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L'incontro tra LeBron James e Insigne: tutto da vedere e da ridere!
TORINO – Di fianco sembrano il gigante e il bambino eppure sono entrambi colossi nei rispettivi sport: da una parte Lorenzo Insigne, la nuova star della Toronto del soccer MLS, dall’altra il mito LeBron James, stella dei Los Angeles Lakers e uno dei più grandi cestisti Nba di ogni epoca. Un incontro casuale, in un locale in Canada: l’occasione per stringersi la mano (e che differenza di mani…) e per posare per le foto social. Gli scatti hanno in breve fatto il giro del mondo. LEGGI TUTTO
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Addio Bill Russell, un mito anche nella vita
“Strange fruit”. Il frutto strano, cantato magistralmente da Billie Holiday per la prima volta nel 1939, era appeso anch’esso agli alberi, ma non era un frutto: era il corpo di un afroamericano che penzolava lentamente da un grosso ramo. Se ne contavano a migliaia in quegli anni, e nei decenni a seguire, nell’America del Sud violenta e razzista.Ecco, la grandezza di Bill Russell, straordinario pivot che con Boston diede vita ad una impareggiabile dinastia vincente grazie agli 11 anelli NBA, risiedeva nel suo fisico possente, nella capacità di stoppare chiunque gli capitasse a tiro, nella clamorosa media rimbalzi (22,5). Ma Bill “The Hill” è stato anche uno degli atleti di colore che più ha lottato, non solo a parole, contro quel razzismo da cui i genitori avevano tentato di tenerlo lontano, trasferendosi dalla natia Louisiana alla California. Proprio ad Oakland, ad appena nove anni, Russell ricevette una lezione che cambiò la sua vita.Era nei pressi dell’edificio in cui viveva, quando cinque ragazzi gli corsero dietro e lo circondarono. Uno di loro lo prese a schiaffi in faccia. Bill andò a chiamare la madre, che scese nel cortile assieme a lui per cercare quelli che lo avevano aggredito. Una volta trovati, il piccolo si mise ad aspettare che la mamma facesse giustizia al posto suo. Invece Katie Russell lo guardò dritto negli occhi e gli disse con voce calma: «Combatti contro di loro, uno alla volta». Bill obbedì: vinse due sfide, ne perse tre.
Quell’odio lo aveva dunque raggiunto anche ad Oakland, dove in seguito iniziò a dominare sotto canestro. Quante volte, con la maglia dei S. Francisco Dons, erano gli anni 50, era stato raggiunto dalle ingiurie dei tifosi avversari, quante volte in trasferta gli hotel avevano rifiutato a lui e ad altri due compagni afroamericani una stanza e un tavolo al ristorante. E’ stato allora che Russell aveva iniziato a non essere solo un atleta, ma anche un simbolo, un leader che lottava per i diritti di chi, sino a poco tempo prima, spesso finiva per diventare uno “strano frutto”.
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Boston
Così, quando nel 1956 entrò nei Celtics, ecco che iniziò a combattere. Quando l’albergo di Lexinton gli negò l’accesso al bar e al ristorante, insieme con KC Jones lasciò la squadra per dare un segnale forte. Tornato in campo, sfogò la sua rabbia diventando il più forte pivot dei suoi tempi: vagonate di rimbalzi (in un unico incontro ne prese 51), punti, stoppate, trasformando i Celtics del mitico coach Red Auerbach nella migliore squadra NBA di sempre, o almeno la più vincente. E dando vita con l’immenso Wilt Chamberlain, mister 100 punti, a sfide leggendarie.
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Ali
Senza però mai dimenticare la lotta al razzismo. Nel 1963 marciò su Washington per difendere i diritti dei suoi fratelli. Nel 1967 partecipò a Cleveland ad un incontro che vide assieme per la prima volta i più conosciuti sportivi americani dell’epoca: Russell, Muhammad Ali, Jim Brown (ex NFL), Kareem Abdul Jabbar. Tutti fecero sapere al mondo che avrebbero iniziato una forte e determinata guerra al razzismo. «Lascerei i Boston Celtics senza esitazione se questo contribuisse al movimento dei diritti civili. Non ci sarebbe altra scelta, è il dovere di ogni cittadino americano lottare per una causa in cui crede fermamente».
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Medaglia
Bill, il numero 6, non smise di vincere neppure quando prese il posto del Rosso Auerbach sulla panchina dei Celtics, conquistando due titoli. Un mito sul campo, ancora di più fuori, tanto è vero che nel 2011 Russell ricevette dalle mani di un emozionato Barack Obama la “Medaglia presidenziale della libertà”, altissima onorificenza che viene assegnata solo a chi «ha dato un contributo meritorio speciale per la sicurezza o per gli interessi degli Stati Uniti, per la pace nel mondo, per la cultura o per qualsiasi iniziativa pubblica o privata». No, Russell non è stato esclusivamente una leggenda del basket. E’ stato un leader dei movimenti di protesta in anni terribilmente difficili per gli afroamericani, quando forse per uno sportivo ricco e famoso sarebbe stato molto più facile tacere. Bill non lo ha mai fatto. LEGGI TUTTO
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Nba, ufficiale: Harden rinnova altri due anni con i Philadelphia
È stato ufficializzato il rinnovo di contratto di James Harden con i Philadelphia 76ers. L’ex Nets e Rockets, che si appresta a giocare in Nba per la 14ª stagione, si è accordato per un biennale da 68 milioni di dollari con ‘player option’ (clausola che dà la possibilità ad un giocatore di accettare o meno un contratto già stabilito in anticipo per la stagione successiva) per il secondo anno, il 2023-24. Harden è arrivato ai Sixers lo scorso febbraio, dopo una stagione con i Brooklyn Nets, rivelatasi fallimentare.Sullo stesso argomentoNba, Gallinari approda ai Boston Celtics: è ufficialeNBA LEGGI TUTTO
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Nba, ufficiale: James Harden resta a Philadelphia altri due anni
Nottata di accordi ufficiali per “free agency” nella Nba. James Harden ha firmato per i Philadelphia 76ers: accordo biennale da circa 70 milioni di dollari complessivi. Kenrich Lo Williams ha rinnovato con gli Oklahoma City Thunder: accordo per quattro stagioni. Rinnovo anche per Keldon Johnson con i San Antonio Spurs, con un contratto quadriennale da circa 80 milioni di dollari. Infine, per Mac McClung accordo per una stagione con i Golden State Warriors. LEGGI TUTTO
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Nba, Gallinari approda ai Boston Celtics: è ufficiale
BOSTON (STATI UNITI) – La notizia era nell’aria da tempo e ora arriva anche l’ufficialità: Danilo Gallinari è un nuovo giocatore dei Boston Celtics. La conferma ufficiale arriva dallo stesso giocatore ex Olimpia Milano che, sul proprio profilo Instagram, ha pubblicato una foto con la sua nuova canotta più un eloquente frase, che molto dice della voglia del “Gallo” di approdare ai biancoverdi del Massachussets: “Il posto che ho sempre sognato”. La conferma sull’affare è arrivata ieri e confermata dall’agente del giocatore, Michael Tellem, il quale aveva anche reso noto che Gallinari ha firmato un contratto biennale da 13,3 milioni di dollari ma non è tutto: l’accordo con il club vice-campione Nba includerà la possibilità di esercitare una player-option per la seconda stagione. Reduce da una fugace parentesi in Texas con San Antonio, semplice tappa di passaggio in seguito alla trade che ha portato Dejounte Murray a trasferirsi agli Hawks, Gallinari percepirà in questa sua prima stagione in Massachusetts una cifra superiore ai 17 milioni di dollari, grazie al versamento della quota parzialmente garantita del precedente contratto firmato con gli Hawks, che gli Spurs hanno dovuto onorare prima di conferigli lo status di free agent.
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Gallinari-Boston: il sogno titolo in comune
Con l’approdo ai Celtics, Gallinari indosserà la sesta canotta di una franchigia Nba in 15 stagioni: il “Gallo” ha infatti indossato le prestigiose casacche di Knicks, Nuggets, Clippers, Thunder e Hawks. Boston e Gallinari condividono lo stesso grande obiettivo: il titolo Nba. Gallinari avrà un ruolo non di prima fascia ma importante per la chimica di una squadra perché sarà infatti il sesto uomo, la primissima alternativa ai cinque titolarissimi. Un profilo di esperienza di peso nello spogliatoio dei biancoverdi che si rivelerà molto utile per coach Ime Udoka che può già contare su due riserve di altissimo livello come Grant Williams e Derrick White. Le premesse per una stagione da sogno ci sono tutte: l’obiettivo comune di Gallinari e Celtics è il titolo che manca in Massachusetts dal lontano 2008. LEGGI TUTTO