consigliato per te

  • in

    Alberto Cisolla, il futuro è in campo: “Mi diverto ancora troppo a giocare”

    Di Stefano Benzi
    È una regola un po’ fastidiosa: quando si vede un grandissimo talento estremamente giovane si chiede sempre se e quando farà il suo esordio. Quando ci si confronta con un giocatore veterano, con tante battaglie alle spalle, gli si chiede quando deciderà di smettere. Sembra che l’unica notizia che conta sia la pensione. E invece la notizia che riguarda Alberto Cisolla è che la pensione può attendere.
    Altra cosa spietata, si snocciolano i dati: a cominciare dagli anni. Per lo schiacciatore i prossimi sono 43 (a ottobre), più di trenta dei quali su un campo da volley, 26 a tempo pieno dalla giovanile della Sisley in poi. 17 stagioni in A1 (Treviso, Lube, Roma, Latina e Vibo) e 7 in A2 (Ortona e Brescia, dal 2015 a oggi). Quest’anno Cisolla festeggerà 25 anni di Serie A: esordio a Montichiari nella vittoria della Sisley Treviso per 3-1 della terza giornata, era il 13 ottobre 1996. Il suo allenatore era il mitico Kim Ho Chul e il rally point system ancora non c’era.
    Quasi 400 partite in Serie A (381 per quelli precisi) e 3844 palloni nel campo avversario. Ma anche migliaia di riscaldamenti ed esercizi di stretching; a occhio e croce più di 20mila ore di palestra, tonnellate e tonnellate di pesi. Il tutto con qualche infortunio a corollario di un curriculum vitae impressionante.
    Ma Alberto Cisolla non sente la fatica: “È un lavoro, o meglio, bisogna considerarlo e definirlo tale – dice lo schiacciatore – ma io mi diverto ancora troppo. La mia più grande passione è diventata il mio lavoro. E chi vorrebbe mai rinunciare a uno stato di grazia come questo? È bello tornare in palestra, stare con ragazzi più giovani di me, dare qualche consiglio e offrire il mio contributo. Sicuramente le trasferte pesano, ma alla fine il saldo è attivo e non ho alcuna intenzione di rinunciare a tutto questo“.
    Foto Reporter Zanardelli
    L’atteggiamento di Cisolla in campo è esemplare. Basta un cenno o uno sguardo per rincuorare i compagni: “Ho avuto la fortuna di trovare sulla mia strada persone che mi hanno aiutato e insegnato tanto, e che trent’anni fa mi hanno curato con la stessa attenzione. Bernardi, Gardini, Tofoli, Zorzi… È un patrimonio che fa parte del mio DNA, e come tale lo passo ai ragazzi più giovani che mi circondano“.
    Il primo che non vuole sentire parlare di possibile ritiro per Cisolla è il suo tecnico, Roberto Zambonardi: “Cisolla deve rassegnarsi, perché se dipende da noi starà in campo ancora per un bel pezzo. Brescia non gli dirà mai basta – dice l’allenatore della Gruppo Consoli Centrale del Latte – per noi è un campione. Ci offre un punto di vista, un’esperienza e un atteggiamento che sono diventati irrinunciabili. Dal punto di vista tecnico e tattico è ancora uno dei più forti, uno che può fare la differenza. Gli siamo riconoscenti e siamo solo felici del fatto che il nostro ambiente, per lui, sia ancora quello ideale“. LEGGI TUTTO

  • in

    Elizabet Inneh-Varga, la grande speranza dell’Ungheria

    Di Alessandro Garotta
    La pallavolo ha una storia relativamente giovane, i movimenti nazionali che più l’hanno nutrita hanno avuto alti e bassi nei circa 120 anni della sua esistenza, ma quasi nessuno di loro è davvero scomparso. Quasi nessuno ha vissuto un declino tale da non poter essere più considerato competitivo per decenni in un torneo internazionale. Tra le pochissime eccezioni troviamo l’Ungheria. 
    Magari qualcuno ricorderà la selezione femminile ungherese di Ágnes Torma, Éva Sebők-Szalay e Gyöngyi Bardi-Gerevich a cavallo degli anni ’70 e ’80, proprio come si fa con le civiltà perdute e le epoche storiche così lontane nel tempo da risultarci indecifrabili. L’ultima volta che questa Nazionale si è qualificata alle Olimpiadi era il 1980 e non era stato ancora introdotto il sistema 5-1 (un solo alzatore); l’ultima volta che si è spinta fino al podio europeo era il 1983 e non era ancora crollato il muro di Berlino.
    Negli ultimi trent’anni, però, il paese ha praticamente smesso di produrre grandi talenti, come se avesse all’improvviso disimparato una cosa che gli riusciva con naturalezza. Ma oggi c’è una nuova speranza: si chiama Elizabet Inneh-Varga, è l’opposta del Fatum-Nyíregyháza e un giorno sogna di vestire la maglia dell’Ungheria per riportarla sulla mappa del volley mondiale. Prima, però, deve attendere che si risolva la contesa tra la Federazione magiara e quella della Romania, paese in cui è nata e che rivendica la sua nazionalità sportiva. Nel frattempo, la giovane giocatrice si è espressa in esclusiva ai microfoni di Volley NEWS. 

    Ci racconti qualcosa di lei. Chi è Elizabet Inneh Varga? 
    “Sono una ragazza di 21 anni, nata a Budapest, e cresciuta tra la capitale ungherese e Oradea in Romania. Sono un po’ timida con le persone che non conosco, ma allo stesso tempo molto cordiale. Cerco di essere sempre diligente e dare il massimo in tutto quello che faccio, soprattutto per quanto riguarda la pallavolo“. 
    Come ha scoperto il suo talento per il volley? 
    “Ho iniziato a giocare a 11 anni, dopo aver provato un sacco di altri sport, come l’atletica, la pallamano e il basket; però, il volley aveva qualcosa di speciale e mi piaceva di più. Da quel momento la mia passione è diventata più grande giorno dopo giorno. Ricordo bene i miei primi tornei, la prima volta a vedere una partita delle ‘grandi’ di A2 al palazzetto, ma soprattutto ricordo che non mi perdevo le partite trasmesse in TV per nulla al mondo: ammiravo quelle giocatrici e il mio sogno era di diventare brava come loro. Così ho cominciato a prendere la pallavolo molto seriamente e non mi sono mai fermata“. 
    È considerata un grande talento: per lei è uno stimolo a fare sempre meglio? 
    “Sicuramente fa piacere questa buona considerazione, ma io cerco sempre di dare tutta me stessa indipendentemente dalla partita o dagli stimoli esterni“. 
    Come mai non è ancora stata convocata nella selezione ungherese? C’è una ragione particolare? 
    “Il mio percorso come giocatrice è iniziato in Romania e al momento la mia Federazione di Origine è quella rumena; tuttavia, spero presto di avere l’onore e l’opportunità di rappresentare il mio paese natale, l’Ungheria“.  
    Qual è la sua migliore qualità quando è in campo? E dove crede di poter migliorare?
    “Sono una persona molto positiva, quindi cerco sempre di sostenere e aiutare le mie compagne, mettendo la squadra prima di tutto. Penso di avere grandi margini di miglioramento in tutti i fondamentali, senza dimenticare che l’aspetto mentale è altrettanto importante: a volte, mi capita di innervosirmi troppo prima delle partite, ma per fortuna sto imparando a gestire queste situazioni“. 
    Questa è la sua quarta stagione al Fatum Nyíregyháza. Come si trova e quali sono le sue sensazioni dopo questa prima parte di campionato ungherese? 
    “Sono molto contenta di far parte di questo club: qui ho trovato una seconda famiglia e vissuto tanti bei momenti. Per quanto riguarda il campionato, abbiamo avuto un buon avvio e siamo al secondo posto, avendo perso solo una volta. In generale, c’è grandissimo equilibrio, con tante squadre dello stesso livello: ogni partita è interessante e avvincente“. 
    Qual è stato il momento più bello della sua carriera finora? 
    “Conservo nel mio cuore tanti ricordi positivi legati alla pallavolo, ma se proprio dovessi sceglierne qualcuno direi le vittorie della Coppa di Ungheria con la mia squadra nel 2018 e nel 2019. In quelle occasioni ho provato emozioni indescrivibili“. 
    Dove si vede tra cinque anni? 
    “Ora è difficile da dire, ma senza dubbio farò del mio meglio per fare più strada possibile nel prosieguo della mia carriera“. 
    Un sogno nel cassetto? 
    “Il mio sogno più grande è arrivare a giocarmi un titolo in una fase finale di una competizione internazionale o un campionato importante“.  LEGGI TUTTO

  • in

    Santa Croce, coach Montagnani: “Taranto è la favorita, ma il mio Acquarone è da Superlega”

    Di Giovanni Saracino
    Paolo Montagnani, coach della Kemas Lamipel Santa Croce (11 punti in 5 gare), una delle soprese di questo strano campionato di A2 maschile condizionato dal Covid, è pronto a giocarsela alla pari, domenica, con una Prisma Taranto (7 punti in 4 gare) che attraversa un chiaro momento di difficoltà alla luce delle due recenti sconfitte con Ortona e Bergamo.
    “Ci rimetteremo ancora una volta in viaggio. Questa è la quarta trasferta consecutiva. Abbiamo giocato, sinora, una solo gara casalinga, lo scorso 25 ottobre. Purtroppo, questa è una stagione particolare condizionata dalle difficoltà legate al Covid che vanno ad impattare seriamente sul rendimento di tutte le squadre” – afferma il tecnico toscano – “A turno un po’ tutte le squadre si sono dovute fermare ed hanno dovuto ricominciare, interrompendo la crescita di condizione. Sinora è un torneo che non si può giudicare, è tutto da scoprire ancora e la mia paura è che non so se riusciremo a scoprirlo. Vorrei poter vedere tutte le squadre a regime ma temo che sarà difficile.”
    Vi attende una Prisma Taranto che avrà voglia di riscatto. Una squadra costruita per essere tra le prime della classe che non può permettersi ulteriori passi falsi
    “E’ una squadra che in questo momento attraversa un momento di difficoltà ed in tal senso incide che sia dovuta star ferma per circa un mese. Non si spiegherebbe altrimenti la sconfitta con Ortona ed il fatto che non sia riuscita, almeno, ad allungare il match con Bergamo. Vedendo la campagna acquisti che ha fatto in estate, se dico che è la superfavorita del campionato non credo di affermare una cosa lontana dalla realtà. Indipendentemente dagli attuali problemi se Taranto mette in campo tutta la qualità che ha, diventa imbattibile”.
    Lei è un ex, anche se la sua esperienza in Puglia è stata breve (da agosto a dicembre 2009). Che ricordi ha?
    “Le premesse, ricordo, furono buone. Sembrava potesse esserci un progetto poi le cose sono andate in un modo che non mi è piaciuto. Sono stato esonerato, ci può anche stare, ma fu scelta una modalità che non ho gradito. E’ una esperienza che fa parte del passato ormai”.
    Parliamo della sua squadra. Punta tanto sull’opposto brasiliano Walla, il vostro braccio armato. Dove l’avete scovato?
    “La mia è una squadra giovane. Sono soddisfatto dei miei ragazzi che lavorano fortissimo in palestra ed in partita giocano anche una bella pallavolo. Walla? L’abbiamo trovato su Youtube (ride…). Quest’estate abbiamo visionato circa una trentina di opposti, operando una scelta che he fosse la giusta via di mezzo tra le pretese dell’allenatore e le esigenze economiche del club. È una vera macchina da schiacciata, sono molto contento di lui”.
    Nei pronostici della vigilia Santa Croce non è stata considerata squadra di prima fascia
    “Quest’anno non ci siamo dati obiettivi precisi perché vogliamo che la nostra crescita sia la più naturale possibile. Non facciamo ragionamenti su eventuali piazzamenti. Per curiosità mi sono letto in questi mesi un po’ di rassegna stampa e non ho mai visto annoverare fra le prime otto squadre del torneo Santa Croce. Ho sempre letto i soliti nomi: Taranto, Bergamo, Siena, Castellana, Cuneo, Lagonegro.. Va bene così, anche perché poi chi se la suona e se la canta, deve dimostrare sul campo. Per me è un divertimento caricare la squadra su queste cose qui. E’ uno stimolo in più”.
    Come vede il movimento pallavolistico in generale. C’è un ricambio generazionale, ci sono giovani che possono ambire a palcoscenici importanti?
    “In Italia si gioca tanto a pallavolo. I giocatori ci saranno sempre, bisogna solo saperli far crescere e saperli valorizzare. Non devono giocare per forza. Le potenzialità fisiche ci sono, occorre avere coraggio nel fare determinate scelte”.
    Tra i giovani del torneo di A2, quali ritiene siano futuribili per la Superlega?
    “Se guardo in casa mia dico, Acquarone. E’ un palleggiatore pronto per fare l’ultimo step e spiccare il volo. Ha 21 anni, ha tecnica, ha personalità, il futuro è suo. Io gli do tutti i consigli che posso, avendo giocato nel suo ruolo. Un altro, che non conosco personalmente, ma del quale si parla bene è lo schiacciatore di Taranto, Gironi (classe 2000); credo che abbia le potenzialità per emergere”. LEGGI TUTTO

  • in

    Graziosi difende il PalaPozzoni: “Sarà il nostro fortino, lo voglio pieno gente”

    Di Stefano Benzi
    La partita tra Olimpia Tipiesse Bergamo e Prisma Taranto si è appena conclusa con la vittoria dei padroni di casa per 3-1: gli animi sono tesi e c’è un po’ di nervosismo per via di diversi punti contestati. Taranto cade, dopo una terribile trasferta in pullman di quattordici ore che prelude a un ritorno a casa altrettanto pesante.
    Vincenzo Di Pinto, tecnico di Taranto, non è contento: “La partita è stata condizionata da alcuni episodi che, soprattutto nel terzo set, ci hanno svantaggiato. Mi spiace, perché credo che alcune interpretazioni non siano state corrette e abbiano pesato moltissimo. Giocare in un palazzetto dello sport del genere, poi, è davvero un bel problema. Per la verità non so nemmeno come si faccia a giocare qui, non c’ero mai stato. L’ambiente è bello, è caldo, non dico di no: ma il soffitto è basso, lo spazio è poco. Sicuramente siamo stati penalizzati anche da questo”.
    Il PalaPozzoni, impianto di Cisano Bergamasco che il Comune ha dedicato in esclusiva alla Agnelli Tipiesse, è una piccola struttura con due tribunette laterali segmentate in quadranti tutti uguali: ogni quadrante una sessantina di posti. In tutto circa settecento posti a sedere: soffitto basso, spazi ridotti. Ma a Gianluca Graziosi, tecnico della Agnelli Tipiesse Bergamo – ormai di casa a Cisano Bergamasco – piace così: “A tutti penso faccia piacere giocare in impianti grandi, belli e importanti. A Bergamo c’è una struttura fantastica, a Siena ero abituato a giocare in un palazzetto dello sport splendido. Ma qui non posso certo lamentarmi. Ci alleniamo qui tutti i giorni, questa è letteralmente casa nostra. Abbiamo tutto quello che ci serve. E anche se occorrerà un po’ di tempo per prendere le misure giuste, sono assolutamente convinto che il PalaPozzoni possa essere uno dei nostri punti di forza”.
    A porte chiuse, senza pubblico, il frastuono è impressionante. All’interno di un fortino del genere basta la presenza di giocatori e qualche spettatore e addetto ai lavori o testimone a provocare un clima di forte agonismo. Nel finale concitatissimo sembra di giocare in una pentola a pressione: “Mi auguro che giocare qui possa diventare una difficoltà per tutti, mi piace l’idea – dice Graziosi – che questo sia il nostro fortino. Il palazzetto è stato omologato, e quindi sono felice che sia casa nostra. Così come noi dovremo adattarci in casa d’altri agli altri toccherà adattarsi qui. Per noi potrebbe diventare una caratteristica importante. Quanto al resto, sono sincero: l’unica cosa che mi dispiace è che a causa del lockdown questo impianto sia vuoto, senza pubblico. Sono molto curioso di vedere come sarà con 6-700 persone a fare il tifo per noi. Qualsiasi impianto per bello e grande che sia, vuoto, non ha alcun senso per me, l’unica arena che conta, è quella piena di gente, anche se è piccola”. LEGGI TUTTO

  • in

    Jenny Barazza: “Mi emoziona ancora vedere mia figlia in palestra”

    Di Francesca Ferretti
    Con Jenny Barazza ho condiviso gli anni più belli e vittoriosi della nazionale Seniores. Silenziosa ma presente, pungente, cinica e sempre pronta nel momento che conta, oggi Jenny è anche mamma della splendida Luisa e di questo (ma non solo) abbiamo parlato nella nostra intervista!
    Partiamo dal presente: da 3 anni hai scelto di tornare a “casa” in Sardegna e continuare a giocare in Serie A2 con l’Hermaea Olbia. E’ stata stata una scelta di vita?
    “Diciamo di sì, visto che, concluso il mio contratto con Conegliano, ho deciso di iniziare un nuovo percorso di vita a Olbia, dove avevo costruito casa e dove mia figlia avrebbe iniziato la prima elementare. È arrivata, subito dopo, la proposta di giocare nell’Hermaea Volley Olbia, che ho accettato con molto entusiasmo, sicura di poter conciliare al meglio la carriera sportiva, quella di mamma e quella di collaboratrice nella nuova azienda di mio marito“.
    Nel 2010, poco prima del Mondiale in Giappone, hai scoperto di essere incinta. Cosa ricordi di quei momenti?
    “È stato sicuramente un momento indimenticabile carico di emozioni. Una sorpresa bellissima che ha reso me e mio marito pazzi di gioia“.
    Quanto è stato difficile, una volta diventata mamma, conciliare il tutto, palestra, bimba e famiglia?
    “Come ogni mamma, ho semplicemente cercato di organizzare il mio tempo in funzione di mia figlia… Ho avuto una grossa mano da mio marito, che era sempre presente nonostante gli impegni, e poi da una fantastica babysitter, che mi aiutava soprattutto nei primi mesi in cui ho ricominciato a giocare. Non nascondo che sia stato molto difficile, soprattutto all’inizio, ma poi ho trovato il giusto equilibrio. Insomma, ho cercato di fare del mio meglio, come tutte le mamme!“. 
    Foto Instagram Jenny Barazza
    Che sensazioni ti suscita il poter abbracciare la tua bimba a bordo campo a fine partita, e soprattutto che lei veda la sua mamma giocare?
    “È sempre emozionante vederla sugli spalti. Ancora oggi i suoi sorrisi mi spiazzano sempre come se li vedessi per la prima volta“.
    Luisa sta seguendo le orme della mamma nello sport?
    “A Luisa piace stare in palestra ed è una grande tifosa, ma ancora non ha deciso quale sport intraprendere con costanza. La pallavolo per lei è il lavoro di mamma, non ancora una passione tutta sua“.
    Hai indossato la maglia della Foppapedretti Bergamo per 6 anni, vincendo 2 scudetti, 2 Coppe Italia, 1 Supercoppa, 1 Coppa CEV e 3 Champions League: forse gli anni più belli della tua carriera, che ti hanno consacrata a livello mondiale come una delle centrali migliori in circolazione. Cosa significa Bergamo per te?
    “Bergamo è stata una tappa importante e indimenticabile della mia carriera, non solo per i titoli vinti, ma per la possibilità di giocare, allenarmi e condividere momenti con giocatrici fortissime, da cui ho imparato tanto. Ho trascorso 6 anni in quella bellissima città, e non posso far altro che portarla nel cuore e mantenere i contatti con persone del luogo e tifosi bergamaschi che non hanno mai smesso di starmi vicino“.
    Dal 2013 al 2017 hai indossato la maglia dell’Imoco e anche lì hai ottenuto tantissimi successi: scudetto, Coppa Italia e Supercoppa. Com’è stato tornare a giocare e vincere a casa tua, dove tutto era partito, dalla piccola cittadina di Codognè?
    “L’esperienza con Conegliano è stata molto emozionante, perché giocavo a casa, tra la gente con cui sono cresciuta, e sentivo per questo una grande responsabilità. È stata una escalation di successi e io ho dato il mio contributo fin quando ho potuto esserne all’altezza“.
    Agenzia Uffici Stampa DirectaSport
    Hai fatto parte del ciclo vincente della nazionale di Barbolini. Qual è il ricordo più bello? E il rammarico più grande?
    “La parte della mia carriera in nazionale con Barbolini è quella che ricordo con maggiore gioia, perché abbiamo vinto tanto insieme, ma tutta quanta la mia esperienza con la maglia azzurra è stata fondamentale per la mia crescita come persona e come atleta. Sarà difficile dimenticare ogni secondo del primo Europeo vinto, e allo stesso tempo non potrò mai scordare quella maledetta partita delle Olimpiadi di Pechino contro gli USA“.
    Oltre a quella, esiste una partita che, se ci ripensi, ancora oggi fa male?
    “Non c’è una sconfitta che ricordi che non bruci ancora…“.
    Quali sono i tuoi progetti futuri? Sono sempre legati alla pallavolo?
    “Ce ne sono tanti, alcuni legati alla pallavolo, altri no. Ma di sicuro non potrò mai smettere di guardare una piccola pallavolista giocare senza emozionarmi e rivedere in lei la grande passione per questo sport che mi ha accompagnato in tutti questi anni“. LEGGI TUTTO

  • in

    Simone Parodi aspetta Ortona: “Stiamo bene, ma ci manca l’agonismo”

    Di Giovanni Saracino
    Salvo imprevisti delle prossime ore, domenica al PalaMazzola, a distanza di quasi un mese dall’ultima gara ufficiale disputata (25 ottobre contro Cantù), la Prisma Taranto tornerà ad assaporare il clima agonistico della partita vera, contro la capolista Sieco Service Ortona. “Stiamo bene, ci siamo allenati tanto, non siamo ancora al top ma abbiamo trovato una buona condizione fisica. Ci è mancato l’ agonismo, il ritmo partita, la tensione di una gara vera” afferma Simone Parodi, uno dei giocatori più attesi nella squadra pugliese, favorita per la promozione in Superlega.
    Ortona, forse, è l’avversario meno indicato per riprendere confidenza con l’agonismo…
    “Eh sì (sorride al telefono, n.d.r.). Diciamo che è una squadra che sta giocando molto bene, è in forma, sbaglia molto poco, regala quasi nulla, anche se accusa qualche assenza nello starting six (i martelli Shavrak e Sette, n.d.r.). E poi ha Cantagalli che sta dimostrando di essere un terminale offensivo importantissimo per i suoi compagni. Dobbiamo stare molto attenti“.
    Come pensate di poterli affrontare dal punto di vista tattico? Basterà arginare il solo Cantagalli?
    “Penso che se noi giochiamo bene, com’è nelle nostre potenzialità, siamo in grado di fronteggiare qualsiasi avversario. È probabile che pagheremo dazio nel primo set al fatto che ci manca un po’ il ritmo partita, ma siamo consci di essere una squadra forte. Dovremmo contenerli in attacco, battendo e murando bene“.
    In questo periodo in cui non avete giocato, hai avuto modo di vedere tante partite in tv o su internet?
    “Non le vado a cercare, se smanettando in tv ci sono, mi fermo a guardarle. Ultimamente ho visto qualche match di Superlega su RaiSport e la partita tra Brescia e Castellana“.
    Che campionato di A2 si è intravisto in queste prime giornate?
    “Sicuramente è un campionato molto equilibrato, di buon livello. Abbiamo incontrato squadre, come Brescia e Cantù, che giocano molto bene a pallavolo e che lottano sino all’ultima palla. Non esistono partite facili e per quanto ci riguarda dovremo giocare sempre al massimo delle nostre possibilità contro tutti“.
    Foto Lega Pallavolo Serie A
    Per recuperare le gare rinviate, presto potreste essere chiamati ad una sorta di tour de force, giocando ogni tre giorni. Vi sentite pronti?
    “A livello fisico speriamo di non fermarci più, perché non è semplice stopparsi e riprendere e viceversa; si vive un po’ alla giornata. Giocare a pallavolo è il nostro mestiere, le partite ravvicinate, le trasferte da affrontare non ci spaventano, purché si riesca a trovare una continuità nella programmazione“.
    Alla vigilia del campionato si sapeva che si sarebbe trattato di una stagione particolare. La realtà ha complicato ancor di più le cose..
    “Il torneo di A2 sapevamo che sarebbe stato difficile. Ora le cose si sono complicate per via di tutti questi rinvii che modificano continuamente la programmazione del lavoro in palestra di una squadra. Noi giocatori vorremmo scendere in campo al meglio delle nostre condizioni fisiche ed offrire una pallavolo di buon livello a chi ci segue. Ci rendiamo conto che sinora abbiamo giocato al di sotto dei nostri abituali standard, ma non possiamo far altro che adattarci a questa nuova situazione“.
    Pensate che il contatto con i tifosi possa essere surrogato dall’interesse suscitato dai vostri match in diretta su YouTube o dalla vostra presenza sui social?
    “Mi fa piacere che quando abbiamo giocato ci abbiano seguiti in tanti sul canale YouTube tematico della Lega Pallavolo Serie A. Quando scendiamo in campo cerchiamo di dare sempre il massimo e di divertire chi ci segue a distanza. Certo sarebbe meglio avere i nostri tifosi al palazzetto. Ci dobbiamo accontentare, per ora. Sui social qualche volta arrivano dei messaggi da parte dei tifosi che mi fanno tanto piacere. E’ un modo per stabilire un contatto ed è giusto utilizzarlo“. LEGGI TUTTO