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    Alessia Gennari: “In Giappone troppa pressione mediatica. All’Europeo? Quante provocazioni”

    Di Redazione Decisa, fondamentale, sempre pronta. Alessia Gennari non ha disatteso le aspettative del pubblico e della sua squadra quando il tecnico Mazzanti la tirava in causa. E ora, sicuramente meritatamente, Gennari si concede qualche momento di riposo nella sua San Martino in Rio, in Emilia-Romagna, mentre con la mente ritorna a quegli scambi fantastici che l’hanno portata sul tetto d’Europa e alla netta differenza con il percorso olimpico. L’intervista alla neo schiacciatrice di Monza alla Gazzetta di Reggio. Qual è la sua prima reazione alla parola Olimpiadi? “Il vocabolo che mi viene subito in mente è “dispiacere”: sia per me, sia per i sogni di gloria che la squadra non è riuscita a concretizzare. Io ho partecipato a Rio 2016, poi sono rimasta lontana dalla maglia azzurra: dopo i due interventi al ginocchio, è stata una decisione necessaria per evitare pericoli legati a eccessivi sforzi. Ora sono tornata, e ho svolto l’intera preparazione verso Tokyo: tuttavia alle Olimpiadi ci si va in 12 anzichè in 14, e il tecnico Mazzanti ha deciso in piena legittimità di non includermi nell’elenco”. Da spettatrice, a suo parere, che cosa non ha funzionato in Giappone? “L’Italia proveniva da un lungo digiuno dalle competizioni agonistiche. Poi, la pressione mediatica: questa Nazionale era circondata da attese molto elevate, e il pronostico favorevole ha finito per essere un peso”. Riguardo agli Europei, una garbata provocazione: cosa risponde a chi sostiene che l’Italia sia stata agevolata dal fatto di avere incontrato molte avversarie modeste? “Nessun incontro è scritto in partenza: ogni successo richiede sudore, qualsiasi sia la situazione delle rivali di turno. La nostra qualità sta pure nei numeri: abbiamo sempre vinto per 3­0 o 3­1, senza mai aver bisogno del 5° set. Inoltre, battere la Serbia in finale sul suo campo non è certo cosa da poco”.Lei è soddisfatta per le prove che ha fornito sul palcoscenico continentale? “Quando sono stata chiamata in causa, ho sempre conferito il contributo che speravo di dare. Ciò rappresenta un buon segnale anche in vista dell’immediato futuro: durante il 2021/22 giocherò nella Pro Victoria Monza, e dalla prossima settimana sarò in Brianza. La Pro Victoria è costruita con l’obiettivo di recitare un ruolo di primo piano in ogni contesto: serie A1, Coppa Italia, Champions League” LEGGI TUTTO

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    Davide Mazzanti, dalla crisi al sogno: “Ma la svolta l’hanno data le ragazze”

    Di Eugenio Peralta L’emozione è quella delle prime volte storiche, ed è di quelle che non si dimenticano più. Anche perché l’Italia, intesa come pallavolo femminile e anche maschile, non vinceva un torneo internazionale di primo piano da ben 10 anni, dalla lontana World Cup del 2011, quando Davide Mazzanti si esercitava a conquistare lo scudetto in quel di Bergamo. Adesso per il CT, dopo una via crucis estiva fatta di aspettative non soddisfatte e valanghe di insulti via social, è finalmente il tempo del sorriso e della festa. Festa che si è celebrata nella sua Marotta, dove domenica Mazzanti ha addirittura sfilato per le vie del centro a bordo di una Cinquecento azzurra (qui il servizio del TGR Marche), insieme al compaesano e vice Matteo Bertini, per ricevere l’abbraccio della sua gente. Com’è nata questa singolare idea? “Mi era rimasta impressa la festa organizzata per la judoka Lucia Morico, anche lei di Marotta, quando vinse la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atene 2004. Lei sfilò per la città a bordo di un Ape Car e mi sono sempre detto che sarebbe stata una figata rifarlo… E in effetti è stato divertentissimo. È sempre bello festeggiare con le persone, incontrare i tifosi all’aeroporto, ma è ancora meglio farlo con la gente accanto a cui sei nato e cresciuto. Non avevo mai vissuto questa sensazione di condivisione in modo così forte, ho la pelle d’oca a raccontarlo“. Che sensazione si prova a portare a casa una vittoria così “pesante”? “È stata importante per il movimento, che attendeva già da un po’ di tempo, ma anche per il percorso che abbiamo compiuto come squadra. Dal 2017 a oggi abbiamo sempre ottenuto risultati importanti, il fatto di essere sempre stati nell’élite e di essere riusciti a vincere è qualcosa di speciale. Nella mia testa c’era da sempre il sogno di salire sul podio e ascoltare l’inno: nei club è bello, ma indossando la maglia dell’Italia lo è ancora di più. E poi c’è il fatto che questa volta la nostra bandiera era sopra a quella serba…“ Già, la Serbia: un tabù finalmente cancellato. “Certo, aver vinto in quel modo in casa loro è stato emozionante. Ma devo dire che quando ho visto i volti di tante ragazze serbe e dello stesso Terzic dopo la cerimonia ho provato un profondo rispetto, pensando che spesso siamo stati noi nella loro situazione. E vincere è stato così bello proprio perché loro ci avevano messo tante volte in difficoltà in passato“. Foto CEV Dopo le Olimpiadi lei ha fatto molte scelte coraggiose, confermando alcune scelte e modificandone altre. Qual è stato l’aspetto che le ha creato più problemi? “Quello mentale. Quando siamo tornati in Italia abbiamo fatto grandi allenamenti a Roma, si vedeva una bella pallavolo, ma la tristezza delle Olimpiadi aleggiava ed era difficile ritrovare la consapevolezza dei nostri mezzi. L’umore del gruppo non migliorava e non ci aiutava ad avere costanza di rendimento, quella che ci è mancata anche nella prima fase degli Europei. Lo sforzo più grande è stato proprio quello, riprendere consapevolezza. Io però ho soltanto modificato qualche dettaglio nel gioco, ho puntualizzato due o tre cose, ma abbiamo continuato a prepararci come prima“. E allora da dove è partita la svolta? “Sicuramente dalle ragazze, che dal primo giorno di ritiro di quest’anno hanno lavorato insieme come gruppo e hanno sempre continuato a farlo. Tantissimo merito va a loro: io ci ho messo soltanto l’idea tattica, ma non avevo le parole giuste per eliminare quella tristezza, avevo solo la pallavolo. La capacità di resistere alle difficoltà e alla delusione l’hanno avuta loro, nel modo di stare in campo, e loro hanno ritrovato la costanza di rendimento. Non è una sviolinata: davvero, in questa connessione che hanno ritrovato tra di loro c’erano tutta la rabbia e la voglia di rivincita del dopo-Tokyo. Molti mi hanno detto: hai rivoluzionato, hai ribaltato… ma io non mi sento di aver ribaltato nulla, le giocatrici hanno ottenuto qualcosa di importante“. Foto CEV Qualcosa però avrà pure detto, perché in finale si è vista davvero un’Italia diversa da quella dei Giochi. “Ma anche le Olimpiadi sarebbero potute andare in un altro modo, con due o tre palloni diversi contro gli Stati Uniti. Il confine tra un risultato positivo e uno negativo è sempre molto sottile: sono i dettagli che ti fanno vincere o perdere. Spesso quando vinci non fai meno errori di quando perdi, solo che in quel caso non li devi spiegare! Detto questo, è vero che con la Serbia a Tokyo qualcosa non andava: anche quando eravamo punto a punto ci sembrava di rincorrere sempre, perché non riuscivamo a tenere il loro ritmo. Io ho cercato di dare alle ragazze un’idea diversa, quella di pensare meno a cosa fare e più a come farlo“. Quindi, a mente fredda (o quasi), qual è per lei il bilancio di quest’estate azzurra? “Le sconfitte sono come i lutti: si elaborano, ma non si eliminano. Adesso mi godo un risultato che mancava da un sacco di tempo, che fa bene a noi e al movimento. La sconfitta delle Olimpiadi però ce l’ho dentro, le ho detto di stare buona lì, che ci metto le mani in inverno. La utilizzerò soprattutto per me, perché mi ha lasciato una brutta sensazione, un po’ come dopo Piacenza (da cui fu esonerato nel 2012-2013, n.d.r.). Io sono uno che si mette in discussione sempre e soprattutto quando perde, non tanto come allenatore ma come persona: lo farò anche questa volta, sarà un inverno tosto“. Foto CEV La vittoria agli Europei però si inserisce in un anno indimenticabile per lo sport italiano: atletica, calcio, tennis, basket… Si sente parte di questi successi? “Certo, è stato un anno d’oro, che mi ha lasciato una sensazione ambivalente. Da un lato vedo che ci sono sempre più eccellenze, anche giovanissime, che mi stupiscono per atteggiamento, dedizione e qualità. Succede perché la nostra società è molto selettiva e crea eccellenze con sempre maggiore anticipo rispetto a qualche anno fa. Questo, d’altra parte, significa che avremo sempre più atleti ad alto livello, ma anche più persone che saranno in difficoltà perché non riescono a raggiungerlo: la forbice tra chi arriva e chi no si sta allargando in modo importante. Insomma, questa precocità rischia di tagliar fuori chi ha bisogno di più tempo per emergere“. È un problema soltanto italiano? “Credo che sia un problema dello sport in generale, ma in Italia abbiamo una società particolarmente selettiva con i giovani. Siamo troppo critici con loro, li mettiamo sempre sotto forte stress. Per questo credo che vada aggiunto qualcosa ai nostri sistemi didattici: dovremmo insegnare, in palestra ma anche a scuola, ad avere un maggiore senso critico. I contenuti ci sono e sono tanti, ma bisogna che i giovani imparino a distinguere quello che è davvero importante da ciò che non lo è“. LEGGI TUTTO

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    “Una serata magica”: Mazzaro racconta le emozioni dell’oro europeo

    Di Redazione Alessia Mazzaro aveva già vissuto l’emozione della medaglia d’oro nel 2015, quando insieme ad Alessia Orro e Paola Egonu, aveva vinto il campionato mondiale Under 18 in Perù. Sabato sera, a Belgrado, ha rivissuto quei momenti forti, a chiusura dell’entusiasmante cavalcata che ha visto l’Italia di Davide Mazzanti laurearsi campione d’Europa. “È stata proprio una serata magica – le prime parole della centrale della Reale Mutua Fenera Chieri ’76 – Era la prima partita dopo tanto tempo con il pubblico, e giocare davanti a più di 20 mila persone è stato un po’ surreale: non ci eravamo più abituate. La consapevolezza che si stava giocando una partita importantissima ha reso il tutto davvero speciale“. Quest’estate Alessia Mazzaro aveva difeso i colori dell’Italia nella VNL e partecipato ad alcuni collegiali in vista dei giochi olimpici, ma non era stata convocata per la rassegna continentale. La chiamata è arrivata dopo il grave infortunio subito da Sarah Fahr nel match con la Croazia. Aggregata al ritiro azzurro domenica scorsa, con capitan Sylla e compagne ha vissuto dalla panchina le quattro partite, dagli ottavi di finale col Belgio alla finalissima con la Serbia, che hanno riportato in Italia quel titolo europeo che mancava dal 2009. “Mi sento onorata di aver potuto vivere questa esperienza scrivendo un bellissimo capitolo della storia della pallavolo italiana. Sono contentissima di aver potuto partecipare alla parte conclusiva di questo splendido campionato europeo – aggiunge Alessia – Le ragazze impiegheranno un po’ a realizzare quel che hanno fatto. Hanno realizzato qualcosa di straordinario riscattandosi dopo prestazioni non al loro livello a Tokyo. Sono davvero felice per loro“. L’ultimo pensiero di Alessia Mazzaro è di gratitudine. “Devo ringraziare chi mi ha permesso di vivere questa esperienza, e le ragazze per come mi hanno accolto: arrivata a quel punto, a una settimana dalla fine della competizione, mi hanno fatto sentire sicuramente parte del gruppo“. (fonte: comunicato stampa) LEGGI TUTTO

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    Fahr, che forza: “Non sono rassegnata, ho pianto di gioia per la mia Italia”

    Di Redazione Cosa succede se, alla delusione dell’eliminazione ai Giochi Olimpici, si aggiunge un’infortunio giunto nel momento in cui la sua Italia si stava riscattando? Lo sa bene Sarah Fahr, la giovane centrale dell’Imoco Volley che ha dovuto abbandonare in anticipo i Campionati Europei a causa di un infortunio al ginocchio. Ma quando si è una grande giocatrice in campo, spesso, lo si è anche fuori. E l’amore per la maglia azzurra è più forte della delusione che, qualsiasi persona, avrebbe provato nel vedere il suo proprio sogno infrangersi. “Non sono rassegnata. Sono tranquilla e serena e sto lavorando per tornare. Sono dell’idea che le cose accadano sempre per un motivo. E sono sicura che da questa esperienza imparerò tanto su di me. Magari non so ancora cosa, ma sono positiva e, l’ho scritto anche su Instragram, resterò sempre me stessa. Non ha senso buttarsigiù per una roba che è successa. Certo, dopo l’olimpiade, eravamo arrivate all’europeo per riscattarci, dando ilmeglio di noi. Ci tenevamo per la squadra, per tutta Italia, per chi ci aveva sempre sostenuto, e anche per quelliche ci avevano sempre criticato. Io ero contenta. Di più, contentissima e mi è dispiaciuto molto abbandonare. Ho seguito la finale in televisione, iniziando a piangere come una disperata già prima della fine. Ho vissuto unmix di emozioni bellissimo, tanto che dopo non riuscivo neppure ad addormentarmi” è la dichiarazione di Fahr al Tirreno. “Hanno detto che questa medaglia è anche nostra, ed è vero – afferma la piombinese – Ero nel gruppo fino a una settimana fa. E avrei voluto essere con le mie compagne. Mi ha fatto molto piacere che abbiano mostrato la mia maglia“. Parlando di aspetti pratici e ritorno sul taraflex di gioco, Fahr conclude: “I tempi? Di base, per tornare a giocare con questo tipo di lesione che ho avuto io, occorrono sei mesi. Quindi fino a febbraio sarò fuori dai giochi”. LEGGI TUTTO

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    Danesi: “Nella medaglia c’è tanto. Solo ad alta voce realizzo, sono Campionessa Europea”

    Di Redazione Un primo posto raggiunto avendo battuto le Campionesse del Mondo, un primo posto conquistato dopo una cocente delusione ai Giochi Olimpici. Anna Danesi ancora stenta a credere che sia successo davvero e che, ora, al suo collo ci sia una medaglia d’oro. “Sinceramente, un po’ per come erano andate sin lì le cose neppure noi ci aspettava­mo una prestazione del genere. Ma già dal primo set ho capito che qualcosa di bello stava succedendo; in fondo però, è proprio questo che succede quando l’Italia gioca bene, anche se dall’altra parte della rete ci sono le campionesse del mondo” dichiara al Giornale di Brescia. La centrale bresciana, in forza al Vero Volley Monza, tira le fila di un percorso che l’ha vista protagonista, soprattutto dopo l’infortunio della compagna Fahr: “In questa medaglia c’è tanto: c’è la rivincita su Tokyo che non cancella completamente quella delusione, ma certo aiuta. Allora eravamo partite con l’obiettivo di fare bene: non è andata, eravamo noi le prime ad essere deluse, e non ci meritavamo tutto quello che ci è stato rovesciato addosso, che ci ha fatto davvero male. Adesso, dopo l’argento mondiale, dopo il bronzo europeo, e dopo solo un mese dall’eliminazione ai Giochi ci siamo prese questo oro: siamo sempre noi e siamo forti”. “E’ anche grazie alla voce affievolitasi dagli spalti che ho capito che qualcosa stava accadendo. Poi, nel quarto set, noi giocavamo bene, loro faticavano. Boskovic non passava più e, sul 15-­6, ho visto gli occhi delle mie compagne in panchina, stavano già piangendo. Lì mi sono detta “sta succedendo davvero?” “Forse dirlo ad alta voce aiuta: sono campionessa d’Europa” chiosa Danesi. LEGGI TUTTO

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    Italia, coach Mazzanti: “Siamo un fuoco costante, ci alimentiamo a qualità”

    Di Redazione Continua la gioia a seguito della strepitosa vittoria della Nazionale italiana femminile ai danni della Serbia di Boskovic, vittoria che è valsa il titolo europeo di Campionesse. Il riscatto, dopo l’eliminazione dalle Olimpiadi di Tokyo, era quello che coach Mazzanti e ragazze cercavano con tutti loro stessi. E’ proprio il tecnico che, come riporta La Nazione Umbria, racconta il percorso che ha portato le Azzurre fino all’oro nel torneo iridato. “È un’impresa che ci rende orgogliosi perché è stato un periodo molto difficile, in cui recuperare le energie e la consapevolezza in quello che facevamo non è stato facile. Dopo Tokyo ho concentrato di più le mie attenzioni sulla pallavolo perché con le parole non potevo fare nulla e il resto lo hanno fatto le ragazze. Il merito di questa impresa va a loro, che sono riuscite a creare una connessione tra di loro, a resistere alle difficoltà di questa estate e a fare qualcosa di straordinario. Ci sono delle cose che abbiamo fatto progressivamente meglio, è cresciuta la qualità di quello che facevamo”. Mentre in un’intervista a La Stampa, lo stesso Mazzanti racconta il segreto che si cela dietro ai successi, e alle sconfitte, delle Azzurre. “Noi abbiamo sempre spinto per cercare le sensazioni giuste, per riuscire a essere più costanti nel nostro gioco. Alla fine non è stata una lampadina che si è accesa ma un fuoco che abbiamo alimentato costantemente. Devo dire che partita dopo partita questa cosa si è vista”. L’occhio della tigre non poteva che essere contro la Serbia, per giunta in casa loro. “Era già la Serbia in sé a essere uno stimolo. Nelle ultime gare che avevamo giocato contro di loro, pur se punto a punto, sembrava sempre che le rincorressimo. E invece volevamo un po’ sentire una sensazione diversa, volevamo essere noi quelle sopra nel gioco e a guidare la partita. Ci siamo riusciti”. LEGGI TUTTO

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    L’amore di papà Pietrini: “Brava Secca! Me lo sentivo, ci credevo molto”

    Di Redazione Tra le Ragazze Terribili che si sono messe al collo la medaglia oro dei Campionati Europei, anche la giovane Elena Pietrini. Più che protagonista in questo torneo iridato, Pietrini si è distinta soprattutto nela finalissima contro la Serbia. A seguirla, anche nei momenti bui come la sconfitta a Tokyo, il papà Alberto: cestista di 2.10 metri che a Elena non ha trasmesso solo l’altezza, ma anche l’amore per gli sport di squadra. L’intervista di La Repubblica Bologna. Com’è stato il giorno dopo? «Sono andato a recuperare mia figlia all’aeroporto, pranzo insieme e poi tutti al mare a goderci la giornata. Non dico che ne ero certo, ma ci credevo molto. Sapevo che quelle ragazze a Tokyo non avevano ancora tirato fuori il loro vero potenziale. Peccato non averla vista dal vivo, con l’oro al collo davanti a ventimila serbi, ma non abbiamo fatto in tempo a organizzarci con voli e coincidenze». Lei cestista, Elena pallavolista. Quando ha capito di avere una figlia “ribelle”? «Fedelissima, in realtà, allo sport della mamma, che giocava a pallavolo, e alla sorella Giulia, che ha lasciato il campo tre anni là e ora allena. Che Elena fosse votata al volley lo si capì a 12 anni quando faceva ginnastica artistica ed era già troppo alta per quella disciplina. S’innamorò del volley agli allenamenti della sorella. A 14 anni era 1.86 ed era già nella Volleyro a Roma, ma doveva ancora finire di crescere. Ora è 1.90,22 centimetri meno di me». Cosa si prova, da sportivo, ad avere un campione in famiglia? «Sono molto contento per lei, perché se lo merita. E anche per me, perché all’azzurro non ho mai avuto la possibilità dì avvicinarmi. Ho iniziato tardi con la pallacanestro, la mia tecnica non era sopraffina ed erano anni in cui c’erano molti nomi più titolati di me».La prima cosa detta a Elena? «Brava Secca! La chiamiamo sempre così. Ora spero di tornare a seguirla nei palazzetti, come sempre» LEGGI TUTTO

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    Le pagelle degli Europei: Danesi al top, ma il vero MVP è Mazzanti

    Di Alessandro Garotta Era la stessa estate, erano le stesse squadre, ma è stata tutta un’altra partita. A Belgrado, davanti a oltre 20.000 spettatori, l’Italia ha battuto la Serbia: la nazionale di Davide Mazzanti si è laureata campione d’Europa superando per 3-1 la squadra che aveva sconfitto le azzurre appena un mese fa ai quarti delle Olimpiadi. Era finita fra le lacrime a Tokyo per le ragazze che ora festeggiano il titolo. Una vittoria, figlia del gruppo, che non può essere una compensazione per la delusione olimpica. È invece il primo mattone di una ricostruzione, una ripartenza per una squadra che in questi Europei ha ritrovato una fame e una lucidità che qualche settimana fa sembrano perdute.  Ma veniamo alle pagelle delle singole giocatrici, tenendo conto di tutto il percorso delle azzurre in questa rassegna continentale. Alessia Orro voto 7,5. La sua distribuzione del gioco si adatta perfettamente alle diverse circostanze proposte dal match: quando può utilizzare i centrali lo fa con regolarità; quando la ricezione la fa correre o nei momenti caldi si appoggia alle bocche da fuoco, che tirano la carretta senza preoccuparsi più di tanto. In tutto il torneo si vede anche qualche bella difesa, che caratterizza da sempre le sue prestazioni, e al servizio è affidabile: 6 ace a fronte di 12 errori. Peccato solo per i cali in avvio di terzo set nelle ultime due partite.  Foto CEV Ofelia Malinov voto 7. Sono poche le occasioni in cui Davide Mazzanti deve ricorrere all’alternanza tra le due palleggiatrici. Quando però viene chiamata in causa agli ottavi contro in Belgio e nella finale contro la Serbia, Malinov prende per mano la squadra trovando la chiave che svolta definitivamente queste sfide.  Paola Egonu voto 8. Non è il suo miglior torneo in carriera in termini di statistiche (193 punti con il 49,5% in attacco, 22 ace, 24 blocks, ma anche 67 errori complessivi). Eppure, c’è un motivo per il quale il numero 18 azzurro fa proprio il premio MVP ed è molto semplice: quando la squadra ha bisogno di portare a casa qualche punto importante ci pensa lei, o con il servizio o in attacco. Non importa la qualità della ricezione, la velocità dell’alzata, la posizione da cui attacca, né la possibilità di eseguire o meno la rincorsa. Il risultato è quasi sempre un colpo vincente che passa sopra o al fianco del muro. Non importa neppure la composizione del muro, perché Egonu sa trovare degli angoli indifendibili per potenza e precisione. E probabilmente, dopo i 29 punti della finale, avrà anche la targa da “nemico pubblico numero uno” in qualche piazza serba, da Belgrado a Niš. Foto CEV Elena Pietrini voto 8. Aspettavamo con una certa impazienza la fase ad eliminazione diretta, quale affidabile cartina tornasole per capire la consistenza reale della sua crescita esponenziale, registrata quest’estate. Il campo dà tutte le conferme del caso, non c’è che dire: potenza e tecnica, unite in un’atleta che non perde mai il sorriso quando è in campo, nemmeno nei momenti in cui la tensione è più alta. In attacco sa estrarre dal cilindro bordate sul muro, diagonali stretti, pallonetti e palle piazzate, un intero campionario da banda di livello assoluto (135 punti, il 51,1% in fase offensiva e 9 ace). In ricezione se la cava abbastanza bene (26,2% di perfetta), non perdendo mai lucidità.  