consigliato per te

  • in

    Zverev: “Posso vincere una medaglia per la Germania e provare sconfiggere Djokovic”

    Alexander Zverev sbarca a Tokyo con chiare ambizioni di ben figurare nel torneo olimpico. Sasha ai microfoni di SportSchau ha parlato senza mezzi termini di medaglia e anche della possibilità di sconfiggere il “tiranno” Novak Djokovic. “Sono arrivato Tokyo per poter competere per una medaglia per la Germania. Ciò non significa affatto che vincerò, ma è […] LEGGI TUTTO

  • in

    Todd Woodbridge: “Coaching in campo? Sarebbe un errore”. Kyrgios: “Idea pessima”

    Todd Woodbridge

    Come prevedibile non è passato inosservato il tweet di Stefanos Tsitsipas che chiedeva senza mezzi termini l’introduzione del coaching in campo nel tennis maschile, “Su ogni punto” addirittura. Dopo moltissime reazioni (perlopiù contrarie) di centinaia di fans, ecco che arrivano anche quelle di colleghi e ex professionisti.
    Secca la risposta di Nick Kyrgios, che su Instagram ha scritto: “Di solito non me ne frega niente delle sue idee, ma questa è davvero pessima. Il bello del tennis è starsene lì fuori da soli. Alcune persone scelgono di non avere un allenatore, altri non possono permettersi un coach. Sul campo da tennis c’è parità di condizioni, uno contro l’altro da soli“.
    Più articolato ma interessante il parere di Todd Woodbridge, ex tennista australiano oggi commentatore per diversi media del suo paese. Todd ha rilasciato una lunga intervista a Wide World of Sport, in cui si dice contrario alla proposta di Tsitsipas, argomentando il suo pensiero. Ecco alcuni estratti.
    “Non sono affatto d’accordo con Tsitsipas. Posso capire da dove viene, ma l’individualità di questo sport è ciò che lo distingue.L’unicità di dover trovare da soli la propria via d’uscita da un problema è una delle chiavi del tennis. Sei là fuori da solo e dipende da quanto sei bravo a cambiare le sorti di un match per arrivare al risultato”.
    “Ovviamente dice questo perché sente di averne bisogno, il che per me è un po’ una sorpresa. Penso che Stefanos abbia un tennis completo, che sia in grado di riconoscere i punti di forza e di debolezza del suo avversario e abbia i mezzi per superarlo. Penso che trarrebbe beneficio dall’avere più fiducia nelle proprie capacità, piuttosto che avere qualcuno che glielo confermi”.
    Woodbridge cita anche la situazione in essere sul tour rosa per confermare la sua idea: “La WTA ha sperimentato il coaching e molto raramente l’ho visto a beneficio della giocatrice. È usato come un parafulmini il più delle volte… Forse alla fine di ogni set si potrebbe concedere un 30 secondi per un rapido colloquio, potrebbero esserci modi per vederlo, ma credo che non aggiungerebbe nulla al gioco, non porterebbe spettatori in più e nemmeno sarebbe uno spettacolo, finirebbe per far somigliare il tennis agli altri sport, non credo sarebbe positivo in definitiva”.
    Ecco secondo l’australiano il nocciolo della questione, un campione è in grado di restare lucido, analizzare il gioco, l’avversario e mettere in campo le contro mosse quando le cose vanno male. “Un campione o un tennista tattico ha la capacità di leggere cosa sta succedendo nella partita. Se dovessimo permettere il coaching tutto il tempo, il gioco svanirebbe nella sua essenza. Inoltre ai massimi livelli finirebbe solo per accrescere la disuguaglianza. Sono sicuro che se ci avesse pensato bene, Stefanos se ne sarebbe reso conto. I giocatori condividono gli allenatori in tournée. Se giocano allo stesso tempo, o giocano tra loro, l’allenatore non può essere in due posti contemporaneamente. Non funzionerebbe. Se sei un emergente, non puoi necessariamente permettertelo. I migliori giocatori hanno una grande squadra intorno a loro, quindi ne trarrebbero beneficio. In questo momento stiamo cercando di aiutare i giocatori classificati fuori dai primi 75 per poter competere allo stesso livello. Semplicemente non possono permettersi di avere un “pullman” che viaggia con loro ogni settimana…”
    Il suo giudizio viene anche dalla propria esperienza come Pro, di grande successo in doppio o in Davis, meno come singolarista. “Ero un giocatore che avrebbe sicuramente tratto beneficio dall’avere un allenatore seduto con me. Amavo comunicare in campo. Uno dei motivi per cui riuscivo così tanto nel doppio era perché avevo un’altra persona con me. Ma allo stesso tempo sapevo che il mio lavoro nel singolare era quello di risolvere i problemi da solo. Mi piaceva parlare di tennis durante i cambi con John Newcombe in Coppa Davis. Abbiamo parlato di cosa stava succedendo e di come avrei cercato di costruire qualcosa, per creare un’apertura nella forza del mio rivale. È bello, ma non credo che ogni partita dovrebbe essere così, è una delle cose che separa la Coppa Davis e ora la ATP Cup, dal resto della stagione. Avere un allenatore a bordo campo in un Grande Slam non rende lo sport migliore”.
    Il dibattito continuerà, con pareri molto diversi, e forse non si arriverà mai ad una svolta. Su di una cosa non possiamo che concordare: se il tennis è uno sport così affascinante, è anche per la sua unicità e differenza rispetto alle altre discipline. Siamo proprio sicuri che uniformarlo agli altri sport sia una svolta positiva?
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

  • in

    Tsitsipas: “È ora che il coaching sia ammesso nel tennis, in ogni punto”

    Stefanos Tsitsipas è solito esprimere senza paura le proprie opinioni, spesso fuori dal coro, talvolta anche scomode. Stavolta, attraverso il social Twitter, ha parlato senza mezzi termini della questione coaching, ossia sulla regola che attualmente (anzi, da sempre) vieta nel tennis maschile di poter interagire con il proprio coach o angolo. Sappiamo come nel tennis […] LEGGI TUTTO

  • in

    Jabeur mette all’asta la racchetta di Wimbledon, 10500 euro raccolti contro il Covid in Tunisia

    Dopo tante “brutte” notizie di questi giorni, finalmente possiamo raccontare una bella storia di solidarietà grazie alla tunisina Ons Jabuer. La 26enne di Ksar Hellal ha infranto barriere storiche, diventando la prima giocatrice di origine araba a raggiungere i quarti a Wimbledon quest’anno, dopo esser stata la prima quarto finalista in assoluto in uno Slam […] LEGGI TUTTO

  • in

    Gauff positiva al Covid, addio Olimpiadi 2021

    Dopo la “tegola” in casa Italia per l’infortunio di Matteo Berrettini e l’addio al sogno Olimpico, stanotte una pessima notizia arriva dagli USA. La giovane Cori Gauff è risultata positiva al test Covid prima di partire per Tokyo, quindi è stata costretta ad isolarsi e rinunciare ai Giochi Olimpici. È stata lei stessa a darne […] LEGGI TUTTO

  • in

    Schwartzman: “Sogno una medaglia olimpica, mai dubitato di andare a Tokyo”

    Diego Schwartzman

    Mentre moltissimi tennisti si stanno cancellando dai Giochi Olimpici di Tokyo, l’argentino Diego Schwartzman conferma la propria presenza e rilancia, affermando di sognare questa partecipazione da sempre e di ambire ad una medaglia.
    “Non ho mai dubitato se andare o meno” dichiara Diego al media del suo paese TyC Sports, “Sono felice di partecipare alla mia prima Olimpiade e voglio davvero fare bene. Ogni volta che ho la possibilità di giocare per l’Argentina è bellissimo, è qualcosa di importante perché mi piace e mi diverte. Voglio essere sempre presente per rappresentare il mio paese”.
    Schwartzman non viene da un buon periodo, ma resta fiducioso sulle proprie possibilità: “Due mesi fa ero entrato in una fase calante, mi era difficile competere al massimo livello, tanto che guardavo avanti con parecchi dubbi. Fortunatamente al Roland Garros e a Wimbledon il mio livello e la mia energia in campo sono migliorati molto, il che mi ha fatto tornare in fiducia. Ho buone aspettative perché a Tokyo ho giocato molto bene quando sono andato al torneo ATP. So che devo adattarmi al cambio del tempo, tutte le condizioni che saranno molto diverse, ma è qualcosa che mi piace. Con tutte le rinunce che ci sono state e se riesco ad entrare in una buona zona di tabellone spero di poter andare parecchio avanti. Il mio sogno è portare a casa una medaglia“.
    Per Diego il cemento non è la sua miglior superficie, ma lo aiuta a riprendere ritmo nei periodi “no”: “Quando non gioco bene, il cemento mi aiuta a tornare ad essere regolare. Infatti ormai ho quasi lo stesso numero di vittorie tra terra e sintetico outdoor nell’ultimo periodo. Non è un problema per me giocare sul duro, anzi, a volte mi aiuta proprio”.
    Schwartzman sarà in corsa per una medaglia anche in doppio, in coppia con Facundo Bagnis: “Giochiamo insieme in diversi Challenger, possiamo fare bene anche a Tokyo”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

  • in

    Berrettini sarà presente alla Laver Cup 2021

    Matteo Berrettini

    Il canale Twitter ufficiale della Laver Cup ha appena annunciato che Matteo Berrettini sarà in campo al TD Garden di Boston dal 24 al 26 settembre con il team Europe.
    “Matteo ha fatto una corsa incredibile, non solo sull’erba quest’estate, ma proprio dall’inizio dell’anno, quando ha aiutato l’Italia a raggiungere la finale di ATP Cup a Melbourne e poi ha raggiunto il quarto turno degli Australian Open e i quarti di finale al Roland Garros” dichiara il capitano del team europeo, Bjorn Borg, “È una grande aggiunta alla nostra squadra e non ho dubbi che apprezzerà l’esperienza unica offerta dalla Laver Cup”.
    Ecco le parole di Berrettini: “Sono davvero entusiasta di far parte della Laver Cup quest’anno. Ho sentito così tanto parlare negli spogliatoi da parte dei ragazzi che ci hanno già giocato su quanto sia bello l’evento. Giocare al TD Garden, avere Bjorn Borg come mio capitano ed essere nella stessa squadra di uno dei miei idoli d’infanzia, Roger Federer, sarà un’esperienza davvero speciale“.
    Oltre a Roger Federer, il team Europe della Laver Cup avrà come alfiere anche Dominic Thiem, attualmente impegnato nel recupero da un brutto infortunio.
    Marco Mazzoni

    Laver Cup 2021 player announcement: @MattBerrettini to represent #TeamEurope at @tdgarden this September. Read more: https://t.co/FD5OI9zO32 pic.twitter.com/u8EbsEhH1u
    — Laver Cup (@LaverCup) July 16, 2021 LEGGI TUTTO

  • in

    Vajda: “Djokovic domina a tal punto da rendere la gente gelosa della sua perfezione”

    Marian Vajda insieme a Novak Djokovic

    Marian Vajda, storico allenatore di Novak Djokovic, ha rilasciato al portale Tennis Majors un’intervista dopo il sesto titolo a Wimbledon del suo pupillo. Secondo Vajda, la perfezione raggiunta da Novak è talmente grande da aver scavato un solco enorme rispetto a tutti gli avversari e tanto da rendere il suo assistito poco amato al pubblico. Ecco alcuni passaggi del suo pensiero.
    “Reputo che nessuno nell’ultimo Wimbledon sia riuscito a far toccare a Djokovic il suo apice, ha sempre avuto del margine su ogni avversario. Per la finale ho detto alla mia famiglia che la partita si sarebbe decisa in quattro set e che ci sarebbe stato un tiebreak. Avevo assolutamente ragione. Novak gioca in modo molto intelligente sull’erba ed è uno dei tennisti attivi più esperti. Su questa superficie ha primeggiato per anni, il che è stato un bel vantaggio nella sua partita contro Berrettini. Per Matteo è stato davvero difficile. Era la sua prima finale del Grande Slam ed è stato abbastanza sfortunato nel ritrovarsi proprio Novak come avversario per la coppa”.
    Chiedono a Marian come è il suo lavoro insieme a Goran Ivanisevic, l’altro coach del serbo. Per Vajda tutto scorre molto bene: “Prima di tutto, come squadra, condividiamo ogni momento insieme e ci godiamo l’esperienza. Non solo ci divertiamo a prepararci per le partite o durante le analisi, condividiamo anche passione e momenti privati con le nostre famiglie. Novak è un ragazzo fantastico che porta sempre energia positiva. È una benedizione far parte della sua squadra. Durante i tornei del Grand Slam, io e Goran comunichiamo ogni giorno e analizziamo tutto prima della partita. L’allenatore che è presente in quel momento è quello che dà le ultime informazioni a Djokovic. Goran l’ha fatto a questo Wimbledon e io l’ho fatto al Roland Garros. Di solito ci alterniamo su quello”.
    Vajda rende merito a Ivanisevic sul netto miglioramento al servizio di Novak da quando il croato è entrato nel team: “Il contributo di Goran è stato fantastico. È il maestro in questo campo. Il servizio di “Nole” non è proprio lo stesso di Goran… ma le sue istruzioni sono state simili a quelle che il suo allenatore ha fatto con lui ai suoi tempi da professionista. Novak ora ha un servizio molto più veloce, più fluido e più potente. Se ti fermi ad analizzarlo, Novak sta facendo sempre più Ace e il suo servizio è più controllato. È stata una delle chiavi per raggiungere il livello che sta avendo oggi”. Ed in effetti, tutti restano ammaliati dalla velocità, controllo, recuperi di Djokovic, ma se andiamo a vedere i numeri, il serbo dal 2019 ha incrementato tutte le percentuali al servizio, serve mediamente più veloce di almeno 15 km/h, e soprattutto col servizio vince punti decisivi nei momenti chiave. Cosa che prima dell’inserimento di Goran nel suo team non accadeva.
    Il rapporto tra Djokovic ed il pubblico continua ad essere ricco di alti e bassi. Anche nel corso della finale di Wimbledon, la stragrande maggioranza del Centre Court era pro-Berrettini. Ok sostenrere lo sfavorito, ma… Per Vajda il livello di perfezione raggiunto dal suo assistito lo rende meno appetibile per gli spettatori. “Alla fine i media dicono quello che vogliono… A volte sono a senso unico e non vedono la complessità della personalità di Novak. È una persona molto simpatica e positiva, che porta molta energia a tutti, anche agli spettatori. A volte le persone tendono a tifare di più per i giocatori meno forti. Vedendo Novak così dominante, nessuno vuole vederlo vincere ogni torneo del Grande Slam. Il suo dominio è così importante che molte persone diventano gelose nel vedere tale perfezione. Invece io sento che Novak è un esempio straordinario per le giovani generazioni di atleti”.
    Ormai tutti parlano di Grande Slam o addirittura “Golden Slam”, ma Vajda preferisce tenere un profilo basso: “Cerchiamo di vivere al momento, perché proiettarsi nel futuro a lungo termine può diventare contro producente. Potrei dire che gli restano due, tre o quattro anni a questo livello, non lo so. Tutto quello che so è che non è vicino a fermarsi. Non voglio porgli limiti, lui vuole giocare pensando anno dopo anno perché la sua passione per il tennis è ancora lì“.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO