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    Todd Woodbridge ha avuto un attacco di cuore

    Todd Woodbridge

    Todd Woodbridge ha rivelato al media australiano Nine Sport di aver sofferto un improvviso attacco di cuore. Il 51enne australiano, 22 volte campione Slam in doppio, si è sentito male durante alcuni esercizi in palestra. “Avevo fatto un po’ di riscaldamento, ho iniziato a fare dei pesi e ho avuto una sensazione orribile, come se un dito venisse spinto nel mezzo del mio petto” racconta Todd. “Ho cercato di stirarmi un po’, come fai a volte, pensando che quella fitta provenisse dall’allenamento, ma non è andato via. Ha iniziato a diffondersi sul mio petto. Non era dolore, era come una forte pressione. Mi mancava il respiro, sudavo, sentivo la nausea e sono diventato pallido”. L’australiano ha chiamato la moglie che era al piano di sopra e si è recato con lei immediatamente all’ospedale.“Ho avuto subito la sensazione che non fosse qualcosa di minore, che dovevo andare in ospedale. Trenta minuti dopo mi sentivo bene, ma i miei esami del sangue hanno mostrato che avevo avuto un lieve infarto. Molte persone avrebbero ignorato quei sintomi. Non fatelo, affrontate la cosa se avete quei sintomi” ammonisce Woodbridge.
    “Una delle cose che venuta fuori durante i i miei test è che avevo il colesterolo molto alto. In un certo senso sapevo di averlo, ma non avevo fatto nulla negli ultimi due anni. Questa è la cosa che molte persone fanno, semplicemente rimandano”.
    “Sono impegnato in molte cose, ma mi piace esserlo. Molte persone hanno detto che faccio fin troppe cose e la mia reazione è sì, ma non lo trovo stressante. Mi piace”
    I medici l’hanno rassicurato sul proprio futuro: “Fortunatamente, non c’è alcun impatto negativo a lungo termine sulla mia salute, solo una restrizione su qualsiasi attività fisica pesante per un mese e alcuni farmaci da prendere. Farò sicuramente tutti i miei controlli. Ne ho uno tra tre settimane, poi tra tre mesi, sei mesi e 12 mesi, mi occuperò di monitorare ciò che sta accadendo molto più da vicino.”
    Woodbridge ha voluto raccontare l’episodio perché gli ha ricordato di non essere invincibile, e che queste cose possono capitare a tutti. “Il messaggio è non rimandare quello che hai detto che farai. Un giorno diventa una settimana, che diventa un mese, poi sei mesi e prima che tu te ne accorga è passato un anno e non hai fatto cosa devi fare per la tua salute. La cosa più importante da ricordare è che devi farlo non solo per te stesso, ma per la tua famiglia e i tuoi amici”. LEGGI TUTTO

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    Davis, Woodbrige si scaglia contro l’ITF per la wild card concessa al Canada (eliminato dall’Olanda nello spareggio)

    Todd Woodbridge

    Continua la turbolenza sulla “nuova” Coppa Davis. Tra i continui cambi di formato e vari spostamenti, la coppa per nazioni continua a suscitare aspre polemiche. L’ultima arriva dall’ex giocatore australiano Todd Woodbrige, a cui proprio non è andata giù la decisione (oggettivamente discutibile) di assegnare la wild card della Russia – esclusa per l’aggressione in corso all’Ucraina – al Canada. Il team nord americano infatti era stato estromesso con un perentorio 4-0 dall’Olanda nel turno eliminatorio, e ora si ritrova ugualmente alla fase finale a gironi.
    “Che disgrazia terribile ITF e Coppa Davis”, ha twittato Woodbridge, “Il Canada ha perso quest’anno, ma ha avuto una seconda possibilità! Il nostro sport ha di nuovo toccato il fondo. Non riesco proprio a capire fino a che punto sia affondata questa grande competizione. Perché allora non usare una delle nazioni vincitrici degli spareggi giocati quest’anno?”

    What an utter disgrace @ITFTennis and @DavisCup Canada has lost this year, but given a second chance wildcard! This is a new low for our sport. Just can’t fathom how far this great competition has sunk.
    — Todd Woodbridge (@toddwoodbridge) March 17, 2022
    Le sfide del World Group 1, che si sono svolte all’inizio di marzo, hanno visto Cile, India, Turchia, Portogallo, Bosnia ed Erzegovina, Israele, Nuova Zelanda, Ucraina, Pakistan, Perù, Svizzera e Messico andare avanti.
    Woodbridge è stato per anni membro importante della squadra australiana di Davis, fortissimo doppista capace di vincere ben 16 Slam nella specialità. Insieme all’attuale capitano Hewitt, è da sempre uno dei più fieri oppositori a come è stata rivoluzionata la competizione che, a suo dire, ha perso molto del suo fascino. LEGGI TUTTO

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    Todd Woodbridge: “Coaching in campo? Sarebbe un errore”. Kyrgios: “Idea pessima”

    Todd Woodbridge

    Come prevedibile non è passato inosservato il tweet di Stefanos Tsitsipas che chiedeva senza mezzi termini l’introduzione del coaching in campo nel tennis maschile, “Su ogni punto” addirittura. Dopo moltissime reazioni (perlopiù contrarie) di centinaia di fans, ecco che arrivano anche quelle di colleghi e ex professionisti.
    Secca la risposta di Nick Kyrgios, che su Instagram ha scritto: “Di solito non me ne frega niente delle sue idee, ma questa è davvero pessima. Il bello del tennis è starsene lì fuori da soli. Alcune persone scelgono di non avere un allenatore, altri non possono permettersi un coach. Sul campo da tennis c’è parità di condizioni, uno contro l’altro da soli“.
    Più articolato ma interessante il parere di Todd Woodbridge, ex tennista australiano oggi commentatore per diversi media del suo paese. Todd ha rilasciato una lunga intervista a Wide World of Sport, in cui si dice contrario alla proposta di Tsitsipas, argomentando il suo pensiero. Ecco alcuni estratti.
    “Non sono affatto d’accordo con Tsitsipas. Posso capire da dove viene, ma l’individualità di questo sport è ciò che lo distingue.L’unicità di dover trovare da soli la propria via d’uscita da un problema è una delle chiavi del tennis. Sei là fuori da solo e dipende da quanto sei bravo a cambiare le sorti di un match per arrivare al risultato”.
    “Ovviamente dice questo perché sente di averne bisogno, il che per me è un po’ una sorpresa. Penso che Stefanos abbia un tennis completo, che sia in grado di riconoscere i punti di forza e di debolezza del suo avversario e abbia i mezzi per superarlo. Penso che trarrebbe beneficio dall’avere più fiducia nelle proprie capacità, piuttosto che avere qualcuno che glielo confermi”.
    Woodbridge cita anche la situazione in essere sul tour rosa per confermare la sua idea: “La WTA ha sperimentato il coaching e molto raramente l’ho visto a beneficio della giocatrice. È usato come un parafulmini il più delle volte… Forse alla fine di ogni set si potrebbe concedere un 30 secondi per un rapido colloquio, potrebbero esserci modi per vederlo, ma credo che non aggiungerebbe nulla al gioco, non porterebbe spettatori in più e nemmeno sarebbe uno spettacolo, finirebbe per far somigliare il tennis agli altri sport, non credo sarebbe positivo in definitiva”.
    Ecco secondo l’australiano il nocciolo della questione, un campione è in grado di restare lucido, analizzare il gioco, l’avversario e mettere in campo le contro mosse quando le cose vanno male. “Un campione o un tennista tattico ha la capacità di leggere cosa sta succedendo nella partita. Se dovessimo permettere il coaching tutto il tempo, il gioco svanirebbe nella sua essenza. Inoltre ai massimi livelli finirebbe solo per accrescere la disuguaglianza. Sono sicuro che se ci avesse pensato bene, Stefanos se ne sarebbe reso conto. I giocatori condividono gli allenatori in tournée. Se giocano allo stesso tempo, o giocano tra loro, l’allenatore non può essere in due posti contemporaneamente. Non funzionerebbe. Se sei un emergente, non puoi necessariamente permettertelo. I migliori giocatori hanno una grande squadra intorno a loro, quindi ne trarrebbero beneficio. In questo momento stiamo cercando di aiutare i giocatori classificati fuori dai primi 75 per poter competere allo stesso livello. Semplicemente non possono permettersi di avere un “pullman” che viaggia con loro ogni settimana…”
    Il suo giudizio viene anche dalla propria esperienza come Pro, di grande successo in doppio o in Davis, meno come singolarista. “Ero un giocatore che avrebbe sicuramente tratto beneficio dall’avere un allenatore seduto con me. Amavo comunicare in campo. Uno dei motivi per cui riuscivo così tanto nel doppio era perché avevo un’altra persona con me. Ma allo stesso tempo sapevo che il mio lavoro nel singolare era quello di risolvere i problemi da solo. Mi piaceva parlare di tennis durante i cambi con John Newcombe in Coppa Davis. Abbiamo parlato di cosa stava succedendo e di come avrei cercato di costruire qualcosa, per creare un’apertura nella forza del mio rivale. È bello, ma non credo che ogni partita dovrebbe essere così, è una delle cose che separa la Coppa Davis e ora la ATP Cup, dal resto della stagione. Avere un allenatore a bordo campo in un Grande Slam non rende lo sport migliore”.
    Il dibattito continuerà, con pareri molto diversi, e forse non si arriverà mai ad una svolta. Su di una cosa non possiamo che concordare: se il tennis è uno sport così affascinante, è anche per la sua unicità e differenza rispetto alle altre discipline. Siamo proprio sicuri che uniformarlo agli altri sport sia una svolta positiva?
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO