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Il campionato secondo Maurizio Castellano: “Sarà una Serie A2 d’élite”

Di Giovanni Saracino

Tre stagioni da allenatore a Castellana Grotte – sponda Materdomini –  più le ultime cinque da giocatore sempre a Castellana, bastano per considerare Maurizio Castellano – classe 1971 ex schiacciatore di Spoleto, Ferrara, Modena, Parma, Treviso, uno che ha avuto la fortuna di giocare con gente del calibro di Pippi, Giani, Lucchetta, il compianto Bovolenta, Bernardi, Fomin, Bas Van De Goor, Papi e tanti altri che non staremo a citare – un illustre esperto di campionati di Serie A2. E allora la domanda sorge spontanea: come sarà il prossimo torneo di A2 maschile?

Molto interessante, competitivo. Un campionato molto difficile per il quale, certamente, conta la stagione regolare ma conta di più come si arriva ai play off e ne sale soltanto una” afferma al telefono il tecnico nativo di Vico Equense, paese vicino a Sorrento noto per la gustosa pizza al metro, anche se lui ormai è pugliese di adozione avendo messo radici a Castellana Grotte.

Quest’anno è stato fatto un ulteriore salto di qualità. Ci sono tanti giovani interessanti e tanti giocatori che sono arrivati dalla Superlega. La definirei una serie A/2 d’élite. Nelle ultime stagioni, specie da quando è tornata a 12 squadre, ha rappresentato un trampolino di lancio per tanti giovani. Penso a Mosca, Gargiulo, Lavia, Recine, Milan. La regola di un avere in squadra un solo straniero ha rappresentato la scelta giusta per far crescere tanti giovani“.

Quali sono le formazioni più accreditate per lotta alla promozione in Superlega?

Mi vengono in mente sei squadre, tutte differenti per caratteristiche. La prima è Taranto (ex squadra di Castellano, vi ha giocato tre stagioni, vincendo un campionato di A2, n.d.r.). È stata capace di portare tanti giocatori dalla Superlega, rinverdendo i fasti del passato, e strategicamente si è lasciata una finestra aperta per l’ingaggio di un eventuale straniero da inserire cammin facendo. Taranto ha tutto per fare bene. Ha tradizione, ha staff, dirigenza, strutture, tanta gente che potrà seguirla. Insomma ci sono tante situazioni positive e si può creare un buon ciclo. Poi è chiaro che è sempre il campo ad emettere i suoi verdetti.

Un tantino dietro Taranto ci metto Siena, che è una squadra molto rodata, con uno schiacciatore molto forte come Romanò, poi Cuneo che secondo me ha la squadra fisicamente più forte, tre bande molto alte (Preti, D’Amato, Chiappello), i centrali lunghi (Codarin e Sighinolfi), l’opposto brasiliano (Da Silva Wagner) che conosce molto bene il campionato. L’unico punto interrogativo è legato al palleggiatore (Pistolesi) che secondo me è bravo ma bisogna testarlo ad alti livelli in A2. Poi c’è Bergamo, una squadra che mi piace molto. Secondo me ha il miglior palleggiatore della categoria senza togliere niente agli altri. L’argentino Finoli, oltre a gestire la palla in modo eccelso mettendo la sua squadra nelle migliori condizioni di giocare, è uno che fa anche tanti punti. Poi ha una ricezione importante con Terpin e Pierotti.

Cito anche la New Mater Castellana Grotte. Squadra sulla carta molto forte, con tanti giocatori esperti, sopra i 30 anni (Van Dijk, Patriarca, Rosso, Gitto, De Pandis), dei quali bisognerà verificare la tenuta fisica lungo tutto l’arco della stagione. Infine Brescia, squadra che conosce bene il campionato, composta da giocatori che stanno assieme credo da almeno tre anni. Ha un opposto mancino molto bravo (Bisi), un palleggiatore esperto e di categoria come Tiberti, due bande molto forti come Cisolla, che a 43 anni continua a giocare ad alto livello, e Galliani che è alto oltre i due metri“.

Foto Lega Pallavolo Serie A

Come è stato il tuo passaggio da giocatore ad allenatore? È più difficile stare in panchina o in campo?

Sono giovane come allenatore, ma non giovane di età. Dal 2012, quando ancora giocavo, ho sposato il progetto Materdomini. Un progetto che mirava alla crescita dei giovani mettendo loro accanto qualche atleta più anziano come potevo essere io. E da Castellana sono transitati tanti ragazzi interessanti e di prospettiva. Il passaggio da giocatore ad allenatore è avvenuto gradualmente: ho dovuto studiare tanto, dare una bella rinfrescata alla gestione della preparazione fisica e capire qual è il modo migliore, a livello gestionale, per far tirare fuori il massimo dalle persone che alleni.

La soddisfazione più grande che ho avuto in questa, sinora breve, esperienza da coach è che a fine campionato gli atleti non volevano smettere di giocare perché fisicamente si sentivano bene. La Materdomini era diventato un piccolo paradiso. Ha raccolto buoni risultati con un budget economico limitato, creando un gruppo di lavoro affiatato che nel tempo ha talmente coinvolto i propri giocatori che più di qualcuno si è ridotto l’ingaggio pur di rimanere. Si stava bene dentro e fuori dal campo.

Giocare è in assoluto più semplice, ovviamente se hai capacità tecniche e fisiche. Allenare è più complesso. Devi essere in grado di portare i giocatori ad essere convinti delle tue idee. Alcuni allenatori mettono sul tavolo le loro idee e chiedono ai giocatori di adattarsi. Diverso è convincere i giocatori che la tua idea di gioco è la cosa migliore per vincere. C’è chi ha le sue idee, ma resta un teorico, e chi le sue idee le fa mettere in pratica“.

Qualche tuo critico dice che sei ancora troppo giocatore nel modo di allenare. Cosa rispondi?

Io penso che bisogna sempre interagire con i giocatori. Da allenatore non mi sono mai immaginato in campo. La cosa più facile da allenatore è far vedere come si fa una cosa. Più complesso è trovare il modo per farla fare. Ci sono tanti allenatori che, in mezzo al campo, fanno vedere come si esegue il bagher e magari non hanno mai giocato a pallavolo. Io ho la mia metodologia di allenamento e cerco di essere coinvolgente con i giocatori ma non significa che mi metta al loro pari. La pallavolo è cambiata, tanti allenatori non se ne sono accorti. Bisogna essere più gestionali, pur continuando ad insegnare la tecnica a tutti, perché a me non piace l’eccessiva specializzazione dei ruoli. Tutti devono sapersi cimentare in ogni fondamentale“.

Hai preso come riferimento qualche allenatore del tuo passato da giocatore?

Ho preso spunto da tutti. Da giocatore ho avuto la fortuna di entrare in contatto con tanti grandi tecnici. Ho iniziato la carriera, a Spoleto, con un maestro dello sport come Pittera. Poi ho incrociato altri grandi personaggi come Prandi, Daniele Bagnoli, Lozano, senza dimenticare Monti o anche Bertoli, che magari ha avuto minori fortune in carriera ma che a livello gestionale mi ha insegnato tanto. Copiare è facile, io cerco di prendere spunto dal mio background e personalizzare il mio modo di essere allenatore“.

Cosa vedi nel tuo futuro pallavolistico?

Spero di tornare ad allenare, perché per me è un piacere farlo. La pallavolo è il mio mondo da oltre trent’anni. Se trovo l’occasione giusta, alle giuste condizioni, per tornare su una panchina (in estate lo aveva sondato Lagonegro, n.d.r.) ben venga, altrimenti me ne vado in giro a vedere della bella pallavolo“.


Fonte: http://www.volleynews.it/feed/


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