SAKHIR – “Fisicamente, va bene ma ho visto la morte troppo da vicino. Non si può viverla ed essere la stessa persona”. Sono queste le parole con cui Romain Grosjean inizia il racconto dello spaventoso incidente che lo ha visto protagonista, domenica scora, sul tracciato di Sakhir.
Ricordando il 1976
Il pilota della Haas ha rilasciato una lunga intervista all’Afp poche ore dopo essere stato dimesso dall’ospedale militare di Manama: “La mano sinistra è abbastanza danneggiata mentre la destra va meglio. Poi c’è una distorsione alla caviglia sinistra e il ginocchio sinistro è gonfio, ma non è una grande preoccupazione. Il dolore è molto sopportabile, sono sotto antidolorifici” ha aggiunto Grosjean. “Ora la priorità è prendermi cura delle mani per cercare di essere al via del Gp di Abu Dhabi ma anche per i 50 o 55 anni che mi rimangono”.
Il francese, se dovesse mancare l’appuntamento del 13 dicembre, chiuderebbe probabilmente con il rogo di Sakhir la sua esperienza nel Circus: “L’impatto non è il più violento che abbia mai conosciuto nella mia carriera, anche se le g lo indicano” prosegue il transalpino. “Questo perché la decelerazione è stata di 53 volte il peso del mio corpo. Mi slaccio subito la cintura di sicurezza, provo a uscire dall’auto ma mi sento bloccato e decido di aspettare. Vedi però subito il fuoco e penso a Niki Lauda. ‘Non posso finire così, non ora’, mi dico. Provo ad uscire di nuovo, non funziona, mi siedo e vedo la morte, non da vicino, ma da troppo vicino. È una sensazione che non auguro a nessuno”.
Seguire i medici
Grosjean continua il suo drammatico racconto spiegando che sono stati i figli a dargli la forza di estrarsi dalla macchina: “Mi chiedo dove comincerò a bruciare, se avrebbe fatto male. Mi dico che non posso lasciarli, e lì trovo la risorsa per tirarmi fuori dall’abitacolo. Quando esco sento un gran sollievo, vivrò”, ricorda il pilota.
“Ora seguo le indicazioni dei medici per riprendermi il più rapidamente possibile. Non ho incubi, pensieri, lampi o paura, ma questo non significa che non arriverà ed è per questo che continuo a lavorare anche con un psicologo dello sport. Ho detto alla mia famiglia che ho anche bisogno di tornare in macchina per sapere cosa sono capace di fare, se voglio ancora farlo, se la passione c’è ancora e se non ho paura” conclude Grosjean. LEGGI TUTTO