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    Parole e musica di Maxwell Holt: “La semifinale non è un punto d’arrivo”

    Di Roberto Zucca Il suo mondo, il suo aplomb, forse anche quel suo sorriso così pieno di significato, lo collocano nell’universo dei pallavolisti a metà tra il bohemien e il naif. A rappresentare Maxwell Holt è quel silenzio ricolmo di tutto che spezza l’aria e l’intervista con una fragorosa risata nel momento in cui il suo cuore è toccato da qualcosa che lo emoziona o lo imbarazza. Questo suo mondo ha una costante, fatta di suoni, di una chitarra, di una musica che non fa scomparire nulla ma lascia inalterato il resto: “La musica è parte della mia vita. È stata mamma fin da piccolo a farmi ascoltare Ella Fitzgerald, i Beatles. Da lì ho fatto dei percorsi, anche personali, in cui l’ho messa davanti a molte fasi della mia vita”. Ho letto che voleva diventare una rock star? “Esagerato! Suonare mi piace, anche cantare. In realtà mi piace anche produrre i suoni. So che il discorso sembra complesso, ma la musica mi piace a 360 gradi. Quindi da grande non so cosa farò, ma sicuramente qualcosa che avrà a che fare con la musica”. Il produttore? “Sì, scriva produttore. Negli Stati Uniti, mi raccomando (ride, n.d.r.)” L’Italia dove la mettiamo? “L’Italia è la mia seconda casa, è un posto incantevole nel quale vivo benissimo. Per darle la misura di quanto amo questo paese, le dico che durante il lockdown ho scelto di non tornare a casa negli Stati Uniti subito, come hanno fatto i miei compagni, e ho deciso di trascorrere qui quel periodo“. Foto Vero Volley Monza L’attaccamento a Modena è testimoniato da un messaggio di arrivederci molto emozionante. “Mi hanno accolto come se fossi un ospite di riguardo, e molti di loro come se fossi un figlio. Sono stato amato, coccolato e ho ricambiato con tutto l’affetto possibile. Sono stati anni bellissimi, in cui pallavolisticamente e umanamente sono cresciuto tanto”. Il suo arrivo a Monza è coinciso con la stagione più importante del Vero Volley. “È una squadra molto buona nella quale mi trovo molto bene. Abbiamo raggiunto un risultato storico per la società, ovvero la semifinale scudetto, e faremo di tutto per andare avanti in questa serie. Perugia è una squadra ostica che ha al suo interno degli ottimi elementi. Ma anche noi abbiamo dimostrato di potercela giocare con tutti”. Effettivamente a Monza si respira quell’aria da “non ci fermiamo qui”… “Beh, è esattamente come dice lei. Abbiamo voglia di andare avanti, ma soprattutto crediamo di poterlo fare. Aver centrato la semifinale è stato importante, ma non era un punto di arrivo. Personalmente è stato un anno in cui ho vissuto delle fasi di up e down fisico, ma ora sto bene e voglio dare il contributo a questa squadra”. È stato un anno molto particolare. Era mai stato per così tanto tempo lontano dalla famiglia? “Ho avuto la fortuna per poter trascorrere un po’ di tempo prima di riprendere l’anno in Ohio con la mia famiglia e mio fratello Sam. Ho respirato l’aria di casa, dell’America e sono ripartito. La mia vita è così da molti anni. L’importante è trovare quell’aria di casa ovunque io vada”. L’America è cambiata molto. Si ricorda il suo messaggio il giorno dopo le elezioni del 2016? “Sì! Avevo detto che avrei voluto sposarmi in Italia e prendere la cittadinanza! Sono stati quattro pesanti, ma ora fortunatamente politicamente c’è stato un buon risultato. E io comunque non mi sono ancora sposato!”. In compenso nella sua vita è arrivata Viv. “Il mio cane! Lo scorso anno Totò Rossini mi ha portato a vedere un allevamento, ci ho pensato poco, e nel giro di un giorno ho deciso di prenderla con me. È stato un gesto fondamentale, anche perché è una medicina contro qualsiasi cosa. Credo che chiunque ha degli animali possa comprendere quanto possano cambiare la vita in meglio. Se non ci fosse stata lei, durante questi mesi di isolamento mi sarei sentito davvero solo”. LEGGI TUTTO

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    Riccardo Vecchi, il cuore è a Grottazzolina: “Difficile pensare di andare altrove”

    Di Roberto Zucca Riccardo Vecchi, schiacciatore e capitano della Videx Grottazzolina rappresenta al meglio l’idea di una pallavolo frutto della crescita nel proprio territorio, le Marche, e carica di quel sapore meravigliosamente retrò che è l’identità e l’attaccamento alla propria terra: “Sono cresciuto qui e nonostante i miei esordi pallavolistici siano stati in una società che si chiama Montegiorgio, a Grottazzolina ho vissuto tutti gli anni della mia carriera. È una società fantastica, che ti fa davvero sentire parte di una storia e di una famiglia. Ho molti compagni che sono arrivati qui e hanno scelto di crearsi una base stabile”. Lei lascerebbe mai Grottazzolina per un’occasione lontana? “Ora come ora le direi di no. Ho da poco completato gli studi di Tecnico della Prevenzione in ambito sicurezza e ho avuto subito la fortuna di essere assunto dopo la laurea in un’azienda che mi permette di coniugare il lavoro e lo sport. Mi sono creato una professionalità e per noi è difficile pensare di ricominciare da zero in un altro luogo, riuscendo a mettere assieme tutti i pezzi”. Foto M&G Scuola Pallavolo Grottazzolina è una società che ha fatto davvero la storia di questa disciplina. Meriterebbe di essere più in alto? “Ci proveremo. Sarebbe bello poter tornare in A2 già nei prossimi anni. Ha una tradizione, un’eccellenza e anche un’organizzazione che meriterebbe di più. Mi spiace, perché già lo scorso anno sarebbe stato un obiettivo raggiungibile, poi a causa del Covid-19 si è ripartiti da zero”. Una squadra per lo più di marchigiani. È un valore aggiunto o un limite? “Credo che la squadra si misuri dai professionisti che mette in campo. Il bomber straniero può cambiare le sorti di una squadra? Forse, ma le squadre sono fatte anche di altri fattori. Noi abbiamo saputo crearsi una chimica e un’unione interna che ci ha permesso di affermarci col tempo. Sarebbe bello poter proseguire su questa strada”. LEGGI TUTTO

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    Mauro Sacripanti: “Fin da piccolo sono innamorato della pallavolo”

    Di Roberto Zucca I primi passi pallavolistici li ha mossi in un campo, quello di piazza Mancini, che è stato croce e delizia per tutti quegli appassionati che, nei primi anni 2000, hanno vissuto la storia della M.Roma Volley. È lì che Mauro, che di cognome fa Sacripanti, ha capito quale fosse il suo destino: “Chiedevo a Roberto Fant, il secondo allenatore, di giocare con me a fine partita o con chiunque si trovasse nel mio raggio di azione. Ero innamorato della pallavolo già da piccolo, perché è l’aria che si è sempre respirata a casa mia e farlo in quel contesto era davvero bellissimo. Papà ogni volta in cui poteva mi portava agli allenamenti ed era lì che magari facevo il raccattapalle di fronte a Savani, Mastrangelo, Hernandez”. Vittorio, suo padre, è stato definito l’architetto dello scudetto Piaggio. Che papà è stato? “Eccezionale. Un papà con cui ho avuto il piacere tanti anni dopo di condividere la conquista della Coppa Italia a Civita Castellana, quando anche io ero parte della squadra. È il ricordo più bello che possiedo, anche perché è un titolo che abbiamo vinto assieme”. Civita Castellana per tanti anni, ora in campo con la Normanna Aversa Academy, in A3. “Stiamo risalendo la china, dopo aver iniziato l’anno non come avremmo voluto. Qualche assenza per il Covid, come quella di Alfieri, ci ha portato a dover re-impostare alcuni schemi di gioco e abbiamo perso qualche punto prezioso per strada”. Ora la situazione appare diversa. Aversa ha battuto anche Grottazzolina, una delle favorite del girone. “Una bella affermazione di tutta la squadra. Loro sono una squadra ben assortita in ogni reparto, con alcuni giocatori giovani ma di esperienza. Noi siamo una squadra fresca, che gioca per il primo anno assieme, e dobbiamo mantenere l’entusiasmo di queste ultime settimane. Così facendo potremmo toglierci qualche bella soddisfazione”. Grottazzolina, Galatina, subito dopo ci sarà Aversa? “Per ora siamo quinti. Niente è escluso, ma è un campionato nel complesso difficile. Ci sono ancora tanti incontri da giocare. Lasciamo al campo la possibilità di rispettare o ribaltare i pronostici”. Subito dopo la stagione, proseguirà col Beach? “Io e Manuel (Alfieri, n.d.r.) dobbiamo capire che tipo di campionato si potrà giocare quest’estate. Ma è sicuramente in agenda il fatto di disputare la stagione assieme. Lo scorso anno ci siamo trovati davanti coppie come Lupo-Nicolai o Abbiati-Andreatta, con cui abbiamo voglia di continuare a darci battaglia”. Foto 4Vele Beach Volley Academy Quanto è casuale il fatto che lei giochi in squadra con Alfieri anche in indoor? “(ride, n.d.r.) Non pensi che sia solo strategia! Manuel è arrivato ad Aversa e gli è stato chiesto se aveva in mente qualche nome per assortire la rosa e ha pensato a me. Spero non sia solo un gesto di amicizia. Certo, stare in campo tutto l’anno assieme permette di affinare il lavoro di intesa e di trovare anche solo un momento libero per pensare sul campo, o semplicemente nella stessa stanza, alla pianificazione della stagione”. Il suo cuore è diviso a metà. Mi dica dove è direzionato per il futuro? “Non posso dirglielo. È un cuore ancora troppo diviso. Dalla pallavolo vorrei avere il massimo, e aspiro a fare un percorso e a giocarmi tutte le mie carte. Amo il Beach Volley e una vita sulla sabbia non mi dispiacerebbe. Ma voglio prendermi del tempo per poter decidere, è ancora troppo presto”. LEGGI TUTTO

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    Gabriele Nelli è tornato dalla Russia: “Caratterialmente ne esco migliore”

    Di Roberto Zucca A Monsagrati, pochi km da Lucca, c’è un’aria diversa oggi. Gabriele Nelli è tornato ufficialmente in Italia, dopo una stagione lunga (e complicata dalla pandemia) con la maglia del Belogorie Belgorod. Il giocatore, in accordo con la società russa, ha deciso di risolvere anticipatamente il contratto che lo legava al club: “Con i vertici della società abbiamo parlato della stagione regolare, che era iniziata con aspettative diverse in tema di risultati. Ci si attendeva qualcosa di più ed ora loro disputeranno una sorta di seconda fase che ai fini della classifica non cambierà nulla. Da qui la decisione di svincolarmi in accordo con la dirigenza”. È stata una stagione difficile? “Io direi una stagione complessa. Giocare in queste circostanze lo era per tutti, non solo per noi. Personalmente è stata un’occasione di crescita personale. Ho detto qualche settimana fa, e continuo a pensarla fermamente così, che caratterialmente ne esco migliorato. Certe esperienze il carattere, lo forgiano proprio”. Ed ora in Italia in isolamento, così ha scritto su Instagram? “Eh sì, come da prassi per chi torna dall’estero, ma felice di passare alcuni giorni con il mio cane e nel mio giardino, con un clima spettacolare che solo la Toscana può regalarmi!” Non posso non chiederle se c’è stato qualche contatto con qualche club italiano… “Per ora no. Devo ancora finire di disfare i bagagli. Poi, in queste due settimane di isolamento, avrò bisogno di riequilibrarmi un pochino e di ritrovare anche mia moglie e la mia famiglia. Non dimentichi che non li vedo da otto mesi”. Si allenerà? Tra un mese si parlerà di nazionale e VNL. “Mi allenerò, appena potrò tornare in palestra, certo. Al resto ci pensiamo più avanti”. LEGGI TUTTO

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    L’occasione di Marco Falaschi: “Ho dato un segnale e la squadra mi ha aiutato”

    Di Roberto Zucca Non era certo la partita di domenica l’occasione per dimostrare qualcosa. Anche perché aprire il suo curriculum significa immergersi in una storia pallavolistica che parte da molto lontano e che Marco Falaschi può riepilogare annoverando molti anni di vittorie e soddisfazioni: “Io credo che un giocatore debba comunque dimostrare il suo valore, a prescindere dalla maglia che indossa o dalla carriera che ha fatto. È stata una bella soddisfazione poter essere di supporto alla squadra in questo avvio di play off”. La partita a cui ci riferiamo è stata Gara 1 dei quarti tra la sua Cucine Lube Civitanova e Modena. La stampa ha parlato di un gradito ritorno in regia. “È stato un bel segnale per tutta la squadra, che ha risposto anche al mio bisogno di avere del tempo per fare un po’ di rodaggio. Non tutti i palloni erano perfetti e la prova corale ha fatto sì che certe sbavature non compromettessero la buona riuscita dell’incontro”. Un cambio alla guida della squadra. Un cambio in regia. Non pensa che in questi casi Civitanova faccia davvero vedere la compagine che è? “Una squadra dovrebbe farlo vedere in ogni momento. Questa squadra ha degli ottimi elementi che possono fare la differenza sempre. Il cambio in panchina è stato tempestivo e ha retto bene alla pressione richiesta dal fatto che siamo arrivati ai quarti dei play off, e ogni incontro è ormai fondamentale per la prosecuzione del campionato”. Sono passati ormai molti mesi dalla scelta di fare un passo indietro e scegliere di fare il secondo a Civitanova. Tornando indietro rifarebbe questa scelta? “Dopo partite come questa la domanda mi sembra a senso unico! Sì comunque, è stata una scelta che è stata accompagnata da diverse riflessioni. In primis quelle di giocare in una società che garantisse una continuità e una sicurezza, stante la situazione pandemica che ha messo in ginocchio molte discipline sportive. Sul ruolo, in questi mesi ho fatto un percorso e sono soddisfatto. Mi riservo di risponderle più avanti (ride, n.d.r.)”. Le confesso che prima di preparare questa intervista ho visto la sua bacheca Instag ram. Quando le capita di rivedere la foto del 1° febbraio con la Coppa in mano, che emozioni la attraversano? “Svariate. Una parte di me avrebbe voluto trovarsi in campo e lottare su ogni pallone. Un’altra parte di me la guarda e prova parecchia gioia per aver vissuto quell’istante e aver condiviso quella serata con tutti i presenti. La cosa più importante è che quel trofeo appartenga alla Lube”. La battuta “un milione di palleggiatori ucciderebbero per avere il suo posto” me la consente? “Lo so, io vivo di dicotomie, ma forse è anche il bello della mia storia. Non sono mai soddisfatto del tutto, ma lo sono in tutte le cose della vita. Forse questo mi stimolerà sempre per cercare di migliorarmi ancora. Alla mia età io sogno ancora anni pieni di gioco e di soddisfazioni”. Chiudiamo con l’attualità. Non posso non chiederle cosa ne pensa, da vicepresidente dell’AIP, delle foto apparse domeniche a sostegno di Lara Lugli. “Che è il primo passo verso una forte richiesta di cambiamento. E spero che l’alzata di scudi e le prese di posizione da parte della stampa e dei vertici dello sport non cadano nel dimenticatoio dopo il polverone che si è alzato. Questa associazione ha iniziato un lavoro che mira a far riflettere società, atleti e mondo della pallavolo sulla creazione di strumenti e politiche che possano far dire davvero che esiste un professionismo serio e unanime nella nostra disciplina”. Il bilancio del lavoro fatto finora è positivo? “Bisogna continuarlo. Chiudiamo così”. LEGGI TUTTO

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    Matteo Paris, regista con la valigia: “Mi piace incontrare culture diverse”

    Di Roberto Zucca
    Dei suoi viaggi e delle sue esperienze internazionali, Matteo Paris ne ha fatto un valore aggiunto. E in quell’essere costantemente con il trolley sempre pronto per qualcosa che non è solo pallavolo, l’esperto palleggiatore trasferitosi recentemente a Dubai ha trovato una casa, una nuova terra:
    “Ne ho trovate tante di nuove terre, ma sicuramente la mia casa ora è realmente la Grecia. Vivo nell’isola di Syros, volley permettendo, con la mia compagna Asimina e mia figlia. Ora mi trovo ad Al Ain, negli Emirati, tra qualche settimana porto a termine una bella esperienza in questo campionato“.
    Al Ain, perché questa scelta?
    “Volevo qualcosa che mi desse più tempo da poter trascorrere con la mia famiglia. Il campionato arabo è un impegno che mi porta a stare lontano dalla Grecia meno mesi rispetto agli altri tornei. Le offerte non mi mancavano, sia dalla Superlega che dalle altre serie, ma devo dire di aver fatto la scelta giusta”.
    La motivi.
    “È un campionato interessante, che cresce stagione dopo stagione. Trovo poi che più ci si allontana dal proprio paese, più si diventa esterofili. Mi piace avere a che fare con altre culture, proprio per la loro diversità. Sono arrivato qui da pochi mesi e all’inizio rimanevo sempre stupito dal fatto che ad esempio qui si blocchi la partita per effettuare la preghiera”.
    Il campionato volge quasi al termine. Che stagione è stata?
    “Discontinua dal punto di vista dei risultati. Da straniero non riesco a giocare tutte le partite per il tema della quota massima di tre da inserire a referto, ma quando sono stato chiamato a dare il mio contributo è andata molto bene. Siamo quasi matematicamente fuori dai play off, ma contiamo di poter disputare delle buone Coppe, che qui sono il fiore all’occhiello nella seconda parte della stagione”.
    Foto Instagram Matteo Paris
    La stagione finirà ad aprile. Poi? Non le piacerebbe tornare in Italia?
    “Per ora mi piacerebbe tornare a Syros, perché sono da parecchi mesi che non vedo Asimina e mia figlia. Ho delle attività imprenditoriali da gestire con la mia famiglia in Grecia e credo che dedicherò a questo la maggior parte del mio tempo nei prossimi mesi. Penso sia arrivato il tempo di pensare anche al futuro”.
    In Grecia ha giocato parecchie stagioni. Sono pochi gli italiani che in quel campionato hanno lasciato il segno.
    “Ho avuto diversi riconoscimenti come miglior giocatore. Non lo dico per vantarmi, ma perché mi ha fatto piacere ricevere queste attestazioni di stima. È un campionato in cui mi sono trovato molto bene. E spero di concludere la mia carriera proprio lì”.
    Nel campionato italiano è sempre stato considerato un giocatore amato dallo spogliatoio.
    “Ho fatto diversi anni molto belli. Non hanno contato solo i risultati ma anche le persone che ho trovato sulla mia strada. Penso alla stagione a Perugia, arrivata per caso, dove ho avuto il piacere di condividere il ruolo con il mio amico Luciano De Cecco, alle stagioni con Sabbi, Tondo e Fanuli a Piacenza, Cavaccini a Castellana, che è stato un anno intenso e importante”.
    Nella massima serie Paris ci arriva a 30 anni. La gavetta è stata importante?
    “È servita. Anche perché nessuno mi ha regalato nulla. Ogni anno facevo il mio e piano piano salivo la china, fino al 2013 quando sono arrivato a Latina e ho trovato Daniele Sottile con cui ho subito instaurato un buon rapporto. Diciamo che sono rimasto il ragazzo di Anguillara che è entrato con umiltà e rispetto a dare il suo contributo nelle squadre in cui ha militato”.
    È stata un’intervista nostalgica, Paris. Ora non mi dica che lascerà la pallavolo.
    “(ride n.d.r.) No, ancora no, se mi proponessero una nuova stagione qui negli Emirati la farei subito. Ma se mi richiamassero dalla Grecia sarei ancora più felice perché potrei stare vicino alla mia famiglia. Se così non fosse, il progetto è di fare comunque qualcosa nel mondo dello sport, magari mettere in piedi una società a Syros e proseguire in questo mondo. Mi prendo ancora un po’ di tempo per decidere!”. LEGGI TUTTO

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    Daniele Lavia: “Essere parte del futuro di Modena è una grande responsabilità”

    Di Roberto Zucca
    Sembrano passati secoli da quando, tre stagioni fa, il diciannovenne Daniele Lavia si affacciava per la prima sul palcoscenico della Superlega in quel di Ravenna. E invece, tre anni orsono, Daniele ha cominciato con determinazione e consapevolezza un percorso di formazione e affermazione che oggi lo portano ad essere considerato un elemento cardine di una delle società più ambiziose della Superlega, Modena Volley, e dagli addetti ai lavori uno dei giocatori su cui puntare per il futuro delle spedizioni tricolori:
    “Io ringrazio sempre quando si parla di strada fatta, nonostante sia solo l’inizio di un cammino. Sono contento che dietro il percorso si veda, come dice lei, il sacrificio compiuto”.
    Modena, una piazza non semplice. Esperimento riuscito?
    “È un esperimento che purtroppo non mi ha visto sempre disponibile a causa di qualche acciacco fisico, che fortunatamente è stato risolto. Tenevo e tengo molto a Modena, che è una piazza affascinante e complessa per la storia e i risultati che ha ottenuto. Ci accingiamo ad affrontare l’avventura dei play off, che ci vedranno di fronte a Civitanova, e che sicuramente non ha bisogno di presentazioni”.
    Foto Lega Pallavolo Serie A
    Arrivano da un cambio tecnico importante.
    “Sono comunque una grande squadra, che alle chiamate importanti risponde sempre presente con determinazione. Noi dal canto nostro, non siamo una squadra che si sottrae, anzi, ci metteremo tutto il nostro impegno per poter andare avanti nella corsa per lo scudetto”.
    Capitolo Lavia. Quando legge le parole piene di stima del suo presidente, si sente più lusingato o più responsabilizzato?
    “Responsabilizzato in primis perché fa parte del mio carattere. Sono uno che è abituato a mettere la faccia in tutto ciò che fa. Essere definito parte di un progetto futuro e ambizioso è importante, e sì, anche molto lusinghiero”.
    Modena Volley
    La Modena del futuro come la immagina?
    “La vorrei vivere, magari! Vedere il palazzetto vuoto mi spiace perché fa un effetto davvero strano. Mi è capitato in passato di vederlo gremito di pubblico ed è alienante ora che le partite vengono disputate con le voci dei soli giocatori. E poi è una città molto viva, interattiva. Ecco, mi piacerebbe poterla vivere presto nella sua interezza”.
    La lontananza dalla sua famiglia l’ha avvertita?
    “Sì, tanto. Non vedo mamma e papà quanto vorrei. Noi meridionali viviamo in generale molto il tema della distanza e con il Covid-19 sono mesi che i protocolli, giusti ma severi, ci permettono di vederci tanto ma solo attraverso il telefono. Il ritmo casa-palestra-casa posso però dirle che è scandito talvolta dai famosi ‘pacchi da giù’, anche perché la cucina di mia madre manca molto!” LEGGI TUTTO

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    Matej Cernic, la carriera inizia a 42 anni: “Voglio fare grandi cose a Grottaglie”

    Di Roberto Zucca
    Chi ha guardato per caso i tabellini della gara di esordio del Volley Club Grottaglie non può che aver notato il suo nome. Matej Cernic è sbarcato nella Serie C pugliese e lo ha fatto con la dignità e l’enorme passione per la disciplina che lo contraddistingue:
    “Chi mi conosce sa che difficilmente riesco a dire di no. A 42 anni ero tentato di appendere alle scarpette al chiodo ma è arrivata Grottaglie. È un progetto interessante, mi hanno chiesto di entrare nelle fila della squadra e io non ho saputo resistere”.
    Per ritirarsi, Cernic, c’è sempre tempo?
    “Ma sì, ora pensiamo a questo campionato. Mi piacerebbe molto fare grandi cose qui e spero di riuscirci nonostante l’età. L’obiettivo della B può essere assolutamente alla portata di questa squadra che ha dei giovani veramente interessanti“.
    Non mi dica che gli avversari dall’altra parte non notano la presenza di Cernic.
    “Qualcuno forse lo vede prima, o lo legge a referto. Ma niente carrambate. Guardi che, se fa un giro nei campionati regionali, qualcuno che calcava i palcoscenici della serie A o B e che ha ancora voglia di fare due schiacciate a rete lo trova sicuramente”.
    Devo fare l’avvocato del diavolo: è rimasto deluso da qualche proposta che non è arrivata?
    “Sono cose che si superano perché fa parte del gioco e delle logiche di questa disciplina. Mi aspettavo, e se ne era parlato, del fatto che avrei dovuto ricevere una chiamata da Di Pinto e Bongiovanni per andare a giocare alla Prisma Taranto. A Di Pinto sono legati gli anni di Perugia e onestamente la proposta che non è arrivata mi ha lasciato un po’ l’amaro in bocca. Volevo concludere la mia carriera in A. Ma c’è ancora tempo”.
    Non lascia quindi, è una notizia.
    “C’è tempo, ne riparliamo la prossima stagione. Lo dico sempre ai giornalisti, valuto di anno in anno. Sicuramente c’è anche il desiderio di rimanere nell’ambiente”.
    Allenatore?
    “Sì, mi piacerebbe mettere in piedi una società qui a Francavilla dove vivo con la mia famiglia. Sto cercando di informarmi e magari chissà, avvierò un progetto in questo senso”.
    Nel frattempo?
    “Le sembrerà bizzarro ma ho iniziato a lavorare nel mondo ospedaliero. Collaboro con una società che si occupa di montaggio protesi in ambito traumatologico. Sto cercando di capire se può interessarmi un ambito del genere. Magari potrebbe essere un giusto connubio con la pallavolo”. LEGGI TUTTO