Miriam Sylla voto 8. In partite ad alto quoziente di difficoltà come quella di sabato sera non possono mancare qualità tecniche e nervi saldi. Il capitano azzurro dimostra di possedere entrambe le doti mettendo in campo una prova a tutto tondo contro la Serbia. Più che il 54% in attacco, comunque non disprezzabile in una gara con tante azioni lunghe, vanno evidenziati il peso specifico dei suoi 20 punti (con 3 muri e 2 ace), il 54% in ricezione positiva, ma soprattutto la capacità di rispondere sul campo a qualche frettolosa critica, ricevuta dopo una fase a gironi tra alti e bassi. Chiude il torneo con 90 punti, il 42,6% in attacco e il 26,1% di ricezione perfetta (27 errori nei primi tocchi). Foto CEV Alessia Gennari voto 6,5. Ogni volta che entra per il giro dietro o nei (pochi) momenti di appannamento delle schiacciatrici titolari, alza il livello della squadra in ricezione e dà più equilibrio.  Anna Danesi voto 8,5. Essere una buona centrale è possibile, senza dubbio. Essere considerata un’ottima centrale, o di livello mondiale, sembra una sfida un po’ più complessa. Non per Anna, che si conferma autentica protagonista sottorete con una notevole varietà di colpi, destreggiandosi benissimo in primo tempo (56,7% in fase offensiva) e risultando granitica a muro con 23 stampate a referto. Da applausi la sua prova straripante in semifinale: mette a referto 17 punti, imbrigliando completamente le attaccanti olandesi.  Foto CEV Cristina Chirichella voto 7. La centrale partenopea è brava a mettere in campo tanta sostanza e le sue prestazioni sono di grande spessore tecnico. Presente a muro, precisa in attacco (47,7% di efficienza), puntuale sulle fast dove sciorina tutta la sua velocità, riesce a firmare 59 punti complessivi e a tirare fuori tutta la sua “cazzimma”. Non è però decisiva fino in fondo: contro la Serbia appare un po’ sottotono nelle prime due frazioni, sbagliando palloni che di solito andavano giù da soli.  Monica De Gennaro voto 8. Le schiacciate delle nostre bocche da fuoco sono certamente spettacolari ed efficaci. Ma nel trionfo dell’Italia sono altrettanto fondamentali le difese e le ricezioni perfette (47,7%) della numero 10. Acrobata senza paura, capace di leggere il gioco e rispondere alle bordate che arrivano dall’altra parte della rete, ma all’occorrenza anche regalare alzate precise. Per le sue compagne di squadra è indispensabile avere a fianco una giocatrice che trasmette una tale sicurezza: non a caso è il miglior libero al mondo.  Foto CEV Beatrice Parrocchiale voto 6,5. In campo per dare maggiore solidità alla seconda linea in qualche scambio, si fa trovare sempre pronta. Sarah Fahr voto 6,5. La sua uscita di scena così prematura, per il grave infortunio durante il match Italia-Croazia, le impedisce di dare senso compiuto al suo Europeo e quindi di renderla pienamente giudicabile. Comunque, nelle tre partite giocate, la centrale azzurra garantisce un buon rendimento complessivo. Pur trovandosi opposta a blocks non proprio temibili, in attacco è concreta e abile a sfruttare la propria velocità; anche a muro tocca tanti palloni e va a segno per 4 volte, mentre in battuta chiude con 2 ace e 5 errori.  Silvia Nwakalor, Sofia D’Odorico, Sara Bonifacio, Alessia Mazzaro s.v. Foto CEV Davide Mazzanti voto 9. Anche quando le certezze sembravano essersi dissolte dopo la delusione olimpica e gli infortuni occorsi a Bosetti e Fahr, il CT non ha mai smesso di credere nelle qualità delle sue giocatrici. Un gruppo che in questi anni ha guidato, plasmato, responsabilizzato e a cui lasciato libertà di espressione. Dunque enormi complimenti a Mazzanti: la vittoria agli Europei porta davvero la sua firma. LEGGI TUTTO