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    Shapovalov: “Giocare su terra è divertente, ma io preferisco l’erba. Quando entro in palla, posso battere chiunque”

    Denis Shapovalov all’edizione 2020 degli Internazionali

    Denis Shapovalov ha iniziato così così il 2021, 8 vittorie e 7 sconfitte in totale. La semifinale a Dubai il miglior risultato, ma non possiamo dimenticare come abbia gettato al vento la partita vs. Harris, dominata fino ad un passo dalla vittoria e poi…  clic. Si è spenta la luce, solo errori, rimonta e sconfitta.
    “Shapo” stenta a fare il salto di qualità definitivo, entrare nella top10 e battagliare alla pari con la nuova generazione di campioni. La prossima estate potrebbe essere il banco di prova per le sue ambizioni. Intanto si trova ad Estoril, per il torneo su terra battuta in corso questa settimana. Dal Portogallo ha rilasciato alcune dichiarazioni interessanti, sulle superfici e non solo. Dice che l’erba è la superficie che preferisce. In effetti, pensando al suo tennis, sembrerebbe ideale: tennis rapido, pochi scambi, focus su rischio e colpi di inizio gioco. Però se andiamo a vedere la sua storia sui prati, il tabellino da Pro è a dir poco modesto: 3 vittorie in carriera, solo tre partite, tutte nel 2018, solo vittorie al primo turno e poi sconfitte. Qua viene fuori probabilmente la sua lacuna principale: non regge la tensione, non legge il momento, gioca troppo d’istinto. Quando si gioca sui prati tutto corre veloce, l’istinto è fondamentale; ma se non riesci a restare solido mentalmente e saper cogliere il momento decisivo, il match ti scappa via, al primo errore, alla prima pausa.
    “Se devo essere completamente onesto, preferisco altre superfici alla terra battuta”, ha detto Shapovalov al sito ATP. “Adoro la sensazione di giocare sulla terra battuta, lo scivolare per arrivare sulla palla, il gioco è più estenuante, sono punti più lunghi, non si adatta al mio tennis. Penso che le condizioni che preferisco sono i campi in erba. Non ci sono praticamente scambi, è fantastico, tutto scorre su servizi e risposte, è perfetto”.
    Denis crede che giocare su terra possa aiutarlo a migliorare: “Qua cerchi di costruire un po’ di più il punto, di essere più paziente, costruisci perché ovviamente molti ragazzi giocano da molto dietro la riga di fondo e il campo è molto più lento, quindi è difficile solo colpire ed entrare. Su terra devi scegliere la palla giusta per accelerare. Tuttavia, non cambio di molto il mio modo di giocare: sia sui campi in cemento o in terra battuta o su qualsiasi superficie, cerco di essere aggressivo e di entrare, quindi non cambia davvero molto alla fine. Non importa chi c’è dall’altra parte, giocherò al mio gioco e quando entro in palla, tutto va. Non so se è un momento specifico o no, ma succede e basta. Ottieni una vittoria qua o là e poi inizi a sentirti super sicuro dei tuoi mezzi. È lì che penso di poter essere pericoloso, quando ottengo un paio di vittorie e inizio a sentire il mio gioco. In quel momento sento come se fossi in grado di battere qualsiasi giocatore”.
    Tutto vero. Shapovalov ha mezzi straordinari, può battere ogni giocatore. Ma, come lui stesso ha dichiarato, tutto parte da sensazioni, da un focus del momento, dalla luce che si accende e tutto scorre. E se la luce non si accende, Denis? Basando tutto su questo tennis “umorale” e senza compromessi, stazionare lassù in vetta non sarà affatto facile…
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    Shapovalov si schiera con Pospisil e la PTPA

    Denis Shapovalov

    Nel corso delle interviste post partita al Masters 1000 di Miami, Denis Shapovalov è stato interpellato in merito alla vicenda che ha visto protagonista Vasek Posipsil. Il connazionale di “Shapo” si è scagliato violentemente contro il Presidente dell’ATP Andrea Gaudenzi durante il primo set del suo match d’esordio, scatenando moltissime reazioni nel mondo della racchetta. Chiaro il pensiero in merito di Shapovalov: fiducia incondizionata a Pospisil ed alla nuova associazione PTPA, visto che l’ATP continua a non ascoltare le richieste dei giocatori.
    Ecco le parole di Denis: “Non so cosa sia successo a quell’incontro perché non c’ero. Conoscendo Vasek, deve essere accaduto qualcosa di molto grave in quella conversazione con Gaudenzi. Ho sentito diversi giocatori parlarne ma ancora non mi è molto chiaro cosa sia successo per davvero. Ovviamente sono dalla parte della PTPA, sento che non siamo rappresentati nel miglior modo possibile. Non parlerò più dell’argomento. Basta aggiungere che l’ATP non sta facendo il lavoro più completo possibile. Ci sono giocatori che stanno cercando di aiutare all’interno dell’ATP per portare informazioni o sponsor, e l’ATP non sembra apprezzarlo. Vogliono solo che giochiamo a tennis e penso che non sia la cosa giusta da fare”.
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    Shapovalov, quando conta “la testa” nel tennis… (di Marco Mazzoni)

    Denis Shapovalov a Dubai

    Uno dei dibattiti mai risolti nel mondo della racchetta è sul peso dei vari fattori decisivi al successo di un giocatore. Se la grande prestazione con vittoria equivale al 100%, quanto pesa la parte atletica? Quanto quella tecnica e/o tattica? E quanto quella mentale? Ogni allenatore, giocatore o semplice osservatore ha la sua “torta”, con le fette distribuite in percentuali variabili. Si possono trovare i pareri più disparati, ma su di un aspetto tutti sono concordi: la percentuale da attribuire alla testa, alla forza mentale e capacità di giocare bene nei momenti importanti è importantissima. Predominante sugli altri aspetti.
    Perché questa premessa? Beh, dopo aver visto la “sciagurata” sconfitta di Denis Shapovalov oggi a Dubai, come non ripensare a quest’aspetto nel tennis del talento canadese, e nel tennis in particolare. Stiamo vivendo una settimana indimenticabile per i nostri azzurri, con un buonissimo Sinner proprio a Dubai – sconfitto solo dallo scatenato Karatsev, in lotta in questo momento sul fortissimo Rublev nei tornei 500 – e Musetti che ci sta facendo sognare in notte magiche dal lontano Messico. Sia Jannik che Lorenzo hanno costruito le loro buonissime prestazioni grazie ad un forza mentale notevolissima. Quella che ha portato l’altoatesino a “stroncare” la resistenza di un lottatore come Bautista Agut e reggere bene contro il russo, che pare camminare sulle acque in questa prima parte di stagione… E quella che sta consentendo al toscano di superare, match dopo match, i propri limiti, esplorando territori nuovi pur non avendo giocato sempre a tutta. Soprattutto nella sofferta vittoria vs. Tiafoe (il giorno seguente ad una grande impresa), Lorenzo ha giocato tutt’altro che “bene”. Ha avuto pause, ha sbagliato tanto col diritto e servito maluccio, è andato sotto di brutto ma… nella sua testa è scattato qualcosa. Si sentiva bene, presente, attivo nell’aria frizzantina a due passi dall’oceano. Quel campo gli piaceva, le condizioni, l’atmosfera (forse anche per la presenza del pubblico, che ti dà sempre qualcosa), l’occasione di potersela giocare in un palcoscenico così importante. Ok, non tutto funzionava alla perfezione come il giorno prima vs. Schwartzman, ma la testa diceva forte e chiaro “non voglio perdere, non perderò”. Aggrappato alla partita, alle sensazioni positive, la testa lo ha fatto reggere, sprintare, crederci sino alla fine, rimontare anche nei momenti più duri, quando tutto pareva perduto. E vincere. Questa è una qualità decisiva per diventare un grande giocatore, sentire il momento, vincere i punti importanti, tirare fuori il meglio nei momenti caldi del match. Bravo Musetti!
    E oggi invece Denis? L’esatto contrario. “Shapo” è un talento clamoroso, è show-time puro, è l’essenza dell’adrenalina che si può esplodere giocando a tennis, con giocate che solo i suoi occhi riescono ad immaginare e traiettorie che sfidano senza mezzi termini le leggi della fisica applicata al tennis. E lui, con quella strafottenza tecnica e visione, ce la fa. Riesce a trovare colpi e vincenti che la maggior parte dei rivali non osano nemmeno immaginare. Però… alla fine, butta via partite come quella di oggi, avanti un set e 4-3 e servizio, contro un avversario buonissimo e molto positivo, ma che aveva già la faccia di chi aspetta il match point per stringere la mano al rivale e correre a festeggiare la semifinale più importante in carriera con la sua bellissima fidanzata… Denis, dal nulla, senza la pressione del rivale, senza un motivo logico, ha “buttato alle ortiche” una partita stravinta, sparacchiando per 10 minuti scarsi pallate out senza una logica, senza un pensiero, senza riuscire a tornare mentalmente nella partita. Divorato da una tensione che non si avvertiva, ma che evidentemente lo divora dentro e non gli permette di esprimere con serenità e lucidità un tennis “pratico” quando c’è da chiudere “la pratica”. Purtroppo non è la prima che gli succede, che arriva un blackout micidiale a rimettere in discussione partite in cui è superiore e che potrebbero essere vinte senza così tanti patemi. Stessa cosa nel tiebreak decisivo, Harris ha servito bene, ma lui ha preso dei rischi eccessivi, e nel momento decisivo ha scelto di posizionarsi totalmente esterno da destra al servizio senza riuscire ad aprire così tanto l’angolo, pure pizzicando il diritto del rivale con il campo sciaguratamente aperto. Lloyd ha avuto buon gioco nel prendersi un rischio che gli ha regalato la vittoria più importante in carriera, con l’approdo in finale in un ATP 500. Applausi Lloyd!
    È un’analisi dura su Denis, lo ammetto. Ma da un talento così grande, ci si aspetta ben altra sostanza. Da un tennista con mezzi così impressionanti sul piano tecnico e fisico, ci si aspetta un salto di qualità sul piano agonistico che vada oltre alle mezz’ore “on fire” in cui tutto gli entra, tutto gli riesce in uno stato lo flow totale, sbaragliando chiunque gli passi di fronte.
    Shapo è un gioiello purissimo, uno dei favoriti del pubblico perché quando gioca lo show è davvero assicurato. Ma a dispetto di suoi colleghi ex next-gen, stenta terribilmente a trovare quella sostanza necessaria a fare il salto da potenziale a realtà nei grandi tornei. Ho sempre pensato che avendo quel tipo di gioco e quel tipo di atteggiamento, la sua maturazione sarebbe stata lenta e perigliosa. Così sta andando. Il processo è in corso e niente è perduto. Però è corretto sottolineare che di grandi passi in avanti per ora, sul piano mentale della solidità-sostanza-resistenza alla pressione, non se ne vedono tanti. Incanta quando il rischio è premiato, delude quando cade preda dei suoi buchi, spesso davvero inspiegabili per il contesto tecnico e tattico del match, a volte pure contro rivali “alla portata”. Oggi più che un contender per i grandi tornei, è un tennista da highlights.
    La speranza è che riesca a lavorare su se stesso (anche fuori dal campo) per trovare una solidità e consapevolezza che gli consenta di reggere la pressione ed esplodere finalmente i suoi mezzi nelle grandi occasioni e con continuità. Non avere uno Shapovalov in corsa per gli Slam con vari Tsitsipas, Medvedev & C, sarebbe davvero un peccato…
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    A Rotterdam giocheranno anche Tsitsipas, Shapovalov e Raonic

    Denis Shapovalov

    L’ATP 500 di Rotterdam è da sempre uno dei tornei indoor più interessanti e qualificati della stagione. Basta leggere l’albo d’oro, iniziato nel 1972, per trovare campioni come Ashe (primo vincitore), Borg, Connors, Vilas, Mecir, Edberg, Becker, Stich, Krajicek (oggi direttore del torneo), Kafelnikov, Hewitt, Federer, Murray, Soderling, Wawrinka, oltre al nostro Omar Camporese nel 1991, quando sconfisse Ivan Lendl in finale.
    L’edizione 2021 si accinge ad essere una delle più ricche di sempre per la qualità dei giocatori al via. Dopo la conferma del ritorno dopo 12 anni di Rafa Nadal, è di ieri la notizia che anche Stefanos Tsitsipas, Denis Shapovalov e Milos Raonic prenderanno parte al torneo, aggiungendosi a Stan Wawrinka, Daniil Medvedev, Kei Nishikori, David Goffin, Andrey Rublev, Roberto Bautista Agut, il detentore del titolo Gael Monfils ed il nostro Jannik Sinner.

    Krajicek, rispondendo alle domande della stampa nazionale, non ha nascosto che sta cercando di allestire il “miglior torneo possibile come parco giocatori”. Che si riferisca ad una possibile presenza di Roger Federer? Lo svizzero giocò per l’ultima volta in Olanda nel 2018, coronando la sua presenza con il ritorno al n.1 del ranking.
    L’entry list del 500 di Rotterdam si chiuderà il primo febbraio, ma già con queste presenze sarà un evento degno di un Masters 1000.
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    Caccia agli Slam 2021: cosa manca agli “inseguitori”? (di Marco Mazzoni)

    Stefanos Tsitsipas, semifinalista a Roland Garros 2020

    Il 2021 tennistico maschile scatta oggi tra Antalya e Delray Beach, tra le mille incertezze dovute alla pandemia, possibili nuovi spostamenti e cancellazioni. Ci apprestiamo a seguire una stagione che, come mai prima, saremo costretti a vivere giorno per giorno, sperando che le vaccinazioni di massa in corso in molti paesi possano rappresentare la fine del tunnel verso quella “normalità” perduta che oggi ci manca terribilmente.
    In questo scenario di totale incertezza, lanciarsi in previsioni sugli Slam 2021 sarebbe a dir poco ardito. La sensazione è che Novak Djokovic e Rafa Nadal saranno – tanto per cambiare – ancora gli uomini da battere. Nonostante i loro (prossimi) 34 e 35 anni, con mille battaglie nelle gambe e nella testa, la fortissima motivazione di segnare record storici (numero di Slam, settimane al n.1) li farà scattare in pole position, a meno di infortuni o situazioni imprevedibili.
    Altra certezza, la posizione di Dominic Thiem, ormai al pari dei due super campioni. L’austriaco è stato il primo nato nei ’90s a vincere un Major a New York, dopo aver perso finali a Parigi e Melbourne. Ormai Dominic è a tutti gli effetti il terzo incomodo, pronto a vincere a Melbourne, Parigi e New York. E gli altri?
    Nel primo approfondimento del 2021 parliamo degli inseguitori, quella pattuglia variopinta, interessante e ricca di talento quasi pronta a spiccare il volo verso la prima vittoria in uno Slam. Accadrà nel 2021? Non v’è certezza, ma è assai probabile che almeno uno di loro possa finalmente imporsi in uno dei quattro tornei principali della stagione. Ci sono molti segnali concordanti in tal senso. Il disgraziato 2020 ha mostrato per alcuni di loro importanti segnali di crescita, come la finale a US Open di Zverev, la vittoria alle ATP Finals di Medvedev spazzando via i primi tre al mondo, la semifinale di Tsitsipas a Roland Garros (dopo quella a Melbourne del 2019). Andiamo a vederli uno per uno, focalizzando l’attenzione su quel che (a fine 2020) mancava per compiere l’impresa e sedersi al banchetto dei veri Campioni. Per tutti loro sarà fondamentale elevare la “continuità di prestazione”, ossia la capacità di giocare il proprio miglior tennis più a lungo possibile, ma non solo.

    Daniil Medvedev (24 anni) – Continuità con la prima di servizio. È già andato molto vicino a vincere uno Slam, a New York 2019, quando solo l’enorme cuore e classe di Nadal hanno impedito al russo l’impresa, a coronare la sua estate magica. Medvedev ha il tennis più “rognoso” tra gli emergenti: tattico, di difficile lettura, molto personale. Ti porta a giocare male, con quella ragnatela di palle lente, “storte”, senza peso, e poi un improvviso strappo a spezzarti il ritmo e le gambe. Ti manda “in bestia”, ti toglie ritmo e fiducia. Quando Medvedev è davvero centrato, è un bruttissimo cliente per tutti. Però il suo tennis così complesso e personale richiede una perfetta condizione atletica, è assai dispendioso in energie fisiche e psicologiche, perché lui non spazza via il rivale, lo lavora ai fianchi, spesso in match lunghi e faticosi. Per questo il rendimento della prima di servizio diventa fondamentale: ricavare molti punti diretti per non spremersi in ogni scambio, ed allo stesso tempo elevare la frustrazione dell’avversario, è conditio sine qua non per vincere contro i big. Lo si è visto alle Finals, e praticamente in ogni suo grande successo. Ancora la prima di Daniil non è sempre al top. A volte stenta a prendere ritmo, oppure scompare per alcuni games. In uno Slam, con Rafa, Novak o Dominic al di là della rete, non te lo puoi permettere. Se nel 2021 Daniil troverà un servizio ancor più pungente e costante, potrà vincere il suo primo Slam.

    Stefanos Tsitsipas (22 anni) – Intensità e propensione offensiva. Il giovane “Dio greco” del tennis affascina per la sua eleganza nel gesto, completezza tecnica e versatilità. Dalla sua racchetta possono uscire traiettorie splendide da ogni posizione di campo, anche dal diritto, assai migliorato e reso più stabile nell’ultimo periodo. Tuttavia Stefanos ancora difetta in intensità. Nelle grandi e lunghe sfide, ha ancora la tendenza a prendersi delle pause in cui aspetta troppo l’avversario, si mette a scambiare come per rifiatare, ritrovare energie fisiche e mentali. Puntualmente in quei frangenti un rivale top ne approfitta, mette le marce alte e scappa via. Tsitsipas spesso riesce a rientrare, ma compie un grande sforzo che poi finisce per pagare nella fasi decisive (tiebreak, quarto e quinto set). È diventato un discreto lottatore, ma deve riuscire a concentrare gli sforzi in un rendimento medio più alto, cancellando quei momenti un po’ abulici in cui sembra tirare i remi in barca. Allo stesso tempo, deve trovare la fiducia per produrre un tennis più incisivo perché ha tutti i mezzi e colpi per riuscirci. Quando il greco tiene l’iniziativa, affonda i colpi, viene avanti giocando molto aggressivo, produce un tennis non solo bellissimo ma anche vincente ed efficace. Resterà sempre un creativo, soggetto a sbagliare e prendere decisioni tattiche pericolose, ma deve incanalare il suo gioco verso il rischio, con una posizione più avanzata e cercando di tenere in mano l’iniziativa il più possibile, visto che in modalità “creative” è assai più forte rispetto a quando è costretto a rincorrere. E magari usare maggiormente il rovescio slice per togliere ritmo ai molti picchiatori del tour e quindi entrare con i suoi colpi in anticipo.

    Alexander Zverev (23 anni) – Posizione di campo e attitudine. Sono passati diversi mesi, ma ancora resta incredibile la rimonta subita a NY da Thiem nella finale di US Open 2020. Sasha aveva dominato i primi due set, mostrando finalmente un tennis facile, sicuro, offensivo. Thiem fu forse fin troppo dimesso, e la sua scossa nel terzo finì per far ripiombare il tedesco nella propria palude, quella in cui si arrocca con un tennis consistente ma poco incisivo, tanto da annegare. Qua passa tutta la differenza tra un Campione ed un ottimo giocatore. Zverev in carriera ha vinto Masters 1000, le ATP Finals, ha battuto tutti i migliori perché possiede la qualità per farlo. Tuttavia continua non convincere perché riesce in queste imprese solo quando libera testa a braccio, producendo un gioco geometrico e veloce, aggressivo. In questi match, gioca con i piedi più vicini alla riga di fondo, con la prima apre il campo e quindi entra col rovescio poderoso, o lavora lo scambio col diritto cross, lungo e preciso. Quando tiene questa attitudine offensiva insieme ad una posizione avanzata, è un Top player, pronto a vincere uno Slam. Purtroppo ancora gli accade di rado, in modo completamente imprevedibile. È quindi una questione mentale, di fiducia, di presenza in campo. Nella sua giovane carriera, Alexander ha macinato tanti avversari quanti coach… vediamo se David Ferrer sarà quello “buono”. L’iberico fu un esempio di applicazione ed attitudine, proprio quella che manca al suo assistito.

    Andrey Rublev (23 anni) – Piano B. Rublev è stato uno dei giocatori migliori nel 2020. 5 tornei vinti, una crescita importante che l’ha giustamente portato a vincere anche l’ATP Award (insieme al suo coach, Fernando Vicente). Tuttavia i numeri vanno saputi leggere, e questi parlano chiaro: contro i migliori e negli Slam, Rublev ancora fa fatica. Non ha ancora superato la barriera dei quarti in uno Slam, ha battuto pochi Top, tenendo invece un livello medio molto alto contro gli altri. Il motivo di quest’andamento è squisitamente tecnico: il tennis di Rublev è formidabile ma ancora mono dimensionale. Il suo pressing ad altissimo ritmo e grande rischio è il suo marchio di fabbrica, con cui macina moltissimi avversari; ma potrebbe diventare anche la sua maledizione se non riuscirà a costruirsi un piano B per le situazioni in cui non riesce a sfondare l’avversario. Con i piedi vicini alla riga di fondo, Andrey spinge come un forsennato, palla dopo palla, costringendo l’avversario ad accorciare e aprendosi uno spiraglio per l’affondo, o portandolo all’errore. Ma… se questo non avviene? Se l’avversario si appoggia e non sbaglia? O se l’avversario risponde con palle lavorate e lo manda fuori ritmo? Sconfitta, perché Rublev ancora non è riuscito a trovare una via di fuga, una soluzione. Questa potrebbe essere un’incursione a rete (ma la tecnica di volo e posizione sono ancora rivedibili), oppure lavorare per stringere gli angoli con meno velocità e più rotazione, visto che il vero cambio di ritmo non è nelle sue corde. Rublev sembra un tennista già piuttosto formato sul piano tecnico, e con precise qualità ma anche limiti. Magari potrebbe trovare due settimane in cui, sostenuto da una condizione fisica eccezionale e grande sicurezza, riuscirà a travolgere ogni avversario, ma per trovare uno Slam del genere sembrano molti i pianeti che dovrebbero allinearsi alla perfezione…

