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Non solo NCAA: ecco come funziona la pallavolo nei college americani

Di Redazione

Nei college americani, la pallavolo è uno degli sport più popolari. Più indoor che Beach e più femminile che maschile, ma con numeri importanti, se si pensa che le istituzioni universitarie che sponsorizzano la pallavolo femminile sono più di 1800, oltre 200 per quella maschile e circa 170 per il beach.

Ad ogni modo si tratta di numeri indicativi, poiché ogni anno diverse università decidono di aggiungere nuovi programmi di pallavolo indoor femminile, beach volley o pallavolo maschile: quest’ultimo in particolare può essere definito come lo sport in maggiore crescita, considerando che solo un paio di anni fa era classificato come un “emerging sport” nella lega NAIA e non era ancora nemmeno approvato ufficialmente. Ancora tutto da vedere invece per quanto riguarda il Beach Volley maschile, che solamente quest’anno vedrà le prime università iniziare a competere in questa disciplina, che si prospetta diventare popolare tanto quanto quella femminile, fresca di ufficializzazione anche nella lega dei Junior Colleges.

Ma andiamo a capire meglio cosa si intende quando parliamo di leghe sportive universitarie americane, dato che differiscono parecchio dalla ripartizione dei campionati italiani. Negli Stati Uniti esistono diverse leghe sportive dei college alle quali le varie università devono essere affiliate per poter competere nei diversi sport (sono oltre 30 gli sport sponsorizzati): l’appartenenza ad una lega piuttosto che a un’altra non è legata solo a parametri sportivi, ma dipende molto anche da fattori che poco hanno a che vedere con lo sport, come la dimensione del college, per citarne uno.

La lega più conosciuta, la National Collegiate Athletic Association (NCAA), comprende le università di 4 anni più grandi e con più risorse; di conseguenza è anche la più competitiva, dato che le scuole che ne fanno parte hanno la possibilità di mettere a disposizione un numero più alto di borse di studio rispetto alle scuole che competono in leghe minori. Questo in linea molto generale, le variazioni per i singoli sport sono notevoli.  All’interno della stessa NCAA c’è una suddivisione tra Division 1,2 e 3: le Università nella Division 3 non hanno possibilità però di offrire borse di studio per merito sportivo.

L’altra lega sportiva molto popolare è la National Association of Intercollegiate Athletics (NAIA) che comprende i college di dimensioni più ridotte, ma rimane comunque molto ampia e competitiva; anch’essa è suddivisa in Division 1 e 2 (non per tutti gli sport).

La lega che raggruppa i college di due anni detti Junior o Community College si chiama National Junior College Athletic Association (NJCAA) e come le altre è ripartita in Divisione 1,2 e 3. A differenza di quanto si può immaginare, la NJCAA rimane una lega di buon livello sportivo che offre un grande numero di borse di studio e si presta ad essere un trampolino di lancio per chi ha intenzione di continuare la carriera nelle università di quattro anni. Oltre a queste tre leghe più conosciute, ci sono anche numerose leghe minori come ad esempio la CCCAA, che comprende i Community Colleges della California.

All’interno delle Divisions le squadre universitarie sono raggruppate in gironi detti “Conferences” per la regular season, dalle quali le migliori si qualificano poi al National Tournament, ovvero le finali nazionali. Tutto questo si svolge in appena quattro mesi: per la pallavolo femminile da settembre a dicembre, nel semestre chiamato Fall (escluso quest’anno in cui il campionato è stato posticipato al semestre successivo a causa dell’emergenza Covid); per il Beach e per l’indoor maschile da febbraio a maggio, nello Spring Semester. Nonostante i tempi siano più ridotti rispetto ai tipici campionati di otto mesi italiani, il numero di partite giocate rimane più o meno lo stesso perché negli Stati Uniti si giocano più partite a settimana (anche per cercare di ottimizzare le trasferte, che sono decisamente più lunghe rispetto a quanto siamo abituati noi in Italia).

Ma torniamo indietro e andiamo a scoprire il percorso sportivo degli americani. Un po’ come noi italiani, anche negli USA i giovani pallavolisti giocano nei club giovanili e disputano i vari campionati regionali e nazionali. L’unica differenza è che negli Stati Uniti anche le squadre delle scuole superiori sono molto competitive, quindi gli atleti più talentuosi si ritrovano a dividersi gli allenamenti tra club e squadra della scuola. Successivamente, approdati all’università, le attività con i club cessano e i giocatori competono solamente nelle varie leghe degli atenei che frequentano.

In questo modo, se un atleta, non solo di pallavolo, ma di (quasi) ogni altro sport, vuole continuare la propria carriera sportiva è in un certo modo “obbligato” a frequentare l’università. Alcuni sport come il basket, il football, il baseball, il calcio (soccer per gli americani) e pochi altri dispongono anche di una lega professionistica che offre la possibilità agli atleti di continuare a giocare; altrimenti, come nel caso della pallavolo, se un atleta volesse continuare a portare avanti la carriera sportiva, una volta completati gli studi universitari è costretto a spostarsi oltreoceano per venire a giocare in Europa, in Asia oppure in Sud America.

Questo almeno per la pallavolo indoor maschile e femminile, mentre nel Beach Volley il campionato americano è tra i più competitivi al mondo e per questo ci si aspetta che i numeri dei college che offrono Beach Volley continuino a crescere in maniera esponenziale. Solo recentemente si è iniziato a ri-parlare di una lega professionistica di pallavolo femminile negli Stati Uniti che dovrebbe (il condizionale ormai è d’obbligo) partire a febbraio 2021.

(fonte: Sportlinx360)


Fonte: http://www.volleynews.it/feed/


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