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    Val Menaggio: un giro in bici di lago in lago

    Tra i tanti itinerari ciclabili che negli ultimi anni sono stati ricavati sui tracciati di antiche ferrovie dismesse, tra i più affascinanti c’è quello che collega le cittadine di Menaggio, sul lago di Como, e Porlezza, sulla sponda italiana del lago di Lugano.
    La linea ferroviaria tra Menaggio e Porlezza, inaugurata nel 1884, nacque con lo scopo di incrementare il turismo dal nord Europa verso la regione dei laghi. Arrivati in treno a Lugano, i passeggeri proseguivano con il piroscafo fino a Porlezza e da qui con il treno fino a Menaggio. Tra le due guerre mondiali, fino al 1939, la linea ferroviaria venne sfruttata come sistema di trasporto locale, per poi cadere in abbandono al termine della  secondo conflitto.

    Il percorso ciclabile, lungo poco più di 13 chilometri con un dislivello complessivo di 250 metri, si sviluppa nella Val Menaggio, per lo più su fondo asfaltato con alcuni brevi tratti su strade aperte al traffico automobilistico, e tocca la riserva naturale Lago di Piano. Punto di partenza è la vecchia stazione ferroviaria di Menaggio, nei pressi dell’imbarcadero, oggi a sede del Consorzio Agrario, da cui si porta con poche pedalate all’Ostello della Gioventù per imboccare dopo un breve sterrato la salita che segue il fianco del Monte Crocetta e sbuca sulla statale 340. Proseguendo in salita fino al successivo tornante si arriva infine sulla ciclopedonale, il cui percorso si addentra nella valle passando per  una galleria lunga 90 metri e si interrompe sulla strada provinciale di Grandola. Qui si interrompe la cilabile e occorre fare attenzione al traffico. Passando per via Roma, via Gonte e via Cascinello Rosso si sbuca quindi nuovamente sulla statale 340, che si attraversa seguendo le indicazioni per Bene Lario-Grona fino a riprendere, dopo circa 200 metri, la pista ciclabile.
    Vicino al paese di Grona la pista si interrompe ancora e occorre proseguire per un tratto lungo via Cascine prima di riprenderla seguendo le indicazioni per Lago di Piano. Si entra quindi nel territorio della Riserva Naturale Lago di Piano e superato l’ingresso del campeggio, si prosegue costeggiando la riva del piccolo lago fino ad arrivare alla Casa della Riserva, dove si può approfittare dell’area picnic per una sosta e dove si trova l’ufficio informazioni con piccolo eco-museo (tel. 0344 74961). Sulla sinistra si intravede il Montecchio del Brione, un dosso di formazione glaciale e, più in alto, il borgo rurale di origine medievale di Castel San Pietro, con le antiche case addossate le une alle altre, le murature in sasso e un’unica via d’accesso che attraversa un portale ad arco. Proseguendo sulla pista ciclabile si attraversa un ponte di legno sul fiume Cuccio di cui si segue il corso fino a incrociare la strada provinciale 14 e, dopo un centinaio di metri, il complesso residenziale di Porto Letizia dove si riprende la pista ciclabile che costeggia il lago. Superato il ponticello sul fiume Val Rezzo, si scendono alcuni gradini per arrivare sul lungolago di Porlezza. LEGGI TUTTO

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    Tra Capalbio e il Monte Argentario

    Tradizioni di Maremma e coste frastagliate. Quello che segue è un itinerario panoramico e coinvolgente, tra Capalbio e il promontorio dell’Argentario, lungo località pittoresche e panorami che si imprimono indelebili nella memoria. Raggiungendo Capalbio, attraverso i pochi chilometri che la separano dalla SS1 Aurelia, si respira subito la caratteristica atmosfera maremmana, tra i campi coltivati e il caratteristico bosco di farnetto, tipicità delle colline calcaree che circondano il borgo. Una camminata tra le sue viuzze permette di scoprire tanti piccoli tesori, tra i quali spiccano la chiesetta di San Nicola e la vicina Rocca Aldobrandesca, con la caratteristica torre e forma di L. Una curiosità: nell’attiguo Palazzo Collacchioni, è conservato il pianoforte che veniva suonato da Giacomo Puccini durante i suoi soggiorni qui. Immancabile, poi, una passeggiata lungo l’antico camminamento (su due livelli) posto sulla cinta muraria che circonda il borgo: panorami unici e atmosfera sognante.

    Lasciato il borgo, si prosegue – lungo la ‘strada provinciale Capalbio’ – in direzione Marsiliana. Il nastro d’asfalto, dritto come un fuso, corre veloce nella placida campagna maremmana, tra campi coltivati e vigneti, intervallati da ombrose pinete. Si attraversa il piccolo centro di Marsiliana (frazione di Manciano), fino alla tappa successiva, Porto Santo Stefano, che si raggiunge attraverso il Tombolo della Giannella (lingua di terra, lunga 6 km, che delimita a nord la laguna di Orbetello). Raggiunta la rotonda in prossimità di Porto Santo Stefano, costeggiando il porto ci si arrampica lungo la strada che conduce alla fortezza spagnola del XVI secolo. Da qui, parte la cosiddetta “Via Panoramica” (dal nome inequivocabile) che prosegue, curva dopo curva, veduta dopo veduta, in direzione Cala Piccola, con gli struggenti panorami (soprattutto fuori stagione) sulla minuscola isola Argentarola e sulla costa frastagliata, bagnata da un mare dai colori intensi.
    Il percorso prosegue lungo la via Panoramica fino ad un incrocio posto nel bel mezzo di una curva a gomito. Facendo un po’ di attenzione, si svolta a destra. Una strada intrigante e avventurosa, tra macchia mediterranea, rocce e superbe vedute sul mare, conduce in prossimità di Punta di Torre Ciana, estremo sud del promontorio. Dopo aver goduto dello spettacolo del mare che si infrange sulla scogliera nei pressi della Torre, si torna indietro fino all’incrocio precedente, dove si svolta a destra per tornare nei pressi di Porto Santo Stefano, e da qui raggiungere la bella Porto Ercole.

    Protetta da imponenti fortificazioni, in una baia lambita da acque turchesi, Porto Ercole è di quelle località che non lasciano indifferenti. Dopo una visita tra i vicoli del borgo vecchio, cui si accede attraversando Porta Pisana, il consiglio è di proseguire lungo i tornanti in salita sulla “Strada Panoramica di Porto Ercole”, nastro d’asfalto che percorre il piccolo golfo lungo cui si distendono “Spiaggia Lunga” e “Spiaggia dell’Acqua Dolce”. Prima, però, appena fuori dal centro abitato, una deviazione a sinistra permette di salire alla rocca Aldobrandesca, col vicino faro e la vista mozzafiato sull’isolotto di Porto Ercole, la baia antistante e il tombolo della Feniglia. LEGGI TUTTO

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    L’Istituto per il Credito Sportivo al fianco di Ales e Anci per la salvaguardia del patrimonio culturale pubblico italiano

    Lo scorso 24 giugno è stato firmato un Protocollo d’Intesa Art Bonus tra ICS – Istituto per il Credito Sportivo, ANCI – Associazione Nazionale dei Comuni Italiani e ALES S.p.A., la società MiBACT che gestisce e promuove l’applicazione del credito d’imposta Art Bonus.
    La legge Art Bonus è stata istituita nel 2014 per stimolare il mecenatismo culturale a favore della cultura e dello spettacolo: per ogni erogazione liberale elargita da privati a favore degli interventi previsti dalla norma lo Stato restituisce al donatore il 65% dell’importo donato sotto forma di credito d’imposta. Ad oggi hanno beneficiato di tale misura 1.884 enti e oltre 15.500 mecenati, per un totale di 3.800 interventi e 464 milioni di euro raccolti su tutto il territorio nazionale.
    I Comuni sono stati tra i primi enti destinatari di donazioni Art Bonus ad aprire raccolte fondi destinate ad interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici da essi posseduti e gestiti. Attualmente sono oltre 1.000 i Comuni registrati sulla piattaforma artbonus.gov.it e hanno raccolto complessivamente oltre 90 milioni di euro.
    Con il nuovo protocollo ICS – ALES e ANCI viene messo a disposizione dei Comuni un plafond di 20 milioni di euro per la concessione di mutui agevolati finalizzati al completamento di interventi su beni culturali pubblici di loro appartenenza già destinatari di erogazioni liberali Art Bonus. Rispetto all’accordo sottoscritto precedentemente, il plafond a disposizione è raddoppiato e le condizioni di accesso al credito semplificate, soprattutto per i Comuni del Sud Italia. Si tratta quindi di un importante strumento finanziario che può consentire in tempi più rapidi l’avvio e l’esecuzione dei lavori programmati dalle amministrazioni comunali per salvaguardare beni culturali importanti per le loro comunità.
    I finanziamenti dovranno essere utilizzati per completare il fabbisogno finanziario necessario all’integrale realizzazione dei progetti, a condizione che questi abbiano ottenuto donazioni con Art Bonus per un importo di almeno il 51% del costo complessivo dell’Intervento. Per i Comuni delle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia la soglia è ridotta al 30%. Ogni Comune potrà ottenere uno o più mutui, fino all’importo massimo di 6 milioni di euro.
    I tre enti, in considerazione del difficile momento attraversato dal settore culturale a seguito della pandemia e nella consapevolezza del valore che i beni culturali pubblici rivestono per le comunità locali, sia a livello identitario sia per la capacità di attrazione turistica, hanno deciso di consolidare la collaborazione già avviata nel 2017, rafforzando l’impegno a favore dei Comuni, soprattutto in quei casi in cui l’importo delle donazioni con Art Bonus non sia sufficiente a coprire tutti i costi per la completa realizzazione degli interventi conservativi e protettivi.
    “L’Art Bonus si conferma una risorsa di grande importanza per il sistema dei beni culturali italiani. Con il nuovo protocollo intendiamo rendere ancora più semplice ed efficace l’utilizzo di questo strumento e dare nuova linfa a una ripartenza che ponga le sue basi sull’immenso patrimonio artistico e culturale diffuso su tutto il territorio nazionale” ha dichiarato Mario De Simoni, Presidente e AD di Ales.     
     “L’Istituto per il Credito Sportivo è pronto ad assumersi nuove responsabilità, coerentemente con le proprie finalità, per sostenere concretamente le esigenze del sistema culturale italiano. Il primo impegno, mettendo a disposizione risorse umane e finanziarie, sarà quello di collaborare con Ales e Anci per contribuire a potenziare lo strumento Art Bonus, non solo attraverso finanziamenti a condizioni fortemente agevolate, ma anche promuovendo e raccogliendo donazioni da soggetti privati.
    In questo modo intendiamo favorire lo sviluppo di progetti, l’apertura di cantieri e la ripresa di attività che potranno contribuire, attraverso la Cultura e la piena fruizione dei suoi beni pubblici, al ritorno alla normalità e alla ripartenza di tutto il Paese” ha dichiarato Andrea Abodi, Presidente dell’Istituto per il Credito Sportivo.
    “I Comuni sono custodi dell’identità profonda del Paese e di ciò che che lo rende unico a livello internazionale. Con il potenziamento dell’Art Bonus sarà possibile portare a conclusione interventi di salvaguardia del patrimonio culturale che ne consentano una fruizione ampia e diffusa e contribuiscano a rafforzare la capacità di attrattiva turistica delle realtà territoriali italiane” ha dichiarato Roberto Pella, Vicepresidente ANCI.
    Per tutte le condizioni di accesso e la modulistica visita il sito creditosportivo.it LEGGI TUTTO

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    Cortina d’Ampezzo: tutti i sentieri della Regina

    Numeri e panorami letteralmente da capogiro. Con una lunghezza complessiva di 132 chilometri e oltre 6700 metri di dislivello, il Cortina Dolomiti Ultra Trekking è l’ambizioso programma lanciato per l’estate dalla località ampezzana, in collaborazione con le Guide Alpine Cortina e con il patrocinio della Fondazione Dolomiti Unesco.  Un’escursione di 7 giorni  e 6 notti lungo un percorso ad anello che tocca luoghi iconici tra Auronzo, Colle Santa Lucia, Dobbiaco e San Vito di Cadore.
    Si parte di prima mattina da piazza Dibona, sotto il campanile, in direzione delle frazioni di Cadin e Cadin di Sopra, dove si imbocca il sentiero Cai 410 che porta al lago Ghedina e poi a Passo Posporcora. Da qui si scende fino al parcheggio di Sant’Uberto per poi proseguire lungo la ciclabile che porta al Rifugio Ospitale e, dopo altri altri 7 km di marcia lungo la Val Padeon, al Rifugio Son Forca, sul monte Cristallo, dove trascorrere la notte.

    Il secondo giorno, dopo aver percorso il sentiero 203 fino a Passo Tre Croci, si continua in direzione del magnifico lago del Sorapis. Lungo il tragitto, un breve tratto attrezzato un po’ esposto richiede la massima attenzione. Una volta arrivati al lago si può scegliere se pernottare al Rifugio Vandelli o continuare in direzione Federa Vecchia, lungo il sentiero 217 che attraversa l’incantata foresta di Somadida, fino al Rifugio Città di Carpi, dove fermarsi per la seconda notte.
    Il terzo giorno si scende lungo il sentiero 120 fino all’incantevole lago di Misurina. Costeggiato il quale si prosegue in direzione delle Tre Cime di Lavaredo, passando per il Rifugio Auronzo e il Rifugio Lavaredo, presso cui è possibile pernottare.
    Il quarto giorno si imbocca il sentiero 102 che conduce in circa tre ore al Lago di Landro, da cui si prosegue lungo la ciclabile transitando per il passo Cimabanche e il lago Bianco. Da qui si imbocca il sentiero 8 che in un paio d’ore porta a Malga Ra Stua, dove si può dormire per la quarta notte, dopo aver percorso circa 80 km sul totale del percorso. 
    Il quinto giorno da Malga Ra Stua si prende il sentiero 6 fino ad arrivare nuovamente al parcheggio di Sant’Uberto e seguire quindi il sentiero 10 e poi il 401 che attraversa la selvaggia Val Travenanzes. Arrivati a forcella Col dei Bos, si scende in direzione passo Falzarego per raggiungere per la notte il Rifugio Col Gallina.
    Il sesto giorno ci si muove in direzione Rifugio Averau, passando lungo l’incantevole laghetto alpino di Lìmides. Una volta arrivati al rifugio, si prende il sentiero 452 fino al Passo Giau, da dove si prosegue per la Forcella Ambrizzola e il Rifugio Croda da Lago, dove si può trascorrere l’ultima notte.

    Lasciato alle spalle il rifugio, si scende quindi verso Malga Federa e, attraverso lo spettacolare nuovo sentiero Gores di Federa che passa in mezzo a gole e cascate, fino ai laghi d’Ajal e Pianozes. Da cui si arriva al villaggio ladino di Campo di Sopra e, camminando lungo la strada sterrata dell’ex polveriera, al parcheggio Revis. Dove si inizia a scorgere il campanile di Cortina. LEGGI TUTTO

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    Sacro Monte di Crea: natura spirituale

    Il Sacro Monte di Crea sorge sulla sommità di una collina da cui lo sguardo abbraccia la corona delle Alpi e uno dei più bei paesaggi vitivinicoli nel cuore del Monferrato. Insieme ad altri sette in Piemonte e due in Lombardia, per il fascino del paesaggio, la storia, l’architettura e le opere d’arte che vi sono conservate, è stato inserito nel 2003 nella lista dei beni tutelati dall’Unesco.
    L’origine della sacralizzazione del Monte è fatta risalire a Sant’Eusebio, vescovo di Vercelli che, si narra, nel IV secolo si sarebbe qui ritirato per sfuggire alla persecuzione degli Ariani. La decisione di realizzare il Sacro Monte risale al 1589, quando il priore della chiesa della Madonna Assunta di Crea ebbe l’idea di realizzare un itinerario religioso in immagini per favorire la preghiera e la meditazione e rinnovare la devozione mariana del luogo. Il forte legame fra il santuario e la dinastia regnante nel Monferrato ha visto partecipi all’impresa la nobiltà locale, l’alto clero e le comunità vicine e al progetto hanno lavorato importanti artisti, tra cui Moncalvo, i Prestinari e i de Wespin, autori dello spettacolare complesso scultoreo della cappella del Paradiso dell’inizio del XVII secolo. Il progetto iniziale prevedeva la costruzione di 15 cappelle, i misteri del rosario, diventate nel tempo 23 cappelle, oltre a 5 romitori.

    Dopo un periodo di abbandono, nel periodo napoleonico, si procedette, nel corso dell’Ottocento, ad un’intensa opera di restauro a cui contribuirono le comunità (vicarìe) locali. Nel 1980 è stata istituita nell’area una Riserva naturale di 47 ettari, allo scopo di tutelare e valorizzare le caratteristiche ambientali, paesaggistiche e architettoniche del territorio del Sacro Monte e a promuoverne la fruizione. Il versante nord del colle, ripido e ombroso, è prevalentemente occupato da olmi, ciliegi, carpini bianchi, castagni e aceri, mentre il versante sud, più temperato e meno ripido, è costituito da un fitto ceduo di roverella e orniello. Nel Parco sono diffusi il tasso, la volpe, lo scoiattolo, il moscardino e il ghiro, più una nutrita e varia schiera di volatili e rapaci. LEGGI TUTTO

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    La Val di Rose, meraviglia del Parco Nazionale d'Abruzzo

    Il percorso, classificato E “escursionistico” e ben evidenziato con segnaletica bianco e rosso Pnalm I1, K6, I4, inizia nella parte alta di Civitella Alfedena, in provincia dell’Aquila.

    Si tratta di un anello di montagna, che richiede 6/7 ore di cammino, per una lunghezza complessiva di circa 13,5 chilometri e un dislivello che passa dai 1100 m di Civitella ai 1952 di Forca Resuni. Vista l’alta affluenza nei mesi estivi, a Luglio e ad Agosto l’accesso (in genere) è a numero chiuso, e l’escursione è obbligatoriamente guidata; per cui è necessario prenotare presso gli Uffici dell’Ente Parco a Civitella Alfedena o a Pescasseroli (tutte le info su www.parcoabruzzo.it).
    Si parte lungo il segnavia I1! Dopo un primo tratto a ridosso del paese da cui si gode una splendida veduta sulla valle sottostante, dominata dal lago di Barrea, ci si immerge nel fitto di una faggeta, che dopo circa un’ora di camminata si apre in un pittoresco anfiteatro roccioso dominato dal Monte Boccanera, la cui cima raggiunge i 1982 metri sul livello del mare. A questo punto, binocoli alla mano e macchine fotografiche pronte a scattare: tra falesie e ampi ghiaioni, è da qui che si possono iniziare gli avvistamenti di cervi – soprattutto in autunno, nel periodo del bramito – e di camosci. In particolare, la Rupicapra pyrenaica ornata, o Camoscio Appenninico, che dopo aver rischiato l’estinzione, sopravvive solo sulle montagne del Parco e in alcune aree della Majella e del Gran Sasso. Altri interessanti abitanti del luogo sono l’Orso Marsicano, simbolo del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, e il lupo appenninico, il cui ululato riecheggia frequente nelle valli più remote.

    Proseguendo, il sentiero si infila in un canalone che raggiunge il panoramico Passo Cavuto (1980 metri slm), da cui ammirare la valle Iannanghera e la famosa Camosciara, e subito dopo, il rifugio di Forca Resuni, sull’omonimo valico che separa la val di Sangro dalla val Canneto. Si prosegue puntando verso la Val Jannanghera sul sentiero K6 tra boschi e prati e superata la Sorgente Jannanghera si svolta a sinistra lungo il segnavia I4 per far ritorno a Civitella Alfedena. LEGGI TUTTO

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    Genova, a piedi nudi nel parco

    Uno a Ponente, l’altro a Levante. I più bei parchi storici di Genova paiono incorniciare la città e delimitarne i confini.A pochi passi dalla passeggiata a mare di Pegli, Villa Durazzo Pallavicini è il giardino romantico per eccellenza. Il Marchese Ignazio Pallavicini lo fece progettare verso la metà del XIX secolo all’architetto Michele Canzio, all’epoca scenografo del Teatro Carlo Felice, che lo concepì come una vera e propria rappresentazione teatrale, racconto del viaggio iniziatico di un cavaliere verso la purezza.
    Dall’ingresso principale della villa, accanto alla stazione ferroviaria di Genova Pegli, il viale d’accesso conduce a quella che fu la residenza estiva dei Marchesi, oggi sede del Museo Archeologico. Poco distante, l’Orto Botanico voluto dalla Marchesa Clelia Durazzo Pallavicini, dove è possibile ammirare diverse serre dedicate ai vari gruppi di piante (succulente, carnivore, felci ecc.), mentre le splendide aiuole esterne custodiscono centinaia di specie pregiate. Lascianto l’Orto Botanico, si accede al parco vero e proprio, con le sue scenografie: dalla Tribuna Gotica alla Coffee House, dal Viale Classico, fino all’Arco di Trionfo. Un viaggio attraverso i secoli e le culture tra alberi rari e maestosi, templi, obelischi, grotte, laghi e pagode. Imperdibile, a inizio primavera, la fioritura delle Camelie Antiche, un tempo coltivate personalmente dalla marchesa.

    Dall’altra parte di Genova, là dove comincia la Riviera di Levante, i Parchi di Nervi, borgo marinaro a pochi chilometri dal centro, sono in realtà formati da diversi giardini, che anticamente appartenevano a storiche ville. La prima che si incontra è Villa Gropallo, ristrutturata alla metà dell’800 dal marchese Gropallo come residenza di campagna, e oggi è sede della Biblioteca Brocchi e della stazione dei Carabinieri di Nervi. Proseguendo verso est, superato un piccolo ponte di collegamento, si raggiunge Villa Saluzzo Serra. Edificata con ogni probabilità nel Cinquecento e appartenuta in origine alla famiglia Romeo e successivamente ai marchesi Saluzzo, fu acquistata nel 1815 da Gerolamo Serra che diede inizio ai lavori di trasformazione in parco paesaggistico. Il complesso fu ceduto nel 1927 al Comune e dal 1928 la villa ospita la Galleria d’Arte Moderna di Genova.
    Villa Grimaldi Fassio, acquistata nel 1956 dall’armatore Ernesto Fassio, è stata l’ultima a entrare tra le proprietà del Comune. Anch’essa sede museale, ospita le pregiate Raccolte Frugone, con sculture e dipinti di diversi artisti italiani ed europei. Infine, l’affascinate Villa Luxoro, la più recente tra quelle che fanno parte dei Parchi di Nervi, realizzata nel 1903, conserva a tiutt’oggi molte opere di arte figurativa e applicata. Fiore all’occhiello dei Parchi è il Roseto Luigi Viacava. Restaurato nel 2012 e suddiviso in aree che raggruppano rose antiche, moderne e da concorso, vanta la presenza di oltre 200 varietà di piante dai colori straordinari. Passeggiando lungo i percorsi verdi, tra prati all’inglese, alberi rari e fontane, si arriva alla scogliera di Capolungo da cui si gode di un panorama straordinario sul Golfo Paradiso e sul promontorio di Portofino. LEGGI TUTTO

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    Ciclovia Adriatica, incontro col Pirata

    Non solo bagni e movida. Il volto sostenibile e ciclabile della Romagna ne rivela un identità diversa, che unisce sport, natura e piccole esplorazioni senza disdegnare, come da tradizione, le soste all’insegna della buona tavola.
    L’itinerario che proponiamo si allunga per una settantina di chilometri da Cervia a Pesaro, appena passato il confine regionale con le Marche. Da queste parti la bicicletta, oltre che un mezzo di trasporto è una passione sportiva grande almeno quanto quella per i motori. Tanto che a Cervia le ciclabili urbane portano i nomi dei grandi del ciclismo del Novecento, da quella sul lungomare intitolata a Coppi alla ciclopedonale Giovanni Gerbi. Da qui si prosegue, non senza aver fatto una visita al Museo del Sale, altra gloria locale, fino a Cesenatico. Nella città di Marco Pantani il comune ha messo a disposizione un grande spazio accanto alla stazione ferroviaria dove ha sede la Fondazione dedicata al campione romagnolo, con un museo che emoziona ripercorrendo la sua storia e le sue imprese.
    Suddiviso in tre aree denominate con i nomi delle montagne che Marco Pantani ha conquistato, Bocchetta, Mortirolo e Alpe d’Huez, custodisce alcune biciclette personalizzate con le quali ha compiuto le sue più grandi imprese, le maglie delle squadre per cui ha corso, i caschi, i trofei vinti, gli album fotografici che ne ripercorrono l’intera carriera con le rassegne stampa dei principali giornali italiani ed europei e filmati sulla sua vita.
    Ma è ora di rimettersi in sella per coprire la ventina di chilometri che portano a Rimini, il cui centro storico è annunciato dalle arcate del ponte di Tiberio (I sec. d.C.), che costituisce l’ultimo tratto della via Emilia. Poco distante l’arco di Augusto, che risale addirittura al 27 a.C., è il più antico del mondo. Agli appassionati di storia dell’arte, oltre che delle due ruote, si consiglia la sosta al Tempio Malatestiano per ammirare Leon Battista Alberti, Piero della Francesca e un crocifisso attribuito a Giotto. Nel tratto da Rimini a Riccione la ciclovia adriatica è tutta su pista ciclabile e costeggia il mare. Un tragitto pianeggiante di 10 chilometri che si conclude con l’immancabile piadina romagnola, di cui Riccione è regina indiscussa.
    Senza soluzione di continuità si passa per Misano Adriatico e Gabicce. Siamo ormai al confine con le Marche, segnato dal fiume Tavollo, dove la costa all’improvviso sale e dopo chilometri di spiagge basse e sabbiose si trasforma in uno straordinario balcone verde con alte falesie a picco sul mare. L’ultimo tratto, attraverso il Parco Naturale del Monte San Bartolo, è impegnativo, tutto pendenze e curve, ma la città di Pesaro, la più bike friendly d’Italia, ripaga abbondantemente della fatica. Qui un grandioso progetto dal signicativo nome di Bicipolitana, consente di pedalare in sede protetta per ben 85 chilometri. Dalla Linea 1 (arancione), che collega piazza del Popolo alla Rocca Costanza, alla Sfera Grande di Arnaldo Pomodoro alla Linea 2 (azzurra) che prosegue in direzione di Fano. Ma questa è un’altra storia. LEGGI TUTTO