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    Rossard: “Il segreto è divertirsi, siamo una squadra giovane e con energia”

    Di Roberta Resnati
    Quando lo vedi giocare non puoi non apprezzare il genio, l’estro e ovviamente le indiscusse qualità tecniche. Insidioso dai nove metri, una macchina in ricezione e in attacco il suo mancino sta facendo impazzire i muri di tutta la Superlega.
    Stiamo parlando di Thibault Rossard, lo schiacciatore della Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia che, alla prima esperienza nel massimo campionato italiano, si sta guadagnando il titolo di outsider trovandosi addirittura terzo nella classifica dei miglior realizzatori dietro a dei “mostri sacri” come Nimir e Leon. L’abbiamo intervistato prima della partita di ieri contro Cisterna.
    Quando giocate è visibile la vostra unione e che vi divertite, è questo uno dei segreti della Tonno Callipo di quest’anno?“Sicuramente è uno dei segreti della squadra, siamo molto uniti sul campo e anche fuori. Siamo felici di ritrovarci per gli allenamenti perché ci divertiamo con una squadra giovane e con molta energia”.
    È terzo nella classifica individuale di rendimento, dietro a nomi come Nimir e Leon. A cosa deve questo risultato? Se lo aspettava?“Penso che sia il frutto della regolarità avuta nel corso della stagione, provando a rispondere sempre presente a tutte le partite. Certo non penso ai risultati individuali, non mi aspettavo tutto ciò, ma so anche che il mio ruolo nella squadra è quello di fare punti, tanto meglio se sono tanti”.
    Tonno Callipo Calabria Volley

    Se qualcuno avesse detto che vi sareste giocati i quarti dei play off a poche partite della fine della stagione, ci avrebbe creduto?“Sì! Anche se è un campionato difficile per tutte le squadre, penso che fin dall’inizio della stagione abbiamo dimostrato di avere le capacità per vincere le partite ed abbiamo lavorato per questo”.
    Il suo sogno nel cassetto: Tokyo 2021 o Parigi 2024, quindi nel suo Paese?“Intanto pensiamo a quest’estate Tokyo, dopo sicuramente disputare i Giochi a Parigi sarà ancora più bello ed emozionante da vivere”
    Chi è Thibault fuori dal campo?“Mi piacciono le cose semplici, quindi frequentare gli amici, passeggiare a contatto con la natura, leggere, guardare film e stare con la famiglia”.
    Primo anno in Italia per lei, come si trova e quali sono le eventuali differenze rispetto al campionato francese, polacco e turco nei quali ha militato?“Qui mi trovo bene, mi piace l’ambiente di questo campionato, il livello tecnico è molto alto e ogni domenica è una battaglia per vincere. Gli altri campionati sono abbastanza differenti, ma sono contento di avere giocato in vari contesti, accumulando così esperienze diverse, non solo sportive a contatto con vari giocatori ma anche conoscendo tante città”.
    Nello scorso weekend c’è stata la pausa di campionato per la Coppa Italia. Avete avuto rimpianti per non essere ancora “in gioco” per la competizione?“Sì personalmente ho molti rimpianti per non aver partecipato a questa competizione. Quest’anno hanno cambiato la formula per qualificarsi, e così noi a settembre non eravamo ancora pronti per l’inizio della stagione e per competere contro le altre squadre. Un vero peccato ma ora dobbiamo pensare al campionato perché possiamo fare belle cose”. LEGGI TUTTO

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    Wang Baoquan, il timoniere del Tianjin: “Ho cambiato filosofia, ora sono meno rigido”

