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    Matey Kaziyski non pensa a un futuro in panchina: “Voglio solo giocare”

    Di Stefano Benzi
    In gergo si chiamano stint, parentesi nella carriera sportiva di un’atleta che hanno un comune denominatore. Quello di Matey Kaziyski è l’Italia: il suo sarà il quinto stint nel nostro paese, il secondo a Verona dopo tre parentesi precedenti, lunghe e vincenti, con Trento. A 35 anni, tuttavia, il fuoriclasse bulgaro non ha alcuna intenzione di pensare a un futuro che sia fuori dal campo da volley.
    Lo dice molto chiaramente a chi, da bordo campo, ha notato il modo in cui guida i compagni, in modo particolare i più giovani. Due errori dalla battuta di Boyer lo fanno avvicinare al giocatore francese, una pacca sulla spalla, uno sguardo… “Allez!” dice Matey, capitano in campo, l’ideale estensione di Stoytchev: “Fare l’allenatore non è nei miei piani, non adesso perlomeno. Mi vedo in campo e il mio futuro è comunque qui, a giocare nel vivo. Certi atteggiamenti derivano solo dal mio carattere, dal mio ruolo di capitano. Cerco di essere un buon compagno di squadra, di essere un appoggio soprattutto per i più giovani e per chi magari in un brutto momento della partita si trova un po’ in difficoltà“.
    Al Centro Pavesi l’esordio non è stato positivo per la squadra veronese: “Con Milano – ricorda Kaziyski – c’è stato un lungo momento iniziale in cui abbiamo dominato la partita, poi siamo calati e non ci siamo più ripresi. In quello dobbiamo assolutamente fare un salto di qualità e reagire tutti insieme anche se spesso lo spunto per la reazione arriva dallo stimolo di uno solo…”.
    Poi c’è la pandemia, che non è un problema solo del volley: “Dobbiamo prendere atto che stiamo vivendo una situazione unica nel suo genere, un momento che probabilmente resterà storico. Dobbiamo accettarlo, e basta. La prudenza e il rispetto verso gli altri sono fondamentali. Ma dobbiamo anche cercare di trovare un modo per andare avanti e riprenderci a poco a poco il nostro lavoro e la nostra vita”.
    Kaziyski ha lasciato il Giappone, dove ha vinto uno scudetto con i JTEKT Stings, per scegliere l’Italia e Verona: “Sono felicissimo di essere tornato in Italia, da tempo si parlava di un possibile rientro e sono molto contento che si siano create le condizioni per proseguire qui la mia carriera. Verona ha una grande tradizione e ci sono le ambizioni per fare molto bene. L’inizio, considerando la pandemia e tutto il resto, non è facile, ma sono convinto che ci sia la possibilità di fare davvero molto bene, ci occorre un po’ di tempo e molto lavoro”.
    Kaziyski, soprannominato il Kaiser quando giocava in Turchia e l’imperatore dai suoi tifosi in Giappone, in Italia è semplicemente Matey: moglie e figlio (Aleksander) sono italiani. Con Trento ha vinto quattro titoli mondiali, tre Champions League, quattro scudetti e tre coppe nazionali tra i venticinque trofei conquistati. Quella con Verona è la sua ventiseiesima stagione da professionista. Ha firmato un biennale. LEGGI TUTTO

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    Elisabetta Zelatore e la rinascita di Taranto: “Un progetto che mira alla continuità”

    Di Giovanni Saracino
    È l’unica donna a ricoprire incarichi di una certa rilevanza all’interno di un club in Serie A2 maschile (in Superlega la pattuglia femminile è più folta). Elisabetta Zelatore, per la Prisma Taranto, è molto più di un vicepresidente o di un general manager. È il motore organizzativo della macchina societaria, la coordinatrice dietro le quinte di un club che, assieme al presidente Antonio Bongiovanni, suo compagno nella vita così come nel lavoro, ha riportato in Serie A (insieme avevano alle spalle 5 stagioni in A1 e una in A2, più due di A1 e altrettante di A2 come soci della Magna Grecia Volley), decidendo a maggio di acquistare il titolo sportivo della Materdomini Castellana Grotte. Un amore per il volley mai sopitosi, forse nemmeno durante l’esperienza come presidente del Taranto Calcio dal 2015 al 2017.
    Dottoressa Zelatore, come ha ritrovato l’ambiente pallavolistico?
    “L’ho ritrovato così come lo avevo lasciato. A livello umano abbiamo subito riallacciato i rapporti con presidenti, dirigenti, procuratori, esponenti della Lega Pallavolo Serie A come se non li sentissimo da qualche mese, più che da dieci anni. Sicuramente ci ha agevolato il fatto che nell’ambiente pallavolistico nazionale eravamo già conosciuti e nel contempo avevamo lasciato anche una buona reputazione. Dal punto di vista organizzativo, rispetto al passato, abbiamo notato l’evoluzione in positivo di un movimento molto più professionalizzato e capace di leggere in anticipo le nuove dinamiche di questo sport“.
    La scelta di tornare in serie A da cosa è stata dettata?
    “Siamo ritornati al volley perché è l’ambiente sportivo che forse ci è più congeniale ed è stato come ritornare in famiglia, ritrovare vecchi amici. Lo abbiamo fatto con l’intento di voler ridare alla città di Taranto la possibilità non solo di assaporare sport di alto livello, ma anche di poter condividere momenti di gioia, di positività, di speranza in una fase particolare della vita di ognuno di noi. Il nostro è un progetto che mira alla continuità, a contribuire al rilancio socio-economico della nostra città. L’entusiasmo che stiamo riscontrando, l’attenzione dei media, è confortante per avviare un percorso che regali un raggio di sole alla nostra comunità“.
    Con i nuovi giocatori com’è stato il primo approccio, quali parole avete usato, visto il momento particolare?
    “Diciamo che l’approccio da utilizzare con gli atleti è standardizzato. Occorre ovviamente fornire, come club, delle motivazioni e noi quest’anno ne abbiamo qualcuna in più. Proprio per ciò che abbiamo vissuto nei mesi scorsi, abbiamo detto ai nostri giocatori che prima che atleti, bisogna essere uomini. Deve prevalere il senso di responsabilità, la capacità di guardare all’immediato futuro con flessibilità ed essere pronti ad affrontare qualsiasi situazione in maniera oculata. A tal proposito abbiamo creato un sistema al nostro interno che ci consente, grazie al lavoro intenso del nostro valente staff medico, di procedere con la nostra attività in totale sicurezza e serenità. Il nostro coach-manager Di Pinto sta, inoltre, dando una grande impostazione manageriale al club, esaltando capacità proprie che vanno oltre l’essere un ottimo allenatore“.
    A proposito di giocatori, facciamo un salto nel passato. Qual è quello che ricorda con maggior piacere, tra i tanti fuoriclasse passati da Taranto?
    “Direi Boban Kovac. Ho ritrovato in lui, nato nel mio stesso giorno, molte delle mie linee caratteriali. E’ stato un grande campione dentro e fuori dal campo. Un giocatore dalla grande intelligenza e umanità, una persona semplice e sensibile che da noi ha lasciato il segno. Non a caso anche la sua carriera di allenatore prosegue con gli stessi successi di quella avuta come pallavolista“.
    Quali sono a suo avviso le squadre più competitive del campionato di A2 e quali sono gli obiettivi della Prisma Taranto?
    “Quelle che un po’ tutti gli addetti ai lavori considerano come favorite per la lotta alla promozione in Superlega, quindi Castellana Grotte, Siena, Bergamo e Cuneo. L’aspetto che vorrei sottolineare è che, nonostante ciò che si è vissuto negli ultimi mesi, tanti club hanno mostrato voglia di ripartire più forti di prima. E questo è molto bello per l’intero movimento. Per quanto ci riguarda, il nostro campionato lo abbiamo già vinto ritrovando la Serie A2. Il nostro obiettivo sarà quello di poter divertire e dare emozioni a chi ci seguirà sugli spalti, spero quanto prima. Vogliamo costruire qualcosa di inclusivo e che possa trasmettere dei valori positivi al di là del risultato sportivo“.
    Quanto possono resistere i club senza pubblico sugli spalti?
    “Il nostro obiettivo è riuscire a trovare una normalità, magari differente rispetto al passato.La voce incassi è sicuramente importante, ma non fondamentale. Ma al di là del fattore economico, è chiaro che senza il seguito del pubblico lo sport perde la sua anima. Occorre una riflessione comune su quello che potrà accadere nei prossimi mesi. Purtroppo previsioni non se ne possono fare, perché ci siamo lasciati prima di ferragosto con un certo numero di contagi e poco dopo si è registrato un aumento che va monitorato e che porta giustamente il Governo ad essere prudente sulla riapertura dei luoghi deputati allo sport. Direi che occorre procedere per gradi. Prima dobbiamo sperare di poter tornare a giocare nei palazzetti, e poi a riempirli con il pubblico“. LEGGI TUTTO

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    Gaia Traballi: “Il Beach? Il ricordo più bello, ma anche la ferita peggiore”

    Di Roberta Resnati
    L’avevamo intervistata quasi due anni fa, quando era al settimo posto del ranking italiano di Beach Volley. Poi erano arrivati altri traguardi importanti, come un secondo e un quarto posto in tappe del World Tour e la partecipazione alle Finals di Roma. Ma si sa, molto spesso, soprattutto in campo sportivo, si prendono strade e decisioni inaspettate.
    Di solito nella nostra disciplina, è più probabile vedere un’atleta che, dopo aver calcato taraflex importanti, prova a reinventarsi come beacher: Gaia Traballi, atleta classe 1997 e fino all’anno scorso nazionale di Beach Volley, ha invece deciso di fare il percorso inverso, tornando al suo primo grande amore dopo aver girato il mondo “in costume” con la divisa azzurra, e scegliendo di calpestare ancora il 9×9 in palestra.
    È di pochi giorni fa la notizia del suo ritorno all’indoor, alla Libellula Volley. Come mai?
    “A ottobre 2019 si è interrotto prematuramente il mio percorso con la nazionale seniores di Beach Volley: tengo a precisare, non per mia scelta. Ho avuto diversi mesi per valutare cosa fare, se organizzarmi privatamente per continuare la mia carriera sulla sabbia, se tornare all’indoor o se smettere definitivamente di giocare. La prima opzione, ahimè, sarebbe stata difficile da sostenere economicamente: servono sponsor per finanziare le trasferte e seguire le tappe del World Tour, sponsor non sempre facili da trovare. Ho riflettuto molto e visto che sono ancora giovane, e che nel momento in cui avrei potuto approcciare l’alto livello nell’indoor mi sono allontanata per dedicarmi completamente alla sabbia, ho deciso di riavvicinarmici“.
    C’è un motivo particolare per aver scelto questa società?
    “La Libellula ha saputo coinvolgermi per diversi motivi. La loro B2 è una squadra anagraficamente molto giovane, ma che ambisce alla promozione o, comunque, a difendere un posto di alta classifica. Credo che la mia esperienza possa giovare alla squadra: mi è sempre piaciuto essere un traino o una guida per le ragazze più giovani di me, perché nel farlo mi sento spronata a dare di più in prima persona. Inoltre quello di giocatrice non è l’unico ruolo che mi verrà assegnato. Il presidente Umberto, dandomi molta fiducia, mi ha chiesto di collaborare anche come coordinatrice del Minivolley. Una veste assolutamente nuova per me, per la quale verrò formata sotto la supervisione di Claudio Bianchi (che è inoltre un caro amico). Tutto questo è legato al mio percorso universitario verso la laurea in Scienze Motorie che dovrei terminare per l’estate prossima“.
    È un addio al beach volley e alla maglia azzurra?
    “Non posso dire se questo è un addio o meno alla maglia azzurra. Mi sono resa conto sicuramente che il Beach Volley è e sarà sempre il mio sport del cuore. Rappresenta per me sia il ricordo più grande e più bello, ma anche la ferita e il rammarico più bruciante. Forse la sabbia rimarrà il mio più grande sogno, ma in questi due anni ho capito che in Italia mancano un’organizzazione di fondo, una progettualità, una programmazione logica, studiate a breve e lungo termine, che permettano di investire sui talenti di oggi e di domani per portarli dove solo Marta Menegatti e Viktoria Orsi Toth sono arrivate in campo femminile. Abbiamo molto da imparare dagli altri Paesi“.
    Cosa le mancherà della sabbia?
    “La fatica, il sole quando brucia ed è troppo caldo, la pioggia quando entra negli occhi e ti fa perdere di vista la palla, il vento che è amico e nemico, il giocare all’aria aperta; l’essere solamente in due a lottare per il risultato. Mi mancherà sicuramente anche la possibilità di andare in giro per i tornei con infradito e pareo“.
    Il rapporto con la sua “socia” storica Agata Zuccarelli?
    “Con Agata abbiamo vissuto per due anni come sorelle, compagne e amiche. Entrambe abbiamo avuto i nostri momenti di gloria e le nostre difficoltà, e abbiamo sempre cercato di bilanciarci e compensarci in questo. Siamo rimaste assolutamente in contatto, entrambe da quando non c’è stata più la maglia azzurra ci siamo dedicate completamente all’università e… ai nostri fidanzati ! L’ho incontrata recentemente e l’ho trovata davvero felice, e non posso che esserne contenta“.
    Giocando a Beach ha forse capito di voler cambiare o di essere più portata ad un diverso ruolo?
    “Nell’indoor mi vedo sempre nel ruolo di schiacciatrice, soprattutto perché uno dei miei colpi preferiti è la pipe da seconda linea. Certo, l’ultimo anno di Beach l’ho giocato a destra, quindi penso che anche come opposto potrei trovarmi bene per quanto riguarda l’attacco. Devo confessare che sono molto curiosa di ritornare all’indoor dopo due anni di solo Beach: ho molte idee riguardo ai gesti e ai colpi che potrei portare sul campo di pallavolo, ma che provengono dall’esperienza outdoor“.
    Nel lungo termine ha già programmato il suo futuro o per ora pensa solo alla nuova esperienza?
    “Per ora mi concentrerò sicuramente su questa avventura. Innanzitutto devo rimettermi in “forma indoor” e non è detto che sarà semplice, soprattutto per le differenze che ci sono tra le due superfici. Dopodiché penserò soltanto a far bene questa stagione, a divertirmi, che è un aspetto fondamentale, e infine a capire dove voglio arrivare e quanto ancora voglio investire in questo sport, perché credo che tempo e possibilità non mi manchino“. LEGGI TUTTO

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    Marzo 2018, Djokovic: “Jelena, mi ritiro, dillo agli sponsor”

    Marzo 2018, Masters 10000 di Miami. L’ex n.1 del mondo e dominatore del tennis mondiale Novak Djokovic sta attraversando un periodo nerissimo. E’ in tabellone come nona testa di serie, accede al 2°turno con un bye e affronta Benoit Paire. Il francese è un talento vero, ma il serbo gioca un match insulso, inconsistente, impalpabile. […] LEGGI TUTTO

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