in

Open Court: Wimbledon 2019, una finale Enorme (di Marco Mazzoni)

Enorme. Non c’è un aggettivo migliore per descrivere la finale di Wimbledon 2019. Sono successe tante di quelle cose, sportive, tecniche, emozionali, che la partita entra di diritto nei libri d’oro del gioco come la più lunga ai Championships ed una delle migliori di sempre. La migliore dell’era Open? La migliore del nuovo millennio? Sulle ali dell’entusiasmo per il grandissimo spettacolo vissuto ieri, è facile fare “il titolone”. Ci andrei cauto, la memoria è spesso corta e finiamo per dimenticarci altri match altrettanto spettacolari ed incredibili. Per citarne un paio, restando ai due attori della finale di ieri, che dire della pazzesca semifinale di Parigi 2011? Quel giorno sul rosso andò in scena un match assoluto per qualità ed intensità, con Roger capace di interrompere la cavalcata senza freni di Novak in quell’anno magico. E se parliamo di tecnica di gioco, varietà e spettacolo puro, beh, io non posso dimenticare la semifinale australiana del 2005 tra Federer e Safin, con Marat irreale per colpi, intensità e qualità. What a match.

Tornando sui prati londinesi, credo si possa affermare che Djokovic vs. Federer 2019 abbia superato la super sfida Nadal vd. Federer 2008 a livello di qualità. Forse anche per intensità ed emozioni. Non tutti saranno d’accordo, ma credo che dal punto di vista meramente tennistico ieri si è visto in campo un gioco superiore per varietà e qualità, con entrambi i campioni molto vicini al loro massimo per la maggior parte del match. In quella eroica sfida del 2008 la partita andò avanti a strappi, meglio uno, poi l’altro; ci furono anche delle interruzioni che ebbero un peso notevole sul risultato finale. Nella finale di ieri no, tutto è filato liscio, tanto che a determinare l’esito finale è stata solo la classe, forza fisica, mentale e tecnica dei due grandissimi campioni.

Perché ha vinto Djokovic? Banalmente, si potrebbe dire “perché Federer ha sbagliato due match point, o almeno il secondo, con quell’attacco ridicolo, corto, affrettato”. Non è una affermazione molto lontana dalla realtà, ma sarebbe ingenerosa verso Djokovic, che vincendo la partita non ha rubato niente. Anzi. È stato, per l’ennesima volta, il più tosto e forte sul piano mentale.

Novak ha avuto l’enorme merito di giocare un grande tennis, di giocarlo anche quando l’altro gli proponeva servizi ingestibili e giocate irreali. La forza di Djokovic – non solo ieri – è stata quella di restare sereno, focalizzato sul proprio gioco, pronto a dare la zampata quando era il momento. I tre tiebreak vinti ne sono un’evidente dimostrazione. Tre su tre. Quando contava, non ha sbagliato nulla, mentre Federer ha perso il miglior servizio proprio nei tiebreak. Lì ha perso la partita Roger, non solo in quei due sciagurati match point, probabilmente i due punti più brutti e dolorosi di una ventennale carriera.

La differenza tra i due campioni è evidente. Sono molto diversi in tutto. La forza di Roger è quella di produrre “Il tennis”, un campionario completo e bellissimo di soluzioni tecniche e tattiche, sostenute in questo torneo da una condizione fisica incredibile per la sua età. Non ha pagato minimamente lo sforzo fisico e mentale della battaglia vinta vs. Rafa. È sceso in campo come meglio non poteva. Ha servito alla grandissima, eccetto che nei tibereak; col rovescio ha spesso prodotto meraviglie in attacco e cambiato ritmo col back. Col dritto molti punti, ha pure risposto bene. Se si prendono i numeri, se si analizza la partita “ai punti”, come fosse pugilato, avrebbe vinto Roger. Ha giocato “meglio”, ha divertito, ha fatto tutto benissimo. Anzi, quasi tutto benissimo. Due punti, i match point, mal gestiti. Fretta. Tensione. Quella palla sul dritto attaccata troppo presto, presa con poco anticipo, restata sulle corde e tirata senza far fare un passo al rivale. Scontato che l’altro tirasse un passante preciso, nonostante la tensione del momento. Ma se non ha sbagliato quasi niente, perché ha perso Federer? Perché appunto ha sbagliato pochissimo, ma nei momenti sbagliati – match point, tiebreak. Vi pare poco? No, è una enormità. È semplicemente la differenza tra una vittoria incredibile ed una sconfitta sanguinosa. Quella che poteva diventare la vittoria Slam n.21 per lo svizzero, probabilmente la più importante di una carriera irripetibile, si è trasformata nel suo peggior incubo. Per quanto Federer sia forte, esperto, tutto quel che volte, stento a credere che possa riprendersi da una “mazzata” del genere. Potrebbe essere l’ultima finale Slam. Un mesto addio. Tra pochi giorni festeggerà il compleanno n.38. Sarà una festa amarissima.

Chissà invece quanto era “dolce” quel ciuffo d’erba che Novak ha assaggiato dopo aver visto la palla scheggiata da Federer volare via larga e lunga, a decretare un meritatissimo successo. Contro tutto, contro tutti. Djokovic vince ancora, si conferma campione dei Championships. Quinta coppa come Borg, a 16 Slam e la prospettiva di superare proprio Federer come numero di settimane al vertice del ranking ATP e tirar dritto verso il sorpasso a Nadal e quindi pure allo svizzero per titoli majors. Potrà non essere simpatico a molti, il suo tennis un po’ “robotico” potrà emozionare di meno di quello perfetto di Roger e quello terribilmente adrenalinico di Rafa. Ma Djokovic, obiettivamente, non sarà il più bello ma sta dimostrando anno dopo anno di essere il tennista più completo e difficile da battere dell’era moderna. Ieri il “Djoker” ha vinto non solo perché è riuscito a sopravvivere ai due match point avversi. Ha vinto perché ha giocato alla perfezione i tiebreak. Ha vinto perché in tutti i momenti (e son stati tanti) in cui Federer ha mostrato un tennis irresistibile, lui è stato lì, è restato focalizzato, concentrato, non ha disperso energie fisiche e mentali, consapevole che se fosse arrivata la chance, se l’avrebbe presa. Ha iniziato male il terzo set, le sue gambe parevano più lente, l’altro tirava colpi irreali, ma non ha mollato di un centimetro. Ha lasciato sfogare la furia tecnica del rivale, tenendo il meglio per il gioco decisivo, dove non ha sbagliato niente. La sua forza è stata il suo tennis lineare. Facile. Ha servito preciso, ha regalato pochissimo col dritto, è stato preciso col rovescio. Ha tenuto il ritmo abbastanza basso da poter accelerare nei momenti decisivi, ma non abbastanza basso da farsi travolgere. Novak ieri ha vinto un match capolavoro. Un match Enorme.

A chi come noi ha visto, sofferto e goduto di fronte ad uno spettacolo del genere, rimarranno per sempre impresse molte istantanee delle fasi cruciali. Tante magie di Roger, tante giocate splendide di Novak, quei due match point, il tiebreak decisivo, il primo della storia dei Championships. Non so se quella 2019 di Wimbledon sarà catalogata come la finale del secolo. So che devo ringraziare Roger e Novak. Nonostante un’erba che non è più erba, quando due fuoriclasse danno il loro meglio, lo spettacolo è grandissimo. Enorme.

Marco Mazzoni


Fonte: http://feed.livetennis.it/livetennis/


Tagcloud:

Puig: “Lorenzo crede nel rientro a Brno”

WTA Losanna: I risultati con il dettaglio del Day 1. Jasmine Paolini al secondo turno. Fuori la Gatto Monticone