando a 18 anni mi sono affacciato in questo mondo e pian piano sono andato a costruirmi il mio spazio. La prima volta che ho giocato contro Casadei e Ficosecco ero molto emozionato. Prima d’ora quel livello di gioco lo avevo solo visto in televisione. Poi è stato tutto un divenire, anche faticando e sacrificando tanto. In fondo resto sempre quel ragazzo che vuole vincere il campionato italiano”.
    I suoi esordi sono stati con Luca Spirito, suo grande amico. Le piacerebbe rigiocare assieme?
    “Certo. Lui è un giocatore che fa molto molto bene il suo mestiere di pallavolista. Ritrovarlo su un campo da beach non mi dispiacerebbe. Chissà se un giorno, tra tanti anni ricapiterà di rientrare assieme sulla sabbia, giocando là dove abbiamo esordito. Magari ad Albissola, come tantissimi anni fa”.
    Spirito è un punto fermo della pallavolo. Lei è stato mai tentato da una carriera da libero?
    “Anni fa mi proposero di giocare a Genova in A2 come secondo libero. Ero molto giovane e avevo altre ambizioni nel Beach. Non so, non ho mai subito il fascino della pallavolo e dei suoi ritmi anche se ci ho giocato per qualche tempo. Sono una creatura della sabbia e il divertimento e la passione che ho per questa disciplina non l’ho mai trovata in altri sport. Quindi sono sicuro che continuerò con la canotta e i piedi scalzi a stare in questo mondo!”. LEGGI TUTTO

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    L’entusiasmo di Dick Kooy: “Quest’anno ci sarà da divertirsi”

    Di Roberto Zucca
    L’entusiasmo della preparazione con l’Itas Trentino è tangibile non solo dalle sue parole, ma anche dai risultati positivi delle amichevoli, che sono poi sfociati nella vittoria di Supercoppa contro Civitanova. Dick Kooy è una delle novità più interessanti dell’organico della squadra trentina, insieme a Lucarelli, Abdel-Aziz e Podrascanin, che “rischiano” di farne la nuova protagonista assoluta della Superlega:
    “L’entusiasmo è davvero quello del primo giorno di scuola. Per molti di noi tornare era un desiderio tangibile, anche perché per un atleta fermarsi così tanto tempo è stato deleterio. La società ha allestito una squadra che personalmente mi piace molto e nella quale ho un ruolo che dovrò coltivare con tanto impegno”.
    Lei e Nimir. Amici da sempre fuori dal campo e ora compagni di squadra nel club.
    “Tutto molto bello. Abbiamo firmato per un progetto a lungo termine e per entrambi è una importante vetrina. Sono felice di averlo in squadra anche perché per me è come un fratello. Nimir è un elemento importantissimo per Trento e lo ha già dimostrato nelle prime prove”.
    Il bilancio del precampionato?
    “Abbiamo giocato con ottime formazioni, come Verona e Piacenza, assortite quanto basta per essere delle avversarie assai impegnative durante la stagione. Sarà durissima con loro, ma sarà dura con tantissime squadre. Non ci sono solo Civitanova o Perugia a dare fastidio durante la stagione. Anzi, lo trovo un campionato competitivo come pochi”.
    Giannelli come regista. Impressioni?
    “Molto positive. Mi sono trovato benissimo sin dai primi palloni. In Italia lo si considera ancora giovane, ma ha una maturità incredibile a livello di gioco e anche a livello di approccio alla gara”.
    Lei e Giannelli siete sempre stati considerati dei finti giovani. Non trova?
    “(ride, n.d.r.) Forse abbiamo avuto percorsi simili, nel senso che abbiamo sempre avuto molto chiaro dove volevamo arrivare. Ci siamo sempre allenati duramente e abbiamo sempre messo la pallavolo al primo posto, senza distrazioni o altro. Provo a interpretarla così!”.
    Lucarelli e Podrascanin, due certezze per Trento?
    “Assolutamente. Lucarelli è arrivato più tardi e sta ancora affinando il suo repertorio. Podrascanin è una certezza nel suo ruolo. Ci sarà da divertirsi”.
    Dove può arrivare Trento?
    “Ci sono tante novità ed è tutto una scommessa. Ma tassello dopo tassello potremo fare la nostra parte. All’entusiasmo si unisce una grande esperienza in tutti i reparti. Sono sicuro che i presupposti per essere protagonista ci siano tutti”. LEGGI TUTTO

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    Alberto Elia ricomincia da Galatina: “È un investimento su me stesso”

    Di Roberto Zucca
    Il comunicato che annuncia il suo approdo nel Sud Italia è di quelli afferenti ad una grande occasione. Dopo quindici stagioni tra serie A1 (tanta) e A2, Alberto Elia approda alla SBV Galatina, ambiziosa squadra del girone blu della Serie A3, che ha acquisito i diritti per disputare la serie e lo ha ingaggiato per disputare un campionato in grande stile:
    “Arrivo in Puglia con l’entusiasmo che mi contraddistingue. E con la curiosità di disputare un campionato di cui non so tanto. È un campionato giovane, fresco, fatto anche da tante squadre che puntano sui giovanissimi. Galatina ha scelto qualche anno in più per i suoi giocatori e rafforzato la rosa con tanti giocatori di esperienza”.
    Per volare in A2?
    “Sarebbe sbagliato dire che la A2 non sia un obiettivo. Siamo in una terra caldissima, che conosco molto bene e che raduna attorno a sé tanti appassionati di volley. Quest’anno la regione è rappresentata da ottime realtà e Galatina in tal senso non deve invidiare nessuno”.
    Lei la punta di diamante. Giannotti il candidato bomber. Basta questo per sognare la promozione?
    “Ricordo i nostri scontri ai tempi del dualismo Monza-Padova. Ci siamo incontrati da avversari e ci ha dato molto filo da torcere. Ora ritrovarci dalla stessa parte è sicuramente un vantaggio, perché un giocatore con la sua esperienza potrebbe essere l’arma in più. Per il resto, la squadra non ruota solo attorno a due atleti. È un roster che ha in sé delle belle cartucce da sparare in ogni reparto”.
    Il suo annuncio di scendere in A3 ha destato parecchia meraviglia.
    “Ho 35 anni e le spalle abbastanza larghe per poter fare delle scelte. Sarei un bugiardo se le negassi che mi aspettavo molto di più dalle serie superiori. Ma tante società hanno smesso di investire, quindi ho deciso di arrivare al giro di boa della sedicesima stagione facendo in primis un investimento su me stesso”.
    Mi spieghi meglio.
    “Ci sarà ancora tanto volley nella mia vita così come c’è stato negli ultimi anni. Ma ci sarà anche altro, a partire dal fatto che voglio completare gli studi e pensare perché no ad un futuro che devo ancora iniziare a disegnare”.
    La sua compagna è pugliese, magari un futuro proprio nel tacco dello Stivale?
    “Potrebbe essere. È una regione che ha dei bei numeri sotto molti punti di vista. È un luogo in crescita e sviluppo continuo e nel quale, mi lasci dire, la vita non è proprio quella stressante di una grande città. Ho tanti amici qui e altrettanti che me l’hanno sempre descritta come una terra magica. Roma è sempre nel mio cuore, è la mia città, ma chissà, è solo un pensiero. Chi può dirlo se più avanti qualcosa si concretizzerà”. LEGGI TUTTO

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    Cristian Casoli cerca casa: “A 45 anni non sono ancora da rottamare”

    Di Roberto Zucca
    Il grande escluso. A leggere i roster della Serie A, ci si aspettava da parte sua un annuncio che non è arrivato. Perché Cristian Casoli, l’eterno ragazzone con il laccetto ai capelli e il salto poderoso che ha infiammato i cuori di Cuneo negli anni d’oro, non ha alcuna intenzione di lasciare il volley:
    “E ci tengo a ribadirlo. Chi ha pensato di potermi rottamare rimarrà deluso, anche perché a 45 anni penso ancora di poter essere una buona alternativa ai tanti schiacciatori che ci sono in circolazione”.
    Le posso chiedere perché un presidente dovrebbe ingaggiare oggi Cristian Casoli?
    “Perché me lo merito. E perché ho dimostrato lo scorso anno che in A3 riuscivo ancora a dire la mia. Mi creda, non è presunzione ma la consapevolezza che l’età anagrafica non significa tanto rispetto alle energie e alle caratteristiche fisiche e mentali di un giocatore”.
    Cosa la spingerebbe ad accettare?
    “Una bella proposta. Di un presidente e di una società che hanno in sé la motivazione per costruire qualcosa. Non sono un mercenario che gioca per il denaro. Alla mia età si gioca per passione, non certo per l’ingaggio in questione. Sappiamo bene tutti che la pallavolo in questi anni post-Covid vivrà un periodo di ristrettezze. Ci terrei piuttosto a giocare e a sposare un bel progetto, non per forza al Nord Italia”.
    Foto Lega Pallavolo Serie A
    Proprio Cuneo ha deciso di non rinnovare. Posso chiederle come mai?
    “Ha scelto di non proseguire. Sono scelte di una società che vanno semplicemente rispettate”.
    Molti suoi colleghi, penso ad Alessandro Fei, stanno smettendo i panni del giocatore ed entrano in società. La valuterebbe come opzione?
    “Decisamente. C’è stato qualche contatto non andato a buon fine con alcune società. Sono allenatore di secondo grado e non mi dispiacerebbe intraprendere una carriera da tecnico o da dirigente sportivo. Penso di poter mettere a disposizione l’esperienza di tanti anni e di svariate serie e sono sicuro che riuscirei a divertirmi”.
    E al futuro senza volley ci pensa? O è una scelta che spaventa?
    “No, credo che nella vita le cose che spaventano siano ben altre. Vorrei darmi ancora qualche chance nel mondo del volley perché è la mia vita e la mia storia. Si ha sempre del tempo per virare e fare altre scelte. Sicuramente più avanti”. LEGGI TUTTO