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Bezzecchi Mondiale? Ecco perché si può

Nell’odierna MotoGP, la griglia dei 22 piloti titolari comprende 13 campioni del mondo e sei vice. Un’élite che, incredibilmente, non comprende Marco Bezzecchi. Quanto fatto nelle categorie più piccole, però, non è necessariamente un indice fedele sul valore di un pilota in classe regina: lo insegna, ad esempio, Fabio Quartararo, che in quattro stagioni tra Moto3 e Moto2 vinse un solo GP, per poi diventare istantaneamente un top rider al massimo livello. E lo stesso Bezzecchi, per stazza, stile di guida ed esplosività, è sempre parso più adatto alle 1000 di cilindrata. Anche per questo è lecito domandarsi se, dopo il dominio nel GP d’Argentina, il ducatista sia un candidato per il titolo.  

Rimpianto

Bezzecchi non ha mai chiuso un Mondiale tra i primi due, ma in tre casi è stato tra i primi quattro. Lottando per il titolo sia in Moto3 che in Moto2. Lo fece nel 2018, da autentico “underdog” della Moto3, facendosi conoscere al mondo con il successo proprio sul bagnato in Argentina. E l’ha fatto nella categoria intermedia nel 2020, al primo anno nel team di Valentino Rossi e con Luca Marini compagno di box: nella stagione condizionata dalla pandemia, Bez ha combattuto fino all’ultimo con Enea Bastianini e Marini, campione e vice campione di una Moto2 decisamente competitiva (c’era anche Jorge Martin) e caratterizzata dai piloti italiani. Il rimpianto è legato alla scivolata di Aragon, a poche curve dalla fine di una gara dominata in lungo e in largo: quel successo avrebbe portato Marco al comando del Mondiale con tre gare ancora da disputare.Un errore figlio dell’emotività? Un interrogativo che nacque spontaneamente per chi ricordava come, a fine 2018, Bezzecchi avesse reagito con evidente disappunto di fronte ai punti persi per colpe altrui, o all’eccesso di combattività dei compagni di marca in KTM nei suoi confronti. Nel frattempo, però, Marco è maturato e se nel 2018 era alla prima stagione sotto i riflettori del Mondiale, negli anni successivi le cose sono cambiate, passando per qualche delusione, tanti podi (sono già 27), successi d’autore (tre in Moto3, tre in Moto2, uno in MotoGP) e facendo i conti anche con complimenti in grado di far perdere la testa. «Bezzecchi mi ricorda Valentino Rossi» disse Herve Poncharal, che puntò su di lui in Moto2 in un 2019 da dimenticare a causa di una KTM poco performante. «Bezzecchi è uno dei giovani che preferisco» ha detto Casey Stoner a fine 2021. Senza dimenticare gli elogi del mentore Valentino, che sette anni fa prese il riminese sotto la propria ala.   

Ambiente

Esistono ulteriori fattori in grado di giocare a favore del Bez. Guidare la Ducati è una garanzia, e il fatto che si tratti della GP22 è persino un vantaggio in questa prima fase in cui la Desmosedici già arrivata all’apice del suo sviluppo è più “garantita” rispetto alla giovane GP23. Inoltre, i piloti satellite più redditizi vengono “premiati” da Borgo Panigale con novità e aggiornamenti nel corso dell’anno, come avvenne dodici mesi fa per Bastianini, non a caso terzo nel Mondiale. 
Il team Mooney-VR46 è il più giovane, per vissuto, nella MotoGP, ma non è l’esperienza a mancare a Matteo Flamigni – ex telemestrista di Rossi, oggi capotecnico di Bezzecchi – e ai manager come Pablo Nieto e Alessio “Uccio” Salucci, senza dimenticare i preziosi consiglio di Valentino. L’atmosfera nel box è senza pressioni (con due piloti dotati di moto 2022, nessuno pretende il titolo…) e in un ambiente che Bezzecchi conosce da oltre tre anni, compagno di squadra (Marini) compreso. A questo si aggiunge la sfera personale del romagnolo, che proviene da una famiglia con i piedi per terra: papà Ruggero – per tutti Vito – conduce l’officina di camion nella quale l’amministrazione è tenuta da mamma Daniela, Marco è fidanzato con Chiara e abita a pochi metri dalla casa dei genitori, vivendo in simbiosi con il cane Rubik. Un ragazzo normale, con un talento speciale: in casi del genere, raramente si soffre di vertigini. 

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Fonte: http://www.corrieredellosport.it/rss/moto


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