    Matteo Berrettini (24 anni) – Salute e forma fisica. Di fatto il 2020 dell’azzurro non è valutabile. Ha giocato pochissimo, forte del ranking protetto sui risultati 2019, e quando l’ha fatto non stava quasi mai bene. Lo si sapeva, fin dall’inizio. Nel 2019 il tennis fantastico di Matteo è stato sostenuto da un’annata fortunatamente senza grandi intoppi sul lato fisico. Quando ti porti dietro un corpo così importante, il problema è dietro l’angolo. Con questo dovrà convivere l’azzurro, per tutta la carriera, l’augurio e speranza è che grazie ad un eccellente lavoro si possa preservarne il più possibile la salute, in modo da esplodere in campo quella potenza e qualità che l’hanno portato alla SF a US Open e giocare il Masters di fine anno, chiudendo tra i primi 8 al mondo la stagione 2019. Matteo come tennis può crescere ancora in molte cose: più qualità in risposta, qualche accelerazione di rovescio improvvisa, qualche miglioria nella volée e nell’approccio, una seconda di servizio sempre più incisiva. Ma il miglior Berrettini, seppur incompleto, è già un tennista fortissimo, che se la gioca con i migliori, perché ha un tennis “moderno”, efficace su ogni superficie, a patto di stare bene. L’augurio è di ritrovarlo nel 2021 al 100% sul lato atletico, perché solo con la miglior condizione gioca libero di testa e con fiducia.

    Denis Shapovalov (anni 21) – Ordine e prima di servizio. “Showtime Shapo” ha infiammato il Foro Italico nel 2020, mostrando anche sul rosso quel tennis irresistibile, una macchina da tennis infernale, imprevedibile, bellissima. Capace di creare meraviglie tecniche che ti lasciano a bocca aperta, ma allo stesso tempo distruggere tutto con la stessa velocità. Tra i giocatori di cui ho parlato è il più giovane, in tutti sensi. Quando si è così creativi, quando il padreterno ti regala così tanto talento e possibilità, incastrare il tutto in un piano razionale ed efficace è sempre più complesso. Ancor più se hai una personalità spiccata, vuoi imporre il suo gioco senza compromessi. Per questo solo trovando ancor più ordine e logica, Denis potrà salire di livello trovando quella continuità di rendimento all’interno dello stesso torneo che ancora gli manca. Non ha superato lo scoglio dei quarti in uno Slam, segnale di come faccia ancora fatica a trovare stabilità. Per farlo, oltre ad un lavoro importante sul piano mentale e tattico – auguri Youzhny – sarà necessaria anche una crescita nel rendimento con la prima di servizio. È la storia del gioco che lo dice: tutti i tennisti altamente creativi e con un tennis molto rischioso hanno iniziato a vincere solo quando sono riusciti a ricavare molti punti diretti con la prima. Perché metti sotto pressione il rivale, perché prendi fiducia nel tuo gioco, perché rischiando tanto, qualcosa concedi. Uno Shapo che si gioca uno Slam sarebbe il miglior biglietto da visita per il nostro sport.

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    Il meglio e… il peggio del 2020 (di Marco Mazzoni)

    Stiamo per mandare in archivio un’annata triste come poche altre. Anche il mondo del tennis è stato travolto da una situazione imprevedibile e devastante, con strascichi pesantissimi che rischiano di compromettere buona parte del 2021, tennistico e non. Nonostante tutto qualcosa in campo è successo. Si sono giocati tre Slam su quattro (Australian Open in […] LEGGI TUTTO

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    ATP Finals: Berrettini e Shapovalov sono i sostituti e avranno un gettone da 73.000 dollari

    Matteo Berrettini ITA, 1996.04.12

    Matteo Berrettini, numero 10 al mondo, e il canadese Denis Shapovalov, 12° ATP, sono i due giocatori che questa settimana si recheranno a Londra per il ruolo di ‘alternate’, sperando di competere in caso di abbandono di uno o più tennisti nell’edizione 2020 delle Finals ATP, come è già successo più volte in passato.

    L’azzurro, che nel 2019 era tra gli otto, è il primo giocatore ad essere stato escluso nell’edizione di quest’anno, mentre il 21enne canadese è stato chiamato dopo Gael Monfils e Milos Raonic che hanno annunciato di non voler partecipare.
    Anche se non andranno in campo, sia Berrettini che Shapovalov avranno un compenso di 73.000 dollari come già capitato ad altri negli scorsi anni. LEGGI TUTTO