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    Carlos Alcaraz riprenderà ad allenarsi nel mese di novembre. Possibile rientro già ad Abu Dhabi

    Carlos Alcaraz nella foto – Foto Getty Images

    Il numero uno del mondo Carlos Alcaraz è il grande assente delle ATP Finals dopo essere stato costretto a terminare bruscamente la sua stagione, ma il recupero dal problema addominale accusato a Parigi meno di due settimane fa sembra andare nel migliore dei modi. Il 19enne spagnolo, che si sta riprendendo dall’infortunio nella sua Murcia, non giocherà le finals di Coppa Davis la prossima settimana, ma si prevede che possa tornare ad allenarsi nel corso del mese di novembre, in tempo per partecipare ai Mudabala World Tennis Championships, un tradizionale torneo di esibizione che si tiene ad Abu Dhabi dal 16 dicembre. [embedded content] LEGGI TUTTO

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    Deconstructing Matteo. Recensione a “Berrettini. La forza del pensiero”, libro di Valentina Clemente e Marco Mazzoni

    Berrettini. La forza del pensiero

    È appena uscito il libro “Berrettini. La forza del pensiero”, di Valentina Clemente e Marco Mazzoni (Ultra Sport Edizioni, 2022, 168 pp), prefazione di Stefano Meloccaro. È disponibile in libreria e negli shop online.
    Pubblichiamo la recensione scritta dalla sapiente penna di Paolo Silvestri.

    Solo un anno dopo Momenti di gloria. Storia ed emozioni delle Olimpiadi, Valentina Clemente e Marco Mazzoni tornano ad unire le loro esperienze giornalistiche e le loro brillanti penne in Berrettini. La forza del pensiero (Ultra Sport ed. 2022), un minuzioso ritratto della punta di diamante della straordinaria new wave del tennis italiano maschile. Sanno, con intelligenza, agire come profondi conoscitori del mondo del tennis ma anche, con umiltà, come direttori d’orchestra che danno spazio ad altre voci, in un concerto polifonico di indubbio interesse. A cominciare da Stefano Meloccaro, a cui è affidata la prefazione, sono infatti moltissimi gli esperti che intervengono per contribuire a descrivere i punti forti ed i punti deboli del tennis di Matteo, la sua parabola evolutiva, le sue potenzialità, la sua fragilità fisica, la sua immagine pubblica, ma soprattutto il suo profilo psicologico ed umano, la forza del suo pensiero appunto, come recita il sottotitolo del volume.
    Non è un segreto che il tennis sia uno sport in cui l’aspetto mentale ha un ruolo determinante e, pertanto, un ritratto di un giocatore non può limitarsi ad analisi e valutazioni tecniche. In una intervista di un paio d’anni fa Berrettini sparava questa sorprendente risposta, che può spiazzare chi non lo conosce: “Come mi definirei? Profondo”. Ed effettivamente, sulla base di molte dichiarazioni sue e altrui, affiora il ritratto di un ragazzo intelligente, educato, amante della lettura e del cinema, sempre alla ricerca di risposte. E anche coraggioso, il che non significa, come ben sappiamo, immune da paure e insicurezze. Coraggioso è chi le paure e le insicurezze le sa superare con acume, umiltà forza e determinazione, come Berrettini ha sempre cercato di fare fin dall’inizio della sua carriera insieme al mental coach Stefano Massari, che affianca la guida tecnica di due grandi coach come Vincenzo Santopadre e Umberto Rianna.
    Un percorso di crescita tennistica e umana basato su lavoro, serietà e pazienza, e non esento da quel pizzico di distacco un po’ ironico e sornione tipicamente romano, capace di relativizzare tutto. Matteo, solo per fare un esempio, ama citare una frase che il suo primo maestro Vannini gli diceva prima dei match e che lo ha in qualche modo segnato: “Mal che vada perderai”. A me sembra una frase geniale e assai più profonda di quanto possa sembrare. A proposito di sconfitta, il tennista italiano in più di un’occasione ha parlato della sua utilità sostenendo che, per quanto possa bruciare, è parte necessaria del precorso di crescita di uno sportivo ma, aggiungerei, di qualsiasi essere umano. “Le sconfitte – dice Berrettini – sono più utili delle vittorie perché mi aiutano a imparare. Ho sempre vissuto più intensamente la delusione della sconfitta che la gioia della vittoria. È una cosa che ho sentito fin da giovane e su cui ho lavorato tanto […] Sono convinto al 100% che per arrivare in alto bisogna perdere. Se non provi quella delusione, quella voglia di rivalsa, è difficile che si possa eccellere in uno sport individuale come il tennis”. E lo dimostrano i tantissimi casi, vicini e lontani, di giocatori che hanno vinto tanto (troppo) da ragazzini e che, nel passaggio al professionismo, si sono visti impreparati alla sconfitta, fino a spegnersi.
    Dell’aspetto tecnico e mentale si occupa Marco Mazzoni nel capitolo iniziale Il tennis di Berrettini, con un percorso sulla sua carriera e un’analisi dettagliatissima delle sue principali “armi”, che sono poi i fulcri del tennis moderno (di cui Berrettini è senza dubbio un emblema) vale a dire il servizio e il dritto, nonché l’adattabilità alle diverse superfici e la solidità nella gestione tattica dei match. E lo fa condendo il suo discorso con decine di dichiarazioni di grandi nomi del tennis italiano e non, spettatori o in molti casi attori della storia tennistica e umana di Matteo: da Volandri a Colangelo, da Reggi a Bertolucci, da McEnroe a Wilander, da Santopadre a Massari, solo per citarne alcuni. Questo schema argomentativo è ripreso da Mazzoni nel secondo capitolo, intitolato Potenza e fragilità. Gli infortuni, purtroppo abbastanza esteso, dati i moltissimi problemi fisici di cui è stato vittima e che ne hanno spezzato ritmo e progressione, a cominciare dal più doloroso, quello che lo costrinse al ritiro nel match d’esordio alle ATP Finals dello scorso anno. Alle caviglie fragili si sono sommati il ginocchio, gli addominali, la mano, la schiena, un quadricipite… Predisposizione? Sfortuna? Squilibri nella preparazione fisica? Mali endemici del tennis moderno? Tensione emotiva? Mazzoni cerca una risposta a questi ed altri interrogativi, anche in questo caso con il supporto di noti esperti come per esempio Stefano Baraldo o Rodolfo Lisi.
    La seconda parte del volume, Un impatto visivo e psicologico, è affidato a Valentina Clemente che sonda, ricorrendo al formato dell’intervista a importanti nomi del mondo del tennis di diversi paesi, le impressioni personali sul Berrettini tennista (aneddoti, punti forti, limiti, prospettive, margini di miglioramento, ecc.) ma anche l’eco del Berrettini personaggio nelle rispettive culture di provenienza. Grossomodo la stessa griglia di domande, artificio utile proprio per confrontare le diverse opinioni su alcuni punti specifici, viene sottoposta a noti giornalisti, tecnici ed ex pro come Alessandro Nizegorodcew, Antoine Benetteau, Simon Cambers, Arnaud Cerruti, Tatiana Golovin, Mark Woodforde, Richard Waumsley, Sebastian Fest, conosciuti da Valentina Clemente “sul campo”, nel suo ormai più che consolidato percorso nell’ambito del giornalismo tennistico.
    Definirei Berrettini. La forza del pensiero un bel volume “corale”, senza con questo sminuire assolutamente i meriti del “doppio misto” Clemente-Mazzoni, che offrono il loro punto di vista, ma lo sanno coordinare con eleganza contenutistica e formale con quello di altri esperti e testimoni, senza mai cadere in eccessi retorici o banalità celebrative.
    Paolo Silvestri LEGGI TUTTO

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    ATP Finals 2022: un’edizione equilibrata (o forse no…)

    Il Pala Alpitour a Torino

    Nadal, Ruud, Auger-Aliassime e Fritz nel gruppo verde. Tsitsipas, Medvedev, Rublev e Djokovic in quello rosso. Questi i “magnifici otto” delle ATP Finals 2022, al via oggi al Pala Alpitour di Torino, seconda edizione del Master di fine stagione in Italia. L’anno scorso andò in scena un’ottima edizione, storica per molti versi, soprattutto per il nostro tennis che riuscì a portare in campo due azzurri, lo sfortunatissimo Matteo Berrettini e il subentrante Jannik Sinner, bravo a regalare spettacolo contro Hurkacz e Medvedev. Quest’anno di azzurro ci sarà solo il campo di gioco, troppi gli intoppi e difficoltà per i nostri in stagione. E siamo anche onesti: è bellissimo abituarsi a vincere e primeggiare, speriamo tutti che il 2023 possa essere l’anno “buono” per alzare finalmente uno Slam al maschile dopo oltre 40 anni da Panatta ’76 a Parigi, ma l’aver vissuto le gesta di 2 italiani alle Finals è stata una splendida eccezione, non la regola. Speriamo lo possa diventare.
    Tornando all’edizione che sta per scattare con Ruud vs. Auger-Aliassime nella sessione pomeridiana, che torneo sarà? I vari protagonisti sono assai cauti. Nessuno si sbilancia, anche per il fatto che molti dei protagonisti al via arrivano in questo finale di stagione così così, o almeno con qualche dubbio sulla propria condizione. “Tutti possono vincere, mai come quest’anno” afferma Medvedev. Ha ragione? Sì, perché nessuno parte battuto, e quando arrivi tra i migliori otto vuol dire che qualcosa di importante in stagione l’hai assolutamente combinato. Tuttavia, andando ad analizzare come i vari protagonisti si presentano al via a Torino, si può tracciare un’ipotesi plausibile di che quel andremo a vedere, aspettando le conferme (o smentite) del campo, e la sensazione è che di equilibrio, in realtà, ce ne sarà assai di meno di quel che i protagonisti dicono.
    Auger-Aliassime è il n.3 del gruppo verde, ma è assolutamente il più “lanciato” e in forma dei quattro protagonisti. La sua striscia incredibile di vittorie in quest’autunno ha scritto una piccola pagina di storia, ha spazzato via dalla sua “bio” quell’alone di perdente nelle finali e l’ha issato con pieno merito tra i migliori del mondo. Migliorato al servizio, più continuo e incisivo in risposta, Felix è diventato un tennista tosto e completo, con un gioco non così brillante ma terribilmente lineare ed efficace. Pochi punti deboli, tanta sostanza e intensità. A-la-Nadal, il mantra che Zio Toni è riuscito ad inculcare nel classe 2000 canadese. È forse azzardato dire che dominerà il gruppo, ma è certamente più in forma di Ruud e di Nadal. Contro il norvegese parte nettamente favorito; contro Rafa sarà da valutare come il suo tennis pulito impatterà le palle arrotate e complesse del fortissimo rivale. Potrebbe pagare lo scotto dell’esordio, ma sembra ormai maturo e pronto a vincere anche in un torneo del genere.
    Ruud è calato vistosamente dopo mesi e mesi grandissime prestazioni. Un martello. Classico che sia arrivato a novembre con le pile scariche dopo cotanta sostanza. Ha dimostrato più volte di essere competitivo contro i grandi, ma faccio fatica vederlo vincente nel torneo, e pure nel girone. Possibile che si giochi un successo contro Fritz, l’altro esordiente nel torneo del girone verde. Fritz non ha niente da perdere, un grande servizio ma anche precisi limiti caratteriali che l’hanno fatto crollare più volte in grandi occasioni. Gli auguriamo di tirare fuori gli artigli e sorprendere, ma è plausibile che si giocherà con Ruud l’unica possibile partita da vincere nel gruppo.
    Nadal… è Nadal. Campionissimo, immortale, anche nel mettere le mani avanti. Vero che questo torneo non l’ha mai vinto, per vari motivi. Vero che non ci arriva ovviamente in forma, ma prima di darlo per morto è sempre bene pensarci mille volte. Indoor gli altri hanno più chance di batterlo, le sue arrotate fanno meno male. Il fisico non è più quello dei bei tempi, ma la testa lo accompagnerà sino all’ultima palla della sua carriera. Possibile che arrivi primo o secondo nel girone, e in semifinale si vedrà il suo destino. Se troverà Medvedev o Djokovic, allora il suo torneo potrebbe finire lì.
    Nel gruppo rosso c’è un trio in piena corsa e un “vaso di coccio”. Rublev è evidentemente l’anello debole, difficilmente vincerà un match. Nell’anno che sta terminando è tra le delusioni stagionali, non tanto per i risultati ma per la netta difficoltà di evolvere e completare il suo gioco. Ormai tutti hanno capito come scardinare il suo pressing, troppo monocorde e mono dimensionale per essere davvero vincente. Sembra difficile vederlo battere Medvedev, Tsitsipas o addirittura un Djokovic tanto silente quanto fortissimo. Già, Djokovic.
    Novak è rientrato in autunno e ha vinto subito. Convincendo. È arrivato ad un passo dal terminare imbattuto il suo rientro sul tour, rimontato da un Rune indomabile a Parigi. Bravissimo Holger, un vero martello in condizioni psicofisiche strepitose, ma non  capita tutti i giorni che “Nole” conceda il fianco alla rimonta. La sensazione è che Djokovic, a meno di problemi fisici, sia il più forte in gara e il favorito del torneo. Non sarebbe affatto un sorpresa vederlo in finale contro Medvedev, tanto che la sfida tra i due nel girone potrebbe essere decisiva per capire chi lo chiuderà da n.1 e chi da n.2. Tsitsipas permettendo.
    Il greco indoor gioca bene, potrebbe essere il fattore che scombina i pronostici. Se imbrocca una grande giornata al servizio, riuscirà a difendere il lato sinistro e chiudere molti punti di volo dopo un sostanzioso attacco col diritto, Stef potrebbe battere sia Novak che Daniil, o almeno uno dei due e quindi essere totalmente in gara per la semifinale. Daniil indoor è fortissimo, ma quest’anno ha sofferto più volte dei cali mentali e fisici che gli sono costati carissimo. Come non ricordare la finale degli Australian Open, “gentilmente” rimessa in discussione e quindi persa grazie a un indomabile Nadal ma anche con tanta, tantissima complicità del russo, perso dentro i meandri della sua psiche complessa e tendente all’auto distruzione. Se Daniil trova ritmo al servizio, potrebbe far calare il sipario sul gruppo, e sul torneo.
    Il gruppo rosso è indubbiamente il più tosto e competitivo. Potrebbe essere decisivo il passare da n.1 o n.2, per i soliti complicati incroci di questo evento. Le combinazioni sul tavolo sono tante, e complesse. Tsitsipas vs. Djokovic e Djokovic vs. Medvedev saranno le partite chiave. A meno che il “Djoker” non cali l’asso, giochi al suo massimo e metta tutti d’accordo. Buone Finals a tutti.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Ruud: “Rune è destinato a crescere ancora, diventerà uno dei migliori”

    Holger Rune, rivelazione di fine 2022

    Casper Ruud quest’anno è stato un dei giocatori più continui e positivi. Finalista a Roland Garros e US Open, ha toccato la posizione n.2 arrivando ad un passo dal diventare n.1 al mondo (vetta che avrebbe raggiunto vincendo la finale di New York contro Alcaraz). Si è meritato la qualificazione alle ATP Finals di Torino, e sarà proprio lui domani ad aprire il torneo in singolare, affrontando l’altra rivelazione di fine stagione, Felix Auger-Aliassime.
    Parlando alla stampa, Ruud si è soffermato sul giovane Holger Rune, che insieme a Felix ha animato le ultime settimane con una crescita impetuosa, che l’ha portato a vincere il Masters 1000 di Bercy con un filotto incredibile di campioni, sconfitti uno dopo l’altro. Chiude il 2022 nella top 10 il giovanissimo danese, che ha impressionato assai Ruud. Ecco il suo pensiero sul classe 2003, destinato a suo dire a diventare uno dei migliori nelle prossime stagioni.
    “Rune e Carlos hanno la stessa età. È fantastico avere questi due ragazzi che combattono per i titoli più importanti e li vincono. È davvero impressionante. Certo, è un po’ una sorpresa che Rune abbia fatto così bene. Ma sento che queste Finals saranno estremamente combattute, tutti possono battere tutti e questo rende il torneo davvero eccitante”.
    Continua Ruud: ““Il livello generale del tennis è cresciuto in tutti gli aspetti, più giocatori possono sfidare i migliori del mondo, il che è divertente, e questo porta a produrre risultati più sorprendenti qua e là”.
    “Nello sport oltre alla bravura serve sempre un pizzico di fortuna” continua Casper, “A Parigi Rune contro Wawrinka ha salvato un paio di match point e poi ha finito per vincere il torneo. Questo mostra quanto possono essere piccoli i margini nel nostro sport ed è per questo che lo adoriamo. Ecco perché amo giocare e guardare tante partite. Rune ora è tra i primi 10, quindi è un ottimo modo per finire l’anno. Lo vedremo sempre di più in futuro nei grandi tornei, è destinato ad essere uno dei migliori e molti anni”. LEGGI TUTTO

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    Sharapova: “Essere madre è il massimo, una grande sfida come il tennis”

    Maria Sharapova sul magazine New Beauty

    L’ex numero 1 del mondo Maria Sharapova dopo il suo ritiro ha condotto una vita piuttosto riservata, diventando madre del piccolo Theodore lo scorso luglio. Da star onnipresente in centinaia di copertine sportive e non, la vita della siberiana oggi è assai diversa, completamente dedicata alla maternità, che considera una sfida altrettanto impegnativa all’affrontare una grande rivale in campo. Ne ha parlato in un’intervista rilasciata al magazine New Beauty.
    “Lo chiamo Theo, o T Rex, insieme molti altri nomignoli. È molto dolce” confessa Sharapova. “Essere madre è davvero l’esperienza migliore. Tutti te lo dicono, ma finché non lo sperimenti davvero e non sei insonne… non lo puoi capire. Lo desideravo da molto tempo ma sto ancora cercando di trovare l’equilibrio. Non appena penso di avere un momento libero… mi rendo conto di non averlo! Ero davvero pronta per la maternità. Era qualcosa che sognavo da sempre”.
    “Sono entusiasta di vedere questo ragazzino crescere, anche se è ancora incredibilmente difficile perché sto ancora cercando di capire le cose! Ogni giorno è un nuovo giorno e ogni volta che pensi di avere qualcosa sotto controllo, ti rendi conto che non è così. È incredibilmente bello, ma è anche impegnativo. Anche lo sport è molto impegnativo, perché ti tiene i piedi per terra ogni singolo giorno. In particolare, il tennis era qualcosa che dovevo affrontare ogni giorno, giocare ogni singola settimana, sia che vincessi o perdessi. Dovevo voltarmi e mettermi alla prova la settimana successiva”.
    Maria racconta il suo quotidiano: “La mia routine consiste principalmente nell’accudirlo, sperando che faccia qualche bel pisolino, così posso avere un buongiorno davvero! In realtà dorme abbastanza bene, sono stata fortunata con questo. Dato che allatto al seno, ho sempre fame. Penso che tutti gestiscano il proprio corpo in modo diverso dopo il parto, ma sento di dover sempre mangiare, cosa che non è stata il caso durante la mia gravidanza, quindi è un equilibrio interessante. Sento come se dovessi costantemente produrre latte, quindi ho bisogno di cibo! È difficile, ma ho cercato di prendere l’abitudine di fare una colazione davvero sana alla mattina. Di solito preparo la farina d’avena, taglio un po’ di frutta, aggiungo semi di lino e chia, e un po’ di miele. Questo è praticamente l’inizio della mia giornata”.
    “Sono entusiasta di questa fase della maternità. Non vedo l’ora di continuare a crescere il mio piccolo e trovare un equilibrio con il lavoro. So che molte donne affrontano queste cose: è una sfida trovare il giusto equilibrio che funzioni per la tua famiglia. Non conosco il segreto, ma sono pronta a lavorarci sopra”. LEGGI TUTTO

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    Toni Nadal: “Rafa è un esempio di come si può migliorare. Giocherà ancora due anni”

    Toni Nadal

    Toni Nadal in un evento a Caceres (Spagna) ha parlato dei suoi metodi di allenamento ed esperienza maturata insieme al nipote Rafa in molti anni ricchi grandi successi sul tour professionistico. Oggi Toni si occupa dei giovani e dell’organizzazione presso la nota Accademia a Maiorca, e segue ancora Felix Auger Aliassime, seppur part time. Nell’interessante chiacchierata, ha anche rivelato quel che a suo dire resta a Rafa da giocare. “Gli restano ancora un paio di annate”, afferma il coach.
    “Quello che ho fatto sul campo da tennis è lo stesso che avrei coltivato anche fuori. Credo nella fatica, nel lavoro, nella meritocrazia, credo che le persone guadagnino le cose con il sudore della fronte, nel caso di Rafael con il sudore di tutto il corpo, ed è quello che abbiamo fatto insieme” racconta Toni.
    Secondo Toni “Non è possibile programmare di essere il numero uno, poiché non dipende solo da noi ma è possibile lavorare al proprio massimo per superarsi. Alla fine, superare gli altri non è sempre fattibile, superare se stessi è la grande sfida, è ciò a cui Rafael era obbligato più o meno fin da piccolissimo. Lo ha capito, e nella vita la cosa fondamentale è migliorare sopra infrangendo ogni limite È un esempio di come si possa sempre migliorare”.
    Riguardo all’importanza della preparazione mentale, Toni Nadal ha sottolineato che nel tennis, come nella vita, dalle sconfitte si impara moltissimo, è importante “rafforzare il carattere affinché questo influisca il meno possibile sulla prestazione. Dovremmo chiederci ogni volta se siamo un po’ più deboli di fronte alle difficoltà. Mi dispiace per chi ha problemi, è importante stare bene, ma dobbiamo anche abituarci al fatto che le cose non vadano necessariamente bene o come volevamo”. LEGGI TUTTO

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    Iga Swiatek critica l’organizzazione delle WTA Finals e fa l’esempio delle ATP Finals

    Iga Swiatek POL, 31.05.2001 – Foto Getty Images

    Le ultime due edizioni delle WTA Finals sono state organizzate in grandi difficoltà dopo che il circuito femminile si è trasferito dalla Cina. Le finals si tenevano a Shenzhen, nel 2020 non si sono tenute a causa del Covid-19, la scorsa stagione si sono spostate a Guadalajara e quest’anno a Fort Worth, con due edizioni che hanno finito per non avere l’impatto che hanno altri grandi eventi. Come le ATP Finals, ad esempio, come ha sottolineato Iga Swiatek.
    “Non ho mai visto le WTA Finals al meglio in termini di organizzazione e senza fretta. Mi piacerebbe che la WTA trovasse nuovamente una sede fissa per il prossimo anno e che tutto fosse fatto bene come prima, che le cose fossero come le ATP Finals”, ha confessato al Times.
    Swiatek capisce perché la situazione è cambiata ma si rammarica ugualmente. “Capisco quello che è successo e so che dal punto di vista commerciale deve essere difficile gestire questo evento. Ma se l’ATP può farlo, possiamo farlo anche noi. È triste che la WTA sia stata così punita dalla pandemia e dall’impossibilità di avere un luogo dove giocare costantemente e organizzare tutto in maniera perfetta. D’altra parte, l’ATP ne è un esempio perfetto, in quanto è riuscita a mantenere tutto invariato e persino ad aumentare il montepremi”, ha ribattuto. LEGGI TUTTO

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    I circoli tennis lombardi fanno squadra, per regalare un campo da tennis allo Zambia

    Due ragazzini giocano a tennis in una casa d’accoglienza a Ndola (Zambia): l’obiettivo della campagna è regalare alla struttura un campo regolamentare

    Il progetto è vivo già da mesi, ma la parte più importante viene adesso. Perché a breve, grazie ai 4.460 euro già raccolti – e devoluti – tramite la raccolta fondi online attivata da Damiano Saggioro, il desiderio di regalare un campo da tennis allo Zambia inizierà a prendere forma, con il via ai primi lavori di costruzione presso una casa d’accoglienza situata nella città di Ndola, 300 chilometri a nord della capitale Lusaka. È lì che nel 2019, quando lo stesso Saggioro era presidente del Tennis Desenzano, attraverso la onlus “Condivisione fra i popoli”, la quale finanzia il progetto di cooperazione internazionale Ciceketelo Youth Project, dal club in riva al Garda erano state inviate racchette, palline, abbigliamento tecnico e tanto altro, per permettere ai bambini di giocare a tennis con l’obiettivo di favorirne l’inserimento sociale e allontanarli dalla strada.
    “L’arrivo dell’attrezzatura per giocare a tennis – racconta il 40enne di Sirmione – aveva generato un enorme entusiasmo, ma poco dopo ci siamo resi conto che il campo multifunzionale sul quale i ragazzi praticano i vari sport era in condizioni pessime per il tennis. Così, data la presenza di un terreno di fronte alla casa d’accoglienza, è nata l’idea di finanziare la costruzione di un campo in cemento”. Dei 10.000 euro fissati come obiettivo ne sono stati raccolti quasi metà, grazie al sostegno di associazioni e aziende ma anche di tanti privati, e ora serve lo sprint decisivo, per raggiungere il traguardo e trasformare in realtà un progetto di non semplice realizzazione.
    Da lì l’ultima idea di Saggioro, che ha pensato di coinvolgere i circoli tennis di Brescia e Mantova, distribuendo delle cassette tramite le quali chiunque può effettuare una donazione. Possono bastare pochi euro da parte di ognuno, che poi ciascun circolo devolverà alla campagna di finanziamento collettivo. “È un modo – dice ancora Saggioro – per dare a tutti la possibilità di contribuire. Ogni circolo che parteciperà al progetto vedrà il proprio nome sui cartelli affissi sul campo che nascerà, come simbolo di ulteriore vicinanza”. L’iniziativa ha già coinvolto una quindicina di club: Gruppo Sportivo San Martino della Battaglia, Tennis Brema di Sirmione, Tc Ghedi, Tc Isorella, Brixia Tennis, i vari circoli gestiti dalla Emidio Rossi Tennis School, la Mutti & Bartolucci Tennis Clinic, il Tc Gazoldo e il Tc Bozzolo, più altre realtà che hanno dato il loro benestare all’iniziativa. “Si parla di tennis – continua Saggioro –, ma la gran parte dei fondi raccolti fino a qui arriva da realtà extratennistiche. Per questo ho pensato di provare a coinvolgere il più possibile anche i club, partendo da tante persone con le quali mi lega un rapporto d’amicizia, così da creare una piccola rete di solidarietà per vincere una sfida ambiziosa dalle preziose finalità sociali”. L’obiettivo è di allargare l’iniziativa a quante più realtà sportive possibile, quindi chiunque desideri contribuire sarà ben accetto. Nel frattempo, sulla piattaforma online Go Fund Me resta attiva la raccolta fondi online, alla voce “Un campo da tennis per i bambini dello Zambia”. LEGGI TUTTO