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    Rune, Becker e… la fretta, a generare caos

    Rune in allenamento a Torino con Becker (foto M.Mazzoni)

    “La fretta è una cattiva consigliera”. La saggezza popolare quasi mai mente. Affrettare i tempi, non essere in grado di pazientare per compiere i passi giusti, difficilmente ti permette di arrivare lontano, o rende il viaggio scomodo, periglioso. Il turbinio di fatti, parole e cambiamenti nella vita sportiva di Holger Rune delle ultime settimane sembrano aver una linea comune nella sua fretta di arrivare in cima, dove sono sbarcati Alcaraz e Sinner, dove anche il danese vuole assolutamente arrivare. In fretta. Avvolgiamo il nastro dei ricordi di qualche mese, cercando di capirci qualcosa.
    Torino, ATP Finals. Chi scrive ha avuto la fortuna di assistere a bordo campo ad alcuni allenamenti di Holger, con il suo team al completo e mamma al seguito. Ne avevo già scritto nel corso del (bellissimo) torneo, ma il focus del racconto era sul gioco, su quel che Boris stava cercando di comunicare al suo giovane pupillo nelle prime settimane di lavoro insieme. C’era enorme curiosità per vederli all’opera, perché il tedesco è personaggio complesso ma mente fina nel vedere e analizzare il gioco, mentre Holger ha innata quella baldanza un po’ spaccona del “ora ti faccio vedere io”, con una mamma un tantino invadente sempre presente. Un triangolo scaleno, a dir poco esplosivo… E infatti, è esploso. Perché? 
    Quel che ricordo distintamente delle ore di training è la cura di Becker nel dettaglio. Alla fine di ogni sessione di palleggio, il campione di Wimbledon era prodigo di parole per Holger, sulla chiusura del colpo con la mano sinistra sul rovescio, sull’equilibrio al momento dell’impatto della risposta, su come caricare la racchetta al servizio. E via dicendo. Parole precise, dettagli che fanno da differenza. Rune ascoltava, forse. Non un cenno d’intensa, quasi mai un’occhiata sullo sguardo di Boris. Una comunicazione importante, ma a senso unico. Senza uno scambio. Solo scambiando pareri e sensazioni si cresce, il confronto è sempre necessario. Attenzione: magari Holger era poi un fiume in piena fuori dal campo, questo lo scrivente non può saperlo… ma era abbastanza netta la sensazione di un giovane pronto a spaccare la palla ad ogni colpo, meno ad ascoltare. Ancor più stridente il quadretto quando il danese si sedeva in panchina a bere e rifiatare. Con mamma, in rigoroso danese non comprensibile ai forestieri, dialoghi continui, con gesti di colpi e movimenti. Boris restava nei pressi della rete, a testa china sulle corde della sua racchetta. Evidentemente pensieroso. A vederlo così, pure un po’ zoppicante per i postumi delle sue caviglie martoriate da troppi scatti gladiatori da giocatore, sembrava triste. Quasi un ospite non desiderato. Affermazione un po’ forte, ma c’era la sensazione che questo triangolo non avrebbe funzionato.
    Facile pensare che sia stata mamma Aneke a spingere la rottura. Trapela dalla Danimarca che invece è tutta farina di Becker e soprattutto di Holger, tanto che mamma ha pure fatto un passo indietro, affidando la cura del figlio al colosso del management IMG, da pochi giorni responsabile dei contratti, scelte e mille cose del giovane top10, comunicazione inclusa. Holger ha scelto di svoltare, che il rapporto con Boris non funzionava, come quello a dir poco effimero con Luthi, durato il tempo di un brunch domenicale.
    Holger in una dichiarazione sui social scrive: “Dopo la fine del rapporto con Christensen, che durava da circa 15 anni, ho provato diverse soluzioni. In questo periodo ho capito cose mi serve per stare bene e per crescere tennisticamente come voglio. Per coltivare le mie ambizioni ho bisogno di avere al mio fianco professionisti che condividano la mia stessa visione. Persone di cui io mi possa fidare ciecamente, che siano sempre a mia disposizione. Questo è quel di cui ho bisogno affinché mi senta sicuro. Detto, tutto questo, ringrazio di cuore Lars, Severin e Boris: vi voglio bene”.
    Una dichiarazione d’intenti forte: si fa come dico io. Voglio qualcuno al fianco che mi aiuti, ma io ho il comando delle operazioni. In questo si spiega facilmente perché Boris ha mollato: pretendeva di metterci del suo, di spiegare a questo talento acerbo come sgrezzarsi, come tagliare zavorre per decollare. Come cambiare. Sicuramente Rune non condivideva il punto di vista di Becker, e addio è stato. Poco importa che il tedesco abbia fatto il primo passo, come il tutto si è rotto non lo sapremo mai. Quel che conta è che Rune ha scelto di correre con la sua visione, con la propria testa. E ha voglia di recuperare il tempo perduto rispetto ad Alcaraz prima e Sinner poi, rivali che oggi vede da lontano e che vuol disperatamente raggiungere.
    Il suo 2023 è stato ricco di alti e bassi, guastato da problemi alla schiena arrivati sulla terra battuta e che l’hanno penalizzato fino all’autunno. Difficile raccogliere ottimi risultati con un tennis muscolare come il suo senza essere a posto fisicamente. Ma lui ha forte, fortissimo in testa il suo autunno 2022. Quello dell’esplosione, quando ha randellato a destra e a manca spiazzando ogni rivale. Compiendo un record storico a Bercy, quando ha battuto 5 top10 in un torneo, roba pazzesca. Quel torneo, quel suo tennis, è la sua pietra angolare, è dove vuole essere. Non accetta di non esser più quello, che altri hanno fatto meglio e l’hanno superato. Lo si vede da tante piccole cose, come il disgraziato post social nel quale metteva con un cerchio rosso il campo periferico a US Open, rispetto alle grandi arene assegnate a Jannik e Carlos. Beh, in quel campo “dimenticato da Dio”, poi Holger c’ha lasciato le penne, quindi gli organizzatori del torneo non c’avevano visto poi così male…
    Questo piccolo episodio è uno dei vari nel quale il danese ha mostrato insofferenza per risultati non in linea con le sue aspettative. Questo il vero nocciolo del problema: forse è necessario che qualcuno, mamma (ma si è tirata indietro?), il nuovo coach, il nuovo management, faccia capire a Holger che ha tutto il potenziale per arrivarci lassù, magari scalzare pure Jannik e Carlos, ma che serve il tempo per curare al 100% il fisico, migliorare vari aspetti del suo gioco, ancora troppo altalenante e carente in alcune fasi, e la sua mentalità, ancora troppo rabbiosa e poco stabile. Forse proprio l’esempio di Sinner dovrebbe illuminarlo. Jannik è arrivato doveva voleva arrivare, a vincere tornei top e battere uno dopo l’altro tutti i top. Ma… ha faticato, ha capito dove non andava bene, si è preso il tempo per sbagliare e migliorare. Con questa fretta di farcela, Rune può solo incancrenire frustrazioni e problemi che, per un carattere un po’ “fumino” come il suo, rischiano al contrario di rallentare ancor più la sua scalata. Del resto, un ancestrale detto nei nativi americani recita “Chi corre sempre, saprà sempre meno cose di colui che resta calmo e riflette”. Già, la saggezza popolare…
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    Sinner, una vittoria “rotonda”, da Campione completo

