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    Ivanisevic: “Spesso discuto con Novak ma è positivo che accada. Nessuno credeva in me come coach”

    Goran Ivanisevic e Novak Djokovic

    Goran Ivanisevic è uno fattori più importanti della longevità di Novak Djokovic e degli ultimi miglioramenti nel tennis del super campione serbo. Già nel corso del periodo passato insieme a Boris Becker, il 24 volte campione Slam aveva posto le basi per un gioco ancor più offensivo, come dimostrano i risultati ottenuti a Wimbledon, ma è dall’avvento di Goran che il tennis di Novak si è ancor più affinato, andando a colmare quella che era l’unica vera lacuna, l’efficacia del servizio. Non è solo una sensazione, anche i numeri confermano come nelle ultime stagioni la velocità media della prima e seconda battuta di Djokovic siano cresciute enormemente, così come le percentuali di realizzazione. Ma si va oltre ai riscontri statistici. Novak da qualche stagione trova sempre più punti decisivi col servizio, perfetto nei momenti chiave. Un match, iconico, su tutti: la storica finale di Wimbledon 2019. Federer, per stessa ammissione di Djokovic, giocò meglio, ma… Novak servì alla perfezione nei tre tiebreak, strappando un successo indimenticabile.
    In questo la mano di Ivanisevic è evidente e decisiva. Ha lavorato per un movimento di servizio più compatto, corto ed efficace. Utilizza meglio le rotazioni, varia al massimo gli angoli e la velocità per non dare mai un punto di riferimento al ribattitore. A volte il lancio di palla sulla seconda non è perfetto, ma sono dettagli all’interno di un colpo diventato vera arma tecnica.
    Goran quando parla alla stampa del suo paese rilascia frequentemente interviste un po’ “ruvide”, un po’ come il suo carattere, nelle quali esalta la forza del suo assistito. Stavolta parlando nel corso di un conferenza su sport e business, ha approfondito un tema molto interessante: come convive il lavoro quotidiano con “Nole”, con una certa spigolosità che considera fondamentale per stimolare Novak e creare nuovi spunti su cui lavorare. Si può criticare Djokovic per molti aspetti, ma è un vero monumento per come abbia elevato ad arte la filosofia del miglioramento continuo, anche a 36 anni suonati.
    “Sono felice di allenare un genio, il miglior tennista di tutti i tempi e uno dei migliori atleti in generale” racconta Ivanisevic. “Novak è unico nel suo genere, non ce ne sono molti al mondo come lui, è un vincente. È stato fortunato ad avere davanti a sé persone come Rafa Nadal e Roger Federer, si sono spinti a vicenda, ma lui si motiva da solo. Quando gli dici che non può fare qualcosa è ancora peggio. Ti guarda con un sorriso beffardo e ti dimostra che può farcela. Cerca sempre di trovare il modo di vincere, senza scuse, anche se non sta bene o è infortunato”.
    “Non è facile motivarlo perché ha già vinto tutto, a volte pensi ora cosa possiamo fare? Ma noi abbiamo tracciato la nostra strada. Molte volte non siamo d’accordo, ma è bene discutere, perché c’è rispetto e dalla discussione e da punti di vista diversi nascono gli stimoli a lavorare e superarsi. Se non ci fossero discussioni, sarebbe tutto uguale e alla fine non funzionerebbe“.
    Ivanisevic conferma la difficoltà nel tenere testa a un giocatore con un carattere così forte: “Mi piace il mio lavoro. Puoi fare bene un lavoro solo se lo ami e se ricevi il sostegno della tua famiglia. Se non sai come affrontare lo stress, che è sempre presente, non sarai in grado di svolgere il tuo lavoro. Per me è più facile perché veniamo dalla stessa cultura. Sì, posso dire di essere costantemente stressato. Siamo in cinque in squadra, ma è sempre colpa mia se qualcosa non funziona. Questo è quello che succede quando sei un allenatore, ma va bene così”.
    Molto curiosa l’ammissione di Goran sullo scarso credito che aveva come potenziale coach per il tipo di tennista che era in campo: “La gente mi vedeva come un selvaggio o quasi quando giocavo, ma fuori dal campo sono diverso, sono abbastanza calmo. Nessuno credeva che potessi diventare un buon allenatore. Bisogna capire come seppellire il proprio ego: non sei più importante, l’importante è il giocatore, questo è il primo passo“.
    Effettivamente la carriera sportiva di Ivanisevic è così piena di episodi bizzarri che sarebbe facile scriverne un libro in più capitoli… Tuttavia nessuno ha mai dubitato della sua intelligenza e senso per il gioco. Un po’ folle sì, ma istinto purissimo per il tennis. Goran prima con Cilic e ora con Ivanisevic sta dimostrando di essere un fior di allenatore.
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    Korda e i problemi al polso: “Ho passato mesi duri, è come se avessi dovuto imparare di nuovo a giocare”

    Sebastian Korda (foto Getty Images)

    Gli infortuni sono lo spauracchio di ogni atleta, ancor più in un’epoca in cui il tennis è diventato estremamente fisico e assai dipendente dalla condizione. Se chiedi a un tennista quale sia il problema che più teme e che si augura di evitare assolutamente, questo è l’infortunio al polso. È un’articolazione molto complessa, che in caso di un “crack” o anche infiammazione necessita di totale attenzione e un lungo recupero. Ma l’influenza più nefasta è quella tecnica, sul gioco. Col polso accompagni l’impatto, dosi la forza, l’angolo e rotazione che imprimi sulla palla, è l’anello di congiunzione tra l’attrezzo e il braccio. Quando perdi la totale sicurezza e libertà nell’uso del polso, il gioco ne risente terribilmente. Il recupero può essere un vero calvario anche perché rischi di portarti dietro per molto tempo scorie e incertezze, fino al rischio di perdere i riferimenti acquisiti in anni di lavoro. Ne sa qualcosa Sebastian Korda, che ha attraversato una prima parte del 2023 complicatissima per un problema al polso che l’ha prima bloccato per alcuni mesi dopo un promettente Australian Open (aveva demolito Medvedev, prima di andare k.o.), quindi costretto ad un rientro incerto, con dolore persistente e risultati scadenti.
    Korda sta entusiasmando al Masters 1000 di Shanghai, dove il suo gioco elegante, geometrico e offensivo l’ha portato in semifinale. Con accelerazioni straordinarie ha ribaltato la partita contro il connazionale Ben Shelton, prima volta di una sfida che potrebbe diventare un classico. Dopo questa bella vittoria ha parlato alla stampa, soffermandosi sui mesi bui nei quali ha sofferto tanto.

    “One of the cleanest returns he’s hit all afternoon” 😚
    Korda with the SWEETEST winner off Shelton’s 222kmh serve 🚀#RolexShanghaiMasters pic.twitter.com/jQdb8zsWW8
    — Tennis TV (@TennisTV) October 12, 2023

    “Il mio infortunio in realtà è iniziato alla fine dell’anno scorso, probabilmente in questo periodo dodici mesi fa” racconta Korda. “Avevo difficoltà con il polso, ma in certi momenti sembrava tutto a posto quindi non mi sono allarmato; poi è peggiorato sempre di più, soprattutto durante gli allenamenti prima degli Australian Open. Ho giocato ad Adelaide, tutto sembrava ok. Quando ho iniziato a giocare partite al meglio dei cinque set a Melbourne, partite contro grandi servitori che cercavano principalmente il mio diritto, ha iniziato a farmi molto male. Da allora è stata una strada molto lunga e faticosa. Sono stato fermo totalmente per tre mesi: praticamente ho dovuto reimparare tutto quello che facevo prima, soprattutto a livello del polso. In ogni allenamento, ogni volta che colpivo un dritto, praticamente pregavo che il polso non mi facesse più male… e invece non smetteva di farmi male. Ad oggi ho ancora qualche problema occasionalmente. Come avete visto è con il diritto che ho fallito al tie-break, non ho ancora la sicurezza che vorrei con in colpi da quel lato, il diritto, la risposta, la volée di diritto. È qualcosa che tornerà man mano che giocherò, più sessioni di allenamento mi aiuteranno e spero che tutto torni presto alla normalità”.
    “Ho perso tre mesi di circuito, ma oggi posso dire che aver perso altri quattro mesi mentre mi adattavo di nuovo a tutto, mentre imparavo di nuovo a fare tutto. Quest’anno è stato orribile, sì, ma in questo momento ho ritrovato fiducia in me stesso per giocare ad alto livello, e confido che i risultati saranno di nuovo con me.”
    Sebastian afferma di non sentire affatto la pressione di aver un padre così importante, anzi reputa la sua famiglia uno dei suoi punti di forza, decisiva nella sua crescita da giovane ma anche nel quotidiano. “Una delle cose più belle che ti dà avere un padre come lui è che ti aiuta a capire come comportarti in certi momenti. Mi hanno insegnato a credere sempre in me stesso, a farcela, qualunque sia la situazione. Pressioni? Nessuna. In fin dei conti, tutti facciamo ciò che amiamo. Adoro giocare a tennis, amo questo sport, se non gioco passo tutto il giorno a guardare il tennis, e la stessa cosa succede con le mie sorelle. Fanno ciò che amano. Non credo che ci sia pressione, anche se, ovviamente, mi piacerebbe superare mio padre. Il mio obiettivo più grande in questo sport è vincere due Slam, uno in più di lui” conclude l’americano.
    Tra Korda e la prima finale in un Masters 1000 c’è l’ostacolo Hurkacz. Gli head to head recitano una vittoria a testa, con l’ultimo scontro avvenuto all’Australian Open dello scorso gennaio, terminato con la vittoria di “Sebi” al super tiebreak del quinto set. Ci sono tutti gli ingredienti per assistere ad un’altra grande partita.
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    Djokovic: “Il silenzio dell’ATP sul tema delle palle è inammissibile”. I tennisti chiedono a gran voce un intervento

    Novak Djokovic (foto Getty Images)

    La parole al “veleno” di Pablo Carreno riportate ieri non hanno fatto altro che buttare benzina sul fuoco sulle accese polemiche per le palle adottate nei tornei del tour Pro. Per l’ex top10 iberico il suo infortunio al gomito è strettamente connesso alle palle utilizzate, cambiate di continuo e soprattutto troppo dure, pesanti e poco durevoli, tanto da costringere i giocatori a uno sforzo eccessivo per farle correre e sottoponendo così tendini e muscoli a stress eccessivi. Quella di Carreno è stata l’esternazione più dura, ma solo l’ultima di una lunghissima serie di lamentele, accese già nei primi mesi dell’anno e acuite di recente.
    “Queste palle fanno schifo” aveva detto più volte Medvedev, e pure Tsitsipas ha legato i propri problemi alla spalla ai difetti delle palle. Stan Wawrinka (uno dei più attenti a difendere le condizioni per i giocatori) aveva fatto da cassa di risonanza alla denuncia del belga Zizou Bergs, che, infortunatosi ai tendini, aveva detto: “Sono tanti i giocatori che soffrono di problemi al polso, che potrebbero essere prevenuti non cambiando palle continuamente e usando palle diverse”. Immediata la risposta di Taylor Fritz, che ha commentato stizzito: “Sto accusando dolori al polso dall’inizio della US Open series per colpa dei cambi di palle, 3 tipi diversi in 3 settimane”.

    Have been dealing w wrist issues since beginning of USO series cause of ball changes✌🏻we went 3 different balls in 3 weeks https://t.co/018jWjFPTC
    — Taylor Fritz (@Taylor_Fritz97) September 30, 2023

    Queste solo alcune delle lamentele, fino alle accuse vere e proprie. Il portoghese Gastao Elias è andato giù pesante: “Esigo che l’ATP paghi tutta la fisioterapia che mi servirà dopo aver giocato con queste palle con cui ci fanno giocare. Sono sul tour da molti anni e non ho mai visto niente del genere. QUESTO È IUMANO!“. Tennys Sandgren conferma, “Mai visto niente del genere” e pure le donne non se la passano affatto meglio. Lauren Davis scrive “Sono d’accordo, mi sono spezzata una spalla per colpa di queste palle” e Paula Badosa rincara la dose: “Non è problema solo dell’ATP, anche nei tornei WTA abbiamo gli stessi problemi, dobbiamo cambiare tutto e in entrambi i circuiti”.

    I demand @atptour to pay for all the physiotherapy I will need after playing with these balls they are making us play with. I’ve been on tour for many years and I’ve never seen anything like this.THIS IS INHUMANE!
    — Gastão Elias (@GastaoElias) October 9, 2023

    Una situazione pesante, che stiamo riportando da mesi ma per la quale al momento non si intravede una soluzione poiché dalla cabina di regia (ATP, Slam, ITF) niente trapela a proposito di qualche cambiamento. Proprio su questo punta il dito il più forte, il n.1 Novak Djokovic, che sposa in pieno la battaglia dei colleghi affermando in un’intervista al media Sporcle che il silenzio dell’ATP sulla questione è “inammissibile”.
    “C’è sicuramente una connessione tra i frequenti infortuni al polso, al gomito e alla spalla con i cambi di palla“, afferma Djokovic. “Sono assolutamente favorevole alla scelta di una palla con cui giocare tutti i tornei ATP. Dobbiamo semplicemente trovare un modo per unirci, in modo che in ogni evento dell’ATP Tour abbia una sola palla con cui giocare, a seconda della superficie. A volte il cambio di palle avviene tre volte in tre settimane a seconda di dove giochiamo, e influisce sulla salute dei giocatori e sulle articolazioni stesse”.
    Ecco la stoccata di Djokovic all’ATP su questo tema assai rilevante: “Sostengo i giocatori che si lamentano e chiedono all’ATP di trovare un modo per risolvere la questione. Devono trovare una soluzione. Non ho visto alcun comunicato dell’ATP in merito alle lamentele dei giocatori e queste sono cose per me incomprensibili. Non è ammissibile che non ci sia una sola parola. Quando i giocatori, anche quelli di alto livello che hanno più risonanza, cercano di contattarti in pubblico e ti dicono ‘Ehi, parliamo di quell’argomento’, devi fare una dichiarazione, rivolgerti a loro e dire ‘Ok, capiamo, sediamoci al tavolo, parliamo.’ Non capisco perché da parte loro c’è silenzio.“
    “Spero che capiscano che deve esserci semplicemente una comunicazione diretta. Allo stesso modo, bisognerebbe annunciare pubblicamente che hanno ricevuto queste informazioni e che ci stanno lavorando per trovare una soluzione accettabile. Il silenzio non cambierà nulla” conclude Djokovic.
    Tra i tanti tempi “caldi” sul tour, dal calendario alla Davis, passando per montepremi, stress mentale e quant’altro, quello della salute dei giocatori deve essere prioritario. E con la parola “salute” possiamo anche intendere in modo allargato “forma e condizione”. Se andiamo a guardare quest’annata 2023, sono pochissimi i giocatori che sono riusciti a brillare e dare il meglio del proprio gioco e prestazione per lunghi periodi di tempo. Djokovic, il più forte e vincente, ha centellinato – da campione – le proprie apparizioni trovando il picco nei Majors, dove ha raggiunto 4 finali vincendone 3. Top. Ma gli altri? Eccetto Medvedev nei primi mesi dell’anno, quando ha trovato una fantastica striscia vincente, tutti hanno sofferto di momenti di appannamento e pesanti alti e bassi dovuti quasi sempre ad acciacchi e problemi fisici. Anche giocatori di 24, 22, 20 anni. Moltissimi i problemi a tendini e articolazioni. Questo dovrebbe essere IL tema sul tavolo, perché la salute dei giocatori deve essere la priorità, e pure se vogliamo guardare la questione in modo più “freddo”, considerando il tutto a livello di “prodotto” inteso come entertainment. Che prodotto offre una disciplina quando i suoi interpreti più in vista sono spesso acciaccati, rotti o scontenti? In tutto questo le palle sono uno dei problemi, a detta dei giocatori uno dei più importanti.
    Chiunque ha disputato tornei quest’anno, ma potremmo dire da un bel po’ di tempo, conferma che il gioco è terribilmente duro e stressante, per colpa di condizioni generali che hanno rallentato eccessivamente la velocità media. Palle soprattutto, ma anche superfici. Devi spingere a tutta per trovare un punto vincente, a meno di non voler spostare la disciplina su maratone lentissime e infinite degne delle paludi del rosso anni ’70… Per spingere devi fare sforzi enormi perché ‘ste palle sono pesanti, dure, perdono tono ed elasticità. Non vanno. Ogni botta che tiri è un contraccolpo pesante a polso, gomito, braccio, spalla. E per dare spinta stressi al massimo tronco, anche, ginocchia. Kaput. Il giovane più forte al mondo, Carlos Alcaraz, è spesso vittima di problemi, eppure ha un fisico spaziale. Tutto questo dovrebbe far scattare non un campanello d’allarme ma una vera e propria sirena, all’attenzione di tutti coloro che governano la disciplina, ITF e Slam inclusi. È così difficile capire le richieste dei giocatori, intervenire sulle palle (e magari anche sulle superfici) per offrire un prodotto diverso? Creare delle condizioni differenti grazie alle quali i giocatori possono produrre un gioco più veloce e offensivo, meno duro e impattante sul fisico, con scambi più brevi e così stressare meno il corpo? Non sembra una via difficile da prendere. Se la si vuol prendere. 
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    La denuncia di Carreno: “Sono sicuro che il mio grave infortunio derivi dalle palle che usiamo”

    Pablo Carreno

    Pablo Carreno rientra sul tour Challenger dopo uno stop di 9 mesi e accusa chiaramente le condizioni di gioco e in particolare le palle adottate e il loro cambio continuo per il grave infortunio al gomito che l’ha tenuto fuori per tutta la stagione. Il nativo di Gijon infatti dopo un’estate 2022 super, sfociata con la splendida vittoria al Masters 1000 canadese, ha iniziato ad accusare seri problemi al gomito lo scorso novembre durante la Coppa Davis che l’hanno forzato prima a una preparazione invernale modesta, quindi a vero calvario nei primi tornei dell’anno. Una sola vittoria in tre tornei giocati, quindi la decisione di fermarsi dopo la brutta sconfitta rimediata al Challenger di Alicante da Pedro Martinez. È iniziato così per lui un anno nerissimo, che ha raccontato ai media spagnoli nel corso del Challenger di Malaga. Chiara la sua accusa: il suo grave infortunio dipende dalle palle, già aspramente criticate da quasi tutti i giocatori.
    “È un anno complicato, a parte questo, non sono rimasto mai del tutto fermo” racconta Carreno. “Ho continuato ad allenarmi, cercando di recuperare. A volte sono stato fermo, ma non per più di quattro settimane. Mi stavo riprendendo e sembrava che le cose si fossero messe nel verso giusto, ma poi il gomito è peggiorato e mi sono dovuto fermare di nuovo, quindi sono tornato di nuovo in campo in allenamento… È stata particolarmente dura a livello mentale perché più di una volta mi sentivo quasi pronto a tornare, e invece non ce l’ho fatta. Ho provato a tornare a Indian Wells, poi a Madrid, poi a Winston-Salem, e alla fine è stato la settimana scorsa (Challenger di Alicante, ndr)”.
    Pablo è tornato, ma il dolore continua a perseguitarlo, anche se meno intenso: “Sì, mi dà fastidio, soprattutto quando finisco di giocare, col riposo va meglio. Per ora sembra che il dolore sia sotto controllo. Dovrò convivere con il dolore almeno per un po’ e spero di gestirlo e che alla fine scompaia”.
    Ecco l’attacco diretto e senza mezzi termini alle palle usate nei tornei: “Sono sicuro che le palle siano la causa del mio infortunio. Ad esempio, prima del Roland Garros mi stavo allenando con alcune palline all’Accademia per riprendermi dall’infortunio e tutto stava andando bene, stavo giocando dei set e le cose erano ok. Quindi sono passato alle palline del Roland Garros per iniziare ad allenarmi con le condizioni da torneo e dopo 20 minuti mi sono dovuto fermare di nuovo perché il gomito era in fiamme. È chiaro che le palle sono molto diverse e il continuo cambio di palle ha un’influenza. La settimana scorsa abbiamo giocato con un marchio, questa settimana stiamo giocando con un altro… Nel circuito Challenger è ancora peggio, perché se ne cambiano di più, ma anche sull’ATP tour si cambiano troppe palle. Non facciamo nemmeno due tornei praticamente uguali. Nello stesso tour australiano o su terra battuta puoi cambiare la marca delle palline. Sia la palla adottata che il loro continuo cambio provocano infortuni“.
    Carreno non trova granché di positivo in quest’annata davvero sfortunata: “Aspetti positivi? Direi niente. Forse a livello personale ho avuto più tempo per me stesso, per stare con la mia famiglia, con mia moglie. La verità è che è stato un anno molto complicato con pochissime cose positive. Tanti anni fa ho avuto un infortunio molto grave alla schiena, prima di diventare un professionista, avevo solo 19 anni. Ora ne ho 32 ed è chiaro che non sono allo stesso punto della mia carriera. Forse ora ti aiuta un po’ a capire che il tennis non è l’unica cosa nella vita. Quando avevo 19 anni il mio unico obiettivo era tornare a gareggiare, giocare ancora ad ogni costo. Ora la visione che ho è diversa. La mia priorità è recuperare bene piuttosto di tornare il prima possibile”.
    Dopo Medvedev, Tsitsipas, Fritz e tantissimi altri giocatori che da mesi si lamentano per queste palle pesanti, che si “ingrossano” dopo pochi scambi e diventano difficili da controllare e dure da spingere, adesso anche Carreno passa all’attacco e lo fa con accuse chiare e dirette. Alcuni addetti ai lavori negli scorsi mesi si sono “divertiti” in alcuni tornei a postare sui social due palle da gara, una accanto all’altra, la prima appena tolta dal tubo, vergine; la seconda fuoriuscita dal campo dopo pochi minuti di palleggi. Beh, le condizioni della seconda erano impietose, come se fosse stata maltratta in ogni modo. L’aspetto più “grottesco” della situazione è che non si trovi il modo di porre un rimedio. Tutti si lamentano, il gioco è diventato troppo duro, imperano scambi di potenza che penalizzano non solo lo spettacolo ma soprattutto le articolazioni e muscoli degli atleti. È così complicato fare un passo indietro e tornare a palle più durevoli, meno dure e pesanti? 
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    Sinner traccia gli obiettivi: “Ho lavorato bene dopo US Open. Non mi interessano paragoni col passato, la sfida è con me stesso”

    Jannik Sinner, n.4 del ranking ATP (foto Getty Images)

    Jannik Sinner è appena arrivato a Shanghai con un volo interno alla Cina, attorniato anche dagli appassionati locali che l’hanno riconosciuto e fermato per molte foto condivise sui social. Il nuovo n.4 al mondo piace, diverte, è un personaggio assolutamente positivo che appassiona in tutto il mondo. La stampa internazionale ha celebrato ieri e oggi la grande vittoria al 500 di Pechino, “apre nuovi orizzonti all’italiano e nel 2024 per lui il limite è solo il cielo” scrive il bravo collega statunitense Chris Oddo.
    Intervistato dal Corriere della Sera, Jannik ha parlato della sua bella vittoria restando assolutamente con i piedi per terra, ed evitando – con classe – di tornare sulle sterili polemiche del post Davis. Un periodo che Sinner ha speso in silenzio, a lavorare. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, non solo per il grandissimo risultato ottenuto battendo uno dopo l’altro il n.2 e 3 del mondo – Alcaraz e Medvedev – ma soprattutto per il suo tennis ancor più aggressivo, incisivo e spettacolare. Riportiamo alcuni passaggi dell’intervista, i più salienti.
    “Del successo di Pechino vado fiero del modo in cui sono stato in campo. I primi due giorni in Cina non mi sentivo bene per niente, poi i problemi con Evans, un po’ meglio con Nishioka, il vomito con Dimitrov. Ho saputo superare le difficoltà, con Alcaraz e Medvedev stavo finalmente bene. Ho imparato dagli errori e mi sono piaciuto” racconta Jannik. “Errori? Quelli commessi all’Open Usa e prima, quando ho vinto il Master 1000 di Toronto e subito dopo sono uscito al primo turno a Cincinnati. Per me è importante non ripeterli. A Shanghai cercherò di vincere almeno un match…”.
    “Le Finals sono l’obiettivo della stagione, ci siamo quasi. Con il lavoro di quest’anno siamo già avanti, poi ci sarà l’investimento sul 2024. Ci vuole equilibrio, nel tennis. La settimana positiva di Pechino può aprirmi altre porte”.
    Capitolo polemiche Davis, Sinner risponde così: “Non so se ho voglia di parlare di questo però sì, sono contento di come mi sono allenato dopo l’Open Usa. Non è che in due settimane ti inventi niente, eh, voi il lavoro non lo vedete ma c’è: giornate lunghissime, tra campo e palestra, io mi sento bene solo se alla fine sono stanco morto, perché vuol dire che mi sono allenato nel modo giusto. Vincere un torneo non cambia la vita ma convalida la bontà di quello che fai. Ho provato cose nuove e servito una percentuale più alta, ma non basta. E non significa che servirò sempre così. La scelta di non andare in Davis alla fine serviva a quello, la programmazione si fa in base agli obiettivi. La differenza che avverto ancora è fisica: i miei movimenti in campo possono migliorare, volée, servizio, tutto può crescere. Non sono arrivato al picco, proprio no“.
    N.4 del ranking, uguagliato Panatta: “La storia la conosco, però andare oltre i risultati degli altri non mi dice niente. Non mi interessano i paragoni con il passato, cioè: voglio diventare forte io, Jannik Sinner, la sfida è con me stesso e la storia la costruisco per me, per nessun altro. Mi interessa condividere questi momenti con le persone che credono in me, i miei parenti e il mio staff. Solo questo conta. Poi vedremo quanto oltre i miei limiti riuscirò a spingermi”.
    Molto interessante la risposta seguente, sul miglioramento continuo e la conoscenza di se stesso, obiettivo superiore anche al battere Djokovic: “Sono impegnato a conoscere il mio cervello, ma serve tempo. Mi interessa capire il 100% di come funziona il mio, soprattutto nelle difficoltà, quando sono stanco o nervoso. Le settimane dopo New York le ho investite anche sulla mia testa e a Pechino spero si sia notato. A Montecarlo lavoro con Formula Medicine: è un modo diverso di allenare la mente. Proverò a riprodurre il modello a Shanghai, che sarà un test importante, sperando che Pechino non sia stato solo un caso!
    Risposte lucide, coerenti e di alto profilo, che raccontano alla perfezione come Sinner sia una persona di livello, consapevole delle sue forze e debolezze, pronto a dare tutto in campo e palestra per raggiungere grandi obiettivi. Non superare altri, ma superare se stesso.
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    Ruud e il “muro” top3

    Casper Ruud (foto Getty Images)

    Casper Ruud sta vivendo una stagione fatta di alti e bassi, decisamente inferiore alla sua straordinaria annata 2022. Un solo titolo vinto (Estoril), una grande finale giocata (Parigi) e conseguente un calo in classifica, attualmente n.9, mentre 12 mesi fa era addirittura al secondo posto del ranking. Il norvegese lo scorso anno alzò tre trofei, ma soprattutto disputò le finali di Roland Garros, Miami, Finals di Torino e US Open, torneo che quest’ultimo che lo portò a una partita dal diventare n.1 al mondo. Non ce la fece, battuto in finale da Carlos Alcaraz (divenne lo spagnolo n.1). Una carriera di grande livello che potremmo definire – finora – “a un passo da…”.
    Restano risultati notevoli, figli di un tennis terribilmente consistente ed efficace ma anche faticoso, e con una sensazione netta: a Casper sembra sempre mancare qualcosa per battere i migliori. Infatti Ruud, anche quello del 2022, è fortissimo contro i tennisti di classifica inferiore ma stenta ad imporsi quando di fronte c’è un vero campione. Tutto sembra legato alla mancanza nel suo gioco di un’arma “letale”, un colpo con il quale può fare la differenza senza affidarsi a quel pressing costante che i big riescono a gestire.
    C’è un dato statistico rilevato dal collega argentino Lautaro Miranda che conferma la difficoltà di Ruud contro i più forti. Il norvegese in carriera ha disputato 11 partite contro un tennista classificato in quel momento tra i primi 3 giocatori al mondo: le ha perse tutte e non ha mai vinto nemmeno un set. Un dato sorprendente vista la forza e costanza di Ruud, ma che certifica come il vertice del tennis al momento resti un “muro” per lui invalicabile.
    Questa la lista dei giocatori top3 affrontati da Ruud, con altrettante nette sconfitte:
    Federer – (Roland Garros 2019)Djokovic – (Roma 2020, ATP Finals 2021, Roma 2022, Roland Garros 2023)Thiem – (Roland Garros 2020)Medvedev – (Maiorca 2021, ATP Finals 2021)Tsitsipas – (Toronto 2021)Nadal – (ATP Finals 2022)Alcaraz – (Pechino 2023)
    Soluzioni? Non facili… Casper è un grande atleta, bravissimo a lavorare su ogni aspetto del suo gioco per alzare il livello e arrivare tra migliori, dove merita assolutamente di stare. Sembra complicato fare un ulteriore salto di qualità insistendo solo sulla costanza e intensità, probabilmente la strada maestra potrebbe essere quella di inserire nel suo gioco schemi un po’ più offensivi, per sorprendere gli avversari e avere un piano B quando la sola grande pressione non riesce a stroncare la resistenza del big di turno. Un percorso non facile, ma vista la sua professionalità e voglia di vincere, è molto probabile che provi a cambiare qualcosa per rilanciarsi.
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    Il record storico di Jannik Sinner per il tennis italiano

    Jannik Sinner (foto Getty Images)

    Superlativo, dominante, fortissimo. Un Jannik Sinner sontuoso ha demolito il nipponico Nishioka negli ottavi di finale del China Open, volando nei quarti del 500 cinese. Numeri straordinari per l’azzurro nel match, ma sono ben altri i numeri che esaltano l’annata e il tennis del grande talento altoatesino.
    Quella contro Yoshihito è stata la vittoria n.30 in stagione sui campi in sintetico e il 12esimo approdo nei quarti di finale nel 2023. Il secondo set vinto per 6-0 è quarto “bagel” inflitto nell’anno a un avversario (terzo sul cemento).
    Un altro dato è ancor più impressionante, e davvero storico. Quella di oggi a Pechino è la sua vittoria n.46 in stagione (a fronte di 13 sconfitte). Per il terzo anno consecutivo (2021, 2022 e 2023) Jannik ha vinto almeno 45 match all’anno, mai nessun tennista italiano nell’Era Open era riuscito a vincere così tanti match per tre anni di fila. Segnale evidente di qualità e continuità di prestazione.

    Match point 👇Y. Nishioka vs. J. Sinner – Beijing#tennis pic.twitter.com/wgnr8t4MdN
    — SuperTennis TV (@SuperTennisTv) October 1, 2023

    Nella classifica live, Sinner ha 4465 punti al settimo posto, mentre Rublev (già eliminato a Pechino) è a 4515. Solo 50 punti di differenza, Se Jannik approderà in semifinale nel torneo cinese, con i 180 punti guadagnati (altri 90 rispetto agli attuali) sarà sicuro di superare il russo e tornare al n.6, suo best ranking toccato lo scorso 14 agosto.
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    Schwartzman, crisi senza fine

    Diego Schwartzman (foto Getty Images)

    Per chi ha ancora negli occhi l’eccezionale prestazione di Schwartzman agli Internazionali d’Italia 2020, quando sconfisse niente di meno che El Rey Rafa Nadal sull’amato rosso, o tante altre splendide vittorie dell’argentino, è incredibile constatare la crisi nerissima nella quale Diego è sprofondato da molti mesi. Il 31enne albiceleste ha perso all’esordio anche a Pechino, battuto da Zverev. Un pessimo avversario per iniziare un torneo, ma Schwartzman si è fermato al primo turno quest’anno per ben 15 volte. Sommando anche i suoi ultimi 4 tornei del 2022 (tutte sconfitte all’esordio), sono ben 19 le “grandi L” subite nel primo match dei suoi ultimi 28 eventi disputati. Davvero una miseria per un giocatore che grazie a due gambe formidabili e tanta intensità è stato in grado battere i migliori giocatori, issarsi al n.8 del ranking ATP e vincere 4 tornei.
    Attualmente è al n.133 della classifica mondiale. Il nativo di Baires è sprofondato in una crisi così profonda, sia tecnica che di fiducia, che non sarà per lui affatto facile uscirne e ritrovare una condizione accettabile, degna del suo ottimo talento. Ha certamente fatto molta fatica ad arrivare nel grande tennis, c’è una parte di usura fisica e mentale importante, ma è davvero singolare assistere ad un crollo così fragoroso in soli 18 mesi.
    È uscito all’esordio nei tornei di Tel Aviv, Anversa, Vienna, Parigi Bercy, Auckland, Cordoba, Buenos Aires, Rio de Janeiro, Santiago del Cile, Phoenix, Estoril, Madrid, Cagliari, Roma, Lione, Washington, New York, Zhuhai e Pechino. Il miglior risultato del “Peque” nel 2023 è stato il terzo round del Roland Garros, dove ha perso contro il greco Stefanos Tsitsipas. Il suo bilancio è un misero 9-22.
    Nel ranking dello scorso 3 ottobre era n.17, e dal marzo 2018 a fine 2022 era sempre stato tra i migliori 25 al mondo. In più interviste, già dallo scorso autunno, ha parlato dei suoi problemi e soprattutto della terribile frustrazione per l’incapacità di invertire la rotta, nonostante a suo dire non abbia affatto diminuito intensità e qualità del lavoro. Afferma di giocare ancora un buonissimo tennis in allenamento, ma in partita niente funziona.
    È di pochi giorni fa la notizia della rottura del rapporto di collaborazione con il suo allenatore, il connazionale Juan Ignacio Chela. In precedenza, a New York, aveva tracciato un bilancio durissimo della sua situazione, dopo l’ennesima battuta d’arresto al primo turno contro il francese Arthur Rinderknech. “Provo sentimenti molto brutti, in tutti i sensi: nel tennis, nella concentrazione, nell’atteggiamento. Negli Slam dove di solito trovo buon gioco sono stato scandaloso, qua la mia peggior partita. È un brutto anno e questa partita è stata coerente con la stagione”, ha affermato con brutale franchezza al magazine argentino El Grafico. “Mi è davvero difficile ritrovare buone sensazioni. L’anno è brutto, ho perso molte posizioni in classifica e non mancano più molti tornei per invertire la rotta. Speri sempre di scendere in campo e fare clic, riaccendere la luce e sentirti di nuovo bene in partita, ma oggi come negli altri eventi ha vinto la frustrazione. Se scendo in campo con un atteggiamento negativo, si complica tutto”. Un’analisi davvero franca e dura della propria situazione, che gli fa onore ma che non lascia affatto tranquilli per il suo futuro sportivo.
    Diego ha raccontato in passato la sua storia travagliata, i tanti problemi economici che l’hanno fatto esplodere tardi. La sua famiglia fu colpita duramente dalla crisi economica, che coincide con l’infanzia del tennista. Gli Schwartzman, membri della buona borghesia della capitale, attivi in vari settori commerciali, persero tutto e tirare avanti divenne difficile, ancor più sostenere il sogno sportivo del piccolo Diego. La madre Silvana ha sempre creduto nella carriera del figlio, ha fatto grandi sacrifici ed economie su tutto, arrivando a produrre e vendere braccialetti di gomma durante le partite del figlio. “Erano due competizioni in una” ha raccontato El Peque al sito ATP, “Quando impari a vincerle entrambe, salvare una palla break o un match point è più facile”. Pochi soldi, e tanti che gli consigliavano di smettere vista la bassa statura. Niente, Dieguito è stato più forte di ogni difficoltà, e possiamo dire ce l’ha fatta. Anche per questo spiace oggi ritrovare un ragazzo così corretto e con una storia così complessa in una crisi così profonda. Animo Diego!
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO