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    Francesco Dutto: “Ho fatto un passo indietro, ma se Savigliano sale…”

    Di Roberto Zucca La sua scelta, qualche anno fa, era stata categorica. Basta viaggiare, si ritorna alle origini. E Francesco Dutto, lo schiacciatore piemontese che oggi difende le mura della neopromossa in A3 Monge-Gerbaudo Savigliano, racconta così quell’arco di tempo che lo ha portato da essere la “mascotte” di molte compagini, da Corigliano a Cagliari, al ritorno nella provincia gloriosa del cuneese: “Qualche anno fa ho deciso di riavvicinarmi a casa. Diciamo che il gioco non valeva più la candela per chi si allontanava troppo. Non parlo di occasioni, parlo anche semplicemente di contratti e remunerazioni. In più, io avevo l’azienda di mio padre, un’azienda ortofrutticola che doveva andare avanti anche quando lui sarebbe andato in pensione. E così con mio cugino ho iniziato a prendere le redini della società e da qualche tempo ho preso il posto di mio papà“. Una scelta doverosa. Ma pur sempre difficile. “Sì, anche perché non è un qualcosa che pensi la sera per la mattina. Ho riflettuto parecchio sulla decisione e poi ho scelto di fare un passo indietro con la pallavolo. Ritmi più blandi, distanza da casa ridotta. Ho giocato di nuovo a Cuneo e poi da lì molti anni a Fossano in serie B. Poi è arrivata Savigliano“. Foto Lega Pallavolo Serie A Una storia bella, di provincia. Culminata con la promozione in A3. “È iniziato tutto con molto entusiasmo, in una realtà che aveva il suo seguito ed è riuscita a ritagliarsi uno spazio importante. La pallavolo piemontese ha vissuto anni davvero bellissimi, con la presenza dell’Alpitour e con il settore giovanile di Cuneo. Adesso si sta tentando di far risalire il livello e di investire qualcosa in più rispetto agli ultimi anni. Noi siamo una squadra giovane che quest’anno si affaccia alla serie A per la prima volta“. Con quali ambizioni? “Restare in A3, sicuramente, e cercare di ritagliarci la nostra fetta di campionato. In queste prime giornate stiamo un po’ tarando il tutto, anche solo per capire la nuova realtà“. Lei porta in dote tanti anni di esperienza… “Sono anni belli: ricordo sempre e soprattutto Cagliari, nonostante il finale sia stato un po’ triste, soprattutto per chi non ha rispettato le promesse e soprattutto ha abbandonato la nave. Sento molti dei miei ex compagni, che ora vivono stabilmente in Sardegna. Io ho scelto di tornare a casa“. Dove ha conosciuto e sposato Arianna. “Ci siamo conosciuti nel 2015. Lei fa l’educatrice cinofila ed è molto brava. Diciamo che siamo due persone che amano la tranquillità e l’aria buona che ci offre la nostra zona“. Fantadomanda. Savigliano sale in A2. Lei sposerebbe un impegno così? “(ride, n.d.r.) Domandona! Alla fine credo sia una questione di organizzazione. Quindi, perché no!“. LEGGI TUTTO

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    Riccardo Sbertoli: “La maglia di Trento la sento già mia”