    Di Alessandro Garotta
    Esistono parole straniere, intraducibili in italiano, che hanno il potere di riassumere in poche lettere una sensazione, uno stato d’animo, un concetto. Yuanfen, per esempio, è una parola cinese che descrive una relazione dettata dal destino, un’affinità predestinata, due amori nati per incontrarsi. Più precisamente, viene usata per identificare due persone che non sono mai state a conoscenza l’una dell’altra, ma che per una pura coincidenza dovuta al destino finiscono per incontrarsi e fare grandi cose insieme. Yuanfen, in un certo senso, è il magico legame tra l’allenatore – ed ex giocatore della nazionale cinese – Wang Baoquan e il Tianjin, che tanti anni fa si sono presi per mano e non si sono più lasciati. 
    Il suo percorso nel mondo della pallavolo, i segreti dei suoi successi, il bilancio del campionato appena vinto: sono alcuni dei temi affrontati dal coach del Tianjin nel corso di un’intervista esclusiva ai microfoni di Volley NEWS.
    Mr.Wang, per cominciare le chiedo: come si è avvicinato alla pallavolo? 
    “Fin da bambino sono sempre stato un grande appassionato di sport; in particolare praticavo atletica leggera e basket. Non ero abbastanza alto per la pallacanestro ma mi distinguevo per un buon salto, e così venni notato da un coach di pallavolo e chiamato nella sua squadra. Questa scelta si rivelò la migliore perché da lì ebbe inizio la mia carriera da giocatore, che mi ha portato a vestire la maglia del Tianjin per ben 18 anni, diventare capitano della nazionale cinese e vincere un Campionato Asiatico“. 
    Foto Tianjin Bohai Bank
    Com’è nata invece l’idea di allenare? 
    “Per amore della pallavolo. Dopo aver smesso di giocare, sono stato l’assistente di tre grandi commissari tecnici della nazionale cinese, come Lang Ping, Hu Jin e Chen Zhonghe. Grazie a loro ho acquisito un importante bagaglio di conoscenza, che vent’anni fa mi ha permesso di diventare capo allenatore della squadra femminile del Tianjin“.
    Come mai scelsero proprio lei? E che squadra trovò? 
    “Semplicemente perché la dirigenza vide in me la persona giusta per ricoprire il ruolo di allenatore. All’epoca, trovai una squadra già molto forte, con atlete consapevoli di poter raggiungere l’obiettivo del club, che era di giocare le migliori partite possibili. Dentro e fuori dal campo, le ragazze erano molto unite e nulla poteva fermarle“. 
    Sotto la sua guida, il Tianjin è diventata la squadra più forte in Cina. Qual è il segreto dei suoi successi? 
    “Prima di tutto, direi il sostegno degli sponsor e della dirigenza a ogni livello. Ma sono state altrettanto importanti la coesione dello staff tecnico e la dedizione delle giocatrici. Io sono solo un coach e mi limito ad allenare“. 
    Foto Tianjin Bohai Bank
    Com’è cambiato negli anni il suo approccio nel coaching? 
    “All’inizio, la mia filosofia era abbastanza rigorosa: tutte le giocatrici dovevano stare ai miei ordini. Ora è più equilibrata e tranquilla, anche se non mancano delle regole ferree. E nel caso in cui le atlete dovessero essere scontente possono venire a parlare con me dopo l’allenamento“. 
    In questa stagione ha guidato il Tianjin al suo tredicesimo titolo nella SuperLeague cinese. Quali emozioni ha provato dopo la vittoria? 
    “Sensazioni contrastanti. Mi sono venuti alla mente i ricordi del primo campionato vinto e ho pensato con estrema gratitudine alla mia famiglia, a cui devo tanto per questi anni. Allo stesso tempo, però, c’era la consapevolezza che una volta scesi dal podio saremmo ripartiti da zero; quindi, stavo già pensando al futuro e a quale direzione avrebbe preso il club“.
    Qual è stata la chiave per avere la meglio sul Jiangsu in finale? 
    “Nella serie con il Jiangsu abbiamo vinto grazie all’attacco e al muro, giocando ad un livello molto alto e con grande spirito combattivo. La squadra ha dimostrato una grande unità: questa è da sempre la nostra forza“.
    Wang Baoquan con Zhu Ting (Foto Tianjin Bohai Bank)
    Cosa ne pensa della decisione della CVA di disputare il campionato con la formula della “bolla”?
    “Era la prima volta che una Federazione sceglieva questo sistema per giocare un campionato e senza dubbio ai tempi del Covid-19 era la soluzione migliore. Penso che si sia rivelata una sfida per la tenuta fisica della squadra, brava a superare ogni ostacolo, e un test per le giocatrici, specialmente per le più giovani“.
    Quali sono i suoi piani futuri? Sarà lei ad assumere la guida della nazionale femminile cinese dopo le Olimpiadi di Tokyo? 
    “È molto improbabile. Mi sto avvicinando ai 60 anni e la forma fisica non è più delle migliori. In futuro, farò quel che mi sarà possibile, continuando a dare il mio contributo al mondo della pallavolo“. 
    Zhu Ting – che quest’anno ha vestito la maglia del Tianjin – tornerà a giocare in Europa dopo le Olimpiadi? 
    “Al momento non ho modo di confermarlo, anche perché dipende dalla situazione legata all’epidemia“. 
    E per quanto riguarda il futuro di Li Yingying? 
    “Credo che farà le sue valutazioni in base alle esigenze del Tianjin, della nazionale cinese e alla crescita personale“. LEGGI TUTTO

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    Graziosi e Battocchio commentano a braccetto il derby tra Cantù e Bergamo

    Di Stefano Benzi
    Non capita più così spesso, soprattutto dopo una partita intensa, tesa e nervosa, che due allenatori chiacchierino amabilmente a fine gara tra di loro e si facciano intervistare insieme. Ma Libertas Cantù-Agnelli Tipiesse Bergamo è stata anche questo, uno 0-3 (23-25, 23-25, 23-25) bugiardo sotto l’aspetto dei valori che si sono visti sul campo perché raramente, soprattutto quest’anno, si è visto un risultato così netto con parziali così incerti. Una partita di rarissimo equilibrio, forse la più bella del campionato.
    È proprio Gianluca Graziosi, il coach che ha vinto, a “consolare” il collega Battocchio: “So bene che cosa significa perdere in questa maniera e posso soltanto fare i miei complimenti a Cantù per il suo livello di gioco. É una squadra che conosco bene e che ho visto giocare spesso… Ma mai come questa sera mi avevano messo in difficoltà e avrebbero forse meritato di più. Siamo stati scaltri, forse siamo più abituati a vincere e questo ci ha dato una mano. La partita è stata meravigliosa, una delle più belle a cui abbia avuto modo di assistere in questi ultimi anni“.
    Bergamo si è sempre trovata sotto ed è stata costretta a rimontare, con freddezza, pazienza e attenzione. E non sono sfuggiti alcuni momenti di nervosismo quando, soprattutto nel terzo set, Cantù è stata a un passo dal conquistare la frazione e cambiare le sorti dell’incontro. Finito il match tutto finisce e gli atleti giocano il loro terzo tempo sotto rete, chiacchierando, scattando selfie anche se per i brianzoli buttare giù l’amaro della sconfitta del genere è dura.
    “Brucia – ammette Matteo Battocchio – perché oggi abbiamo veramente giocato una grande partita e siamo stati molto bravi. Abbiamo avuto ancora difficoltà, ma abbiamo fatto di tutto per rendere loro la vita difficile. Ci sono mancati pochi dettagli in ognuno dei tre set, ma alla fine il dettaglio più importante è che loro sono oggettivamente più forti. Quando si fa sport questa è la prima cosa che devi riconoscere quando ti trovi di fronte un avversario del genere. Bergamo ha un grande futuro“.
    Se Cantù, ancora largamente incompleta, continua così, anche la Libertas ha tutte le potenzialità per concludere in crescendo. Con un ottimo Regattieri in regia al posto del palleggiatore estone Viiber che nel recupero non poteva giocare (la gara originariamente era precedente al suo ingaggio, siglato il 24 dicembre), Cantù ha molti rimpianti. Ma non riguardano la partita con Bergamo: “Se posso essere franco e un filino esplicito – dice Battocchio – sono davvero molto incazzato che ad alcune squadre sia stato concesso di recuperare le gare come volevano e a noi abbiano imposto di giocare ogni due giorni mandandoci al massacro. Così abbiamo buttato otto gare su ventidue, più di un terzo della regular season. È stata una cosa davvero inaccettabile“. LEGGI TUTTO

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    Alberto Cisolla, il futuro è in campo: “Mi diverto ancora troppo a giocare”

    Di Stefano Benzi
    È una regola un po’ fastidiosa: quando si vede un grandissimo talento estremamente giovane si chiede sempre se e quando farà il suo esordio. Quando ci si confronta con un giocatore veterano, con tante battaglie alle spalle, gli si chiede quando deciderà di smettere. Sembra che l’unica notizia che conta sia la pensione. E invece la notizia che riguarda Alberto Cisolla è che la pensione può attendere.
    Altra cosa spietata, si snocciolano i dati: a cominciare dagli anni. Per lo schiacciatore i prossimi sono 43 (a ottobre), più di trenta dei quali su un campo da volley, 26 a tempo pieno dalla giovanile della Sisley in poi. 17 stagioni in A1 (Treviso, Lube, Roma, Latina e Vibo) e 7 in A2 (Ortona e Brescia, dal 2015 a oggi). Quest’anno Cisolla festeggerà 25 anni di Serie A: esordio a Montichiari nella vittoria della Sisley Treviso per 3-1 della terza giornata, era il 13 ottobre 1996. Il suo allenatore era il mitico Kim Ho Chul e il rally point system ancora non c’era.
    Quasi 400 partite in Serie A (381 per quelli precisi) e 3844 palloni nel campo avversario. Ma anche migliaia di riscaldamenti ed esercizi di stretching; a occhio e croce più di 20mila ore di palestra, tonnellate e tonnellate di pesi. Il tutto con qualche infortunio a corollario di un curriculum vitae impressionante.
    Ma Alberto Cisolla non sente la fatica: “È un lavoro, o meglio, bisogna considerarlo e definirlo tale – dice lo schiacciatore – ma io mi diverto ancora troppo. La mia più grande passione è diventata il mio lavoro. E chi vorrebbe mai rinunciare a uno stato di grazia come questo? È bello tornare in palestra, stare con ragazzi più giovani di me, dare qualche consiglio e offrire il mio contributo. Sicuramente le trasferte pesano, ma alla fine il saldo è attivo e non ho alcuna intenzione di rinunciare a tutto questo“.
    Foto Reporter Zanardelli
    L’atteggiamento di Cisolla in campo è esemplare. Basta un cenno o uno sguardo per rincuorare i compagni: “Ho avuto la fortuna di trovare sulla mia strada persone che mi hanno aiutato e insegnato tanto, e che trent’anni fa mi hanno curato con la stessa attenzione. Bernardi, Gardini, Tofoli, Zorzi… È un patrimonio che fa parte del mio DNA, e come tale lo passo ai ragazzi più giovani che mi circondano“.
    Il primo che non vuole sentire parlare di possibile ritiro per Cisolla è il suo tecnico, Roberto Zambonardi: “Cisolla deve rassegnarsi, perché se dipende da noi starà in campo ancora per un bel pezzo. Brescia non gli dirà mai basta – dice l’allenatore della Gruppo Consoli Centrale del Latte – per noi è un campione. Ci offre un punto di vista, un’esperienza e un atteggiamento che sono diventati irrinunciabili. Dal punto di vista tecnico e tattico è ancora uno dei più forti, uno che può fare la differenza. Gli siamo riconoscenti e siamo solo felici del fatto che il nostro ambiente, per lui, sia ancora quello ideale“. LEGGI TUTTO

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    Elizabet Inneh-Varga, la grande speranza dell’Ungheria

    Di Alessandro Garotta
    La pallavolo ha una storia relativamente giovane, i movimenti nazionali che più l’hanno nutrita hanno avuto alti e bassi nei circa 120 anni della sua esistenza, ma quasi nessuno di loro è davvero scomparso. Quasi nessuno ha vissuto un declino tale da non poter essere più considerato competitivo per decenni in un torneo internazionale. Tra le pochissime eccezioni troviamo l’Ungheria. 
    Magari qualcuno ricorderà la selezione femminile ungherese di Ágnes Torma, Éva Sebők-Szalay e Gyöngyi Bardi-Gerevich a cavallo degli anni ’70 e ’80, proprio come si fa con le civiltà perdute e le epoche storiche così lontane nel tempo da risultarci indecifrabili. L’ultima volta che questa Nazionale si è qualificata alle Olimpiadi era il 1980 e non era stato ancora introdotto il sistema 5-1 (un solo alzatore); l’ultima volta che si è spinta fino al podio europeo era il 1983 e non era ancora crollato il muro di Berlino.
    Negli ultimi trent’anni, però, il paese ha praticamente smesso di produrre grandi talenti, come se avesse all’improvviso disimparato una cosa che gli riusciva con naturalezza. Ma oggi c’è una nuova speranza: si chiama Elizabet Inneh-Varga, è l’opposta del Fatum-Nyíregyháza e un giorno sogna di vestire la maglia dell’Ungheria per riportarla sulla mappa del volley mondiale. Prima, però, deve attendere che si risolva la contesa tra la Federazione magiara e quella della Romania, paese in cui è nata e che rivendica la sua nazionalità sportiva. Nel frattempo, la giovane giocatrice si è espressa in esclusiva ai microfoni di Volley NEWS. 

    Ci racconti qualcosa di lei. Chi è Elizabet Inneh Varga? 
    “Sono una ragazza di 21 anni, nata a Budapest, e cresciuta tra la capitale ungherese e Oradea in Romania. Sono un po’ timida con le persone che non conosco, ma allo stesso tempo molto cordiale. Cerco di essere sempre diligente e dare il massimo in tutto quello che faccio, soprattutto per quanto riguarda la pallavolo“. 
    Come ha scoperto il suo talento per il volley? 
    “Ho iniziato a giocare a 11 anni, dopo aver provato un sacco di altri sport, come l’atletica, la pallamano e il basket; però, il volley aveva qualcosa di speciale e mi piaceva di più. Da quel momento la mia passione è diventata più grande giorno dopo giorno. Ricordo bene i miei primi tornei, la prima volta a vedere una partita delle ‘grandi’ di A2 al palazzetto, ma soprattutto ricordo che non mi perdevo le partite trasmesse in TV per nulla al mondo: ammiravo quelle giocatrici e il mio sogno era di diventare brava come loro. Così ho cominciato a prendere la pallavolo molto seriamente e non mi sono mai fermata“. 
    È considerata un grande talento: per lei è uno stimolo a fare sempre meglio? 
    “Sicuramente fa piacere questa buona considerazione, ma io cerco sempre di dare tutta me stessa indipendentemente dalla partita o dagli stimoli esterni“. 
    Come mai non è ancora stata convocata nella selezione ungherese? C’è una ragione particolare? 
    “Il mio percorso come giocatrice è iniziato in Romania e al momento la mia Federazione di Origine è quella rumena; tuttavia, spero presto di avere l’onore e l’opportunità di rappresentare il mio paese natale, l’Ungheria“.  
    Qual è la sua migliore qualità quando è in campo? E dove crede di poter migliorare?
    “Sono una persona molto positiva, quindi cerco sempre di sostenere e aiutare le mie compagne, mettendo la squadra prima di tutto. Penso di avere grandi margini di miglioramento in tutti i fondamentali, senza dimenticare che l’aspetto mentale è altrettanto importante: a volte, mi capita di innervosirmi troppo prima delle partite, ma per fortuna sto imparando a gestire queste situazioni“. 
    Questa è la sua quarta stagione al Fatum Nyíregyháza. Come si trova e quali sono le sue sensazioni dopo questa prima parte di campionato ungherese? 
    “Sono molto contenta di far parte di questo club: qui ho trovato una seconda famiglia e vissuto tanti bei momenti. Per quanto riguarda il campionato, abbiamo avuto un buon avvio e siamo al secondo posto, avendo perso solo una volta. In generale, c’è grandissimo equilibrio, con tante squadre dello stesso livello: ogni partita è interessante e avvincente“. 
    Qual è stato il momento più bello della sua carriera finora? 
    “Conservo nel mio cuore tanti ricordi positivi legati alla pallavolo, ma se proprio dovessi sceglierne qualcuno direi le vittorie della Coppa di Ungheria con la mia squadra nel 2018 e nel 2019. In quelle occasioni ho provato emozioni indescrivibili“. 
    Dove si vede tra cinque anni? 
    “Ora è difficile da dire, ma senza dubbio farò del mio meglio per fare più strada possibile nel prosieguo della mia carriera“. 
    Un sogno nel cassetto? 
    “Il mio sogno più grande è arrivare a giocarmi un titolo in una fase finale di una competizione internazionale o un campionato importante“.  LEGGI TUTTO