    Sinner con tutto il team a Melbourne (foto Getty Images)

    “A volte le parole non bastano.E allora servono i colori.E le forme.E le note.E le emozioni.”
    Prendo volentieri in prestito le belle parole di Alessandro Baricco per descrivere lo stato d’animo attuale di chi ha raccontato su Livetennis la straordinaria cavalcata di Jannik Sinner agli Australian Open 2024. Sono passati più di due giorni dall’incredibile successo dell’azzurro in finale su Medvedev, ma l’emozione è ancora forte, palpabile, intensa. Non ci si stanca mai di rivedere il match point, quel gioioso crollo a terra, occhi chiusi, ad assaporare un momento sognato da una vita. E noi con lui, a inveire contro il mondo intero in quei due maledetti set iniziali, con la speranza che quel contro break alla fine del secondo non fosse solo un “brodino”, ma la scossa. Così è stato, la rimonta è arrivata per la gioia sua e di tutti noi, e non è stata un miracolo. Tutt’altro.
    Oltre 48 ore di vento, sole e freddo invernale non hanno affatto sopito l’emozione per la vittoria ma consentono di tornare con maggior lucidità e profondità sullo straordinario Australian Open giocato da Jannik, per un’analisi più dettagliata di quel che ci ha raccontato il torneo, le sue meravigliose sette vittorie che l’hanno trasformato in Campione Slam, il tennis che ha giocato e ha stroncato la resistenza dei migliori avversari. Senza la pretesa di essere esaustivi, e con l’intenzione di tornare presto sul tema per analizzare altri aspetti visto che di materiale da trattare ce n’è proprio tanto, …ed è bellissimo farlo!

