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    Tartarini all’ATP: “Musetti non si deve complicare la vita con la tattica”

    Lorenzo Musetti a Milano

    Simone Tartarini è molto più di un coach per Lorenzo Musetti. È stato come un padre, uno zio, un confidente, un amico. Lo segue da 11 anni, fin da quando il piccolo Lorenzo si innamorò di questo sport con la racchetta. Tartarini l’ha guidato passo dopo passo, seguendo la sua crescita umana e sportiva, che l’ha portato a vincere l’Australian Open junior e poi fare l’ingresso, fragoroso, nel mondo del tennis Pro. Fragoroso sì, perché il suo tennis non lascia indifferenti. Nel 2021 il toscano ha entusiasmato molte volte: Acapulco, Lione, a Roland Garros, dove ha messo alle corde il n.1 del mondo Djokovic portandosi in vantaggio di due set a zero negli ottavi, prima di subire la rimonta del futuro campione del torneo. Poi un’estate più complicata, tra lo stop per la maturità, la preparazione per Wimbledon improvvisata su di un campo di calcio adattato al tennis, e il viaggio last minute alle Olimpiadi che ha un po’ complicato le cose. Ha passato un periodo non facile Lorenzo, sul piano personale, con una crisi di fiducia che in campo si è riflessa mortalmente. Sì, perché il tennis scorre per davvero nelle vene di Musetti, proprio come quel tatuaggio che ha sul braccio, un battito cardiaco con racchetta, segnale inequivocabile del suo amore totale per questo sport che gli sta dando tanto ma anche costando molto.
    Negli ultimi tornei autunnali si è rivisto un discreto Musetti, che soffre e sta in campo cercando di dare del suo meglio, anche se i fasti di inizio stagione sono lontani. Ieri all’Allianz Cloud di Milano ha messo in campo le ultime energie dopo una stagione lunga e faticosa, arrivando ad una vittoria contro Gaston che gli era quasi scappata via dopo averla sfiorata. Oggi con Korda si gioca l’accesso alle semifinali delle NextGen Finals, ma in palio c’è molto di più dall’anno prossimo. Per Tartarini, Musetti può essere un tennista da top10, uno di quelli più forti. Ma serve lavoro, applicazione, e meno confusione tattica. L’aver talento e tanti possibili schemi per vincere, a suo dire sta complicando le cose, perché oggi per salire in vetta serve un piano tattico più limpido, semplice, diretto.
    Il coach ne ha parlato nel Coach Corner dell’ATP, riportiamo alcuni passaggi del pensiero di Tartarini, che spazia anche su proprio rapporto con il talento 19enne.

    Quando Lorenzo era un ragazzo, lo portavi a guardare il tennis professionistico. Com’è adesso avere persone che vengono a guardarlo?Attualmente c’è grande interesse per i giovani perché in questo periodo ce ne sono davvero di molto bravi nell’ATP Tour. Carlos Alcaraz è il migliore. Rune è un altro giocatore molto, molto bravo. Korda lo stesso, come Brooksby. Credo che in ogni torneo in cui giocano Alcaraz, Korda o Lorenzo, molte persone siano interessate a seguire le partite perché possono scoprire nuovi giocatori. Ora la gente pensa che Auger-Aliassime e Shapovalov siano già vecchi anche se hanno solo 21, 22 anni! A Lorenzo tutto questo piace. Per lui è importante essere in fiducia quando gioca. Nella seconda parte della stagione qualche volta invece non lo era quando è sceso in campo.
    Perché è così importante la fiducia nel suo tennis?Lorenzo è un grande talento. Quando era più giovane, ogni volta che giocava a tennis faceva fin troppe palle corte e pallonetti. Quando aveva 12 anni, moltissimi colpi erano tagliati, palle corte, variazioni. Per me andava bene, ma ora è tutto completamente diverso. Per Lorenzo non è facile, in ogni partita deve cambiare la sua tattica. In una singola partita, ha quattro o cinque soluzioni, ma io voglio più stabilità invece di quattro o cinque alternative possibili. Non è facile quando Lorenzo cambia tutto ogni volta ad ogni punto. Lui ama giocare con varietà, ma ho detto a Lorenzo che deve seguire me al 70% e tenersi un 30% di creatività, non ci serve confusione sul piano tattico.
    Negli ultimi due mesi abbiamo lavorato solo su servizio e risposta. Ci stiamo focalizzando sulla seconda di servizio perché abbiamo bisogno di costruire una strategia più stabile. Stiamo lavorando sulla stessa situazione tattica, giocatore diverso, stessa situazione. Per me questo è importante.

    Lavori con Lorenzo da quando era un bambino, come è cambiato il vostro rapporto?
    La relazione tra di noi è sempre la stessa. Quando aveva 10 anni, io ero come un padre o uno zio, oggi siamo i migliori amici. Ha iniziato con me quando aveva solo 8 anni e ora ne ha 19. È un’enorme soddisfazione vedere cosa è diventato Lorenzo e spero che staremo insieme per tutta la sua carriera da pro, ma non so cosa accadrà in futuro. Lorenzo è un bravo ragazzo. Io credo che possa diventare un Top 10, c’è la possibilità, ma deve lavorare ogni giorno. Vedremo cosa accadrà nei prossimi due o tre anni, mi auguro che possa diventare uno dei migliori tennisti.
    È stato un anno emozionante, come stare sull’ottovolante?È stata una bellissima annata per Lorenzo. Nella prima parte, da gennaio a giugno fino a Roland Garros, abbiamo ottenuto i migliori risultati. Dopo gli ottimi tornei ad Acapulco e Miami, nel mese seguente sulla terra battuta Lorenzo ha giocato molto bene. Credo dia il suo meglio sulla terra rossa perché la sua tecnica lo fa esprimere al massimo. Ricordo la semifinale raggiunta a Lione contro Tsitsipas. Aveva vinto contro Korda, Auger-Aliassime e Bedene giocando in modo eccellente. Dopo Roland Garros, abbiamo avuto alcuni problemi perché Lorenzo si è dovuto fermare per quattro settimane per l’esame di maturità, era importante per lui terminare gli studi. Non ha giocato alcun torneo su erba, ci siamo potuti allenare solo su di un campo da calcio arrangiato a casa. Era tutto troppo diverso. Ha perso al primo turno a Wimbledon contro Hurkacz. L’altro problema è stato l’aver dovuto cambiare tutta la programmazione. Ora però va meglio. Ha giocato bene indoor ad Anversa. Con Gianluca Mager ha fatto un bel match e contro Jannik Sinner ha disputato un buon primo set. Anche contro Monfils a Vienna e poi a Parigi ha giocato un buon tennis. Ha perso quindi l’ultimo match contro Duckworth, ma ha avuto un problema quella mattina prima di scendere in campo. Si è svegliato e non riusciva a muovere la spalla. I mesi scorsi è andata meglio. Ora alle Intesa Sanpaolo NextGen Atp Finals terminiamo questa stagione. È stata lunga, ma è andata bene. LEGGI TUTTO

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    Holger Rune, pronto a sorprendere già a Milano

    Holger Rune, una delle stelle NextGen 2021

    Il silenzio della Allianz Cloud è squarciato dal boato sordo di un’impatto. Potente, secco. L’ingresso nella splendida Arena milanese in mattinata, poco prima dell’avvio delle NextGen ATP Finals 2021, è sonoro. Fragoroso. Dopo pochi metri l’occhio cade subito in campo, sul giocatore impegnato nell’allenamento pre partita. Quella pallata era di Holger Rune, il 2003 danese che sta arrivando molto velocemente nel tennis che conta. Passi da gigante per Rune, incluso il bel successo al Challenger di Bergamo lo scorso weekend. E basta tornare indietro di poche settimane per ricordare il suo esordio in uno Slam, a US Open. Non il catino più grande del nostro sport, non il rumoroso pubblico della “grande mela”, non il giocatore più dominante dell’epoca moderna, tal Novak Djokovic, l’hanno impressionato. Il giovane nordico è sceso in campo tosto, tostissimo. Fiducioso di vincere. E un set l’ha pure strappato al n.1, vinto col suo tennis, non per gentile concessione.
    Appena lo vedi, Rune ti appare compatto. Fisico impressionate per un 18enne, scolpito. Il suo stare in campo è altrettanto statuario. Esprime un misto di potenza ed equilibrio già a prima vista. Impatta anche la palla più semplice con un equilibrio dinamico notevole, proprio di chi è nato per questo sport. Un coordinato naturale che con lavoro e ottima scuola è cresciuto in fretta, molto in fretta.
    Scambia col sorriso, a basso ritmo, ma la palla esce divinamente dalle corde, ancor più netta col rovescio, un colpo compatto e preciso. Col diritto lavora di più con le gambe, e la palla è carica di un peso notevole.
    Proprio le gambe sono il segreto del suo gioco. Le ginocchia sono sempre leggermente piegate, pronte a scattare sulla palla e conferire forza. Ha una postura che ricorda un po’ Magnus Norman, soprattutto quando dalla posizione frontale apre di rovescio e cerca l’impatto, mai scoordinato, senza disperdere energia. Quando hai un tennis come il suo, ottimizzare ogni aspetto è decisivo. Infatti Rune è il classico tennista moderno, costruito per spingere e giocare con pressione, con ritmo, soverchiando il rivale con fisicità e intensità. Tira forte, e non tira a caso. Per la creatività passare oltre, qua c’è sostanza pura e un tennis ridotto all’osso.
    E Rune il tennis sembra proprio avercelo nel sangue, fin da piccolo, quando a soli 7 anni puntava i piedi con la mamma per esser portato al club di tennis nei weekend invece che ai compleanni degli amici. Ha raccontato che in famiglia un po’ tutti l’hanno sconsigliato di continuare col tennis, molto complicato, costoso, difficile. Incerto. Del resto i nordici sono gente pratica. Ma Holger non ha ascoltato nient’altro che quella voce che covava dentro di sé, e lo spingeva a correre dietro alla palla rincorrendo sogni di Wimbledon e dintorni.
    C’è molta curiosità alle Next Gen Finals per Alcaraz, un ciclone che rischia di portar via tutto e non solo qua a Milano. Per il tennis fantasioso e divertente di Lorenzo Musetti, per le geometrie ed eleganza di Korda, per la mano di Gaston. Ma occhio, perché il giovin Rune potrebbe sorprendere tutti.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO