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    Bridgette, moglie di Pete Sampras, sta lottando da un anno contro un tumore

    Pete insieme alla moglie Bridgette

    L’ex stella del tennis USA Pete Sampras è da sempre una persona estremamente riservata. Rarissime le sue apparizioni pubbliche, ancor meno interviste o sue notizie via social. Nella giornata del 29 ottobre tuttavia il 14 volte campione Slam, recordman in successi major prima dell’avvento di Roger Federer, ha rilasciato all’ATP un toccante messaggio sulla propria famiglia. Da quasi un anno la moglie Bridgette sta lottando contro un cancro alle ovaie. Si è sottoposta ad un intervento “importante” e continua le cure. Riportiamo il messaggio del californiano via ATP.

    A message from Pete 🙏 pic.twitter.com/ZReXGOCUQs
    — ATP Tour (@atptour) October 29, 2023

    “Come molti ormai sanno, sono una persona piuttosto tranquilla e riservata. Tuttavia, l’anno scorso è stato un periodo eccezionalmente impegnativo per la mia famiglia e ho deciso di condividere quello che sta succedendo. Lo scorso dicembre a mia moglie Bridgette è stato diagnosticato un cancro alle ovaie. Da allora, ha subito un intervento chirurgico importante, è stata sottoposta alla chemioterapia e continua con una terapia di mantenimento mirata. È difficile vedere qualcuno che ami affrontare una sfida come questa. Tuttavia, vedere i nostri ragazzi farsi avanti ed essere così forti nel sostenere Bridgette, me e tutti noi è stato fantastico. Guardare Bridgette continuare ad essere una mamma e una moglie incredibile nonostante tutto è un’ispirazione. Ho anche imparato che è molto difficile ottenere supporto quando è semplicemente troppo difficile parlare di qualcosa. Detto questo, concludo chiedendo gentilmente buoni pensieri e preghiere per la nostra famiglia mentre Bridgette continua a riprendersi nel suo viaggio di guarigione. Grazie.”
    Migliaia le risposte di ex colleghi e appassionati in suo sostegno, tra gli altri Brad Gilbert, Andy Murray (il primo a rispondere) e Alex Corretja. Bridgette, ex attrice e modella statunitense, oggi 50enne, ha conosciuto Pete a metà degli anni ’90 e si sono sposati nel 2000. La coppia ha due figli, Christian e Ryan.
    Un grande in bocca al lupo a Bridgette e tutta la famiglia Sampras. LEGGI TUTTO

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    4 tennisti USA nella top15 ATP, non accadeva da 26 anni

    Ben Shelton (foto Getty Images)

    Il bel successo di Ben Shelton nell’ATP 500 di Tokyo, suo primo titolo sul tour maggiore, vale al 21enne di Atlanta un più quattro nella classifica mondiale che lo issa al n.15, suo best ranking. Passi da gigante per Ben, che solo 15 mesi fa era diventato professionista e agli scorsi Australian Open aveva giocato il primo torneo Pro fuori dagli Stati Uniti. Alti e bassi nella sua primissima stagione intera in giro per il mondo, ma la semifinale a US Open e i quarti a Melbourne sono risultati notevoli, ottenuti proprio negli Slam, i tornei più competitivi e importanti. La vittoria in Giappone di ieri in un ATP 500 certifica il suo ingresso nell’élite del tennis internazionale, con un potenziale di crescita pressoché sterminato.
    L’ascesa di Shelton in classifica porta a 4 il numero dei giocatori statunitensi tra i migliori 15 al mondo, insieme a Taylor Fritz (n.9), Tommy Paul (12) e Frances Tiafoe (14). È un dato curioso ma di una discreta importanza. Infatti non accadeva dal lontano 1997 che quattro giocatori USA fossero insieme così in alto in classifica. Allora gli alfieri del tennis a stelle strisce erano Pete Sampras, Michael Chang, Todd Martin e Andre Agassi.
    All’inizio di quella stagione gli statunitensi tra i top15 erano 5, con anche Jim Courier proprio al n.15, e soprattutto Pete n.1, Michael n.2, Andre n.8 e Todd n.12; poi “Big Jim” e dopo anche il “Kid di Las Vegas” persero posizioni salutando la top quindici.
    È corretto affermare che la qualità dei giocatori statunitensi 26 anni fa era nettamente superiore a quella dei migliori tennisti USA attuali. Del resto ricordando Sampras e compagnia parliamo di ben 23 titoli Slam e moltissimo altro vinto da un poker di stelle epocali, probabilmente un’epoca irripetibile per qualità e quantità, ma i fan statunitensi hanno ritrovato una serie di ottimi giocatori, e la speranza di poter vedere di nuovo un campione Slam. Sebastian Korda ha tennis per scalare molte posizioni in classifica e avvicinarsi ai migliori, e a livello quantitativo sono attualmente 9 i giocatori USA nella top 100, con un’età media di 25 anni. Erano davvero parecchi lustri che il tennis statunitense non andava così bene.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    I 10 vincitori più giovani agli US Open

    Pete Sampras a US Open 1990

    Con le qualificazioni già in corso, il count down per gli US Open, quarto Slam stagionale, è già scattato. Cresce l’attesa per l’edizione di quest’anno, sia per i tennisti azzurri che per i grandi del panorama internazionale. Jannik Sinner nel 2022 si è fermato nei quarti di finale, al termine di una partita clamorosa (la più bella della stagione) nella quale non è riuscito a trasformare un match point contro il futuro campione Carlos Alcaraz. Se avesse trovato un vincente in quel momento, chissà… Oltre alla curiosità di ritrovare Matteo Berrettini nel torneo dove segnò il suo primo exploit Slam, e osservare le prestazioni degli altri italiani, c’è grandissima attesa per i due tennisti più caldi dell’anno, recenti finalisti a Cincinnati: Novak Djokovic e Carlos Alcaraz. Dopo quella bellissima di Wimbledon, molti si aspettano (o sperano) di poter assistere ad un nuovo capitolo di questa rivalità. Alcaraz sarà chiamato a difendere il titolo conquistato a Flushing Meadows lo scorso anno, suo primo Major in carriera, grazie al quale ha stabilito anche il record assoluto di n.1 ATP più giovane. Tuttavia per pochi giorni non è stato il campione di US Open più precoce. Approfittiamo dell’avvicinamento al torneo della “Grande Mela” per andare a scoprire i 10 vincitori più giovani a New York.

    1. Pete Sampras – 1990 – 19 anni e 15 giorni
    Pete Sampras vinse a New York il primo dei suoi 14 Slam, appena dopo aver compiuto 19 anni, sconfiggendo in finale Andre Agassi (6-4 6-3 6-2). Il successo del campione californiano arrivò a sorpresa, perché nella super covata di talenti a stelle e strisce di quell’epoca era più atteso un successo di Agassi, che invece arriverà solo a Wimbledon 1992, e anche dopo il primo Slam di Jim Courier. Sampras ha tenuto il record di più Slam vinti nell’era Open fino al 2009, quando Roger Federer toccò quota 15 a Wimbledon. Fu una cavalcata impressionante quella di Sampras a US Open 1990: della dodicesima testa di serie, Pete sconfisse Ivan Lendl nei quarti di finale, John McEnroe in semifinale e Agassi in finale, con un servizio mai così efficacia. Il marchio di fabbrica di una carriera straordinaria.

    2. Carlos Alcaraz – 2022 – 19 anni, tre mesi e 24 giorni
    Che Alcaraz fosse un predestinato era chiaro già da tempo, ma in pochi pensavano che il suo primo Slam sarebbe arrivato sul cemento. Sensazione questa fin troppo figlia di quella assonanza con Nadal che, in realtà, non ci azzecca più di tanto. Proprio a New York “Carlito” si rivelò al mondo con una bella cavalcata nell’edizione precedente (2021). Il fantastico 2022 di Alcaraz è culminato con il suo primo Slam a US Open, grazie alla soffertissima vittoria su Sinner nei quarti e quindi con la finale vinta su Casper Ruud (6-4 2-6 7-6(1) 6-3 lo score). Un titolo che gli regalò anche la prima posizione del ranking mondiale e il record di tennista più giovane a sedersi sul trono del tennis maschile. Netta la sensazione che quello 2022 sia solo il suo primo titolo a New York.

    3. Lleyton Hewitt – 2001 – 20 anni, sei mesi e tre giorni
    Questi “maledetti giovani…” Forse questo avrà pensato Pete Sampras dopo esser stato di nuovo nettamente sconfitto nella finale di US Open, dopo la batosta rimediata nel 2000 dall’altrettanto giovane Marat Safin. Lleyton Hewitt nel 2001 rimandò il quinto titolo nel torneo di casa per Pete Sampras, successo che arrivò nell’anno successivo. Hewitt sconfisse Sampras per 7-6(4) 6-1 6-1 in quello che fu il suo primo titolo Slam. “Rusty” è l’ultimo australiano ad aver vinto uno Slam (Wimbledon 2002).

    4. John McEnroe – 1979 – 20 anni, sei mesi e 12 giorni
    Un giovane e riccioluto John McEnroe alzò nella sua amatissima città il primo Slam in carriera, lanciandosi nell’Olimpo della disciplina. Con questo successo sorpassò il connazionale (e mai amico) Jimmy Connors in cima alla lista come il più giovane vincitore agli US Open, battendo in finale Vitas Gerulaitis (7-5 6-3 6-3 lo score). L’americano duellerà contro Borg in iconiche partite e vincerà altri sei tornei del Grande Slam in carriera, dominando la stagione 1984. Poi, la luce si spense.

    5. Marat Safin – 2000 – 20 anni, sette mesi e un giorno
    Nuovo secolo, nuovi campioni. Marat Safin impressionò il mondo della racchetta disputando un grande torneo e soprattutto brutalizzando in finale il super campione a stelle strisce Pete Sampras, battuto per 6-4 6-3 6-3. Il punteggio non rende l’idea di quanto il servizio di Sampras – forse il singolo colpo più forte della storia del gioco – sia stato disinnescato dalla risposta del russo. Marat alzò il suo primo Slam in carriera, diventato il secondo russo a vincere un Major dopo Yevgeny Kafelnikov. Peccato che il moscovita non riuscì esattamente a sfruttare a pieno il suo grande talento negli anni seguenti.

    6. Juan Martin Del Potro – 2009 – 20 anni, 11 mesi e otto giorni
    Quella 2009 fu un’edizione passata davvero alla storia, per molti motivi. Roger Federer puntava al record del sesto titolo consecutivo agli US Open, ma in finale si è imbattuto nell’argentino Juan Martin del Potro, che aveva estromesso Nadal in semifinale. Federer scese in campo mostrando la sua enorme classe, stava letteralmente volando, annichilendo un giovane argentino alla sua prima finale Slam. Avanti di un set e di un break, forse Roger per la prima volta in carriera peccò di superbia, o almeno, cercò una serie di colpi fin troppo spettacolari e difficili, provocando una reazione mentale di DelPo. L’argentino si scrollò di dosso ogni pressione, forse perché pensava di non poter rimontare, e iniziò a colpire diritti di una violenza inaudita. Le sue palle non uscivano più, rimontò Roger e vinse una finale ancora ben impressa nella memoria degli appassionati. JMDP trionfò per 3-6 7-6 (5) 4-6 7-6 (4) 6-2, in quello che purtroppo resterà il suo unico Major in carriera. Infortuni e peripezie continue l’hanno bloccato all’infinito. È stato l’unico Grande Slam che i Big Four (Federer, Nadal, Djokovic e Murray) non sono riusciti a vincere tra gli Australian Open del 2005 e gli Australian Open del 2014. Quando si dice “compiere un’impresa”….

    7. Andy Roddick – 2003 – 20 anni, 11 mesi e 26 giorni
    Quell’anno il tennis stava svoltando, Andy Roddick fu scaltro e rapido a vincere il suo primo e unico titolo del Grande Slam, battendo Juan Carlos Ferrero 6-3 7-6 (2) 6-3, appena prima della definitiva esplosione di Roger Federer, che da gennaio 2004 dominò il tennis per alcune stagioni. Andy rimane l’ultimo americano ad aver alzato la coppa di uno Slam. Se nessun connazionale farà il miracolo al prossimo US Open, saranno passati 20 anni senza vincitori Slam a stelle e strisce. Impossibile a quell’epoca immaginare una situazione del genere.

    8. Boris Becker – 1989 – 21 anni, nove mesi e 6 giorni
    Il nome di Boris Becker resterà per sempre legato a Wimbledon, dove nel 1985 il tedesco alzò il suo primo Slam a soli 17 anni, sette mesi e due giorni, restando tutt’ora il più giovane campione major di sempre. Tuttavia il tedesco è stato anche un giovane vincitore a New York nell”89, quando sconfisse in finale Ivan Lendl per  7-6(2) 1-6 6-3 7-6 (4). Becker resta l’ultimo tedesco ad aver vinto il titolo degli US Open (Stich si arrese ad Agassi in finale nel ’94, Zverev a Thiem nel 2020).