    Una vittoria “rotonda” perché completa
    Uno Slam non lo si vince per caso. Mai. Possono esserci casi fortunati, nel senso di trovarsi al posto giusto nel momento giusto. In passato – qualche lustro addietro, a dire il vero – abbiamo raccontato di vincitori Slam bravi a giocare il miglior tennis della vita con un tabellone non impossibile, rivali fortissimi incappati in momenti no, qualche assenza. Dall’avvento dei Big Three, non è praticamente mai accaduto, visto che alla fine uno di loro in una finale Slam c’è praticamente sempre stato, salvo rarissime occasioni (es: US Open 2020, proprio per citare uno Slam “diverso” e tutto particolare). Jannik Sinner si è strameritato la vittoria a Melbourne perché ha giocato meglio di tutti e ha sconfitto avversari fortissimi. I migliori possiamo dire senza ombra di dubbio. Lasciamo perdere i primissimi match, ugualmente dominati in modo impressionante, ma dagli ottavi Jan ha trovato rivali veri. Verissimi. Khachanov è un tennista forte, con qualche limite, ma al quarto turno è uno che non vuoi proprio ritrovarti al di là dalla rete, perché lotta fino all’ultima palla e ha potenza ed esperienza nella battaglia, anche sulla lunga distanza. Sinner l’ha demolito ben bene. Nei quarti ha superato Rublev, n.5 del mondo, quindi per ranking il peggiore che potesse incontrare. Vero che il tennis del moscovita va quasi sempre a “sbattere” contro quello dell’azzurro, ma Andrey ha disputato una partita di grande spessore, e se mai avesse vinto quel tiebreak in cui era in netto vantaggio il match si sarebbe sicuramente incendiato ancor più e complicato. Jannik ha compiuto uno dei capolavori del torneo infilando un filotto di punti magistrali, che ha stroncato testa e gambe del rivale.
    La semifinale vs. Djokovic, beh, ca va sans dire… Sinner ha scalato l’Everest sportivo del momento, battere il più forte nel torneo dove il più forte non aveva mai perso in semifinale (o finale). E come l’ha fatto, stroncando la resistenza del n.1 a furia di pallate, di un’intensità di spinta brutale, con l’incredibile merito di aver retto l’impatto del primo set perso nel torneo con la grande occasione sprecata per chiuderla. Un momento cruciale, ha dimostrato la capacità di reazione, solidità mentale e forza tecnica di Jannik, pronto a cancellare con un clic la prima vera difficoltà del torneo, incurante di chi fosse l’avversario, pronto a ripartire ancor più forte e riprendersi il comando del match, vincendolo. La finale è stata un film da Oscar, troppe cose, troppe situazioni, una rimonta incredibile. Solo un certo Borg era riuscito a rimontare due set di svantaggio nella sua prima finale Slam e vincerla. Siamo al top del top. Sull’Olimpo dello sport.
    Questi descritti sono solo alcuni degli aspetti che, tirando le somme, portano alla conclusione che la vittoria di Sinner agli AO24 è stata totale. Completa. Sinner ha giocato meglio di tutti, e l’ha fatto per 7 partite, senza grandi sbavature. Sinner ha condotto il gioco, ha imposto il suo tennis ma è anche stato bravo a cambiare all’occorrenza. Sinner ha reagito nei momenti difficoltà, contro Djokovic in SF e nella F vs. Medvedev, superando una partenza difficile per la tensione all’atto conclusivo e una possibile rimonta del n.1 in semi. Jannik ha mostrato nel torneo una formidabile capacità tecnica, fisica, mentale. Non è mancato niente, ha messo in campo tutto quel che deve avere un grande Campione. Scacco Matto – > Slam.

    La sensazione di gestione, da Campione affermato
    Ripensandoci a freddo, la misura della straordinaria forza di Sinner, della sua qualità e livello di prestazione raggiunto, viene dal fatto che in tutto il torneo, inclusi i due match più duri contro Djokovic e Medvedev, mai ha dato la sensazione di essere al limite delle proprie possibilità, sull’orlo di spezzarsi, rompere l’incantesimo. Quando in finale è andato sotto di due set, Jannik non era praticamente entrato in moto… Lì ha pagato la tensione del momento, dell’evento. Era quasi scontato accadesse, anche se nel pre partita quasi tutti gli analisti affermavano che l’azzurro avrebbe vinto, addirittura tre set a zero… No, quello sarebbe stato quasi disumano, ma Jannik è tutto il contrario, è un fantastico esempio di normale umanità. È un bravissimo, straordinario, eccezionale atleta “normale”. Proprio la normalità è la sua straordinarietà. Ha dovuto lavorare tanto, in campo e su se stesso, per arrivare dove è adesso.
    Non ha avuto sconti. Ne ha masticata di polvere. Di delusioni. Ripensiamo al Match Point non sfruttato vs. Alcaraz a NY. Ripensiamo alle batoste contro Tsitsipas a Melbourne. Ripensiamo alla seconda sfida a Wimbledon vs. Djokovic, dove mai è stato davvero in corsa per vincere. Ripensiamo a quando si faceva male assai spesso e vincere più match 3 su 5 sembrava un traguardo impossibile. Non parliamo di lustri ma solo di mesi addietro. Sinner ha lavorato, bene e duramente. È cresciuto di fisico e di mentalità, trovando una sicurezza e consapevolezza che l’ha fatto esplodere al massimo livello lo scorso autunno. Lo Slam sembrava diventato possibile dopo le Finals e la Davis. Possibile, non scontato. Agli Australian Open è stato straordinario per come ha gestito tutto il torneo. Vincere di slancio tre match, durando pochissima fatica – al contrario di Medvedev, …vero Daniil? – è stato decisivo per farlo arrivare fresco e focalizzato alle partite decisive. Mentre molti, da Zverev a Djokovic, si sono “incasinati” in prestazioni così così, lasciando per strada energie fisiche e mentali, Sinner ha tarato i suoi forzi ma è riuscito a vincere agile, senza accumulare scorie nel braccio, nelle gambe e nella testa. Ha vinto, ha preso fiducia, si è sentito sempre più libero e sciolto. Lo si è visto nei quarti, e poi in semifinale, dove è partito con una veemenza e potenza strabiliante, tanto da annichilire il n.1 con un’intensità brutale. Irresistibile. Ma anche in quello sforzo contro Djokovic, pur conducendo, pur tirando a mille all’ora, mai ha dato la sensazione di essere sopra le sue capacità, al limite, ad un secondo dal crack. No. C’era la sensazione netta e palpabile di misura, di controllo, che tutto quello di magnifico che stava producendo punto dopo punto fosse assolutamente “normale”, in gestione, a grande velocità ma non oltre i suoi limiti.
    E in finale, i primi due set non era “fuori controllo”, proprio non c’era affatto. Teso, bloccato dall’emozione per la partita più importante della sua vita. C’ha messo un’ora e mezza a scuotersi, ma c’è riuscito e non per grazia divina, o per gentile concessione di un Medvedev fortissimo, deciso come mai a vincerlo ‘sto Slam dopo due finali perse. Sinner ha reagito dopo il secondo break nel secondo set. Lì, mentalmente ha sentito che peggio non poteva andare, e che non era il caso di rovinare un così grande torneo con una “derrota fatal”. No. Si è rifiutato di assecondare tristemente quel che era stato fino a quel momento, e di pura lucida rabbia agonistica ha finalmente tagliato le corde alle zavorre mentali che bloccavano braccio e gambe. Due pallate micidiali, contro break. Jannik Sinner s’è tolto la tuta ed è sceso davvero in campo. Da Jannik Sinner. Ha iniziato a muovere il rivale, ad esplodere il suo tennis, si è ripreso il tempo di gioco, il centro del campo, il comando delle operazioni. Rimonta, vittoria. L’ha fatto con classe, con misura, anche qua senza dare la sensazione di esser andato oltre i propri limiti. È stato straordinario a ritrovarsi dopo un’avvio difficile e quindi giocare un gran tennis, ma nemmeno il suo “migliore”. Non ha giocato sopra ritmo, al limite, l’ha solo ritrovato. Come hanno fatto alcuni grandi campioni in passato. Reazione – > vittoria. Anche per questo, la finale degli AO24 è stata un capolavoro, una sorta di Laurea, di Master, di quel che certifica uno status superiore, di Campione completo.

    Mentalità, quel che “assicura” future vittorie
    La parola “assicurare” per mille motivi entra malvolentieri nel mio vocabolario. E infatti non v’è alcuna certezza che questo Slam di Sinner “assicuri” altri prossimi successi nei Major o grandi tornei. Ma tirando le somme di tutto quello che ho descritto finora insieme alle sue frasi a caldo dopo la vittoria, abbiamo un quadro di eccellenza assoluta, che ci fa capire la mentalità vincente di questo ragazzo e che non corriamo affatto il rischio di aver già toccato l’apice, ma solo una base di partenza su cui costruire grattaceli verso l’infinito.
    “Ho chiuso gli occhi crollato a terra dopo il match point e non ho pensato al trofeo, alla vittoria, ma alla prestazione, che alla fine mi ero ripreso e ho giocato bene dopo una partenza difficile”. “Avere questo trofeo, è una sensazione incredibile. Mi sento grato di averlo qui. Ma so che devo lavorare ancora più duramente, perché gli avversari troveranno il modo di battermi e devo essere preparato. Vediamo cosa ci riserverà il futuro”. Consapevolezza sì, ma anche tanta voglia di crescere. Il primo pensiero non andato alla soddisfazione di avercela fatta, ma al suo tennis, all’aver toccato un gran livello e di poterlo ancora migliorare perché niente è scontato, gli avversari sono forti e d’ora in poi ancor più vogliosi di batterlo. Ha pensato al team che si è costruito, coeso, di qualità, pronto a sostenerlo in ogni momento della sua prestazione e allenamento. Un team decisivo al Sinner vincente di oggi, alla mentalità di chi ha lavorato tanto e bene per massimizzare un talento innato. Questa la Mentalità del Campione, colui che non si ferma mai, che non si accontenta, che vede le vittorie come opportunità di crescita personale per arrivare ancor più in alto. Parole che Jannik ripete da anni, anche quando non aveva raggiunto risultati straordinari. Team. Lavoro. Processo. Stare in una posizione per passare alla successiva. Queste sono parole che ripete da tempo, nelle quali crede, che animano la sua giornata. Sono le chiavi della mentalità vincente, dei Campioni che hanno segnato un’epoca nello sport.
    Jannik Sinner con questa vittoria a Melbourne ha scritto una pagina indelebile della storia del gioco e del tennis italiano. Ma c’è molto, molto di più. L’intero torneo e il suo successo in finale ha dimostrato che Sinner ha raggiunto una maturità fisica, tecnica, mentale da Campione completo.
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    Sette spunti dall’Australian Open 2024

    Jannik Sinner nel servizio fotografico dopo la vittoria a Melbourne (foto Getty Images)

    Un sorriso, una coppa storica, una meravigliosa città sullo sfondo. Impagabile la gioia di iniziare questa settimana, questo benedetto 29 gennaio 2024, con le splendide immagini di Jannik Sinner appena arrivare da Melbourne, i canonici scatti post vittoria che resteranno nel libro d’oro del torneo. Resteranno soprattutto nella memoria di chi ama il tennis, nel nostro cuore, un ricordo da custodire gelosamente dopo un’attesa di quasi 48 anni. Jannik Sinner ha vinto un torneo dello Slam, è entrato nel “club” più esclusivo della disciplina. L’ha fatto disputando un torneo eccezionale, estromettendo nel percorso il n.5 del mondo Rublev, il più forte dell’epoca moderna Mr. Record Novak Nole”Djoker” Djokovic, e poi in finale un irriducibile lottatore e campione come Daniil Medvedev. L’ha fatto rimontando due set di svantaggio, scacciando i propri demoni e la tensione di un avvio shock. L’ha fatto di lotta e di classe, di tecnica e di fisico, di testa e di colpi. Una vittoria rotonda, che più piena non si può. Ha scacciato via ogni singolo dubbio o timore su quel che ancora temevamo gli mancasse per arrivare ad alzare uno dei 4 trofei più importanti, …fisico, qualche colpo, esperienza. Jannik si è preso tutto,  l’ha fatto con classe cristallina e moderazione, con uno stile che sta diventando iconico che ci auguriamo faccia scuola. Potremo scrivere fiumi di parole per celebrare la sua vittoria a Melbourne, e continueremo ad analizzare quel che l’ha portato a vincere e cosa potrà succedere da qua in avanti. Ma intanto chiudiamo questa memorabile edizione degli Australian Open andando a puntualizzare quel che resterà di questo primo Slam 2024, oltre la vittoria di Sinner.

    Sinner oggi è il più forte al mondo
    Torneremo su questo punto con un articolo dedicato, ma sia il campo da gioco che i numeri parlano chiaro: in questo preciso momento Sinner è il miglior tennista del mondo. Non lo certifica il ranking, visto che il calcolo si basa su 12 mesi di prestazioni, ma dallo scorso autunno nessuno ha vinto quanto Jannik, sia in termini di risultati che di vittorie contro i migliori avversari. Lo afferma oggi anche lo ELO ranking di tennis abstract, che ha una base assai solida. Scrivere tutto questo è incredibile, sorprendente e bellissimo.

    Djokovic è pronto al rilancio
    Guai a pensare che il “Djoker” sia pronto per la pensione. Ovviamente l’aver perso 3 partite importantissime su 4 contro Sinner nell’arco di poche settimane è un discreto “schiaffo” per lui… ma non ci dimentichiamo cosa accadde dopo la sconfitta per lui durissima in finale a Wimbledon 2023 per mano di Alcaraz. Ha masticato amaro, si è preso qualche settimana ed è tornato nell’estate USA ancor più duro e vincente. Visto che ancora il fisico sembra sorreggerlo, tutto lascia pensare che quest’ennesima sconfitta patita da Jannik sarà un fiume di benzina ad accendere un fuoco ancor più vivo. A Jannik, e gli altri rivali, batterlo nei prossimi grandi appuntamenti. Siamo certi che Nole sarà lì pronto a tornare a vincere.

    Alcaraz, abbiamo un problema
    Carlos ha affrontato gli AO24 senza aver giocato un match ufficiale dalle ATP Finals 2023. Possiamo dire “si è visto”. Non ha mai davvero brillato il giovane spagnolo nel torneo, solo sprazzi di grandi tennis, anzi, momenti di impeto leonino conditi da grandissimi colpi. Ma… la sostanza e la continuità dove sono? Ruggine, forse, ma potrebbe anche esserci dell’altro. Ha colpito molto come abbia perso male contro Zverev, dominato e senza trovare davvero una reazione forte dal punto di vista tecnico e tattico, solo uno scatto d’orgoglio che non è bastato a rimetterlo in carreggiata. Ha colpito ancor di più il candore con il quale ha affermato dopo la sconfitta di non averci capito niente… di non trovare spiegazione alla sua modesta prestazione. Sembra aleggiare da qualche mese un po’ di confusione nella sua testa, e pure in qualche settore del suo gioco. Il diritto su tutto, sembra scricchiolare e non poco. Ha perso intensità Carlos, fisica e tecnica, e pure convinzione. Vederlo guardare smarrito il suo angolo è preoccupante. È ancora nei suoi 20 anni, questo torneo ha confermato che non ha imparato a vincere se non gioca a mille, a tutta. Gli avversari l’hanno capito, e hanno trovato il modo di metterlo in difficoltà. Sta lui ora riflettere e rilanciare. Lo aspettiamo, perché Alcaraz è spettacolo puro, è una benedizione per il nostro sport.

    La durezza di Daniil ha qualche limite, o forse ha sbagliato programma
    “Ripenseremo a quel che abbiamo fatto nelle scorse settimane”. Così Gilles Cervara ha commentato la sconfitta di Medvedev dopo la finale degli Australian Open. Una frase sibillina che lascia presagire un confronto schietto che porterà a sicuri cambiamenti nei programmi e forse gestione della partita. Il russo è arrivato vicinissimo a vincere il primo titolo a Melbourne, gli è mancato un solo set. Pochissimo. Non c’è riuscito per la reazione clamorosa, impetuosa, di un Sinner stellare. Ma la verità che è Medvedev è arrivato in finale stremato da un torneo nel quale ha perso troppe energie per strada. Per questo ha messo in campo in finale una tattica “fuori tutta”, per destabilizzare un Jannik mostruoso, ma anche perché aveva il bisogno di vincere “rapido”, sentiva chiaramente di non poter arrivare primo al traguardo dopo un’altra maratona. E così è stato. Bravo, bravissimo Daniil, incredibile come sia riuscito a reinventarsi ancora una volta in finale, mostrando un tennis agli antipodi rispetto a quello ammirato in tutto il torneo, passando da un difensore estremo ad attaccante sublime. Ripetiamo: c’è andato vicinissimo, e l’avrebbe anche meritata la coppa, per il torneo e la sua storia. Ha trovato uno più forte, e con classe estrema s’è inchinato, riconoscendo i meriti dell’azzurro. Ma forse una miglior gestione del torneo e delle settimane che l’hanno avvicinato ad esso, con nessun evento giocato in preparazione e quindi troppe energie spese per strada per trovare la miglior condizioni, gli sono probabilmente costate la sconfitta.

    Zverev, manca sempre qualcosa
    La faccia di Sasha dopo i due punti non sfruttati quando era esattamente a due punti dal battere Medvedev sono la foto migliore per spiegare quel che non va nel suo tennis e che ancora non gli permette di arrivare in fondo e vincerlo questo “benedetto-maledetto” Slam. Un pizzico di malasorte, ma anche la difficoltà di tirar fuori le giocate del campione nei momenti decisivi. Purtroppo per il tedesco, non è la prima volta che gli succede. Spesso approccia gli incontri male, con quelle scorie di attitudine passiva – difensiva che non consente di far esplodere la classe e potenza dei suoi colpi. Ha di fronte avversari incredibili, oggettivamente superiori. Ma capita non di rado che si complichi la vita da solo, perdendo il focus, energie e lucidità. Dopo il grave infortunio si è ritrovato, è davvero un tennista forte, ma qualcosa ancora manca, e il tempo passa… Rischia sempre più di ricevere la “tessera” di uno dei club meno graditi, quello dei più forti a non aver vinto uno Slam. Gli auguriamo di farcela, ma per compiere l’ultimo step necessita di una crescita personale che stenta terribilmente a fare.

    Cobolli, sarà l’”Arnaldi del 2024?”
    Flavio ha disputato un Australian Open eccellente. Si è preso una vittoria clamorosa contro Jarry, e come se l’è presa. Ancor più importante ha superato la prova del 9, ancor più difficile per uno come lui, con nessuna esperienza a questo livello. Ha mostrato in un torneo durissimo i progressi pazzeschi compiuti negli ultimi mesi. Forse nel 2022 era salito nel ranking troppo presto, senza aver rafforzato fisico e colpi. Ha lavorato tanto il romano, in silenzio con determinazione. Oggi il servizio è colpo molto migliorato, fisicamente è di un altro pianeta, e la palla oggi gli viaggia discretamente bene. Questo torneo deve dimostrargli che ha tutto quel serve per starci a questo livello, in questi tornei, contro gli avversari più attrezzati. Non deve temere niente e guardare d’ora in avanti ogni torneo come un’opportunità di fare esperienza e crescere. Arnaldi nel 2023 ha fatto un balzo magnifico; chissà che non sia la volta di Cobolli quest’anno…

    Match troppo lunghi. È necessario agire. Subito
    La differenza tra gli Slam e gli altri tornei della stagione sta nella storia, nell’epica, anche nelle battaglie sulla lunga durata. Ma forse agli AO24 si è passato il segno. 61 incontri nel tabellone maschile hanno superato le 3 ore, quasi 20 hanno superato le 4 ore, 35 partite sono terminate al quinto set (record nel torneo). Ok la lotta, che è uno degli aspetti intriganti del tennis, ma così forse si sta esagerando. Può essere anche una combinazione “sfortunata” di condizioni, come scontri tra avversari molto vicini tra loro, ma in generale si scambia troppo, c’è tantissimo agonismo e le partite tendono pericolosamente a diventare maratone che, piaccia o no, rischiano di diventare sempre meno fruibili per gli appassionati. Non si cambiano le regole di una disciplina per la tv, MAI. Ma per migliorare uno spettacolo si possono apportare correttivi. Quali? Semplice: il tennis è nato come sport di destrezza. Agire su palle, superfici e corde dei telai per premiare maggiormente la tecnica di gioco, il tennis offensivo e abbassare l’importanza del fattore atletico è una via praticabile e a basso costo/impatto. È possibile. È provato da test. Se non lo si vuole fare è solo una scelta politica. Chi afferma il contrario, che “non si può”, mente.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    10 sogni per un 2024 indimenticabile

    Jannik Sinner, n.4 al mondo (foto Getty Images)

    Ci siamo, il countdown per la stagione 2024 si è concluso. Con la United Cup sono scattati i primi match del nuovo anno, anche se il calendario è ancora quello “vecchio”, ancora per poco. Dopo un 2023 scoppiettante, con un finale di stagione a fortissime tinte azzurre grazie a un Jannik Sinner stellare, l’attesa per la nuova stagione è enorme. Aspettative? Altissime. Speranze? Altrettante. Speranza di vincere, soprattutto di passare ore e ore di puro godimento ammirando e cavalcando la nostra viscerale passione per il tennis. Meglio se dal vivo nelle Arene più affascinanti al mondo. Ci lanciamo in alcuni sogni per il 2024, giusto una decina. Badate bene, non previsioni, sogni. Arditi, sì, ma tanto sognare non costa nulla. E del resto, come scriveva Arthur Schopenhauer, “La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro: leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare”.
    1) Jannik Sinner vince i Championships di WimbledonSe sognare non costa nulla, allora puntiamo al massimo possibile. Vincere sulla sacra erba – anche se un po’ sbiadita rispetto ai tempi d’oro del S&V – di Wimbledon è l’impresa massima dello sport, quella che ti consacra all’immortalità, quella che praticamente tutti sognano. Jannik ha fatto semifinale nel 2023; il tennis mostrato dall’azzurro negli ultimi tre mesi dell’anno che sta per chiudersi sembra proiettato ad eccellere sull’erba, con un servizio più efficace, una risposta clamorosa, tempi di gioco più rapidi, una maggior propensione a venire avanti. Vengono i brividi anche solo a pensarlo, ma vedere Sinner alzare LA coppa del tennis ormai non è più solo una Chimera…
    2) Un nuovo calendario più “razionale e funzionale”Amiamo il tennis come poche altre cose, ma la struttura della stagione è ormai incancrenita da anni e non funziona. Sappiamo che ci sono in ballo mille problemi, interessi e via dicendo. Qua siamo quasi al miracolo, ma se mai il prossimo anno – magari anche grazie all’intervento dei tanto famigerati fondi sauditi… – si riuscisse a provocare una vera rivoluzione, dando un colpo di spugna alle tante storture del calendario e costruire un’annata con più qualità, magari meno tornei ma con un posizionamento più logico e che aiuti i giocatori a presentarsi al meglio, sarebbe un passo in avanti gigantesco. A volte, per costruire è necessario prima abbattere.
    3) Musetti in Top10Lorenzo viene da un 2023 a tinte grigie, è inutile girarci intorno. E valutate le tante cose che gli sono accadute in campo e fuori, il ’24 rischia di essere una stagione di passaggio, speriamo non di delusioni. Il sogno è che la prossima paternità possa rappresentare una scossa positiva, un qualcosa che lo renda più consapevole e maturo, facendo così esplodere il potenziale enorme del suo gioco e ritrovare quel tennis che nell’autunno del 2022 aveva esaltato tutti. È già stato n.15, adesso è un po’ sceso. Per arrivare tra i 10, è necessario eccellere, sul rosso e non solo. Magari vincendo un 1000 su terra, e fare bene anche altrove. Il suo bel tennis merita di stare tra i migliori.
    4) 12 mesi di Berrettini “sano”Non chiedo titoli o grandissimi risultati, ma solo, semplicemente, banalmente, dodici mesi di salute e continuità di prestazioni in campo per Berrettini. Il “Matteo-Nazionale” ha dimostrato ampiamente, anche allo scorso Wimbledon, che quando può giocare libero da infortuni ha ancora la dinamite nel braccio e la testa da grande giocatore. Che gli Dei del tennis lo tengano al riparo da infortuni, il resto verrebbe da solo.
    5) Un Masters 1000 su erbaAlla fine è una postilla del punto 2, il calendario. L’avvicinamento ideale agli Slam sarebbe: 250, 500, 250, 1000, 250, Slam. Dopo il periodo “nero” dei super battitori dei ’90s che avevano reso quasi disumano il gioco sui prati, ora si è rallentato tutto a tal punto che il tennis su erba è diventato il più interessante della stagione (insieme a quello indoor). Se è molto complicato distanziare molto RG e Wimbledon, almeno un’altra settimana di spazio per poter disputare un M1000 sulla superficie più antica sarebbe molto, molto intrigante…
    6) Davis Cup di nuovo centrale dell’annataNon è solo perché l’abbiamo riportata a casa dopo 47 anni, grazie a tutti i nostri ragazzi trascinati da un Sinner incredibile. La Coppa Davis alla fine intriga, affascina e coinvolge gli appassionati come poche cose. Una meravigliosa e un filo anacronistica competizione nata nel 1900 che, nonostante mille crepe, meriterebbe altro rispetto, formula e valore. La soluzione ci sarebbe, basta volerlo: darle spazio, rimetterla al centro dell’annata, con una formula che ripresenti le sfide casa-trasferta (almeno fino alle semifinali) e regali agli appassionati qualche settimana di magia. Yes, we can.
    7) Qualche altro torneo in ItaliaIl Masters 1000 di Roma è da anni un torneo favoloso, e abbiamo il gioiello delle Finals, che speriamo possano restare a Torino per altri 5 anni. Ma quanto è piaciuto il 250 di Firenze 2022, e pure quello di Napoli se fosse stato organizzato un filo meglio… Almeno altri due tornei (un indoor e magari uno su terra) sarebbero un premio al nostro movimento, all’apice nella storia della disciplina. AAA imprenditori cercasi…
    8) Fognini vince la DavisPersonalmente mi è spiaciuto molto che Fabio Fognini non abbia partecipato vittoriosa alla campagna Davis a Malaga. Non è mia intenzione ritornare su polemiche inutili, ma umanamente “Fogna” meritava il premio di esser parte del team, visto che per anni ha tirato la carretta della maglia azzurra, in stagioni complicatissime, e l’ha fatto sempre a testa alta e senza farsi pregare. Per questo, sogno un Fabio che alza l’Insalatiera, sarebbe un gran premio alla carriera.
    9) Un prepotente ritorno del Serve and VolleyPalle più leggere, corde che magari aiutano meno in risposta, superfici che premiano lo slice e quindi gli attacchi a rete. Ritrovare le mitiche schermaglie tra chi attacca e chi cerca il passante, tra chi gioca la “prima” (sic) volée e chi tocca un lob millimetrico. Ormai questo vive solo in polverose VHS… rivederlo in campo, almeno in una parte di stagione, sarebbe l’apoteosi…
    10) Djokovic e Nadal lasciano spazio ai giovaniQuesto sogno non piacerà a molti, ma… pur inchinandomi di fronte alla grandezza di Novak e Rafa, i giovani hanno ampiamente dimostrato che hanno talento, carattere e personalità per non far rimpiangere i grandissimi campioni dell’epoca attuale. I fan a livello globale hanno scelto Jannik come tennista preferito, e tutti attendono nuovi capitoli della saga Alcaraz-Sinner. Il nuovo è giusto che si prenda definitivamente la scena.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO