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    Enrico Lazzaretto: “La mia priorità è la promozione con Porto Viro”

    Di Roberto Zucca
    Gli anni di Padova sono stati la sua vera scuola di formazione, e della quale il suo gioco si è forgiato soprattutto negli anni in cui ha diviso il campo con giocatori del calibro di Travica, Randazzo, Polo, solo per citarne alcuni. L’ora della verità è arrivata invece in questa stagione per Enrico Lazzaretto, schiacciatore della Delta Group Rico Carni Porto Viro a cui nelle ultime settimane è stata associata l’etichetta di top scorer:
    “Sono settimane decisamente buone per Porto Viro e per me. Sono contento dei risultati che sono riuscito ad ottenere e soprattutto di ciò che la squadra è riuscita ad ottenere, tra tutti il passaggio di turno della Coppa Italia”.
    In campionato è sfida aperta con Motta di Livenza.
    “Squadra che conosco bene in quanto ho militato anche tra le sue fila. Sta facendo molto bene, e adesso è distante da noi un punto. Sarà una lotta all’ultimo punto, ma a far bene con questa maglia ci teniamo tutti”.
    La promozione è un obiettivo. Lei potrebbe trovare spazio in A2?
    “Mettiamo le priorità in fila. Sicuramente l’obiettivo della promozione è una cosa alla quale teniamo tutti, società compresa. Se ci fosse spazio per me in A2, non solo, ma a Porto Viro ne sarei felice. Il percorso iniziato qui lo scorso anno vorrei concluderlo nel migliore dei modi”.
    Ufficio Stampa Delta Volley Porto Viro
    Gli anni di Padova. Le è mancata l’occasione di fare qualche passaggio in più?
    “Nell’anno in cui Gigi Randazzo aveva avuto qualche problema fisico e si era fermato qualche settimana, mi è spiaciuto non avere qualche occasione in più di scendere in campo. Ero pronto, volevo sbranarmi il campo. Però non è detto che non ci sia adesso la possibilità di avere altre occasioni importanti”.
    La gavetta fatta è stata importante. Come è arrivato alla pallavolo un colosso come lei?
    “Da adolescente ho avuto un problema per cui ho subito un’operazione, e mi era stato vietato qualsiasi sport di contatto. Col nuoto sono durato due mesi, anche se mi ha aiutato a rimettermi in piedi. Ho provato con la pallavolo, l’altezza c’era, il divertimento nei primi allenamenti pure. Non è la classica storia di innamoramento da bambino. È uno sport che ho iniziato ad apprezzare da grande”.
    Padova è arrivata subito. Poi molte parentesi in A2. Voglia di rientrare ad alti livelli?
    “Voglia di giocare ne ho sempre tanta. Sono uno di quelli per cui ogni partita è una finale di Champions. Sono competitivo, in tutto e vivo la gara come un momento importantissimo ogni domenica. Lo spirito non mi manca. Il carattere pure. La mia compagna Livia mi prende in giro perché dice che voglio vincere una partita di pallavolo al pari di una partita a carte”.
    Livia, la sua compagna. Ho visto che la stupisce ai fornelli.
    “La cucina è una passione da un po’ di anni. Le dico di più: non è escluso che quando appenderò le scarpette al chiodo magari possa aprire un locale. Ho visto quanta soddisfazione il mio amico Dragan Travica ha ricavato dai suoi progetti imprenditoriali. Anche io mi vedo in una vita simile, una volta però che tutto questo bel mondo sarà concluso. Per ora penso a Porto Viro”. LEGGI TUTTO

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    Michele Baranowicz: “Sono rimasto in piedi grazie a famiglia e amici”

    Di Roberto Zucca
    Per comprendere in fondo chi mi trovo davanti, cerco Michele Baranowicz tra le sue certezze e i suoi affetti più cari. Ci sono Tatiana, Mila, i loro amati animali. Trovo in quel contesto una sorta di mondo protetto, privato e davanti al quale il lato più inedito del palleggiatore della Gas Sales Bluenergy Piacenza viene fuori:
    “È il mondo che proteggo, del quale parlo poco perché mi piace viverlo da solo senza interferenze esterne. È il mondo nel quale mi rifugio e dal quale vengo fuori più forte, rigenerato. Non posso descrivere quanto questo mondo sia cambiato dopo l’arrivo di mia figlia Mila. Ma sicuramente posso dirle che lo ha migliorato e reso ancora più bello con la sua presenza”.
    Osservare Baranowicz in quel contesto significa venire a contatto con un Michele che pochi comprendono. Mi dica come la vedono i suoi amici, ad esempio.
    “In realtà chi mi ha vissuto al di fuori del campo sa che sono molto diverso da quello che poi si trova in campo. Dovrebbe chiedere a loro cosa vedono di quel Michele, non ne ho idea. Ma sicuramente è una persona leale e presente”.
    Foto Lega Pallavolo Serie A
    Quello che mi ha sempre colpito di lei è il suo senso di responsabilità. Ha saputo assumersene nel bene e nel male.
    “Sono un atleta che deve assumere le responsabilità per ruolo, e poi l’ho sempre fatto per carattere. Ho sofferto negli anni il giudizio di molti che non mi conoscevano e che sparavano a zero su di me e sul mio operato. Anche perché non mi sono mai nascosto dietro gli alibi e dietro gli insuccessi”.
    Ad un certo punto mi è sembrato che lei abbia imparato a non curarsi del giudizio altrui. È stato difficile?
    “Ci ho fatto un lavoro, anche grazie a mia moglie Tatiana, con cui mi sono spesso confrontato e che ha saputo restituirmi delle riflessioni corrette e senza pregiudizi. Ora vivo tutto ciò che mi accade professionalmente molto meglio”.
    Baranowicz sembra aver avuto tre vite. Come si riesce a stare in piedi?
    “Con le persone giuste. Una famiglia, alcuni amici che nel momento del bisogno mi sono stati accanto, come ad esempio quando ho vissuto le vicissitudini del cartellino e delle ingiustizie di questo mondo. E poi con il senso del dovere. Questo è il mio lavoro. Questa è l’unica cosa che mi permette di mantenere la mia famiglia. Anche questo ti tiene in piedi”.
    Foto Lega Pallavolo Serie A
    Per alcuni anni ha scelto l’estero. Come ha visto il mondo italiano da fuori?
    “Con un po’ meno di pressione, diversamente da quando giocavo in Italia. È stata un’occasione di crescita ma anche un bel sacrificio che chi mi stava vicino ha vissuto. Bello, non semplice e sicuramente un contesto sfidante”.
    Ora Piacenza. E un sesto posto in regular season.
    “Che, aggiungerei, non ci soddisfa. Sono arrivato a stagione avviata, quindi ho avuto meno tempo rispetto a un atleta che magari è presente da inizio anno e ha modo di impostare un certo tipo di gioco, di trovare le intese con i compagni durante la preparazione. Serve continuità, la cerchiamo ancora e adesso diventa cruciale nella seconda parte della stagione”.
    L’organico non vi manca. Cosa si aspetta?
    “Non faccio pronostici, ma sicuramente dobbiamo lavorare tanto per trovare le conferme che cerchiamo. Dobbiamo fare sì che in tutte le fasi di gioco e in tutti i set si possa dare il 100%, così come è successo nelle ultime settimane in alcuni momenti delle partite. Con quella continuità di gioco potremo essere in grado di toglierci delle buone soddisfazioni”. LEGGI TUTTO

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    Simone e Carolina, presto genitori: “Tutto è iniziato con uno smile…”

    Di Roberto Zucca
    Mamma e papà. Prossimamente. Basta questo post per sorprendere e commuovere i suoi tifosi che lo inondano di auguri e congratulazioni. Simone Anzani e la sua compagna Carolina Fanni saranno presto genitori e lo hanno annunciato da uno splendido mare di inverno a Civitanova Marche. Oggi, per la prima volta, parlano assieme di questa notizia che nelle ultime settimane ha riempito di gioia il mondo della pallavolo:
    “Abbiamo scoperto questa bellissima cosa a metà ottobre, il giorno del compleanno di mio papà – dice Simone – e qualche settimana dopo abbiamo fatto trovare ai miei genitori una busta con due body con le rispettive scritte ‘Nonno e Nonna, ci vediamo a maggio’. Può immaginare l’emozione anche per loro, dato che sarà la loro prima nipote”.
    Quindi è una bambina?
    “Sì, una bambina. Stiamo riflettendo sul nome e per ora quelli che ci piacciono di più sono Viola e Eva. Però diciamo che uno dei due propende per entrambi…”.
    Carolina, mi racconta come ha conosciuto Simone?
    “Giocava a Verona. Era all’ultimo anno. Io sono una fotografa freelance e mi capitava di seguire la Calzedonia. Ci conoscevamo da un po’ e capitava di vedersi in compagnia ma avevamo entrambi delle frequentazioni. Quando si è conclusa la stagione, ho capito che mi era scattato qualcosa e gli ho scritto un sms dicendo che mi mancava. Lui ha risposto con uno smile”.
    Simone, solo uno smile?
    “(ride, n.d.r.) In realtà qualche giorno dopo abbiamo iniziato a scriverci. Ed è iniziata una frequentazione circa tre anni e mezzo fa. L’anno dopo io ho firmato a Perugia. È stato quello il banco di prova e la storia è diventata qualcosa di sempre più importante”.
    Poco tempo fa mi aveva confessato che Carolina è la donna della sua vita.
    “Una donna con cui ho scelto di fare una figlia è, nella sua natura, la donna della vita. Carolina ha saputo starmi accanto e ha saputo essere una compagna, un’amica, una persona speciale. Penso che la vera prova sia stato il lockdown, quando per la prima volta dopo tanti anni ho smesso di viaggiare tanto e sono stato costretto a convivere forzatamente con una persona per 24 ore al giorno. È una prova che abbiamo ampiamente superato”.
    Nessun litigio, Carolina?
    “Sì. Solo quando giochiamo a carte. Lui è uno molto competitivo e vorrebbe vincere sempre. Odia perdere e soprattutto la fase dello sfottò che si genera dopo la sconfitta. Direi leggerezze ampiamente superabili”.
    Foto Instagram Carolina Fanni
    Cosa ha sacrificato per stare accanto a Simone?
    “Il mio lavoro, naturalmente, è stato da ripianificare. Prima vivevo a Verona e avevo i miei clienti fissi. Una volta che ho iniziato a viaggiare e a vivere in pianta stabile accanto a Simone, ho cercato delle opportunità diverse oltre ad avere dovuto ripensare alla professione a distanza. Ma è un qualcosa che ho scelto di fare molto volentieri”.
    Anzani, in quali momenti ha sentito la vicinanza di Carolina?
    “L’anno di Modena non è stato un anno semplice per me. Ho sofferto determinate dinamiche e avere accanto Carolina, che riusciva a strapparmi un sorriso o a darmi un consiglio giusto nel momento del bisogno, è stato fondamentale”.
    A Civitanova sembra stiate molto bene.
    “Si vive molto bene e personalmente ho trovato un gruppo con il quale vado molto d’accordo. Ci sono persone con le quali ci vediamo spesso fuori, penso a Balaso, Diamantini, Marchisio, Kovar con cui è nata un’amicizia anche tra Carolina e le rispettive compagne. E poi ho De Cecco che viene sempre a mangiare le zuppe a casa nostra perché dice che come le facciamo noi non le fa nessuno. Quindi è sempre il benvenuto!”. LEGGI TUTTO

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    Cico De Marchi è tornato per restare: “Voglio vincere con la maglia di Motta”

    Di Roberto Zucca
    Rileggere il suo nome nel roster di una squadra di serie A, veneta fra l’altro, rievoca una serie di stagioni in cui Francesco De Marchi allietava squadre e tifosi della regione dell’Est tanto famosa per i palcoscenici del volley. Le sue stagioni migliori le ha trascorse proprio a Padova e a Verona, fino ad arrivare agli anni trionfali a Berlino, nella spedizione Serniotti che valse ad entrambi lo scudetto. Ora De Marchi, per tutto il volley Cico, è tornato alla HRK Motta di Livenza, in A3:
    “È stata anche per me una bella sorpresa. Ormai la mia vita procedeva beatamente a Spalato con mia moglie e mia figlia, quando nel periodo natalizio siamo rientrati in Veneto anche per far stare un po’ la bimba con i nonni paterni. Io ho giocato in Croazia fino a poche settimane fa, ma la società sapeva bene che se fosse arrivata una chiamata dall’Italia avrei accettato più che volentieri”.
    Ha iniziato col botto. La HRK Motta ora si gode il primato in classifica.
    “Abbiamo vinto il derby contro Porto Viro ed è stata una bella soddisfazione. Io sto cercando di trovare il massimo della condizione, anche perché le differenze col campionato croato si vedono. Non parlo di meglio o peggio, ma come impostazione di gioco spero già nella prossima gara di poter dare il 100%”.
    Motta è una società ambiziosa. De Marchi punta alla A2?
    “Le carte in regole Motta le ha. Io sono entrato a metà campionato perché Roberto Pinali si sta riprendendo da un infortunio, ma fino a fine stagione voglio potermi giocare le mie chance, intese anche nel senso di centrare la promozione con questa squadra. Ci sono giovani interessanti in A3 e il livello del campionato è piuttosto alto, anche perché ci sono diversi giocatori che negli anni scorsi hanno militato in Superlega e in A2. Sarà un proseguimento tosto e io ce la metterò tutta”.
    Foto Ufficio Stampa HRK Motta
    Sfatiamo dei miti. Perché ad un certo punto è sparito dal campionato italiano?
    “Perché nessuno me lo proponeva più. Dopo l’anno a Berlino e un infortunio, si era diffusa la voce che fossi fisicamente fragile, e questo non era vero. Il procuratore di allora, dopo lo scudetto e l’infortunio, è come se avesse smesso di puntare su di me. Eppure i risultati e gli ingaggi non ho mai fatto fatica a trovarli. Mi sono rivolto ad un altro agente, per cui, diciamo, non risultai un buon affare. So che tanti atleti negli anni sono stati vittime di certe maldicenze, che poi partono sempre dai soliti personaggi”.
    Dissero stagioni sbagliate.
    “Le scelte sbagliate a livello di società sono capitate a chiunque. Ci vuole però un procuratore che fa in modo che una stagione sbagliata possa essere corretta. Io adesso mi gestisco da solo e sono molto felice di questo. Non sono nel giro della Superlega, ma non sono nemmeno a casa a guardare il soffitto. Non voglio risultare polemico, ma spesso i procuratori tendono a danneggiare e non a salvaguardare i propri atleti. Soprattutto quando c’è troppa scelta e le percentuali per l’ingaggio tendono ad abbassarsi”.
    Dissero infine che lei aveva un carattere difficile.
    “Niente di più falso. Ho fatto presente delle cose nella mia carriera, così come tutti i giocatori. Ci sono state delle rare volte in cui ho alzato la mano e chiesto spiegazione relativamente a false promesse o a cose che non andavano. Ma sfido chiunque ad andare a chiedere ai miei ex allenatori le mie referenze. E per me parlano tanti anni trascorsi in Superlega. Non si è mai lamentato nessuno, che io sappia. Diciamo anche che gli atleti difficili sono altri, non Cico De Marchi. Ma su alcuni si tende sempre ad andare con la carota, e mai col bastone”.
    Rimarrebbe in Italia nei prossimi anni?
    “Altroché se rimarrei. Penso di essere in grado di giocare ancora 4 o 5 stagioni a buon livello, anche perché, ci tengo a dirlo, fisicamente sto bene. Spero che con Motta possa essere una storia a lungo termine. Viceversa tornerò a Spalato e mi piacerebbe molto entrare in una società come ds, o nell’organizzazione. Mi è stato proposto, e restare all’interno di questo sport è una cosa che spero vivamente. Per ora, intanto, pensiamo a vincere con la maglia di Motta!”. LEGGI TUTTO

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    Mattia Bottolo, grinta da veterano: “Voglio arrivare lontano con Padova”

    Di Roberto Zucca
    Ventuno anni. E una grinta da fare invidia a molti suoi coetanei. Mattia Bottolo non è solo il nuovo che avanza, ma è già il nuovo che si afferma con la maglia della Kioene Padova in un panorama, quello della Superlega, nel quale emergere è un affare riservato a pochi:
    “Parlo di un bilancio personale ottimo, in quanto coach Cuttini mi ha responsabilizzato da subito e mi ha dato fiducia. Ho cercato di ripagare con la stessa moneta anche io, cercando di dare il massimo in ogni incontro. La classifica purtroppo non ripaga del tutto questo impegno, in una stagione molto difficile, molto complessa, in cui in certi incontri dobbiamo ancora trovare continuità”.
    Il suo nome però è una delle migliori novità del panorama italiano. Fenomeno non nuovo in quel di Padova.
    “Ho la fortuna di giocare in una società che dell’investimento sui giovani ha fatto il suo cavallo di battaglia. Non capita a tanti coetanei di avere queste chance, quindi le apprezzi doppiamente. È una società nella quale sono cresciuto. Vincere con la maglia Kioene ha un valore molto importante”.
    Foto Lega Pallavolo Serie A
    Originario di Bassano. Che esordi sono stati?
    “Gli esordi di un ragazzo che gioca per inseguire il suo sogno di giocare un giorno in un palcoscenico importante come quello della Superlega. Tanti sacrifici, e qui ci tengo a ringraziare la mia famiglia che per me ne ha fatti davvero tanti sin da quando ero più giovane. E poco tempo per altro, che è una cosa normale visto l’impegno richiesto dalla pallavolo”.
    Dove vuole arrivare con Padova?
    “Lontano. Sembra banale come risposta, ma sicuramente vorrei vincere qualcosa di importante con questa maglia. Padova ha fatto tante stagioni in cui è stata una forte outsider contro molte compagini più corazzate. Sono certo che ritrovando la condizione anche noi possiamo fare la nostra parte”.
    Foto Lega Pallavolo Serie A
    La tegola dell’infortunio di Shoji come la state risolvendo?
    “Con la massima fiducia data a Leonardo Ferrato che è un giocatore, con cui ho condiviso il periodo delle giovanili e con cui personalmente ho un bellissimo rapporto. È un ragazzo che come me vuole giocarsi le sue occasioni e di cui tutti i compagni hanno tanta fiducia. Sostituire Kawika non sarà semplice perché stava facendo un ottimo campionato, ma Leonardo può assolutamente farcela”.
    Non è facile nemmeno per lei trovarsi davanti così tanta esperienza. Mi è sembrato un giocatore di metodo e carattere. Sbaglio?
    “Il carattere lo devi mettere davanti soprattutto quando ti ritrovi davanti così tanta esperienza come accade in Superlega. Per il metodo la ringrazio, anche perché cerco di fare ogni cosa secondo le regole nel gioco”. LEGGI TUTTO

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    Andrea Gardini riparte dalla Polonia: “Le difficoltà si superano, senza cadere”

    Di Roberto Zucca
    Ha iniziato, come nel suo stile, con l’entusiasmo e l’impegno che lo contraddistinguono. Andrea Gardini è il nuovo tecnico dello Jastrzebski Wegiel, il club polacco che ha alle spalle degli investitori importanti nel mondo dell’industria del carbone e che sull’ex senatore della nazionale italiana puntano per un rilancio a tutto tondo.
    Ecco le sue dichiarazioni in un’intervista esclusiva (realizzata prima del rilevamento dei nuovi casi di Covid-19 che hanno costretto la squadra polacca al ritiro dalla Champions League, n.d.r.):
    “Le parlo tra un allenamento e l’altro. Sono arrivato 24 ore fa in Polonia e sono subito entrato in palestra per lavorare con la squadra. Un po’ è il mio metodo, e un po’ è nel mio stile buttarmi a capofitto in ogni nuova avventura. La decisione è stata presa in poco tempo perché la proposta fatta dal club mi ha fatto venire la voglia di riprendere ad allenare”.
    Tre mesi per cambiare volto alla squadra. Obiettivi?
    “Lavorare, fare il mio. È un club importante, che anche nella lunga prospettiva farà degli investimenti rilevanti, e di questi tempi è già un miracolo che ciò avvenga perché significa che ci sono ancora società che investono sullo sport. Ragiono sul breve periodo, poi si vedrà. Porterò la mia impronta ed è ancora troppo presto per capire se ciò che è la mia metodologia porterà risultati alla squadra e beneficio alla società”.
    Foto Lega Pallavolo Serie A
    Dall’esonero a Piacenza in poi, cosa ha fatto Andrea Gardini?
    “Ho studiato, visto delle partite. Anche dal vivo: mi hanno chiesto di fare le radiocronache da Ravenna e ho accettato proprio perché potevo approfittarne per vedere le partite in presa diretta. Viceversa avrei potuto solo fare il telespettatore da casa!”
    La famiglia Gardini è stata un toccasana in questi mesi?
    “Lo è stata, come sempre. È una famiglia che vive in diversi parti del mondo, Davide in America, mia figlia Serena lontana da Ravenna con il suo compagno che gioca a pallavolo. Quindi è bello ritrovarsi, ed è stato così durante le vacanze. In generale la mia vita prima di Piacenza mi ha portato all’estero per tanti anni, quindi ogni qual volta possiamo stare assieme a Ravenna io sono contento”.
    Di lei ho sempre ammirato la tempra. È difficile farla capitolare?
    “Non sono uno che si perde d’animo, non l’ho mai fatto da giocatore e non mi è mai capitato di farlo da allenatore. Le difficoltà si superano, senza cadere. E quando si cade ci si rialza. Nel mio caso è sempre stato così. Sono uno che ha sempre guardato avanti. Nel nostro lavoro non bisogna mai perdersi, sarebbe la fine”. LEGGI TUTTO

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    Gabriele Nelli: “La Russia ti tempra, e non solo per il freddo!”

    Di Roberto Zucca
    Da Belgorod con furore. Nonostante una dodicesima (terzultima) posizione in classifica che non soddisfa la sua carica emotiva e di gioco, Gabriele Nelli traccia un bilancio tutto sommato positivo dell’esperienza nella Superleague russa con la maglia del glorioso Belogorie Belgorod:
    “Era un’esperienza di cui sentivo il bisogno. Non è solo il freddo a temprarti, ma anche lo stesso fatto di giocare all’estero che ti mette nella condizione di dover combattere una battaglia in solitaria. Questo era un anno particolare per tutti noi, non solo perché era una stagione pre-olimpica, bensì perché con il Covid-19 si rischiava di giocare un altro campionato a metà come lo scorso anno”.
    Era l’anno giusto per emigrare, Nelli?
    “Nel mio caso, sì. Certo, stare lontano dalla famiglia, dalla mia Florinda, dal mio amatissimo cane era una sfida non facile. Ma ognuno si è preso a cuore i propri obiettivi e abbiamo deciso di tuffarci. Florinda ha accelerato con gli studi, io sono in un campionato che sotto alcuni aspetti mi ha forgiato il carattere ancora di più e tra noi c’è un sostegno quotidiano”.
    Si aspettava qualcosa di più da questa prima parte di stagione?
    “Le direi una bugia se dicessi di no. Ma la squadra ha trascorso un periodo caratterizzato dai frequenti contagi da Covid-19 e siamo stati fermi più di venti giorni. In più il cambio di allenatore è sempre un processo che va interiorizzato, perché la squadra deve ritrovare l’impostazione e la continuità a cui è abituata. Abbiamo fatto alcuni buoni risultati, cito la vittoria con Kazan su tutte, e da qualche settimana cerchiamo di ritrovare risultati positivi”.
    Foto Instagram VC Belogorie
    In questi giorni si parla di un mercato russo molto frizzante. Lei resterebbe a Belgorod?
    “Direi che è presto per parlarne, anche perché la stagione è ancora in corso. Se ci fosse la possibilità di restare nel campionato russo lo considererei molto volentieri”.
    Con gli altri italiani capita di parlarsi o vedersi?
    “Compatibilmente con gli impegni del campionato, mi ha fatto molto piacere vedere Ivan Zaytsev durante lo scontro con Kemerovo, e siamo riusciti anche a fare una cena tra italiani. Idem con il secondo allenatore della Dinamo Matteo De Cecco. Lei deve immaginare, e non credo sia una considerazione banale, che poter parlare in italiano con i tuoi connazionali non è cosa semplice qui, soprattutto di persona. Quindi ogni occasione è buona per stare qualche oretta e raccontarsi un po’”.
    Con i compagni di squadra?
    “Vado molto d’accordo con Borovnjak, che alloggia nel mio stesso complesso, e con Tetyukhin, che con suo padre ha respirato un’aria europea. Ormai mi sono abituato ai ritmi di questo paese e alla mia vita in hotel, che è una gran bella comodità”.
    Fonte: FIVB
    Mi racconta un pochino la vita a Belgorod?
    “Tanto albergo, qualche giro al centro commerciale e molto allenamento. Le trasferte sono lunghe e quindi dobbiamo sempre mantenerci pronti per affrontarle. Le temperature ogni tanto le ha viste nelle mie storie sui social. Diciamo che non sono proprio da tropici”.
    Prossimi obiettivi?
    “Sicuramente migliorare la posizione in classifica. Il nostro tecnico dovrebbe tornare a giorni in palestra e cercheremo anche noi di riconquistare punti preziosi. A livello individuale, vorrei concludere questa prima stagione con una buona prova complessiva. È il primo anno, chissà non ce ne possano essere altri qui!”. LEGGI TUTTO

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    Alberto Polo: “Per l’azzurro c’è tempo, ora penso a Piacenza”

    Di Roberto Zucca
    L’occasione importante, quella a cui non si poteva dire no, è arrivata da Piacenza. E Alberto Polo non si è fatto cogliere impreparato. Dopo un bellissimo trittico di stagioni a Padova, l’atleta sta affrontando un nuovo campionato di Superlega con la maglia della Gas Sales Bluenergy e da poco è rientrato a pieno titolo tra i banchi della squadra emiliana:
    “Mi è spiaciuto perdere, a causa del Covid-19, quella continuità avuta fino alle vacanze di Natale a causa. Il periodo fortunatamente è superato. Sto bene, ma non è stato semplice far passare il periodo di inattività in attesa di riprendere e di potermi unire di nuovo alla squadra”.
    In occasione dell’incontro con Padova è rientrato in campo.
    “Era una partita a cui tenevo molto, perché giocavo con quella che è stata la mia squadra per tanti anni. Ho ritrovato i vecchi compagni di squadra, ma quell’atmosfera della Kioene Arena è stato brutto non poterla vivere, perché il palazzetto è ancora privo di pubblico”.
    Quale è stato l’approccio con Piacenza?
    “Vede, la differenza con le stagioni precedenti è che per esempio in una grande squadra si pensa a come cercare di portare a casa il risultato pieno con squadre come Padova. Non è tanto la pressione per il risultato che cambia, quanto la consapevolezza di dove si può arrivare, vincendo alcuni incontri”.
    Dicono che si sia tolto di dosso l’etichetta di giovane promessa. Le fa piacere?
    “Sono cresciuto e se si è notato mi fa piacere. Poi sono una persona che quando entra in un nuovo ambiente cerca di adattarsi alla nuova realtà e di cucirsela addosso. Non sono uno che si impone ma uno che si mette a disposizione”.
    Foto Ufficio stampa Gas Sales Bluenergy Piacenza
    Con Bernardi ha funzionato?
    “Lavoro molto bene con Lorenzo. È un allenatore che trasmette una grande conoscenza del campo ed è un vincente di natura. Credo che lavorare con tecnici come lui possa aiutare tanto un atleta a migliorare il proprio percorso”.
    Piacenza sembra essere sempre una montagna russa. Tocca delle vette altissime e poi alle volte si perde.
    “Ma si ritrova, fortunatamente! Credo che, in una squadra così nuova, trovare un equilibrio non fosse semplicissimo. Poi spesso, quando ci sono cambi importanti, bisogna ritrovare anche un’identità. Penso che dalle prossime partite potremo tornare ad esprimerci in un certo modo”.
    Il suo nome è circolato nelle liste per l’azzurro.
    “Nel mio ruolo la concorrenza per un posto in nazionale è spietata. Ci sono tanti che aspirano al ruolo e tanti stanno lavorando con quell’obiettivo. Sarebbe bello e lavoro affinché un giorno quella maglia posso essere indossata anche da me. Per ora però la cosa a cui penso è il finale di stagione con Piacenza. Voglio tornare al 100% in campo. Per il resto c’è ancora tempo”. LEGGI TUTTO