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    Sinner: “Battere Djokovic è diverso. A 22 anni puoi solo imparare e migliorare”

    Jannik Sinner. n.4 al mondo

    Un Jannik Sinner sereno e felice si è presentato alla stampa oltre l’1 e mezza. Felice, ma sempre misurato, nonostante la vittoria di ieri l’abbia ancor più issato sull’Olimpo della disciplina. Mai aveva battuto Djokovic, mai un italiano aveva sconfitto nella stessa stagione due n.1.
    “Considerando tutte le circostanze, il fatto di essere a Torino e contro il numero 1, penso che sia una vittoria straordinaria. Anche se avessi perso, sarei rimasto lo stesso soddisfatto perché la cosa più importante era stare vicino all’avversario, per pensare di poter vincere anche in futuro. Ovviamente l’atmosfera è stata incredibile: il pubblico mi ha aiutato molto, è un privilegio giocare qua. Sono contento di essere parte di questa atmosfera. Mi aspettavo un match duro, Con la folla e tutto il resto… Sono ovviamente molto felice di come ho cercato di mettere tutto nella giusta direzione. Quando la partita è così, ovviamente anche se qui in Italia non gioca un italiano, c’è una bella atmosfera; quando gioca un italiano e la partita va così. Sono match davvero tirati. Quest’anno sono cresciuto molto e come dico sempre a ventidue anni puoi solo imparare e migliorare”.
    “Quello che conta più di tutto è il mio processo, soprattutto quest’anno. È stato un buon processo perché ci siamo allenati molto anche durante i tornei. Non abbiamo giocato un paio di tornei per allenarci, per migliorare fisicamente. Questo per me mi ha aiutato molto ad arrivare a fine stagione abbastanza fresco, non solo fisicamente ma anche mentalmente, pronto per giocare, anche se nella mia mente so che dopo qui e la Coppa Davis, è finita l’annata. Eppure fa tutto parte del processo. Ho detto dopo Wimbledon che quest’anno mi sentivo un po’ più vicino a Nole, anche se in quella partita ho perso in tre set. L’anno scorso a Wimbledon avevo perso in cinque set, ma quest’anno mi sono sentito più vicino. Anche oggi potrebbe succedere che perdo facilmente in due, no? Non si sa mai com’è questo sport. Ma ero abbastanza fiducioso di provare a giocare una buona partita, e alla fine è stato così”.
    “La mia vittoria più importante? Mettendo insieme tutte le circostanze, giocando qui a Torino contro il numero 1 del mondo, ha vinto 24 tornei del Grande Slam, con una tale atmosfera e tutto il resto, penso che sia al top, al top, no? Ovviamente, come ho detto prima, anche se avrei perso oggi, la partita è stata davvero bella. Inoltre per me era davvero importante chiudere questa partita, quindi nella mia mente so che posso davvero provare a vincere contro di lui anche nelle prossime partite. Penso che sia tra i migliori, quindi…”.
    “Il tennis è uno sport in cui conta la tattica. La prossima volta che giocherò contro di lui, Nole farà cose diverse per battermi e io mi dovrò adattare, stessa cosa contro Carlos. È incredibile quando vedi giocare Nole, fa tutto bene, fa sembrare tutto facile. A 22 anni non giocava slice e volée come adesso. Questo percorso mi fa capire che è importante vincere una partita, ma anche che ci sono cose da migliorare. Battere Djokovic è diverso. Avevo già sconfitto Alcaraz quando era numero 1 del mondo, ma questa volta è diverso perché siamo giocatori di generazioni diverse. Nole lo guardavo in tv”
    “Adesso devo pensare già a concentrarmi sulla partita contro Rune. Sono contento di affrontarlo di nuovo, sappiamo che sarà difficile, contro un giocatore che sta giocando molto bene. Sono contento di affrontare Rune, di andare di nuovo in campo con un obiettivo, provare a dare il massimo e vedere cosa succede”.
    “Ora devo pensare solo a riposare. Come dormirò? Beh… chiudo gli occhi. Facciamo tardi stanotte, domani vedrò come mi sento. Può darsi che toccherò un po’ la palla, come potrei anche non toccarla affatto se sono troppo stanco. Vedremo domani cosa deciderò”.
    Da Torino,
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Sinner batte Djokovic alle Finals, una vittoria che vale una laurea

    Jannik Sinner (foto Getty Images)

    14 novembre 2023. Save the date. Stanotte al Pala Alpitour si è scritta una nuova pagina di storia del tennis italiano. Jannik Sinner ha battuto per la prima volta in carriera un fortissimo, irriducibile Novak Djokovic al termine di una partita che definire hollywoodiana è persin riduttivo. 7-5 6-7(5) 7-6(2) lo score conclusivo a favore di Jannik, al termine di 3 ore 9 minuti di tennis di un’intensità e qualità stellari. Le vittorie (e le sconfitte) non sono tutte uguali, mai. La vittoria di stasera paradossalmente, essendo venuta in tre set, non assicura a Sinner un posto in semifinale: se nel terzo match del girone Djokovic batte Hurkacz (subentrato a Tsitsipas) e Rune batte Sinner, Jannik sarebbe clamorosamente eliminato. Dinamiche di un torneo tanto straordinario e affascinante quanto anomalo. Ma quello che stasera conta più di ogni altra cosa, più della qualificazione alle semifinali delle Finals 2023, è la vittoria e soprattutto la prestazione di Sinner. Una vittoria arrivata grazie ad una prestazione maiuscola, gigantesca per qualità e quantità. Una vittoria che vale una Laurea: Sinner è riuscito ad abbattere l’ultimo tabù. I miglioramenti che tanto abbiamo descritto e celebrato nelle ultime ottime settimane dell’azzurro, diciamo dal post US Open, sono esplosi in tutta la loro prepotenza, abbattendo il muro Medvedev e poi la “Grande Muraglia” Djokovic. Era la sfida più ardita, andare a stanare e battere il più forte e dominante della storia moderna del gioco. Farlo come l’ha fatto Jannik, “in Style”, dominandolo sul piano della spinta, della intensità, dei vincenti, della qualità complessiva, nel coraggio del giocarsi alla grande i punti decisivi, beh, sono le olive nel Martini, il bacio accademico, la serenata a Montmartre con un tramonto epico. “Cubilete Cosmico”, impresa delle imprese. Jannik è sempre più forte dentro di se, e in campo si vede.
    Solo quando hai cementato nuove certezze e forze, tecniche fisiche e mentali, puoi arrivare giocare con questa intensità mostruosa per oltre tre ore. Arrivando a subire un contro break mortale nel settimo game, quando eri scappato in vantaggio 4-2 grazie a tre risposte da cineteca, e riprendersi con una forza impensabile. Alzi la mano chi pensava che, sul 4 pari, Jannik ce la potesse fare. L’inerzia del match pareva tutta dalla parte di Novak, ancor più perché il serbo era stato bravissimo a spostare lo scambio sulla velocità a lui ideale, e annebbiare così la massima velocità di Sinner. Niente, oggi Sinner aveva dentro un’aura speciale. Chi era seduto lì nell’Arena qualcosa percepiva. Era palpabile. Era il suo sguardo, mai perso nemmeno nei momento di scoramento, come il tiebreak perso nel secondo set, qualche game complicato, e poi quel maledetto contro break. Niente. Sinner guardava avanti, al prossimo punto, da spingere con ancor più potenza e cattiveria agonistica. Non devo cedere, non devo abbassare il ritmo, a costo di sbagliare. E nemmeno la prima palla, l’arma “nuova” che gli ha consentito di abbattere Daniil e altri non c’era più. Ma c’era Jannik. Lucido, forte, chiaro. Aveva davanti a sé un avversario fortissimo, uno che nella lotta e nei rush finali non vuole perdere mai. E tendenzialmente in carriera… non ha perso quasi mai. Ma Sinner stasera aveva una marcia in più. Con i colpi da fondo campo ha colpito per tre ore con una potenza e controllo misteriosamente bellissime, dando fondo a nuove energie, quelle che per tanto tempo abbiamo sottolineato essere un suo punto di relativa debolezza. Jannik ha giocato il tiebreak decisivo con un’arroganza tecnica straripante. Jannik nei momenti chiave del match ha trovato delle risposte precise e con equilibrio “a-la-Djokovic”, ma con velocità e profondità ancor superiore se possibile. Punti che sono risultati decisivi. Punti che sono già entrati nella storia della disciplina, non solo nella sua e nella nostra.
    Dove ha vinto la partita Jannik? Mai come stasera a Torino, palla dopo palla. Si è giocato gomito a gomito, spalla a spalla, con un livello medio mostruoso. Sono stati i dettagli a fare la differenza, e la qualità nel giocare i punti decisivi. Alla fine Sinner ha vinto chiudendo con il 60% di prime palle in campo, vincendo il 79% dei punti, e un buonissimo 55% con la seconda. Djokovic ha avuto numeri migliori al servizio, e questo ancor più è una nota di merito per Sinner. Jannik ha risposto complessivamente meglio, perché è stato più efficace. Ha strappato con la risposta molti “big point”, che sono risultati decisivi anche sul piano mentale, della carica, della forza a sostenere forze calanti per il tanto sforzo.
    Ma una partita così eroica, epica nel senso pieno del termine, sarebbe assai sterile analizzarla e banalizzarla a furia di numeri. I numeri aiutano a spiegare quanto Sinner sia stato forte mentalmente e tecnicamente. Quanto Jannik sia stato continuo e tosto, affrontando molte difficoltà e superandole. Dando dimostrazione di come il percorso di crescita che abbiamo raccontato nelle scorse settimane abbia elevato il suo livello alle stelle. Al livello dei migliori del mondo, ai quali ormai appartiene.
    Sinner ha spinto tantissimo e bene col diritto, soverchiando per potenza Djokovic. Ha tenuto alla grandissima col rovescio, anche su velocità più basse, poi bravissimo a cambiare angolo ed entrare a tutta. È stato fenomenale per la reattività nel fare due passi avanti e prendersi il campo, con rischi anche discretamente calcolati. Ha incantato per diversi “schiaffi al volo” col diritto che gli hanno portato punti importantissimi in più fasi delicate, quando un errore poteva costargli carissimo. Sinner mi ha terribilmente impressionato per la capacità di spingere a tutta, con velocità superiori alla capacità di resistenza di Djokovic, il più forte difensore al mondo. Jannik infatti l’ha soverchiato quando si è scambiato a tutta, ne aveva più di Nole, più potenza e più controllo. Pazzesco.
    Pazzesco Sinner, fantastico in tutto. È il primo italiano a battere il n.1 in un torneo importante come le Finals, è il primo italiano a battere due n.1 nella stessa stagione. È una serata indimenticabile per chi l’ha vista in tv e dal vivo dal campo. Emozioni indescrivibili. Grazie Jannik.
    Da Torino,Marco Mazzoni
    ATP Nitto ATP Finals Novak Djokovic [1]576 Jannik Sinner [4]767 Vincitore: Sinner ServizioSvolgimentoSet 3Tiebreak0*-2 0-3* 0-4* 1*-5 1-6*6-6 → 6-7N. Djokovic5-6 → 6-6J. Sinner 0-15 15-15 15-30 30-30 40-305-5 → 5-6N. Djokovic 15-0 30-0 ace 40-0 ace 40-154-5 → 5-5J. Sinner 15-0 30-0 40-04-4 → 4-5N. Djokovic 15-0 30-0 40-03-4 → 4-4J. Sinner 15-0 15-15 15-30 30-30 30-40 40-40 40-A2-4 → 3-4N. Djokovic 15-0 15-15 15-30 15-402-3 → 2-4J. Sinner 15-0 30-0 30-15 40-152-2 → 2-3N. Djokovic 15-0 30-0 30-15 40-15 ace1-2 → 2-2J. Sinner 15-0 30-0 40-0 ace1-1 → 1-2N. Djokovic 15-0 ace 30-0 ace 40-0 ace0-1 → 1-1J. Sinner 0-15 15-15 15-30 df 30-30 40-30 ace ace0-0 → 0-1ServizioSvolgimentoSet 2Tiebreak0*-0 0-1* 0-2* 1*-2 2*-2 2-3* 3-3* 4*-3 4*-4 5-4* 6-4* 6*-56-6 → 7-6J. Sinner 15-0 15-15 15-30 df 30-30 40-30 40-40 A-406-5 → 6-6N. Djokovic 15-0 30-0 40-0 ace 40-155-5 → 6-5J. Sinner 15-0 30-0 ace 40-0 ace5-4 → 5-5N. Djokovic 15-0 30-0 ace 40-04-4 → 5-4J. Sinner 15-0 15-15 30-15 40-154-3 → 4-4N. Djokovic 0-15 15-15 ace 30-15 40-153-3 → 4-3J. Sinner 0-15 15-15 30-15 40-15 ace 40-30 40-40 A-403-2 → 3-3N. Djokovic 15-0 30-0 30-15 40-15 ace 40-30 ace2-2 → 3-2J. Sinner 0-15 0-30 15-30 30-30 40-30 ace 40-40 A-40 ace2-1 → 2-2N. Djokovic 0-15 15-15 30-15 40-15 ace ace1-1 → 2-1J. Sinner 15-0 ace 15-15 30-15 30-30 40-301-0 → 1-1N. Djokovic 0-15 15-15 ace 30-15 40-150-0 → 1-0ServizioSvolgimentoSet 1J. Sinner 15-0 30-0 40-05-6 → 5-7N. Djokovic 15-0 30-0 40-0 ace 40-15 40-30 40-40 40-A df5-5 → 5-6J. Sinner 15-0 15-15 15-30 30-30 40-305-4 → 5-5N. Djokovic 15-0 30-0 ace 40-04-4 → 5-4J. Sinner 15-0 30-0 30-15 40-15 ace4-3 → 4-4N. Djokovic 15-0 15-15 15-30 30-30 30-40 40-40 A-403-3 → 4-3J. Sinner 0-15 15-15 30-15 30-30 40-30 40-40 40-A 40-40 ace A-403-2 → 3-3N. Djokovic 0-15 15-15 30-15 ace 40-15 ace2-2 → 3-2J. Sinner 15-0 ace 30-0 ace 40-0 ace 40-15 40-302-1 → 2-2N. Djokovic 15-0 30-0 40-0 ace1-1 → 2-1J. Sinner 15-0 30-0 40-0 ace1-0 → 1-1N. Djokovic 15-0 30-0 40-0 ace0-0 → 1-0

    Statistiche Tennis: Djokovic vs Sinner

    Statistiche
    🇷🇸 Djokovic
    🇮🇹 Sinner

    Aces
    20
    15

    Double Faults
    1
    2

    First Serve (%)
    63/100 (63%)
    71/118 (60%)

    1st Serve Points Won
    51/63 (81%)
    56/71 (79%)

    2nd Serve Points Won
    22/37 (59%)
    26/47 (55%)

    Break Points Saved
    1/3 (33%)
    2/3 (67%)

    Service Games Played
    18
    18

    Return Rating
    105
    137

    1st Serve Return Points Won
    15/71 (21%)
    12/63 (19%)

    2nd Serve Return Points Won
    21/47 (45%)
    15/37 (41%)

    Break Points Converted
    1/3 (33%)
    2/3 (67%)

    Return Games Played
    18
    18

    Net Points Won
    21/31 (68%)
    7/12 (58%)

    Winners
    42
    39

    Unforced Errors
    26
    33

    Service Points Won
    73/100 (73%)
    82/118 (69%)

    Return Points Won
    36/118 (31%)
    27/100 (27%)

    Total Points Won
    109/218 (50%)
    109/218 (50%)

    Max Speed
    214 km/h
    213 km/h

    1st Serve Average Speed
    197 km/h
    198 km/h

    2nd Serve Average Speed
    167 km/h
    167 km/h LEGGI TUTTO

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    Alcaraz dopo la sconfitta a Bercy: “Nessun problema fisico, in campo non mi trovavo”

    Carlos Alcaraz, uscita di scena prematura a Bercy

    Il Masters 1000 di Parigi Bercy ha perso a sorpresa uno dei suoi maggiori protagonisti, il n.2 al mondo Carlos Alcaraz. Lo spagnolo è stato protagonista di una partita incolore, subendo le accelerazioni continue e il tennis geometrico di Roman Safiullin, che così chiude il 2023 con lo scalpo più prezioso in carriera. Oltre all’ottima prestazione del russo – tennista dal potenziale ancora inesplorato nonostante non sia più un ragazzino – è da sottolineare come Alcaraz abbia prodotto un tennis modesto. Semplicemente ieri sera sotto le luci di Bercy non era lui, poco produttivo, pochissimo esplosivo.
    In molti hanno pensato a un infortunio, o qualche cosa che non va nel suo fisico. In realtà Carlos nella breve conferenza stampa post partita ha respinto questa versione dei fatti, parlando solo di una giornata no, nella quale non si sentiva per niente a suo agio e nulla ha funzionato come voleva. Osservando la partita, in realtà è sembrato evidente come lo spagnolo sia “agotado”, ossia esausto, prosciugato da una stagione molto lunga e probabilmente anche dal suo stesso tennis, che richiede livelli di energia enormi per esplodere quell’intensità e colpi clamorosi.
    “Non mi ha sorpreso affatto” racconta Alcaraz parlando di Safiullin dopo la brutta sconfitta di ieri. “Sapevo che negli ultimi mesi aveva giocato ad alto livello, battendo grandi rivali e arrivando in finale a un torneo. Sapevo che avrebbe giocato ad alto livello. Non mi ha sorpreso affatto”.
    “Problemi fisici? Nient’affatto. Semplicemente non mi sono trovato in campo. Ho tante cose da migliorare, tante cose da allenare. Non mi sono sentito bene con il mio gioco. Non mi sono mosso bene. Per quanto riguarda i colpi, penso che ci sia stata una buona qualità. Fisicamente, nella parte motoria, devo migliorare molto”. Qua Carlos un po’ si contraddice… Non ha problemi fisici, ma non si è mosso bene – questo è stato evidentissimo, soprattutto nella corsa verso destra per recuperare le accelerazioni incrociate – deve migliorare fisicamente. È reduce da un problema muscolare, ma… ha ancora un po’ di benzina per far ripartire a tutta la macchina del suo corpo?
    Ormai alle ATP Finals mancano pochi giorni… Come ci arriverà? “Non lo so” risponde Alcaraz. “Ho tempo prima delle ATP Finals, molti giorni per allenarmi, per poter raggiungere il livello a cui voglio giocare. Non sono qui per parlarne adesso. Sinceramente dopo la sconfitta devo prendermi un po’ di tempo prima di pensare ai prossimi giorni. Ma ovviamente abbiamo tempo prima dell’inizio delle ATP Finals. La stagione è stata molto, molto lunga, e questo probabilmente influisce sul mio gioco, ma non lo so. Penso che questo sia un torneo ricco di sorprese, forse perché è alla fine della stagione, ma parlando di me, non lo so. Devo trovare il modo di fare bene in futuro in questa parte della stagione“.
    Le ultime parole della sua conferenza stampa sono il sunto di tutto. “Devo trovare il modo di fare bene in futuro in questa parte di stagione”. Non è altro che l’ammissione di esser arrivato nelle ultime settimane dell’anno senza quelle energie che gli consentono di esplodere quell’intensità di gioco, anticipo con piedi e colpi con i quali diventa un tennista formidabile. Probabilmente Carlos necessita di migliorare nella gestione della sua attività e prestazione. Moltissime volte abbiamo sottolineato quanto sia spettacolare vederlo dominare il gioco con un’energia clamorosa, quasi troppa… Una potenza, rincorse e dispendio non necessari a raggiungere il risultato. In questo ricorda il paradigma del suo formidabile connazionale Rafa Nadal, un altro che ha fatto della forza fisica e intensità la chiave dei suoi successi, e che a fine anno è sempre arrivato con pochissime energie per brillare negli eventi che chiudono la stagione. Due tennisti completamente diversi per gioco e colpi, ma accomunati da un tennis fin troppo dispendioso. Carlos e JC Ferrero hanno di che lavorare in quest’ambito.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Un 1000 in Arabia per aprire la stagione? No, grazie

    La coppa della Diriyah Cup, esibizione saudita

    Il calendario della stagione tennistica è il vero nodo della disciplina, un problema atavico al quale è necessario porre rimedio con un intervento “importante” e scelte coraggiose, ma l’ipotesi di iniziare l’annata a gennaio con un Masters e WTA 1000 in Arabia non è la soluzione, sarebbe l’ennesimo errore e terribile complicazione. Potrebbe trasformarsi in una sorta di Shinkansen che rischia di traghettare la disciplina verso un buco nero. È bene andare dritti al punto, senza girarci troppo intorno.
    Nell’ambiente da tempo girano voci “inquietanti”, connesse alle sterminate risorse dei famigerati fondi d’investimento sauditi, arricchitisi a dismisura con tonnellate di petroldollari e che necessitano di ulteriori sbocchi per continuare ad essere moltiplicatori economici a favore di una manciata di privilegiati. Facile pensare allo sport. Detto fatto. Motori, atletica, motonautica, golf, calcio, ora pure il tennis è entrato nel mirino di questi cecchini che ci vedono benissimo e fiutano business immensi, tutto a loro favore ovviamente. Tutto è iniziato con qualche esibizione, e questo ci sta, del resto il concetto stesso di “esibizione” è legato a qualcosa di ricco, di una tantum, di momento extra per far felici spettatori e protagonisti. Poi si sono accaparrati il primo torneo ufficiale maschile, le NextGen ATP Finals, che dalla fascinosa Milano – con un ottimo successo, tra l’altro, ben superiore alle attese iniziali anche grazie a un’eccellente organizzazione italiana – si spostano a fine anno proprio in Arabia saudita. Un test, ovvio, per qualcosa di grosso. Sarebbe stolto pensare che questi emiri così sfrontati da volersi comprare il mondo intero possano accontentarsi di una rassegna giovanile, di prospettiva, ma indubbiamente marginale nella disciplina. No. C’è di sicuro molto altro che bolle in pentola. Del resto lo stesso Presidente dell’ATP Andrea Gaudenzi ha affermato di recente che qualche ipotesi di ingresso saudita è già sul tavolo, che se ne sta parlando.
    L’uscita di ieri del Presidente della Federtennis Binaghi ha spalancato le porte a nuovi scenari. Concreti. Un possibile Masters e WTA 1000 in Arabia, a gennaio, primo evento dell’anno. Massima vetrina, sicuramente in un impianto da fantascienza e con un Prize money da Slam. Vetrina eccellente per i proprietari, diritti tv venduti a peso d’oro, e pure tour operator a leccarsi i baffi con proposte di viaggi di capodanno al calduccio ai ricconi di turno con inclusi i biglietti per ammirare Alcaraz e Sinner. “Tutto molto bello”, già. Ma… per un catalogo patinato, o per una propaganda del denaro. Siamo sicuri che lo sarebbe per lo sport? E quali le conseguenze?
    Intanto mi piace sottolineare l’aspetto a cui tengo maggiormente. Portare il tour Pro, soprattutto quello femminile, in un Paese nel quale le donne non hanno accesso a libertà fondamentali e vengono relegate a uno stile di vita medioevale è filosoficamente e umanamente sbagliato. Non è tollerabile. Ne hanno parlato più giocatrici, sia in attività (Cornet, per dirne una) o ex tenniste (Martinez, Navratilova, per dirne altre). Visto che il CEO del tennis rosa Steve Simon sembra piuttosto attento ad aspetti sociali e umani che vanno oltre al puro fatto agonistico, un WTA 1000 in Arabia non s’ha da fare. Punto. E l’ATP dovrebbe sostenere questa posizione, visto che si cerca sempre più una maggior integrazione tra i due tour, a ragione.
    In secondo luogo, aprire l’annata in Arabia comporterebbe discreti problemi per la trasferta in Australia. Gli Australian Open hanno quella data (ultime due settimane di gennaio) per motivi molto importanti alla vita sociale nel paese. Si incastrano alla perfezione in un calendario già bello pieno di eventi, e la quindicina finale di gennaio coincide anche con gli ultimi giorni di vacanze scolastiche, periodo che permette alle famiglie di godere a pieno del torneo. Un torneo che laggiù è attesissimo. L’Australia è probabilmente il paese con la maggior passione tennistica in assoluto nella società. Nei pub di Sydney e Melbourne si beve in allegria una birra con gli amici vedendo tennis, se ne parla per strada. Ovunque. L’Australian Open è quello che gli stessi giocatori chiamano “Happy Slam”, l’atmosfera è la migliore dell’anno e non solo per il caldo, e anche se è la trasferta più pesante per distanza e fuso orario tutti amano iniziare l’anno lì, immersi un clima bello, nell’amore e cultura del gioco.
    Cultura del gioco, già. Un 1000 in Arabia finirebbe in ogni caso per scassare il mese di tennis “down under” che funziona benissimo, che è super amato e seguito, che è vissuto con piacere dai protagonisti e appassionati …per cosa? Solo per soldi, una vagonata di soldi, perché dai sauditi il concetto di cultura sportiva non rientra nel vocabolario. C’è un’altra visione del mondo, quella di potersi comprare ogni cosa senza badare a nient’altro. Perché l’ATP dovrebbe impoverire gli eventi in Australia, o eventualmente un Sud America se qualcosa della leg australiana dovesse essere spostato dopo gli Australian Open per non esser cancellato, andando così a sovrapporsi alle (poche) settimane di eventi tra Argentina, Brasile, Cile, altri paesi che amano il tennis e hanno grande tradizione?
    Il potere dei soldi sauditi è talmente forte che prima o poi, se vogliono, riusciranno ad entrare nel calendario. È inevitabile perché il nostro amato sport è anche un enorme business, sarebbe stupido non sottolinearlo. Ma qua entra in gioco la forza e valori dell’ATP e WTA. L’ITF già è discretamente scivolata con la pessima faccenda Davis-Kosmos… Concedere spazi a nuovi mercati non è peccato, ma questa scelta deve essere ponderata ed adeguata, non deve pregiudicare le poche cose che funzionano, come la leg australiana. Una soluzione potrebbe essere quella di riservare loro altre date meno “ambite” o critiche. Sarebbe corretto sfruttare quest’eventuale nuova opportunità per rimettere mano a più nodi del calendario, razionalizzarlo come tempistiche, spostamenti tra continenti, rotazioni delle superfici, date degli Slam, ecc, tenendo conto di un elemento imprescindibile: il tennis è uno sport antico, con una cultura che deve essere preservata perché è la forza stessa della disciplina. E la cultura non è mai in vendita. 
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Raducanu sul rapporto difficile con i coach: “Non sono una che esegue, prima voglio capire il perché e quindi lo farò”

    Emma Raducanu in un servizio fotografico

    Emma Raducanu ha rimandato il ritorno sul tour WTA al 2024. La stellina del tennis britannico, più giovane campionessa a US Open nel 2021 a soli 19 anni, si sta riprendendo dopo la triplice operazione alle ossa di polso e piedi resa necessaria per risolvere una grave infiammazione che per oltre un anno l’aveva penalizzata, trasformando gli allenamenti in un cumulo di dolore e poco intensi. In Gran Bretagna è acceso il dibattito sul suo difficile rapporto con i coach. In pochi anni di vita sportiva ne ha cambiati molti, fin troppi per gli osservatori che predicano pazienza e lavoro per ricostruire quel tennis fantastico che nella quindicina newyorkese aveva esaltato il mondo della racchetta.
    In una breve chiacchierata alla radio BBC 4, Raducanu si è soffermata su quest’argomento, affermando che le relazioni con i suoi coach in passato non hanno funzionato per vari motivi, ma in particolare perché pone molte domande e sfida il loro modo di pensare. Un’attitudine che ha finito per provocare le rotture della collaborazione.
    “Faccio molte domande ai miei allenatori” dichiara Emma. “In certe occasioni non sono riusciti a tenere il passo con le domande che ho posto e forse è per questo che è finita. È qualcosa che ho sempre fatto, fa parte del mio carattere. Continuo a stimolare e fare domande agli allenatori e sfidare anche il loro modo di pensare. Non sono qualcuno a cui puoi semplicemente dire cosa fare e io lo farò, devo capire il perché della richiesta e poi lo farò.” conclude Raducanu.
    Un’affermazione che rivela un certo carattere, aspetto positivo per eccellere in una disciplina tanto complessa come il tennis, nella quale la capacità decisione – con tempi di gioco e reazione minimi – è uno dei punti di forza; ma allo stesso tempo anche una spigolosità e forse presunzione che non aiuta a costruire rapporti duraturi e di successo. Un successo che lei ha bisogno di costruire lavorando su fisico e molti aspetti tecnici.
    Raducanu ha iniziato la sua carriera con l’allenatore Nigel Sears, che se ne andò poco dopo aver raggiunto gli ottavi a Wimbledon nel luglio 2021, prima che Andrew Richardson la guidasse alla sua clamorosa vittoria a Flushing Meadows un paio di mesi dopo. Torben Beltz è diventato suo coach nel novembre 2021 ma ha lasciato l’incarico nell’aprile 2022. È stato sostituito da Dimitri Tursunov, che ha mollato poco dopo mettendola in guardia contro le “troppe campane” e potenziali problemi se Raducanu avesse continuato ad ascoltare troppe voci intorno a lei e non farsi guidare da una persona.
    “Tornerò con una classifica molto bassa, ma in realtà non vedo l’ora di ricominciare, una specie di reset”, ha detto alla conduttrice Karthi Gnanasegaram. “Ho ancora nuovi obiettivi, nuove cose che voglio raggiungere. Ma mi restano ancora circa 15 anni nella mia carriera, quindi non c’è fretta. Slam e Olimpiadi i miei obiettivi. Da piccola ho sempre guardato tutte le Olimpiadi, è un’esperienza che non vedo l’ora di provare” conclude Emma.
    Vedremo la prossima stagione come la britannica tornerà sul tour, e se sarà assistita da un nuovo allenatore o allenatrice. Qualcuno, forse, capace di tenerle testa e farsi ascoltare…
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    Holger, Boris e il “diamante grezzo”

    La foto di gruppo di Rune con Becker (Instagram di Rune)

    Ha fatto un certo scalpore la notizia della nuova collaborazione tra Holger Rune e Boris Becker. La giornata di ieri, un po’ sonnolenta senza grandi spunti, è stata scossa dal podcast del media Eurosport nel quale il leggendario e discusso campione tedesco ha affermato: “Posso confermare di essere il nuovo allenatore di Holger Rune”. Da lì, in pieno Boris-style, il tedesco è andato a ruota libera. “Mi rende orgoglioso che me lo abbia chiesto. Il contatto esiste da molto tempo. Adesso era il momento giusto per iniziare. Il mio calendario lo permette e sono sempre stato interessato a Holger perché sul campo da tennis ci mette tanto impegno e temperamento”.
    “Holger mi ha invitato ad una settimana di allenamenti a Monte Carlo. Lì ho avuto anche una lunga chiacchierata con sua madre Aneke e il suo preparatore atletico Lapo Becherini. D’ora in poi saremo noi tre responsabili di Holger. Purtroppo questa settimana non posso essere presente al torneo di Stoccolma a causa di appuntamenti già fissati. Ma sarò lì al più tardi a Basilea e poi sicuramente a Parigi-Bercy. Spero di aiutarlo a qualificarsi per le Nitto ATP Finals di Torino. Questo è il grande obiettivo per l’immediato” conclude il tedesco.
    È una notizia di un certo peso, sotto vari punti di vista. Rune è uno dei talenti più importanti dell’ultima generazione, da tempo tra i migliori al mondo a soli 20 anni, capace di vincere un anno fa a Bercy il Masters 1000 dei record: nessuno aveva mai sconfitto 5 top10 nello stesso torneo, incluso Novak Djokovic, uno che indoor non perde quasi mai. Becker è un personaggio complesso, affascinante quanto complicato. Negli ultimi anni purtroppo è stato in prima pagina non per imprese sportive o interessanti analisi ma per i suoi noti problemi con la giustizia, che l’hanno costretto a passare diversi mesi dietro le sbarre a Londra. Il fisco inglese non si scherza… Rientrato in patria poco prima del Natale 2022, ha ripreso a collaborare come opinionista per varie testate, fino all’accordo annunciato ieri. In passato è stato all’angolo di Novak Djokovic, un periodo ricco di successi che ha lanciato il serbo in un’altra dimensione su erba, proprio dove il tedesco ha costruito la sua leggenda, “il mio giardino” riferito a quel Centre court dove alzò al cielo la coppa più bella della disciplina a soli 17 anni.

    C’è enorme curiosità per vedere che ne sarà di questa strana coppia. Strana sì, perché i due hanno in comune un carattere a dir poco forte, spigoloso e conflittuale. Che razza di rapporto potrà nascere tra due personalità così spiccate, con pure la mamma di Holger “nel mezzo” a complicare ancor più la faccenda? È noto che signora Aneke sia stata fondamentale nell’accompagnare il sogno di un piccolissimo Rune verso il tennis Pro. Racconta la madre che Holger disertava i compleanni e feste degli amici di scuola, preferendo correre al campo a colpire palle come un forsennato… Chissà quanto c’è di vero in quest’aneddoto, ma sicuramente la madre è da sempre una presenza “pesante” nella giornata e programmazione del danese. Forse fin troppo ingombrante… Un vecchio proverbio napoletano afferma che “Troppi galli a cantà nun schiara mai juorno”… come dare torto a cotanta saggezza. Proprio saggezza, visione e obiettivi condivisi devono essere la base comune su cui costruire una relazione sana e produttiva. Interessante che Boris abbia confermato di aver parlato subito con mamma Rune, dando un segnale inequivocabile che anche lei sarà “dentro”. Ancor più interessante il discorso del tedesco su cosa vede in Holger e quel che pensa sia il suo compito: lavorare su mentalità, attitudine e testa. Non ha parlato di colpi, di strategia. Ha subito posto il focus sull’aspetto mentale come priorità.
    “Holger è un diamante grezzo che necessita di essere lucidato e ripulito” afferma Becker. “Mi piacciono sue esplosioni di emotività. Ho già allenato un giocatore, Novak Djokovic, che a volte non sempre riusciva a tenere il controllo in campo, ma questo è lecito. La domanda è: quanto velocemente ritrovi la strada per rientrare in partita e sei di nuovo concentrato? Alla fine non si tratta di mandare tua madre fuori dalla tribuna, ma di vincere la partita. Amo il tennis e quando uno dei migliori ventenni al mondo mi chiede se mi piacerebbe allenarlo… chiunque dica di no non ha molto a che fare con questo sport”.
    “Certo, è tutta una questione di atteggiamento, anche se è così facile dirlo. Ma è il motivo principale per cui le partite di tennis vengono vinte o perse. Per me la questione resta la motivazione. Qual è quella di Holger, quella che l’ha spinto ad andare in Cina, per esempio. È solo per vincere il primo turno o il torneo, è per i punti in classifica? Questo deve essere discusso e la motivazione deve essere assolutamente chiara. Ho alcune idee su cosa può essere migliorato. Tutto inizia con l’atteggiamento, la mentalità, la psiche. Ho qualche idea a riguardo” conclude Boris.
    Un discorso “da Boris”, diretto al punto, forte, senza compromessi. Il 3 volte campione di Wimbledon è uno a dir poco sicuro di se stesso. È sempre stato il suo punto di forza e, allo stesso tempo, di debolezza. Fortissimo nei momenti decisivi della partita, un killer; in altri troppo pieno delle sue certezze per abbassare la cresta e capire che a volte era necessario remare e difendersi, adattarsi per provare a rimediare quando le cose non filavano proprio come voleva lui. Non sempre tutto gli è riuscito. Un eccesso di personalità che gli è costato sconfitte in campo e nella vita, ma che l’ha reso una persona unica, di grande carisma. Questo può essere l’aspetto più interessante della loro unione. Agli occhi di Rune può essere uno da ascoltare e rispettare, può essere un esempio di personalità forte diventato vincente. Un esempio di persona scomoda, amato e odiato, che si è fatto largo con i suoi mezzi. In questo il giovane Rune lo ricorda molto. Affinché il loro rapporto possa funzionare, credo sia indispensabile il rispetto dei ruoli e la partenza. Mettere subito in chiaro le cose per creare un confronto sano e costruttivo, perché i sicuri scontri tra due teste così “dure” possano produrre risposte e non acredine.
    Il fortunato rapporto con Djokovic potrebbe ricrearsi, ma in quel caso le cose erano un po’ diverse. Novak è un altro personaggio totale, dotato di una personalità straripante, uno che può assolutamente tenere testa a Boris in qualsiasi argomento tennistico e non. Ma a differenza di Holger, quando i due hanno iniziato a collaborare (2015), Novak era già un tennista vincente e uomo adulto, formato e consapevole. Rune no, è ancora un ventenne che deve capire tante cose del mondo e di se stesso. Boris potrà essere mentore, guida, psicologo, ma dovrà anche essere assai bravo a contenere ruvidità ed esuberanza giovanile. Ne avrà la pazienza?
    Testa, ma non solo. Sarà interessante vedere che direzione Becker proverà a dare a tennis di Rune. Nelle prime parole il tedesco non ha accennato ad alcun aspetto tecnico, parlando solo di testa e mentalità. È dove pensa che Holger debba crescere, a ragione. Ma anche come tennis Boris può aggiungere aspetti non banali e far fare un salto di qualità al suo nuovo pupillo. Il danese è un giocatore tosto, consistente, uno che spinge molto e non si tira indietro dalla lotta. Ma non ha ancora un piano tattico ben definito. In molte sconfitte patite contro i migliori Holger ha dato l’impressione di improvvisare, di aspettare un’onda per provare a cavalcarla. Trovare degli schemi offensivi più delineati sui quali aggrapparsi per imporre il proprio tennis potrebbe essere il salto di qualità che necessita, insieme ad un netto miglioramento della gestione del servizio. Rune viene da mesi complicatissimi (9 sconfitte negli ultimi 1o match giocati), penalizzato da una schiena KO soprattutto per un eccessivo caricamento col movimento della battuta. Di servizio Boris se ne intende come pochi… È stato proprio lui a convincere Djokovic sulla necessità di stravolgere di nuovo il servizio, mettendo le basi a un lavoro poi finito da Ivanisevic.
    Sarà davvero interessante seguire i prossimi passi di Rune, sperando innanzitutto che riesca a sanare i problemi fisici che lo tormentano dallo scorso maggio. Difficile che la mano di Boris possa essere efficace nell’immediato, ma i prossimi mesi, magari dall’Australia 2024, vedremo se e cosa cambierà nella sua mentalità, atteggiamento in campo e gioco. I colleghi britannici hanno subito sottolineato che Becker non potrà sedere nell’angolo di Rune alla prossima edizione di Wimbledon, visto che il tedesco non potrà rientrare in UK fino a ottobre 2024 per la pena che sta scontando in Germania. Ma, siamo sicuri che Becker il prossimo luglio sarà ancora nel box del danese?
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    Djokovic, Gauff e Osaka tra i 50 atleti con più alto valore commerciale del 2023. Domina il calcio, poi il tennis

    Il banner della classifica 2023 degli atleti a più alto valore commerciale

    Lo sport appassiona miliardi di fan in tutto il mondo, nelle varie discipline, ma ormai è soprattutto un enorme mercato commerciale. Le più grandi stelle dei vari sport sono delle vere e proprie macchine da soldi, tra sponsorizzazioni a tanti zeri e visibilità che va ben oltre il puro fatto agonistico. Per questo da 14 anni Sport Pro Media stila una classifica annuale degli sportivi con più alto valore commerciale, nella “Sports Pro Most Marketable Athlete Award”. Questa classifica è stilata tenendo conto del “punteggio di commerciabilità” di ogni sportivo, valore calcolato attraverso la somma di 3 componenti: Forza del marchio (o immagine), mercato indirizzabile totale e valore economico.
    La classifica 2023 spicca per la più alta percentuale di atlete di sempre (23 su 50), battendo il record dell’anno scorso. L’elenco dei top 50 Athlete Award vede 26 nazioni rappresentate in 13 sport, con il calcio a farla da padrone. È infatti Leo Messi lo sportivo a più alto valore commerciale, con uno score di mercato di 94,81. L’argentino è seguito da LeBron James (NBA, LA Lakers, 92,75 punti) e terza la prima donna, Alex Morgan (Calcio, San Diego Wave, 92,32).
    Sono otto i tennisti inseriti nella top 50. Il primo è Novak Djokovic, all’11esimo posto, con un rate di 87,96 punti, seguito al n.12 da Coco Gauff e alla quattordicesima piazza da Naomi Osaka. Aryna Sabalenka è al n.18, Emma Raducanu n.21, Rafael Nadal n.41, Petra Kvitova n.43, chiude Ons Jabeur al n.50.

    This year’s #SP50MM top ten…
    1️⃣ Lionel Messi2️⃣ LeBron James3️⃣ Alex Morgan4️⃣ Giannis Antetokounmpo5️⃣ Megan Rapinoe6️⃣ Mikaela Shiffrin7️⃣ Lewis Hamilton8️⃣ Simone Biles9️⃣ Kylian Mbappe🔟 Max Verstappen pic.twitter.com/sxdIFH9TQz
    — SportsPro (@SportsPro) October 17, 2023

    Tra i primi 10 della classifica ci sono 4 calciatori, due giocatori di basket e due piloti di F1. Nella top 50, sono ben 22 i calciatori, seguiti da 8 tennisti e 4 cestisti per importanza della disciplina. Il tennis quindi è il secondo sport per “peso” relativo nella classifica degli atleti con maggior forza commerciale. Altra conferma di quanto sia globale e importante il nostro sport.
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    Billie Jean King: “Il tennis ha bisogno di un campionato del mondo a squadre, una Davis con uomini e donne”

    Billie Jean King

    Davis Cup, Billie Jean King Cup, ora la United Cup… il tennis e le competizioni nazionali a squadre da molto tempo vivono in acque agitate. Se da un lato il pubblico ama e segue con passione la propria nazionale tennistica, dall’altro la stagione dei due tour Pro è così ingolfata e ingarbugliata in un susseguirsi continuo di tornei – con spostamenti tra continenti davvero poco logici – che rendono la convivenza tra le due entità alquanto problematica. Ovviamente il tennis resta la disciplina individuale per eccellenza, quindi sono le competizioni a squadre a “soffrire”, con spazi in calendario ristrettì, tanti problemi e assenze pesanti. Soluzione? Difficile, molto difficile. ATP e WTA hanno firmato un protocollo per aiutare Davis e BJK Cup, ma solo intervenendo pesantemente sul calendario stagionale, in modo da consentire spazi adeguati ai due eventi, le cose potrebbero davvero migliorare.
    Il dibattito è continuo, spesso piuttosto animato, con pareri contrastanti da parte di giocatori, tecnici, ex campioni, sponsor e via dicendo. Autorevole e interessante l’idea di Billie Jean King, monumento del tennis femminile, vera anima e motore delle lotte per l’uguaglianza di diritti e compensi tra uomini e donne. Secondo l’ex campionessa Slam (ne ha vinti ben 39 in tutte le varie competizioni!), la via maestra sarebbe quella di creare un vero e proprio campionato del mondo, magari sotto il nome più storico – Davis Cup – che unisca le nazionali maschili e femminili. Un periodo di tempo nel calendario che renda possibile una competizione nazionale globale, con uomini e donne paritari per spazi e visibilità. L’ha dichiarato parlando alla BBC.
    “Penso che sia davvero importante organizzare una Coppa del Mondo per il tennis”, afferma BJ King. “Il mondo intero capisce il significato di una Coppa del Mondo. Sanno che è una nazione contro una nazione. Un evento che sia svolto insieme, sempre uomini e donne insieme. Penso che possiamo migliorare quest’aspetto e concentrarci maggiormente su di noi. Penso che alla gente piaccia quando siamo tutti felici insieme”.
    Quest’anno le finali della Billie Jean King Cup si svolgeranno a Siviglia dal 7 al 12 novembre, mentre la final 8 di Coppa Davis dal 21 al 26 novembre. Alla kermesse femminile è già sicura l’assenza delle prime quattro giocatrici nel ranking. Aryna Sabalenka mancherà perché la Bielorussia è stata bandita dalle competizioni a squadre dopo l’invasione dell’Ucraina, mentre Iga Swiatek, Coco Gauff e Jessica Pegula hanno già annunciato il proprio “no” a causa di un programma troppo compresso, con le WTA Finals che finiranno appena prima della coppa per nazioni. Il caos è stato generato dalla decisione a dir poco tardiva sulla sede – e data -delle WTA Finals. Infatti le finali WTA si svolgeranno a Cancun la settimana prima delle finali della Billie Jean King Cup, a sette ore di fuso orario dalla Spagna. Tardiva è stata la decisione della WTA, che ha scelto la sede del proprio “Masters” solo a settembre, mesi dopo che Siviglia era stata scelta per ospitare la finale della competizione a squadre.
    “Abbiamo quest’appuntamento da molto tempo, se ci sono problemi per le giocatrici dovete chiedere alla WTA” così ha commentato King sull’assenza delle stelle alle finali a squadre. “Sono loro che hanno fissato la data qualche settimana prima di giocare. Penso che sia necessario riunirci tutti e trovare un calendario migliore per giocatori e giocatici, non puoi iniziare a prendere queste decisioni sulle finali a settembre”.
    Una considerazione amare e corretta quella di Billie Jean, che riporta a quanto scritto in apertura. Il nodo gordiano è e resta il calendario. Sembra evidente l’assoluta incomunicabilità tra gli attori in causa, o la mancanza di una vera volontà di sedersi al tavolo, valutare le esigenze di tutti e trovare delle soluzioni reali e condivise per accontentare gli interessi delle parti in causa. L’idea di Billie Jean King è sensata, ma con gli attuali rapporti di forza sembra assolutamente impraticabile. Il tennis è governato dai 4 Slam, ATP, WTA e ITF, in ordine di “peso” politico ed economico. Le competizioni a squadre nazionali sono gestiste dall’ITF, quella che è diventata ormai la “gamba debole” della disciplina. Solo con il concreto intervento delle altre entità, qualcosa potrebbe cambiare.
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