    Di Roberto Zucca Riccardo Sbertoli è uno stile. È una filosofia di vita e di gioco che procede sui binari del buonsenso, della maturità e dell’esperienza. Arrivato all’Itas Trentino alla corte di Lorenzetti dopo una vita trascorsa sin da giovanissimo tra Segrate e Milano, ha avuto subito modo di non far rimpiangere “l’addio ai monti” un po’ manzoniano di Simone Giannelli: “Sono arrivato qui non per sostituire Simone, che è un amico ed è una persona che stimo molto, ma per far parte di un pezzo di storia di questo importantissimo club. Sono qui per condividere con Trento una parte della mia strada e del mio percorso. E credo che nel cuore di un tifoso ci possa essere spazio per più persone che vogliono lasciare qualcosa di loro stessi in questo cammino“. Il destino l’ha messa subito di fronte a una sfida contro Perugia, e a un derby contro i suoi ex cugini di Monza. Le ha vinte entrambe lei. “Raccontarla così, nonostante io non sia superstizioso o non creda troppo al fato, dà alla storia un bel significato. Ciò che importa realmente è che siamo stati in grado di dimostrare che le partite come quelle contro Perugia, che era la grande favorita, possiamo tranquillamente giocarle anche noi. E soprattutto che agli appuntamenti importanti possiamo e dobbiamo esserci. Con Monza è stata una bella sfida. Ho il ricordo del classico derby che disputavamo ogni anno ed era una sfida sempre molto sentita“. Foto Lega Pallavolo Serie A Mi dica cosa ha provato ad indossare la nuova maglia. “Emozione. Parlando con Cavuto, per dire, non mi sono reso conto che alla presentazione si sono spente le luci, e c’è stata un’atmosfera un po’ magica. Io ero concentratissimo. È una maglia che considero già molto mia“. Ha già avuto modo di sentire la mancanza di Milano? “È molto presto per sentire la nostalgia di casa. Anche perché a Trento mi sono trovato benissimo da subito, sia con i compagni che in città. Dovendo essere abitudinario, le direi che sentirò la mancanza degli amici che non fanno parte della pallavolo. Amici con cui sono cresciuto e con cui mi vedevo settimanalmente. Che sono un po’ quelli che non mi vedono come Sbertoli il palleggiatore, ma semplicemente come il Riccardo che andava a scuola con loro“. Foto Trentino Volley Fra i suoi tifosi più accaniti invece, le mancherà nonno Giancarlo? “Come no! Lui copre un po’ quel ruolo di memoria storica della famiglia. È colui che si occupa di comprare i giornali in cui si parla di me. Addirittura si ricorda meglio di me dove gioco e quando! Quando ho concluso gli Europei ho condiviso subito con lui la gioia del trofeo e della medaglia“. Abbiamo visto, oltre alla foto social con il nonno, anche quella con Daniele Lavia. “Un fratello. Una persona con cui ho condiviso la vittoria e con cui ho il piacere di poter giocare assieme in questa stagione. Daniele è una persona preziosa all’interno del gruppo, capace di essere sempre pronto ad esserci. Un po’ come tutti i compagni di nazionale“. Foto Instagram Riccardo Sbertoli È stato quello il segreto della vittoria europea? “È stato un insieme di fattori. Sicuramente ciò che traspariva era esattamente ciò che accadeva realmente all’interno. Una squadra di persone che sanno esserci l’uno per l’altro, che è capace di fare quadrato attorno a se stessa e in cui il supporto e la fiducia sono elementi basilari. Mi crede se le dico una cosa?“. Prego. “La mia più grande soddisfazione per questa vittoria europea è quella di aver avuto un ruolo, il mio ruolo, nonostante non abbia giocato da titolare. Perché è stato importante essere in questo gruppo e farne parte. Ne vado molto orgoglioso“. Foto FIVB Le riconoscono la dote di essere uno che nel gruppo porta equilibrio. “Mi piace pensare di essere un uomo squadra nell’accezione del termine che delinea una persona che costituisce un valido supporto per tutti. Prendo l’esempio di me e Simone Giannelli. Simone mi ha dato la possibilità di un confronto costante. Abbiamo una visione di insieme in cui c’è un reparto dei palleggiatori che si scambia quotidianamente feedback. Non abbiamo costruito un rapporto in cui lui è il primo e io il secondo. Credo sia un aspetto non banale“. È indice di grossa maturità, mi permetta. “Forse perché ho iniziato a giocare quando ero davvero molto giovane e sono subito entrato a contatto con persone decisamente più grandi di me. Ho imparato a fare la mia strada senza entrare nella corsia di quelle altrui. Questo credo di averlo imparato da papà, che mi ha sempre detto di fare il mio senza badare a ciò che facevano gli altri o dare importanza a ciò che gli altri ottenevano“. LEGGI TUTTO

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    Jan Zimmermann, italiano d’adozione: “Scendo in campo sempre per vincere”

    Di Roberto Zucca

    l suo attaccamento all’Italia lo dimostra innanzitutto la sua curiosità nel comprendere e parlare correttamente la nostra lingua, cosa che a Jan Zimmermann, per esperienza diretta, riesce piuttosto egregiamente. Al suo rapporto col nostro paese, si somma un amore per il buon cibo e per tutto ciò che in queste settimane ha avuto modo di scoprire nella sua nuova avventura targata Kioene Padova: “La città è molto bella. Piano piano sto imparando a conoscerla. E mi piace molto“.

    Mi confessi come ha fatto ad imparare così bene la nostra lingua.

    “Mi piace stare in mezzo alla gente, interagire e chiacchierare. Sono una persona curiosa che ama la buona compagnia e durante la stagione crea dei rapporti di amicizia dentro e fuori dal campo. Già a Perugia mi capitava di stare tanto con i compagni italiani, perché non sono uno di quelli che ad esempio preferisce stare in mezzo ai connazionali. Anche qui a Padova ho legato da subito con tutti i ragazzi. Da Marco Vitelli, a Bassanello, a Volpato. Padova mi piace molto“.

    Dopo la partenza contro Civitanova, sono arrivate le vittorie con Cisterna e Ravenna, oltre che contro Modena in amichevole. Un buon segnale?

    “Non mi ritengo mai pienamente soddisfatto, soprattutto all’inizio. Abbiamo molto su cui lavorare, ma i segnali positivi sono arrivati. Cisterna è una nostra diretta concorrente in campionato, Modena punta decisamente più in alto“.

    Foto Instagram Jan Zimmermann

    Come mai, secondo lei, la squadra gialloblu ha fatto fatica all’inizio?

    “Credo che sia una squadra completamente nuova, fatta da equilibri che non sono semplici da attivare. Giangio farà il suo lavoro egregiamente. E quando arriverà quel momento, come si suol dire, quando scatterà il clic tra tutti loro, sarà un problema difficile da affrontare per tutte le squadre della Superlega. Ha giocatori davvero forti e in questo momento si sentono sotto i riflettori e soprattutto sotto pressione. Possono arrivare ad essere davvero durissimi da sconfiggere“.

    Ci penserà lei, magari. Dicono che lei abbia una personalità spiccata e sia molto ambizioso.

    “(ride, n.d.r.) Io sono uno che a Padova vorrebbe vincere lo scudetto! Questo forse dà la misura dell’ambizione. Scherzi a parte, scendo in campo sempre per vincere. Non importa chi o cosa ritroverò dall’altra parte del campo“.

    Foto Lega Pallavolo Serie A

    Padova è una squadra capace di tirare colpi mancini a tutti gli avversari?

    “È una squadra giovane, che ha tanti elementi alle prime esperienze, ma forse proprio questo la rende una formazione imprevedibile. In più è una bellissima società e intorno a noi c’è un bel clima. Quando si lavora bene e in armonia i risultati arrivano sempre“.

    Un avversario che non ritroverà quest’anno sarà il suo amico Atanasijevic. Mancherà al campionato italiano?

    “Beh, penso proprio di si. È un giocatore straordinario con una grande grinta, capace di trascinare la squadra alla vittoria. È un mio grande amico. A Perugia mi ha dato una grossa mano per ambientarmi e farmi sentire parte del gruppo. Voglio bene a Bata come se fosse un fratello“.

    A proposito, suo fratello gioca ancora? La pallavolo a casa Zimmermann è di casa?

    “Sì. Ha giocato per tanti anni nella A2 tedesca ed ora lavora in Svizzera, quindi ha interrotto con il volley a livello professionistico. Ma a casa mia la pallavolo è sempre stata di casa, i miei ci hanno sempre seguiti. Io devo una grande fetta della mia carriera ad Hans Peter Muller Anstenberger, che mi ha allenato sin dalle giovanili a Rottenburg. È stato lui a trasmettermi l’amore per questa disciplina“.

    Foto FIVB

    In alcune interviste ha parlato anche di Giani. Quanto è migliorata la nazionale tedesca con il suo apporto?

    “Molto. È stato un grande campione ed è un grandissimo allenatore. Ha una grande esperienza in campo e questo conta molto. In Germania ha portato la nazionale ad un livello professionale alto. E pian piano la pallavolo di alto livello sta arrivando anche nel mio livello“.

    Tornerebbe a giocare in Germania nelle prossime stagioni?

    “Per ora sto benissimo in Italia e voglio continuare il mio percorso qui. L’unica cosa è che mi manca la mia famiglia che tra un impegno e l’altro riesco a vedere poco. Ma adesso spero vengano il prima possibile a trovarmi a Padova. Siamo vicini a un posto che da piccolo ho amato molto, il Lago di Garda, attraverso cui ho passato le mie prime estati in Italia. Magari sarà un’occasione per ritornarci“. LEGGI TUTTO

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    Cianciotta, da miglior centrale del mondo a banda: “Sogno la Superlega”

    Di Roberto Zucca È bizzarra, ma decisamente degna della migliore curiosità, la notizia che il miglior centrale del mondo under 21, alias Nicola Cianciotta, sia in realtà la nuova banda della VBC Mondovì. Una decisione che spiega molta della poliedricità e della personalità di una delle nuove promesse nostrane: “Ho deciso di cambiare ruolo già da due stagioni. La decisione è stata mia. Il ruolo di centrale non mi piaceva più, e ho scelto di spostarmi come laterale. Frigoni mi ha chiesto di giocare i Mondiali da centrale e ho accettato molto volentieri perché tenevo molto alla manifestazione”. A Mondovì invece ha esordito da opposto. “Si, per esigenze di squadra. Il nostro opposto non era disponibile ma già domenica a Lagonegro domenica ho giocato nel mio ruolo”. Foto Vbc Mondovì In A2 sarà una stagione tosta. “Si, lo avevo già messo in conto. Il livello è alto e l’ho potuto percepire già da queste prime settimane di campionato. Abbiamo trovato squadre molto ben organizzate e per noi sarà una sfida domenica dopo domenica”. Lei cosa si aspetta da questa A2? “Vorrei giocare e affinare il mio ruolo. Sogno di arrivare in Superlega molto presto e sarà una stagione in cui voglio solo crescere. Tra le altre cose, è la prima stagione in cui sono realmente molto lontano da casa. La prima stagione al Nord. E sarà un bel test perché sono molto attaccato alla mia famiglia”. La famiglia Cianciotta ha già un’altra pallavolista in casa. Sua sorella Angelica. “Lei è più fortunata perché gioca a Bari in B, quindi è praticamente a casa, perché noi abitiamo a Bitetto. I miei ci hanno sempre seguiti sin da piccoli. Io giocavo a calcio e Angelica a pallavolo. Hanno fatto trasferta in tutte le parti d’Italia. Quando giocavo al Club Italia almeno due volte al mese venivano a Roma. Ecco perché mi mancheranno tanto”. Mi dice a chi si riferiva quando sui social ha scritto che il Mondiale era dedicato a chi non ha mai creduto in lei? “A quelli che quando non avevo vinto nulla, hanno tentato di buttarmi giù. Dicevano che non valevo nulla. Poi si sono ricreduti quando ho iniziato piano piano a conquistarmi i miei spazi. Ma è troppo facile credere a quelli che si rivelano dei vincenti o che sono già diventati qualcuno. Il mondo della pallavolo è molto piccolo, le voci arrivano. Ma per me quelle voci sono state un motivo per fare ancora meglio, per superare ogni ostacolo. E infatti li ringrazio. Mi hanno reso la persona che sono”. Foto Volleyball World È vero che ai Mondiali era l’idolo delle tifose? “(ride n.d.r.) Dice che ero tra i preferiti? Non so, sicuramente ci siamo tutti sentiti molto amati. Siamo un gruppo di amici che si vogliono bene, che giocano assieme e nel cui gruppo non esistono rivalità. La gente ha forse percepito questo. Ed è venuta a tifare e a fare festa con noi. Poi certo, siamo anche quelli che non si sono mai sottratti davanti a un selfie o a un autografo, anzi, ci faceva molto piacere avere questo grande sostegno. È stato molto bello essere lì e quel ricordo me lo porto dietro sempre, nonostante sia finito e io abbia già pensato a ciò che adesso voglio raggiungere”. LEGGI TUTTO

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    L’estate speciale di Matteo Piano: “La mia vita è una strada sterrata”

    Di Roberto Zucca Milano è speciale. È questo l’aggettivo che Matteo Piano ha deciso di dedicare alla città che ha scelto e alla squadra, l’Allianz Milano, alla quale si è legato per la quinta stagione di fila, confermandosi nel ruolo di capitano: “È una città che mi ha dato tanto, che scopro col passare del tempo, e nella quale vivo come in pochi altri posti. Powervolley è una casa, una famiglia alla quale mi sento particolarmente legato, che mi ha regalato delle stagioni importanti e con la quale ho scelto di essere qui anche in questa stagione“. “La mia vita è stata una strada sterrata”… “Una frase di Irene Grandi che ho riscritto quest’estate e che appartiene al mio percorso. Mi piacciono le strade sterrate, quelle dove non basta una bici da corsa o un paio di infradito per camminare. Ma che devi vivere intensamente, e in cui devi sudare ogni passo che fai“. Foto FIVB Due mesi fa tornava da Tokyo. Si riferiva a quello? “Tokyo me la sono goduta. Avevo già fatto un’Olimpiade e sapevo cosa sarei andato ad affrontare. Quindi ho cercato di vivere delle emozioni e di sentirmi a mio agio con i cinque cerchi e con tutto il contesto che mi stava attorno. Quando sono entrato in campo per la prima volta ho capito che si trattava di un regalo, ed è stato quello lo spirito che mi ha accompagnato per tutta l’avventura“. Quello spirito è figlio di un percorso fatto con Cecilia Morini, la sua terapista. È l’essere pronto a tutto, in tutte le situazioni della carriera. “(ride, n.d.r.) Non so se sono pronto a tutto. Sicuramente ho imparato a non scacciare ogni cosa che è capitata in senso negativo, ma a viverla e accettarla per quello che è o che è stata. Poi forse sono uno che, vivendo molto intensamente la vita, ha capito esattamente la misura che può avere ogni momento negativo“. Foto Instagram Matteo Piano Tornato dall’Olimpiade, ha deciso di partire da solo per un viaggio in Italia. “Solitamente sono un esterofilo. Dopo Tokyo però ho avuto bisogno di staccare e di partire per stare nel mio paese, in posti poco turistici e lontano dalla confusione. Ho visitato Abruzzo, Puglia, Molise. Ho visto posti bellissimi, conosciuto persone altrettanto belle e mi sono goduto ciò che mi hanno restituito settimane di mare e di terra“. E soprattutto ciò che le ha restituito la gente. “Mi sono ritornati indietro un affetto e una delicatezza che mi hanno molto colpito. Certi incontri umani ti arricchiscono, ti fortificano. Ma soprattutto nei confronti di certi incontri esprimo una profonda gratitudine. Credo sia una delle parti più belle del mio lavoro“. Foto Instagram Matteo Piano Anche il suo lavoro è stato una strada sterrata. Franco Baresi ha scritto che gli infortuni lo hanno reso un giocatore migliore… “Sono avvenimenti che ognuno vive in maniera intima. E che ti aiutano a dare un senso più ampio a tutto il resto della carriera. Anche a me credo che gli infortuni siano serviti per migliorare alcuni aspetti della tenuta mentale del mio lavoro. Non sono stati facili, penso all’infortunio che ho vissuto durante il lockdown, quando oltre alla forza di volontà per la guarigione, serviva una maturità superiore per capire il momento e per vivere bene il ritorno“. Per Baresi è stata importante la vicinanza della famiglia. “Fondamentale. Nel mio caso ne parlo anche nel libro. Io ho avuto la fortuna di ritrovarmi quella famiglia che spesso racconto, fotografo, condivido. Quest’estate ho avuto il bisogno di ritrovarmi in mezzo alle persone che davvero mi vogliono bene, per cercare di ritornare ad essere presente dopo questo ennesimo viaggio“. Foto Powervolley Milano Molti suoi colleghi alla fine del viaggio vengono cercati dalla televisione. Lei prenderebbe in considerazione l’idea di una trasmissione o di un reality? “Guardi, io non ho nemmeno il televisore. In più non potrei mai prendere parte a trasmissioni televisive come i reality, Ballando con le stelle o cose simili. Sono cose e contesti che non mi appartengono“. Ho pensato alla sua esperienza radiofonica. Nemmeno il veejay di MTV, un po’ anni 90? “(ride, n.d.r.) Ah sì, quello tutta la vita. Stare in radio mi diverte, è un altro contesto. Posso esprimere delle idee, parlare di me e della mia carriera in un certo modo o raccontare la musica che ascolto“. LEGGI TUTTO

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    Francesco Recine: “In azzurro è stato facile trovare la chimica giusta”

    Di Roberto Zucca Stanza 1016. Ovvero lo spazio in cui, nella notte del 20 settembre, Francesco Recine e Alessandro Michieletto si ritrovano, da campioni d’Europa a scattare una foto simbolo dei Campionati Europei che solo qualche ora prima l’Italia di Fefè De Giorgi si era aggiudicata. A spiegarci com’è nato quello scatto è proprio Recine: “È stata un’idea nata per caso. Era notte, avevamo festeggiato ed eravamo quasi in partenza, perché alle 4 del mattino abbiamo lasciato l’hotel per poter tornare in Italia. Eravamo carichi, elettrizzati del momento, e a me e Alessandro è venuto in mente di ripetere lo scatto di Bonucci e Chiellini agli Europei di calcio“. Dato che siete stati compagni di stanza, mi spiega le ragioni del successo di Michieletto? “Abbiamo condiviso la stanza sin dall’inizio e tra noi c’è una bella amicizia. Posso dire che è un ragazzo che ha un incredibile talento, mischiato a una dedizione e a una voglia di fare bene che ho visto in pochi atleti nella mia carriera“. Fonte Instagram Alessandro Michieletto Il giorno di quella foto, comunque, ne hanno parlato tutti. “Ci ho riso su perché mi sono ritrovato su alcuni siti e non me lo aspettavo. Però l’immagine è bella, racconta una notte in cui l’emozione mia e di tutti era al massimo“. Si aspettava di essere convocato per l’Europeo, Recine? “Non mi aspetto mai che le cose accadano. Le lascio succedere, e in quel caso non le nego che la gioia e la commozione per la chiamata di De Giorgi sono andate di pari passo. L’Italia nel mio reparto è davvero molto competitiva e quindi non è stato scontato il fatto di ricevere quella telefonata“. Si capiva però dalla VNL che in questa Italia lei è uno dei fiori che è sbocciato con rapidità. “La ringrazio. Ho lavorato molto e sin dai primi giorni della famosa bolla volevo far parte di qualcosa di più di una semplice parentesi estiva. Mi sono trovato in un gruppo con cui praticamente sono cresciuto ed è stato semplice trovare la chimica, l’entusiasmo e lo spirito giusto“. Foto FIVB Si capiva dai primi giorni che quello era un gruppo giusto? “Si respirava una bella atmosfera anche fuori dal campo. Lo capisci quando il tempo vola durante la preparazione e nelle settimane successive. Tanto che, a parte la nostalgia classica per le persone che non puoi vedere a causa della bolla, tutto il resto, cioè l’estate e il riposo ad esempio, passa in secondo piano. Sei lì, con i tuoi compagni e stai bene, perché è esattamente per stare lì che hai lavorato tutta la vita“. La prima telefonata dopo il trionfo di Katowice. “A papà. Che piangeva, emozionato. E io con lui“. Suo padre è una persona emozionale. Mamma? “Mamma è una persona che mi ha insegnato l’importanza dei gesti, più che delle parole“. Foto Lega Pallavolo Serie A Le piace esserci per gli altri. “Mi piace vivere le emozioni con il gruppo che si va a creare. A Ravenna ho trovato un bel gruppo di persone e amici e per me è e resterà sempre casa. Ora a Piacenza vorrei si ricreasse lo stesso ambiente. I primi giorni sono stati rivelatori del fatto che non farò fatica a trovarmi bene anche qui“. Cosa rappresenta Piacenza per lei? “Una stagione importante in cui proseguire un percorso iniziato in questi anni“. Quest’anno la sfida in famiglia con Perugia non avrà un esito scontato… “La squadra di papà è una bella macchina da guerra. Ma noi non siamo da meno. Saranno delle belle partite“. LEGGI TUTTO

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    Quante novità per Aimone Alletti. Dalla figlia Avila al ritorno in Superlega

    Di Roberto Zucca Aria, Avila e Aimone. Nel cuore di Leila, la moglie di Aimone Alletti, c’è una caratteristica che l’esperto centrale racconta, a margine della nascita della loro secondogenita, avvenuta il 14 settembre scorso: “Il nome di Avila lo abbiamo scelto assieme ma doveva rispettare una tradizione: quello di avere la doppia A. È ciò che accomuna tutti noi Alletti. Se fosse nato un maschietto, lo avremmo chiamato Alvaro, come mio papà” Qualche settimana dalla nascita di Avila. Continui lei. “Emozionante. Lei è bravissima, mangia e dorme. La vita non ci è stata assolutamente stravolta. Per assurdo è stato più impegnativo iniziare i lavori per la nostra casa di La Spezia” Giusto il tempo per rientrare a Taranto nella prima settimana di agosto? “Abbiamo iniziato presto, ma lo abbiamo fatto in un clima molto più disteso, ossia senza i dubbi della pandemia come lo scorso anno oppure come due anni prima quando il Covid ha interrotto bruscamente la stagione. Siamo in un periodo di amichevoli e inizieremo subito a misurarci contro Civitanova e Cisterna” Il ritorno in Superlega per lei come sarà? “Sarò onesto. Molte squadre iniziano ad allestire la rosa già da gennaio. Noi siamo sbarcati ufficialmente in Superlega a giugno. Quindi abbiamo avuto meno tempo per attrezzarci rispetto alle altre compagini. Ma è stato un bel mercato e arriveranno a Taranto degli ottimi atleti. Sono contento ad esempio dell’arrivo di Joao Rafael, perché è un atleta che può fare molto bene e portare anche un bell’equilibrio in attacco” Obiettivo salvezza? “Tutto quello che arriverà in più sarà ben accetto. Sicuramente le squadre con cui ce la dovremo giocare maggiormente saranno Padova, Cisterna, Ravenna. Lavoreremo comunque per toglierci le nostre soddisfazioni” Da esterno mi dia invece un giudizio sulla nazionale. “Ne parlavo proprio in spogliatoio qualche ora fa, dicendo che non pensavo si riuscisse così rapidamente a dimenticare Tokyo e superare con agilità la fase a gironi. Invece è stato un crescendo importante e sono davvero felice per loro. È un nuovo inizio ma ciò che si è visto è stato veramente molto bello” LEGGI TUTTO

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    Dragan Travica: “Non ho pensato a lasciare Perugia nemmeno per un secondo”

    Di Roberto Zucca Chi lo conosce avrà modo, in questa intervista, di ritrovare nelle parole di Dragan Travica molto della sua persona. Soprattutto nella generosità dei giudizi, nella sincerità delle affermazioni e nella personalità ben delineata, sintomo di un percorso di maturità compiuto nel tempo. Che lo porterà a disputare, se vogliamo un po’ a sorpresa rispetto alle previsioni, la sua seconda stagione consecutiva con la maglia della Sir Safety Conad Perugia. Leviamoci subito il dente, Travica. Perché ha scelto di rimanere a Perugia? “Perché avevo un contratto. Le sembrerà banale come risposta, ma il mio percorso qui aveva un inizio e una durata definita tempo addietro ed era per me corretto che tutte le parti chiamate in causa rispettassero tale accordo. Nel confronto avuto con la società non ho criticato le scelte, ma il modo in cui sono state operate. Preso atto di questo, sono qui, con la mia solita voglia di fare“. Perugia, con Travica, ha un valore aggiunto diverso. È d’accordo? “Ha sicuramente una persona che ha un ruolo, che è ben consapevole di quel ruolo e che vuole continuare a vincere. La squadra ha una serie di elementi validissimi, ed è molto forte. Io volevo fortemente continuare a far parte di questa storia. Perugia mi piace molto, e quest’anno volevo continuare ad esserci, tanto che quando si sono presentate altre soluzioni non ho voluto nemmeno sedermi ad un tavolo di trattativa“. Foto: Michele Benda Con Giannelli vi siete sentiti? “Assolutamente sì. Pochi giorni dopo la chiusura del suo accordo ci siamo fatti una bella chiacchierata. Abbiamo condiviso un pezzetto di percorso in nazionale e ci siamo raccontati un po’. È un palleggiatore molto forte, esperto nel suo ruolo e dotato di una maturità tecnica non indifferente. A Perugia può solo far bene“. Mi dica come si lavora mentalmente alla consapevolezza di essere diventato il secondo. “Non ci ho pensato nemmeno un secondo quando ho saputo di Simone, perché sapevo di volere Perugia. Ho semplicemente maturato l’idea che il mio sarà il medesimo ruolo e che sono a disposizione nel momento in cui la squadra avrà necessità del mio apporto in campo“. Lei ha lavorato molto anche per lo spogliatoio in questi ultimi anni. “Perché credo che sia importante farlo. Il campo non è solo l’unico ambiente in cui si vive tutti assieme. Con Simone abbiamo parlato delle dinamiche di Perugia e io gli ho offerto tutto il mio supporto per presentargli ciò che io ho appreso di questa magnifica squadra”. Foto: BENDA L’atleta che l’ha colpita di più? “Solé. È un giocatore che avevo sempre vissuto da avversario e che mi ha molto stupito in positivo“. Il suo impegno extrapallavolistico continua con Spazio 21, il centro sportivo a cui ha dato vita a Padova. Quando parla di questa sua seconda avventura professionale cosa prova? “Orgoglio, anche perché c’è stato tanto lavoro dietro. Abbiamo aperto anche a Spinea da poco la seconda struttura e con Grigolon e Garghella stiamo pensando sempre più in grande. Spazio 21 non è solo uno spazio sportivo ma è uno spazio di espressione. Ad agosto sono state con noi 300 ragazze appartenenti al mondo LGBTQ+ ed è stata una bellissima esperienza perché c’è stato un bellissimo scambio, visto che lo sport in tal senso lo interpretiamo come un veicolo di libertà“. Tra i suoi amici a Padova c’è anche Alberto Polo. So che ha trascorso alcuni giorni a Spazio 21. “Un caro amico, a cui voglio molto bene. Abbiamo parlato tanto, ma in primis ho voluto che venisse da noi per staccare un po’ la testa. Il confronto c’è stato successivamente. Trovo che la vicenda che lo ha riguardato sia stata ingiusta sotto molti punti di vista e mi sono molto arrabbiato quando ho letto dei due anni di squalifica. Lui sa che potrà sempre contare su di me e spero davvero di poterlo vedere in campo il prima possibile, perché è un ragazzo di grande talento“. Concludiamo col Beach. Se Lupo e Nicolai approdassero a Spazio 21 con chi li vedrebbe bene giocare, ora che stanno cercando il compagno per Parigi 2024? “Mi fa una bella domanda. Provo a dare risposta su Nicolai, che è un giocatore molto moderno e tecnicamente davvero forte. Lo farei giocare con Viscovich, che è un ragazzo giovane ma già molto bravo che si allena in zona Padova. Secondo me potrebbero fare bene se giocassero in coppia“. LEGGI TUTTO