    9. Jimmy Connors – 1974 – 21 anni, 11 mesi e 26 giorni
    Quando quasi 50 anni fa Jimmy Connors sconfisse l’australiano Ken Rosewall nella finale degli US Open del 1974, divenne il giocatore più giovane a vincere il titolo a New York. Connors impiegò poco più di un’ora per battere l’ormai anziano Rosewall con il punteggio più severo mai visto nella finale del torneo: 6-1 6-0 6-1. Fu un’annata straordinaria per “Jimbo”, con i successi anche a Wimbledon e Australian Open.

    10. Roger Federer – 2004 – 23 anni e 22 giorni
    Grandissimo campione, ma non così precoce rispetto a diversi suoi colleghi. Nel 2004 Roger Federer due mesi dopo aver vinto il secondo titolo a Wimbledon, alzò il suo primo trofeo agli US Open, dominando Lleyton Hewitt in finale (6-0 7-6(3) 6-0 il netto score). È stato il primo di cinque titoli consecutivi per Federer a New York, imbattuto nel quarto Major stagionale fino al 14 settembre 2009, quando fu sorpreso dalla potenza di Juan Martin del Potro.

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    Il miglior servizio dell’era moderna

    Nick Kyrgios

    Stilare classifiche dei migliori giocatori, colpi, ecc è sempre una tentazione irresistibile, anche per giocatori, coach e addetti ai lavori. Negli ultimi tempi il dibattito sul migliore di sempre è animatissimo, visto che Djokovic e Nadal dopo aver superato e staccato Roger Federer (primo tennista a toccare 20 Slam) stanno battagliando per terminare la propria carriera davanti a tutti per numero di Majors.
    Stavolta sui social si è animato un piccolo dibattito su di un colpo in particolare: il servizio. La battuta è diventata sempre più decisiva nel tennis moderno, colpo con il quale puoi ottenere non solo un punto diretto ma indirizzare i propri game, mettendo grande pressione all’avversario. Ormai senza una prima e seconda palla di qualità, non è possibile competere ad altissimo livello.
    Il “sasso” è stato lanciato dal loquace coach francese Patrick Mouratoglou, che interpellato su quale sia il miglior servizio dell’epoca moderna ha compilato la propria personale top5. Questa la sua lista:
    1° Nick Kyrgios
    2° John Isner
    3° Andy Roddick
    4° Ivo Karlovic 
    5° Pete Sampras

    Molti sono i “big server” assenti, Goran Ivanisevic per esempio, ma anche Boris Becker e Roger Federer non figurano tra i suoi migliori. Per questo, Brad Gilbert (oggi analista per ESPN dopo esser stato a lungo coach di vari giocatori tra cui Andre Agassi) ha formulato una sua classifica, dividendo – a nostro avviso giustamente – i suoi migliori in decadi differenti, visto che sono cambiati non solo i tempi ma anche i materiali. Ecco i top3 al servizio di Gilbert:
    80s – 90s:
    1° Pete Sampras
    2° Boris Becker
    3° Goran Ivanisevic

    2000
    1° Roger Federer
    2° Andy Roddick
    3° Ivo Karlovic

    2010-2020
    1° John Isner
    2° Nick Kyrgios
    3° Roger Federer

    Altri servizi da menzionare:
    1° Richard Krajicek
    2° Milos Raonic
    3° Wayne Arthurs
    4° Mark Philippoussis
    5° Greg Rusedski

    È un tema molto interessante, e sul quale ovviamente non è possibile trovare un accordo assoluto su quale sia il migliore. È da valutare il colpo in sé? O forse è più giusto premiare l’impatto del servizio sul gioco, risultati e carriera del giocatore? Se si parla del colpo singolo, allora si dovrebbero prendere in considerazione soprattutto i numeri, come Ace, percentuali varie. In questo caso i record pazzeschi di Isner, Karlovic e Ivanisevic sono assolutamente inarrivabili. Tuttavia vedendo l’impatto sul gioco, allora le cose cambiano e big servers come Kyrgios, Sampras e Federer entrano di diritto nel dibattito.
    Personalmente, se devo esprimere un parere, ritengo che il servizio vada valutato non solo per l’efficacia del colpo astratto dal gioco quanto per l’impatto che ha sul rendimento del tennista, cioè quanta parte della prestazione e delle vittorie sono venute dalla qualità della battuta. Non è determinante avere un servizio da Ace in serie se poi nei momenti decisivi questo fa cilecca e non ti porta punti quando davvero contano (penso per esempio alle fasi decisive della finale ’92 di Wimbledon, con Ivanisevic che nei game chiave non trova mai l’Ace, ma gli esempi potrebbero essere molti, come i tanti tiebreak persi in carriera da Isner e Karlovic nonostante la loro battuta). Per questo, credo che il miglior servizio dell’epoca moderna, e singolo colpo più decisivo in assoluto, sia quello di Pete Sampras. Nessun giocatore dagli anni ’80 ad oggi ha avuto una battuta capace di spostare così tanto gli equilibri a suo favore, una sentenza nei momenti chiave del match. Quando “Pistol” prendeva ritmo e metteva la testa avanti, era finita. Chiedere ad Andre Agassi, quello che ha avuto la miglior risposta…
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    Nadal: “Adoravo le sfide tra Agassi e Sampras, talento e tattica erano più importanti in campo di quanto non lo siano ora”

    Rafa Nadal, 20 titoli Slam

    Rafa Nadal racconta al magazine giapponese Sport quanto abbia amato le leggendarie sfide tra Agassi e Sampras, decisive per farlo diventare il campione capace di vincere 20 Slam. A suo dire, il tennis mostrato in quell’epoca è stato il più interessante, perché fondato su di un mix di talento e tattica, senza l’esasperazione della velocità attuale. Rafa rimpiange il tennis di quell’epoca, quello che lui stesso praticava all’inizio della sua carriera. Ecco il passaggio dell’intervista in cui racconta questo concetto.
    “Sono stato influenzato dal tennis mio attuale allenatore Carlos Moya, per me è sempre stato un idolo, un punto di riferimento. Tornando indietro nella storia, mi piace il gioco di Ilie Nastase. Ma quando ero bambino, ero un grande fan di Pete Sampras e Andre Agassi, adoravo guardare le partite tra loro”, afferma Rafa.
    “Ho imparato uno stile di gioco aggressivo da Sampras e uno spirito combattivo da Agassi. Le partite tra loro sono state molto stimolanti in quanto sono due giocatori molto diversi. Hanno regalato momenti magici di tennis, incontri scolpiti nella storia del gioco e nella mia memoria“.
    “Vorrei che si giocasse ancora come quell’epoca. Perché? Il gioco era basato di più sulle sensazioni, sul talento, sulla tattica, c’erano più sfaccettature, ogni match era più complesso rispetto ad oggi, dove tutto è basato sulla potenza e velocità. Quello era un gioco magico. A quel tempo, il talento e la tattica erano più importanti in campo di quanto non lo siano ora. C’era un attacco e una difesa, era necessario lavorare in scambi più lunghi prima vincere il punto, oppure c’era un attacco vero, forte, diretto. Il gioco ti metteva di più alla prova, sia nella tua pazienza che nell’abilità. Il tennis attuale non ha questo. I campi in terra battuta possono ancora creare partite del genere, ma sui campi in erba o cemento è quasi impossibile. Il tennis è diventato più veloce ma più povero”.
    Considerazioni interessanti, ma anche singolari, poiché proprio Rafa è stato un mago della tattica, ma il suo ingresso nel mondo del tennis è stato una rivoluzione proprio a livello di potenza e forza. Dopo il suo avvento, il gioco è diventato ancor più intenso a livello di spinta e di capacità di resistenza. Lui parla oggi di velocità, ma ai tempi del dynamic-duo Pete-Agassi, i campi e le palle erano ancora più veloci di oggi, ma si affrontava lo scambio in modo diverso. È un discorso complesso, ma interessante.
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    Pete Sampras: “Se qualcuno mi avesse detto alla fine della mia carriera che in meno di 20 anni tre ragazzi mi avrebbero superato, non ci avrei creduto”

    Era il 2002 quando Pete Sampras vinse il suo ultimo titolo del Grand Slam in carriera. Infatti, è stato anche l’ultimo torneo che ha giocato, vincendo gli US Open prima di ritirarsi. All’epoca, Pistol Pete aveva conquistato 14 Majors, un record che sembrava irraggiungibile, qualcosa che, come sappiamo, è stato ampiamento superato da Roger Federer, […] LEGGI TUTTO

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    Federer “trema” nei momenti decisivi? I numeri dicono altro. È il migliore nei tiebreak (di Marco Mazzoni)

    Roger Federer agli Australian Open 2018

    È opinione diffusa (…anche secondo gran parte dei suoi tifosi più accaniti…) che Federer non sia così freddo nei momenti decisivi delle partite, soprattutto quando si gioca un duro testa a testa. Per molti i due match point non trasformati da Roger nella finale di Wimbledon 2019 sono ancora un vero e proprio incubo, come altre occasioni importanti sprecate dallo svizzero.
    Tuttavia un dato numerico complessivo nella carriera di Federer ci racconta tutt’altro. Il collega britannico Chris Goldsmith ha stilato una classifica della percentuale di tiebreak vinti in carriera da quando vengono tenute le statistiche dei match maschili.
    In vetta a questa statistica, che riguarda esattamente la capacità di chiudere un set molto equilibrato, troviamo… Roger Federer, con il 65,3% di tiebreak vinti. In pratica, 2 su 3. Appena sotto Novak Djokovic, insieme al grande campione statunitense Arthur Ashe. Tra i migliori ma con una percentuale peggiore Rafa Nadal, al 60,7%.

    Ecco la classifica dei migliori 15
    65,3% – Roger Federer
    65,0% – Novak Djokovic
    65,0% – Arthur Ashe
    63,2% – Andres Gomez
    62,8% – Pete Sampras
    62,2% – Andy Murray
    62,1% – Andy Roddick
    62,1% – Guillermo Perez Roldan
    61,9% – Milos Raonic
    61,8% – John McEnroe
    61,0% – John Newcombe
    60,7% – John Isner
    60,7% – Rafael Nadal
    60,4% – Ivan Lendl
    60,3% – Nicolas Escude

    I numeri sono importanti, ma sempre ricordiamo che i numeri vanno saputi leggere. Restando all’indimenticabile finale dei Championships 2019, Federer perse i tre tiebreak (incluso quello decisivo sul 12 pari), e la sensazione personale in tutta la carriera dello svizzero resta quella di un Roger fortissimo, leggendario, ma soprattutto quando è riuscito ad imporre la sua classe, staccando il rivale prima di un “pericoloso” arrivo al fotofinish.
    Inoltre escluso qualche eccezione (Perez Roldan e Gomez) o campioni tra i più forti, in questa classifica troviamo tennisti dotati di grandi servizi, colpo decisivo in ogni tiebreak. Ma non solo: il servizio resta sempre un colpo inserito in un contesto, e solo i “campioni” non tremano quando la tensione è altissima (tiebreak). Un esempio? Goran Ivanisevic, dotato di uno dei servizi più incredibili della storia, nella finale di Wimbledon persa contro Agassi nel ’92 non imbroccò un Ace nella stretta finale; idem nell’altra finale dei Championships persa vs. Sampras nel ’94, con i primi due set ceduti al tiebreak senza alcuna differenza alla battuta per il croato, mentre Pete fu un un vero “killer” con la prima in quei delicati frangenti. Non è un caso quindi che Sampras figuri in questa statistica, mentre Ivanisevic no.
    Alla fine, saper vincere i tiebreak, sia col servizio che con grandi risposte e costruendosi il punto, resta un’arte suprema nel gioco. La differenza dei campioni.
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    Djokovic n.1 a fine 2020, è il più “vecchio” di sempre

    Novak Djokovic, n.1 ATP

    Novak Djokovic continua ad inanellare record assoluti. L’attuale n.1 del ranking ATP, con i punti conquistati nel torneo di Vienna in corso questa settimana, si è messo al riparo da brutte sorprese, assicurandosi matematicamente n.1 a fine 2020. Uguaglia il record di Pete Sampras, 6 volte n.1 di fine anno, ma l’impresa dell’americano fu ancor più impressionante poiché le sue sei stagioni da leader furono consecutive.

    Il n.1 a fine 2020 permette al serbo di marcare un altro primato assoluto: è migliore in classifica a fine stagione “più vecchio” di sempre. Ecco una classifica (valida dal 1973, da quando il ranking è calcolato al computer):
    Djokovic 2020 – 33 anni e 7 mesi
    Nadal 2019 – 33 anni e 6 mesi
    Djokovic 2018 – 31 anni e 7 mesi
    Nadal 2017 – 31 anni e 6 mesi
    Lendl 1989 – 29 anni e 9 mesi
    Agassi 1999 – 29 anni e 8 mesi
    Murray 2016 – 29 anni e 7 mesi
    Federer 2009 – 28 anni e 4 mesi

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