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    Alessia Arciprete carica Roma: “Saremo la rivelazione del campionato”

    Di Alessandro Garotta La preparazione, solitamente, è la fase più intensa della stagione e anche quella più importante: oltre a preparare il fisico per il campionato che verrà, è occasione per cementare il gruppo, soprattutto se è in parte nuovo, come nel caso della neopromossa Acqua & Sapone Roma Volley Club. E così viene naturale chiedere lumi ad Alessia Arciprete, ormai veterana della squadra: la schiacciatrice è giunta alla terza stagione in maglia giallorossa, ed è una delle cinque confermate della fantastica cavalcata che ha portato la società capitolina in Serie A1.  Sono ormai trascorse le prime settimane di preparazione: le chiedo un primo bilancio. Che cosa avete fatto nello specifico? “Si sa che la preparazione è sempre molto faticosa, ma allo stesso tempo divertente. In particolare, noi abbiamo cominciato con gli allenamenti sulla sabbia, alternato sedute in sala pesi e piscina per poi tornare in palestra, nel nostro habitat naturale“.  L’Acqua & Sapone Roma ha cambiato – almeno in parte – volto e pelle rispetto alla scorsa stagione, con cinque di voi riconfermate e diversi acquisti. Cosa ne pensa della nuova squadra? “Con le compagne della passata stagione c’è sempre stata una bella alchimia e sono felice di poter condividere con loro questa esperienza in A1. Il nuovo gruppo si sta piano piano formando: siamo tutte grandi lavoratrici e questo è positivo“. Foto Morris Paganotti/Roma Volley Club Novità anche in panchina. Come si trova a lavorare con Stefano Saja? Che tipo di allenatore è?  “Dopo queste prime settimane, posso dire che Stefano è un allenatore preciso. Ci tiene a mantenere sempre una certa attenzione e un determinato ritmo durante gli allenamenti, come giusto che sia; ci fa lavorare molto in palestra, e questa cosa mi piace parecchio“.  Qual è il vostro obiettivo per questa stagione?  “Tra i nostri obiettivi ci sarà quello di dare il massimo ad ogni partita per cercare di raccogliere i frutti dell’impegno in allenamento“.  La Serie A1 2021-2022 si preannuncia di altissimo livello ed equilibrata. A suo giudizio, quali sono le squadre favorite per giocarsi la vittoria dello Scudetto? Chi, invece, sarà la grande rivelazione?  “Molte squadre sono ben attrezzate per disputare una grande stagione: sicuramente Conegliano e Novara promettono bene. Se poi mi chiede quale sarà la grande rivelazione le rispondo: noi!“.  Foto Morris Paganotti/Roma Volley Club Torna a giocare nella massima serie dopo tre anni in A2. In quali aspetti pensa di essere cresciuta maggiormente?  “Sono maturata molto come persona, ho maggiore consapevolezza e più strumenti per affrontare un campionato di altissimo livello che richiede tante energie. Non vedo l’ora di iniziare e divertirmi in questa nuova stagione“.  La sua esperienza a Roma: qual è stato il momento più bello che ha vissuto con la maglia giallorossa?  “Il momento più bello è anche l’ultimo in ordine di tempo: la promozione in A1. Non c’è cosa più bella di lavorare tanto per un obiettivo, e poi raggiungerlo“.  In chiusura, quali sono i suoi sogni nel cassetto per il futuro? “Nell’immediato futuro vorrei potermi ritagliare un posto nella massima serie: penso che il duro lavoro venga sempre ripagato“.  LEGGI TUTTO

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    Davide Mazzanti, dalla crisi al sogno: “Ma la svolta l’hanno data le ragazze”

    Di Eugenio Peralta L’emozione è quella delle prime volte storiche, ed è di quelle che non si dimenticano più. Anche perché l’Italia, intesa come pallavolo femminile e anche maschile, non vinceva un torneo internazionale di primo piano da ben 10 anni, dalla lontana World Cup del 2011, quando Davide Mazzanti si esercitava a conquistare lo scudetto in quel di Bergamo. Adesso per il CT, dopo una via crucis estiva fatta di aspettative non soddisfatte e valanghe di insulti via social, è finalmente il tempo del sorriso e della festa. Festa che si è celebrata nella sua Marotta, dove domenica Mazzanti ha addirittura sfilato per le vie del centro a bordo di una Cinquecento azzurra (qui il servizio del TGR Marche), insieme al compaesano e vice Matteo Bertini, per ricevere l’abbraccio della sua gente. Com’è nata questa singolare idea? “Mi era rimasta impressa la festa organizzata per la judoka Lucia Morico, anche lei di Marotta, quando vinse la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atene 2004. Lei sfilò per la città a bordo di un Ape Car e mi sono sempre detto che sarebbe stata una figata rifarlo… E in effetti è stato divertentissimo. È sempre bello festeggiare con le persone, incontrare i tifosi all’aeroporto, ma è ancora meglio farlo con la gente accanto a cui sei nato e cresciuto. Non avevo mai vissuto questa sensazione di condivisione in modo così forte, ho la pelle d’oca a raccontarlo“. Che sensazione si prova a portare a casa una vittoria così “pesante”? “È stata importante per il movimento, che attendeva già da un po’ di tempo, ma anche per il percorso che abbiamo compiuto come squadra. Dal 2017 a oggi abbiamo sempre ottenuto risultati importanti, il fatto di essere sempre stati nell’élite e di essere riusciti a vincere è qualcosa di speciale. Nella mia testa c’era da sempre il sogno di salire sul podio e ascoltare l’inno: nei club è bello, ma indossando la maglia dell’Italia lo è ancora di più. E poi c’è il fatto che questa volta la nostra bandiera era sopra a quella serba…“ Già, la Serbia: un tabù finalmente cancellato. “Certo, aver vinto in quel modo in casa loro è stato emozionante. Ma devo dire che quando ho visto i volti di tante ragazze serbe e dello stesso Terzic dopo la cerimonia ho provato un profondo rispetto, pensando che spesso siamo stati noi nella loro situazione. E vincere è stato così bello proprio perché loro ci avevano messo tante volte in difficoltà in passato“. Foto CEV Dopo le Olimpiadi lei ha fatto molte scelte coraggiose, confermando alcune scelte e modificandone altre. Qual è stato l’aspetto che le ha creato più problemi? “Quello mentale. Quando siamo tornati in Italia abbiamo fatto grandi allenamenti a Roma, si vedeva una bella pallavolo, ma la tristezza delle Olimpiadi aleggiava ed era difficile ritrovare la consapevolezza dei nostri mezzi. L’umore del gruppo non migliorava e non ci aiutava ad avere costanza di rendimento, quella che ci è mancata anche nella prima fase degli Europei. Lo sforzo più grande è stato proprio quello, riprendere consapevolezza. Io però ho soltanto modificato qualche dettaglio nel gioco, ho puntualizzato due o tre cose, ma abbiamo continuato a prepararci come prima“. E allora da dove è partita la svolta? “Sicuramente dalle ragazze, che dal primo giorno di ritiro di quest’anno hanno lavorato insieme come gruppo e hanno sempre continuato a farlo. Tantissimo merito va a loro: io ci ho messo soltanto l’idea tattica, ma non avevo le parole giuste per eliminare quella tristezza, avevo solo la pallavolo. La capacità di resistere alle difficoltà e alla delusione l’hanno avuta loro, nel modo di stare in campo, e loro hanno ritrovato la costanza di rendimento. Non è una sviolinata: davvero, in questa connessione che hanno ritrovato tra di loro c’erano tutta la rabbia e la voglia di rivincita del dopo-Tokyo. Molti mi hanno detto: hai rivoluzionato, hai ribaltato… ma io non mi sento di aver ribaltato nulla, le giocatrici hanno ottenuto qualcosa di importante“. Foto CEV Qualcosa però avrà pure detto, perché in finale si è vista davvero un’Italia diversa da quella dei Giochi. “Ma anche le Olimpiadi sarebbero potute andare in un altro modo, con due o tre palloni diversi contro gli Stati Uniti. Il confine tra un risultato positivo e uno negativo è sempre molto sottile: sono i dettagli che ti fanno vincere o perdere. Spesso quando vinci non fai meno errori di quando perdi, solo che in quel caso non li devi spiegare! Detto questo, è vero che con la Serbia a Tokyo qualcosa non andava: anche quando eravamo punto a punto ci sembrava di rincorrere sempre, perché non riuscivamo a tenere il loro ritmo. Io ho cercato di dare alle ragazze un’idea diversa, quella di pensare meno a cosa fare e più a come farlo“. Quindi, a mente fredda (o quasi), qual è per lei il bilancio di quest’estate azzurra? “Le sconfitte sono come i lutti: si elaborano, ma non si eliminano. Adesso mi godo un risultato che mancava da un sacco di tempo, che fa bene a noi e al movimento. La sconfitta delle Olimpiadi però ce l’ho dentro, le ho detto di stare buona lì, che ci metto le mani in inverno. La utilizzerò soprattutto per me, perché mi ha lasciato una brutta sensazione, un po’ come dopo Piacenza (da cui fu esonerato nel 2012-2013, n.d.r.). Io sono uno che si mette in discussione sempre e soprattutto quando perde, non tanto come allenatore ma come persona: lo farò anche questa volta, sarà un inverno tosto“. Foto CEV La vittoria agli Europei però si inserisce in un anno indimenticabile per lo sport italiano: atletica, calcio, tennis, basket… Si sente parte di questi successi? “Certo, è stato un anno d’oro, che mi ha lasciato una sensazione ambivalente. Da un lato vedo che ci sono sempre più eccellenze, anche giovanissime, che mi stupiscono per atteggiamento, dedizione e qualità. Succede perché la nostra società è molto selettiva e crea eccellenze con sempre maggiore anticipo rispetto a qualche anno fa. Questo, d’altra parte, significa che avremo sempre più atleti ad alto livello, ma anche più persone che saranno in difficoltà perché non riescono a raggiungerlo: la forbice tra chi arriva e chi no si sta allargando in modo importante. Insomma, questa precocità rischia di tagliar fuori chi ha bisogno di più tempo per emergere“. È un problema soltanto italiano? “Credo che sia un problema dello sport in generale, ma in Italia abbiamo una società particolarmente selettiva con i giovani. Siamo troppo critici con loro, li mettiamo sempre sotto forte stress. Per questo credo che vada aggiunto qualcosa ai nostri sistemi didattici: dovremmo insegnare, in palestra ma anche a scuola, ad avere un maggiore senso critico. I contenuti ci sono e sono tanti, ma bisogna che i giovani imparino a distinguere quello che è davvero importante da ciò che non lo è“. LEGGI TUTTO

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    Yossiana Pressley, talento e spiritualità: “Gioco a volley per onorare Dio”

    Di Alessandro Garotta Il campionato NCAA femminile fornisce sempre buoni motivi per essere seguito. Un po’ perché è il primo palcoscenico realmente competitivo delle protagoniste del team USA del futuro, e la loro evoluzione attira sempre molto interesse; un po’ per la grande tradizione all’interno di ogni ateneo, con i suoi miti e le sue peculiarità; un po’ perché sì, la pallavolo non sarà al livello di quella dei campionati europei più importanti, ma di sicuro è intensa ed emozionante.  Perciò, in avvio della fall-season 2021, Volley NEWS vuole portarvi alla scoperta di una delle promesse più interessanti: la schiacciatrice Yossiana Pressley, che con le Baylor Bears si è guadagnata la luce dei riflettori con prestazioni da urlo, capacità atletiche fuori dal comune e numeri da vera leader. Yossiana, innanzitutto raccontaci come ti sei appassionata alla pallavolo.  “Sono cresciuta provando diversi sport. Per esempio, non mi piaceva il basket, perché non sopportavo il contatto fisico, ed ero terribile come giocatrice. Non volevo fare sport all’aria aperta perché non amavo stare fuori. E così è stata mia zia a farmi incontrare il volley; nonostante che all’inizio fossi un po’ impacciata, la scintilla non tardò a scattare. Mi chiedevo ‘da dove viene questo sport?’. Chiaramente era divino. Mi ero appassionata a tal punto che il mio desiderio di migliorare diventava ogni giorno più forte. Era l’unica cosa che mi trasmetteva la sensazione di essere al posto giusto“. Quali sono stati i passaggi fondamentali della tua crescita come giocatrice?  “Ho iniziato a giocare da centrale nel ‘junior varsity team’ del mio liceo (Cypress Falls HS, n.d.r.), anche se quel ruolo non mi piaceva. Siccome non stavo crescendo molto in altezza, l’estate successiva ho deciso di spostarmi in banda ed essendo migliorata molto grazie a tanto allenamento sono passata in prima squadra. Ero un vero ‘topo da palestra’: ogni volta che mi era possibile andavo ad allenarmi, anche nei giorni di riposo; in quel periodo penso di aver passato la maggior parte del tempo proprio in palestra. Arrivata al college, ero già a un buon livello. Poi coach Ryan McGuyre, coach Jason Williams, coach Sam Erger e l’intero staff di Baylor mi hanno aiutato a crescere ulteriormente sia come giocatrice sia come persona: sono stati importanti in tutti gli aspetti, anche per la mia crescita spirituale“.  Foto Baylor Athletics Quanto è stata importante la tua abilità nel salto per ambire a giocare ai massimi livelli? “Estremamente importante! Per essere una schiacciatrice non sono altissima (183 cm, n.d.r.), ma questa mia abilità ha catturato l’attenzione di un sacco di allenatori: penso che mi abbia aiutato ad essere reclutata in uno dei college delle Power 5 conference“. Nel novembre 2019, SB Nation ha pubblicato un articolo intitolato “La giocatrice di Baylor Yossiana Pressley è il motivo per cui tutti dovrebbero guardare più pallavolo”. Cosa significa questo per te? È una motivazione a fare sempre meglio?  “Non la considero una motivazione in più, ma semplicemente qualcosa di straordinario per il volley in generale. Questo sport riceve meno attenzione di quella che meriterebbe e perciò è fantastico che la gente mi consideri un motivo per cui seguirlo. Giocare ai massimi livelli è un grande sogno, ma io lo faccio solo per Dio. Tutto ciò che ne consegue è straordinario e quindi cerco di mettere a frutto i mezzi che mi ha donato per glorificarlo“. Come descriveresti la tua esperienza a Baylor?  “È un’esperienza incredibile, un’avventura così straordinaria che non avrei potuto immaginare in nessun altro posto. Anche se ho dovuto affrontare diverse sfide e avversità, non cambierei per nulla al mondo ciò che ho vissuto a Baylor. E la cosa più bella è dedicare la mia vita a Cristo. Trovo semplicemente fantastico giocare per qualcosa che è più grande di me“.  Hai iniziato il tuo quinto anno a Baylor. Come mai hai deciso di tornare per questa stagione?  “Il fattore che mi ha spinto a tornare per il quinto anno di college è rappresentato dalle mie compagne di squadra. La scorsa stagione è stata molto strana per via del Covid e non volevo dire addio a Baylor in quel modo. Avevamo un buon record, ma volevo un’altra possibilità di vincere il campionato nazionale. E so che se diamo tutte noi stesse – mente, anima e corpo – potremmo farcela a raggiungere questo obiettivo. Inoltre, mi piacerebbe lasciare una mia ‘legacy’ qui. Certo, le scorse annate sono state ottime, ma sogno di tagliare un traguardo ancora più grande e fare qualcosa di importante così da poter glorificare ancora di più il Signore. Ciò che ha fatto Nicole Thomas (centrale di Baylor dal 2016 al 2020, n.d.r.) nella Final Four nel 2019 è stata per me una grande fonte di ispirazione: nonostante la sconfitta, tutti parlavano di Baylor e di quanto questo team fosse a suo agio a lodare Dio. Ecco perché voglio farlo di nuovo. Avere questa opportunità significa tutto per me“. Foto Baylor Athletics Quali sono le tue aspettative per questa stagione? “Onestamente, non ne ho. Abbiamo solo intenzione di fare del nostro meglio, giocare insieme per il Signore e vedere cosa ci riserva“. Quali sono i tuoi sogni e obiettivi per il futuro?  “Il mio obiettivo è quello di andare a giocare oltreoceano e partecipare alle Olimpiadi. Voglio rappresentare gli Stati Uniti e vestire la maglia del Team USA: sono disposta a tutto per raggiungere questo traguardo, ma se non è nei piani che Dio ha per me, così sia. Farò tutto ciò che è in mio potere per realizzare il mio sogno; e se non ce la dovessi fare, almeno ci ho provato“.  Insieme ad altri student-athletes hai scelto di usare le tue piattaforme social per sensibilizzare alla lotta per la giustizia sociale. Come si è avvicinata al movimento Black Lives Matter? E in che modo ti ha ispirato ad agire? “Sono una ragazza di colore e la mia famiglia è di colore. Personalmente mi spaventa che mio padre, mio fratello o qualunque altra persona come loro possano essere vittime di ingiustizia sociale e violenza da parte della polizia. Sapendo di avere una piattaforma social e di poterla usare per veicolare un certo messaggio, perché stare in silenzio? Lo vedo come un mio dovere, oltre ad essere una tematica che mi sta a cuore“.  Cosa può fare lo sport per aiutare a superare le disuguaglianze razziali?  “Dobbiamo mettere insieme le nostre forze e unirci come se fossimo un tutt’uno, a prescindere da quello che è l’aspetto esteriore di ciascuno di noi. Perché dentro siamo tutti uguali. Certo, ognuno ha la propria personalità, il proprio carattere, i propri valori e costumi, ma in fondo siamo tutte persone“. Un’ultima curiosità. Com’è Yossiana Pressley fuori dal campo? “Yossi è una ragazza solare sia dentro sia fuori dal campo. Mi piace divertirmi. E che le persone attorno a me si sentano ben volute e apprezzate. Amo stare tra la gente, fare passeggiate con altre persone, prendere con loro un caffè o semplicemente dire loro che le penso. Ho diversi hobby, anche se probabilmente dormire è il mio passatempo preferito. Mi piace il paddleboarding, la pesca e trascorrere momenti piacevoli in compagnia dei miei amici“. LEGGI TUTTO

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    Hena Kurtagic, next big thing della Serbia: “Il mio idolo è Stefana Veljkovic”

    Di Alessandro Garotta Quasi tutte le nazionali nella loro storia hanno avuto almeno una “generazione d’oro”, ovvero un gruppo di giocatori nati nello stesso periodo e capaci di emergere ad alti livelli. Questo sembra il caso della Serbia femminile, che sotto la guida del CT Zoran Terzic è diventata una vera e propria corazzata grazie a campionesse del calibro di Tijana Boskovic, Jovana Brakocevic, Maja Ognjenovic e Stefana Veljkovic, e ora attende l’esplosione di talenti dal grande potenziale come Katarina Lazovic, Maja Aleksic e Bojana Milenkovic per continuare a dominare la scena mondiale. Nomi ai quali potrebbe aggiungersi presto anche Hena Kurtagic. L’hype che ormai si è creato intorno alla centrale (classe 2004) dell’OK Tent Obrenovac sembra ampiamente giustificato, sia per quello che ha dimostrato a livello giovanile – e gli ultimi Mondiali Under 20 sono l’ennesima conferma – sia per i margini di crescita che paiono ancora tanti e in grado di prendere direzioni molto diverse. Nell’attesa che scriva il suo futuro, vi portiamo alla scoperta di questa talentuosa giocatrice. Hena, innanzitutto ci racconti come ti sei avvicinata alla pallavolo?  “Mi sono appassionata alla pallavolo a 13 anni perché volevo un voto alto in educazione fisica a scuola. Non so cosa sia successo dopo, ma eccomi qui… Probabilmente era destino“. Come ti spieghi una crescita così veloce?  “È vero, la mia carriera ha fatto grandi passi nel giro di poco tempo. Penso sia perché gli investimenti per la pallavolo e il livello degli allenamenti in Serbia sono di altissimo livello. E ovviamente il duro lavoro paga sempre“. Foto OK Tent Obrenovac C’è una giocatrice a cui ti ispiri?  “Certo, il mio idolo è Stefana Veljković-Lisinac. È una gran lavoratrice, sempre determinata e concentrata sui suoi obiettivi. Un giorno mi piacerebbe diventare come lei, anche se in generale io sono una giocatrice più ‘tranquilla’ in campo“.  Invece com’è Hena fuori dal campo?  “In realtà, non c’è una Hena al di fuori della palestra (ride, n.d.r.). Per adesso ho solo un chiodo fisso in testa: pallavolo, pallavolo e ancora pallavolo!“. Nonostante la giovanissima età, hai già avuto l’occasione di lavorare con la nazionale maggiore.  “È stata un’esperienza straordinaria, anche perché ero la più giovane del gruppo: avere la possibilità di giocare insieme alle migliori giocatrici al mondo non capita tutti i giorni, è qualcosa di unico“. Foto OSSRB Qualche settimana fa, hai vinto la medaglia d’argento ai Campionati Mondiali Under 20. Hai qualche rimpianto per la finale persa contro l’Italia?  “Siamo arrivate seconde, ma io e le mie compagne abbiamo dato il massimo in tutte le partite. Penso che non dobbiamo avere rimpianti perché abbiamo dimostrato di essere un’ottima squadra, anche se l’Italia è stata più brava di noi in finale“.  Cosa hai provato quando sei stata inserita nel dream team del torneo come Miglior Centrale?  “È stato un grande piacere ricevere questo riconoscimento; allo stesso tempo, lo vedo anche uno stimolo che mi spinge a lavorare sempre di più e giocare sempre meglio“. Dopo un’estate impegnativa in nazionale, sei tornata all’OK Tent Obrenovac per preparare la nuova stagione. Come ti trovi lì?  “Sono felice di giocare per questo club: ogni momento vissuto qui finora è stato speciale. Ora stiamo preparando la nuova stagione e come sempre è una fase delicata e importante“. Foto OK Tent Obrenovac Quali sono le tue aspettative per quest’annata?  “Al momento, ho solo un obiettivo: vincere nuovamente il titolo nazionale (ha vinto lo scudetto serbo nella stagione 2019-2020, n.d.r.)”.  Qual è il sogno nel cassetto per la tua carriera?  “Il mio sogno più grande è senza dubbio di vincere la medaglia d’oro alle Olimpiadi. E – com’è noto – tutti i nostri sogni si possono avverare!“. LEGGI TUTTO

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    Finoli e l’obiettivo della sua Bergamo: “Realizzare quel sogno chiamato Superlega”

    Di Roberta Resnati È stato e sarà sicuramente uno dei protagonisti principali del secondo campionato nazionale, il regista che tutti invidiano e che tutti vorrebbero a dirigere l’attacco di ogni squadra. Juan Ignacio Finoli, palleggiatore dell’Agnelli Tipiesse Bergamo, si racconta ai nostri microfoni dopo la prima annata nella città orobica. Stagione alla quale è mancata solo la ciliegina della promozione ma che ovviamente il classe ’91 considera positiva. Stesso argentino che inoltre ha vinto meritatamente anche il premio di Mvp della prima edizione di Supercoppa. La partita di Finale di Supercoppa a Taranto come è stata? Anche se Taranto poteva essere “appagata” dalla promozione non era assolutamente una partita scontata…“La finale di Supercoppa è stata sicuramente una partita molto speciale da giocare, si è giocata una bella pallavolo, una pallavolo di alto livello e disputare delle competizioni così è sempre bello, sono esperienze che ti danno qualcosa in più. Per noi poi era molto importante per come avevamo finito i playoff, rimane ovviamente l’amarezza per la sconfitta ma chiudere con una vittoria fa bene a tutti, fa bene all’anima e aiuta anche a sottolineare che la strada è quella giusta e bisogna continuare a lavorare e prepararsi per i momenti importanti”. È stata una stagione difficile: avete avuto praticamente tutti il covid che ha obbligato la squadra a fermarsi, avete fatto tante trasferte lunghe tipo quella di Lagonegro in pullman.. che anno è stato da quel punto di vista?“È stato l’anno più lungo della mia carriera perché abbiamo iniziato il 3 di Agosto e abbiamo finito da poco, ed è stata veramente tosta per la situazione mondiale. Sono contento che siamo comunque riusciti a giocare e a fare il nostro lavoro, anche se senza pubblico. Vorrei ringraziare, per questo, la società di Bergamo e la Lega che hanno portato avanti questo campionato e sono ancora più felice che, nonostante tutto, siamo riusciti a fare del bel gioco”. È forse stato anche per questo motivo, per tutti i divieti e le restrizioni, che vi siete uniti così tanto e siete diventati un bellissimo gruppo e una Squadra con la S maiuscola?“La situazione in generale ha aiutato molto ma penso che fin dall’inizio eravamo una bella squadra, un bel gruppo e delle belle persone. È difficile da rifare, ci sono dei gruppi “unici” e siamo molto contenti di aver fatto dei risultati e di essere anche cresciuti come squadra“. Quanto era importante per un gruppo così chiudere con il sorriso la stagione?“Sicuramente importante ma anche molto difficile, perchè uscire ai quarti con Brescia è stato un colpo molto duro, quindi affrontare la finale Taranto nel modo in cui l’abbiamo fatto mi ha reso ancora più fiero della mia squadra”. Oltre al secondo trofeo anche il premio di mvp. Cosa significa per te?“Ovviamente sono molto contento e ringrazio tutti per il premio ricevuto nella finale di Supercoppa, lo vedo come un segnale che aiuta a capire che si sta andando per la strada giusta.Penso che a tutti piaccia ottenere un riconoscimento individuale, personalmente però sono molto più contento ed orgoglioso delle cose che siamo riusciti a costruire ed ottenere nel percorso di questa stagione. Preferisco di più vedere che la mia squadra gioca bene e si diverte rispetto ad un premio”. C’è una foto di quando sollevi il premio dove si vedono i tuoi compagni quasi più felici di te, è stato questo il segreto di questa Agnelli Tipiesse? Divertirsi e gioire con e per gli altri?“Ci sono stati un paio di fattori che hanno fatto che questa squadra sia così unita e abbia una felicità reciproca per tutti quanti. È stato questo l’asso nella manica secondo me.In quella foto si vede questo senso reciproco di felicità. La mia felicità è anche la loro felicità, e la loro felicità è anche la mia”. (Foto: Legavolley) Che voto dai alla vostra e alla tua stagione?“Il mio giudizio alla squadra è senza ombra di dubbio un 9,5, non un 10 solamente per l’uscita ai quarti. A me invece do un 8.5, si può sempre fare di più”. A Dicembre ti avevo chiesto palla preferita in generale, ora ti posso chiedere la palla che ti sei trovato meglio a giocare a Bergamo“La palla che mi sono sentito “più addosso” quest’ anno sono senza dubbio tutte quelle alzate a JJ (Jernej Terpin, anche lui confermato), in qualsiasi posizione“. Neanche 48 ore dopo che era caduto l’ultimo pallone e ti abbiamo visto su un campo di beach arrivare secondo ad un federale proprio con il tuo compagno di squadra Mancin, potrebbe esserci un Finoli beacher nel futuro?“Il beach volley è una passione che porto dalla mia infanzia, purtroppo quando ho iniziato professionalmente a giocare indoor verso i 15/16 anni ho dovuto lasciarlo ma sempre con la voglia di tornarci prima o poi perché è uno dei sport con cui sono cresciuto e mi piace tanto. Che ci sia nel futuro un Finoli beacher ? Perché no?! (ride ndr)” Ed ora vacanza e poi si ritorna a Cisano, come sarà la nuova Agnelli Tipiesse?“Troveremo una squadra già formata con alcuni acquisti importanti che ci permetteranno di continuare a lottare per traguardi importanti. Penso che questa Agnelli Tipiesse in confronto all’ anno scorso sarà ancora più aggressiva sul piano tecnico e caratteriale. Di sicuro proveremo a portar a termine quel sogno che vogliamo tutti e che ha un solo nome.. Superlega”. LEGGI TUTTO

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    Paolo Ingrosso torna accanto a suo fratello: “Ho bisogno di un giocatore così”

    Di Roberta Resnati Neanche cinque mesi fa l’intervento al ginocchio ed ora è già pronto per tornare sulla sabbia. Stiamo parlando di Paolo Ingrosso, beacher classe ’88, che proprio questo weekend è sceso in campo a Ravenna per il primo torneo “ufficiale” dopo il pit stop. Voleva capire come rispondeva il suo corpo, in particolare la parte operata, e le sue sensazioni; il responso è stato super positivo e quindi il giocatore non vede l’ora di tornare nel beach “che conta” targato tricolore. Sul campo 8×8 avrà accanto un compagno d’eccezione, il suo gemello Matteo. L’abbiamo intervistato proprio su questo grande ritorno. Come mai la scelta di tornare insieme?“È un anno e mezzo che non giochiamo insieme, avevamo fatto delle scelte diverse ma ho capito che ho bisogno di un giocatore come Matteo” Che tappe farete? Campionato italiano e.. ?Causa mia indisponibilità Matteo ha già iniziato a disputare il campionato italiano con Matteo Cecchini, noi inizieremo a giocare insieme a partire da Bellaria. Poi programmeremo con il nostro allenatore, Lucio Dattero e tutto lo staff, quali tornei e che programma fare. Sicuro Bellaria, Palinuro e Caorle poi vedremo.. Che obiettivi avete come coppia?“Il mio primo traguardo era quello di tornare in campo dopo lo stop. Ora, fortunatamente posso guardare oltre, ed è quello di giocare bene il campionato italiano perché il livello si è alzato. Molte coppie si stanno allenando da tutto l’anno per questo evento e quindi dobbiamo essere pronti ad una continua battaglia sulla sabbia“. Dove vi allenerete per prepararvi ai prossimi impegni?“Ci alleneremo a Playa Bonita, e ad Isla Bonita, bellissimi centri a Parma in cui abbiamo tutto a disposizione, anche la palestra“ Quanto è importante avere il proprio gemello accanto sulla sabbia in uno sport così?“È tanti anni che giochiamo insieme, ci conosciamo benissimo entrambi, Credo che tutti vorrebbero avere un compagno come Matteo, siamo arrivati ad un punto dove ci capiamo, abbiamo un legame stretto. Ci sono i pro e i contro di essere gemelli ma il fatto di tornare a giocare insieme e ad avere al mio fianco è un punto di forza senza dubbio“. Quanto è cambiato e in cosa il beachvolley da quando giocavate insieme?“Sicuramente qualcosa è cambiato, anche se nel circuito soprattutto mondiale molte coppie si sono divise e si sono messi con altri compagni creando un livello più omogeneo.” Un pensiero sulla nazionale di beach?“Siamo campioni d’Europa (ride, riferendosi al successo calcistico di Wembley ndr). Noi abbiamo giocato per quasi più di 10 anni, è stato un traguardo importante e lo sarà sempre. Vedremo nel futuro ma non dipende solo da noi, iniziamo a fare bene queste tappe e poi si vedrà..“ LEGGI TUTTO

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    Rientro da incorniciare per Francesca Ferretti: “La B2 è una categoria di lottatrici”

    Di Eugenio Peralta Dall’ultima palla alzata in una partita vera erano passati più di due anni, ma il tempo per Francesca Ferretti sembra essersi fermato. A 37 anni l’ex palleggiatrice azzurra è tornata in campo e ha ricominciato subito a fare la cosa che le riesce meglio: vincere. La conquista della promozione in serie B1, un traguardo tutt’altro che scontato per l’OSGB Volley Campagnola, non sarà il successo più prestigioso nella carriera della campionessa reggiana ma è senza dubbio uno dei più sentiti, anche per tutto quello che lo ha preceduto. A raccontarcelo è la stessa regista: “È stato un anno davvero molto anomalo, in cui si è giocato sempre con l’ansia di tamponi, controlli e possibili stop. Arrivare in fondo è stata già una bella impresa. Poi sicuramente il risultato ottenuto è una bella soddisfazione, perché è arrivato con un bel gruppo, che per di più ha dovuto mettersi alla prova dal punto di vista mentale: c’era sempre qualche intoppo, non si riusciva mai a chiudere una settimana senza problemi, e tenere alta la concentrazione è stata una gran fatica. Non a caso, appena caduta l’ultima palla, siamo crollate!“. Come si è trovata una campionessa europea e pluriscudettata in una categoria così diversa dalla serie A? “Io sono arrivata all’OSGB come una delle tante, non mi sono mai posta come una giocatrice di un’altra categoria, ma l’ho fatto perché questo è il mio carattere. Mi sono subito immedesimata nelle altre, anche perché alcune di loro le conosco bene. È chiaro che qui c’è un ambiente più familiare rispetto alla serie A: il nostro gruppo era molto eterogeneo, ma mi sono trovata bene a parlare con tutte, comprese le più giovani, che sono molto più spigliate di come eravamo noi alla loro età! Chiaro che, con gli impegni familiari e un figlio di cui prendermi cura, ho dovuto fare una programmazione particolare per incastrare tutto. Ma ne è valsa la pena, è stato anche un modo per ‘staccare’ dalla pandemia e per tornare in quello che considero sempre il mio ambiente“. A prima vista sembrerebbe una passeggiata fare la differenza in B2 per l’ex palleggiatrice della nazionale… “E invece non è affatto scontato, bisogna adeguarsi al ritmo e alle caratteristiche di questo campionato, che molte giocatrici conoscono da anni. Certo, è una pallavolo più lenta, però anche molto faticosa. In genere non hai l’attaccante che può farti la differenza da solo, ma la spunta chi ha il gruppo più forte: è una categoria di lottatrici. Quantomeno, per fortuna, quest’anno abbiamo avuto poche trasferte“. La cosa che l’ha colpita di più nella nuova categoria? “I derby! Non li avevo mai vissuti, e invece sono sentitissimi… In questa stagione ne avevamo ben 4 e si cominciava a parlarne fin dal lunedì prima della partita. Immagino cosa sarebbe successo se ci fosse stato il pubblico“. Foto OSGB Volley Campagnola Domanda inevitabile: adesso che la promozione è cosa fatta, pensa di continuare in B1? “Mi sono presa un po’ di tempo per decidere. In parte perché ho bisogno di staccare dopo un anno molto tosto, ma soprattutto perché voglio capire cosa fare da grande! In questo momento è la mia priorità, e non è facile, perché dopo tanti anni vissuti in questo mondo bisogna reinventarsi. C’è da dire che questa stagione per me è iniziata solo a febbraio, cominciare dall’inizio sarebbe molto più impegnativo e devo valutare bene“. Cambiamo completamente argomento: cosa ne pensa delle prestazioni della nazionale alla VNL? “Credo che sia andata bene. Era molto importante per queste giocatrici cimentarsi in partite che non fossero i classici impegni di campionato; gara dopo gara direi che hanno rotto il ghiaccio e mi sono piaciute. C’è stato spazio per tutte e si porteranno dietro un bel bagaglio di esperienza. Per quanto riguarda il gruppo olimpico, lasciarlo fuori è stata una scelta mirata al risparmio di energie: ci può stare, vista la durezza della competizione, e infatti non siamo stati gli unici a farla. Di positivo c’è che vedo un gruppo davvero molto unito“. Da ex azzurra, come giudica la scelta di cambiare capitano, preferendo Sylla a Chirichella? “Posso dire che Cristina è stata molto intelligente ad accettare la decisione del CT e a non commentarla. Per lei non dev’essere stato semplice. Capisco che Mazzanti abbia voluto mettere sullo stesso piano le 4 centrali, abbiamo tante giocatrici in quel ruolo e tutte di alto livello. Sono scelte difficili, ma tra persone intelligenti ci si parla e si trova sempre una soluzione“. LEGGI TUTTO

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    Paul Buchegger diventa turco: “Ma se ho un futuro lo devo a Modena”

    Di Stefano Benzi Non è stata una stagione facile per Paul Buchegger. L’infortunio al ginocchio, l’intervento chirurgico della scorsa estate, il lento recupero, il desiderio di giocare in una Leo Shoes Modena che lentamente stava migliorando e che ha concluso la stagione in crescendo centrando anche la qualificazione alle coppe europee. Ora Paul, austriaco di Linz, lascia l’Italia, la sua seconda casa, per andare a giocare ad Ankara con l’ambizioso Spor Toto, che ha messo sotto contratto anche Kawika Shoji e il polacco Artur Szalpuk, lo scorso anno a Varsavia. È il momento di pensare al futuro, ma senza dimenticare il passato: “Non posso scordare tutto il lavoro che ho fatto a Modena, la pazienza e il tempo che lo staff della squadra mi hanno dedicato, il modo in cui mi sono stati accanto in uno dei momenti più difficili della mia carriera. Certi infortuni possono essere devastanti anche da un punto di vista emotivo. Modena mi ha prima curato e poi aspettato con pazienza, senza forzarmi mai. Se ho un futuro e posso continuare ad esprimermi in questo sport al massimo livello lo devo a Modena“. Quello di Buchegger è stato un vero calvario. Un primo infortunio in nazionale nel 2018 dopo una stagione straordinaria: prima operazione. Poi, sempre in nazionale, un secondo infortunio. Altro intervento. Con non pochi problemi causati anche dalla pandemia: “Ora è finita – dice Paul – ne sono fuori e sono sereno. Tenevo molto a lasciare l’Italia con un sorriso e una bella notizia. Il quinto posto ha dimostrato che eravamo una squadra per alti traguardi e io nel finale sono riuscito anche a dire la mia“. Foto Modena Volley Due sole partite di regular season, quest’anno: un solo punto. Ma è come riaccendere la luce di una stanza buia e piena di spigoli. Ora la Turchia: “Per il momento l’impegno è di un anno, ma a Modena resto legato anche da un rapporto pratico. Continueranno a seguire il mio lavoro, il mio allenamento e il mio recupero. Ho parlato con lo staff che mi affiancherà: faremo una DAD… – dice scherzando e riferendosi a qualche consulenza a distanza, con telefono e chat – ormai mi fido di loro al 100%. Loro sanno tutto del mio ginocchio. È perfetto: e vogliamo che resti perfetto!“. L’Italia gli mancherà: “Cinque anni qui mi hanno completamente cambiato, ho vissuto qui dieci mesi all’anno e posso considerarmi quasi un italiano di adozione. Mi mancherà tutto: la lingua, la gente, la cucina. Ringrazio tutti e parto. Ma nel cuore spero un giorno di potere tornare…“. Paul Buchegger lascia l’Italia con quattro stagioni di Superlega all’attivo, dal 2017 al mese scorso: 52 partite, 558 punti, 458 dei quali marcati nella stagione 2017/18 con Ravenna. LEGGI TUTTO