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    Gilles Simon tuona: “Le bolle sono state create per proteggere i tornei, non i giocatori”

    Gilles Simon, 36 anni

    Il francese Gilles Simon è da sempre un tennista “scomodo”, uno senza peli sulla lingua, pronto ad esternare e difendere le proprie idee anche se contrarie al sentore comune. 36 anni, Gilles sta attraversando la fase terminale di una lunga e fortunata carriera, che l’ha visto entrare nella top10 (n.6 nel 2009) e battere i migliori. Negli ultimi mesi ha vissuto molte delusioni, tante sconfitte e pochissime gioie, con un crollo in classifica oltre la posizione n.60 (oggi è 63). Questa settimana è in campo al nostro ATP di Cagliari, e oggi sarà l’avversario di Lorenzo Sonego nel secondo turno, terzo match di giornata sul centrale.
    L’ha raggiunto il quotidiano francese L’Equipe, a cui ha rilasciato una breve ma significativa intervista, con la parte più “calda” sulle bolle sanitarie, a suo dire create per il funzionamento legale dei tornei ma per niente utili ai giocatori. Ecco alcuni passaggi del suo pensiero, che, come sempre, scatenerà più di un commento e critiche…
    “Personalmente sono contro le bolle, ma è un’opinione e non vorrei più arrabbiarmi” dichiara Simon. “Mi sono detto: ‘va bene, ci sono le bolle, in base a queste condizioni sceglierò il mio calendario. Vado in località dove il tempo è bello. Qui (a Cagliari) il club è bello, poi andrò a Barcellona e all’Estoril’. Mi sto adattando. Ormai ho già smesso di dire di non fare bolle, anche se è evidente che non ci siano differenze nei casi positivi rispetto al circuito Challenger, dove non ci sono bolle … Alle fine hai due opzioni: o gli dici che sei incazzato, e questo è l’unico modo per combattere, o ti adatti“.
    Continua Gilles nelle sue dure critiche: “Tutto il mondo è  al limite, alla fine sono i giocatori a giocarci in queste condizioni. Per me le bolle sono lì per proteggere i tornei e non i giocatori. Sono rassegnato, credo che non cambierà nulla, sono le loro decisioni e punto, non c’è alternativa né contraddittorio. Ho sempre detto che l’ATP è molto più dei tornei che dei giocatori, e questa situazione sta rendendo il tutto  ancora più chiaro“.
    La vita in queste condizioni per Simon è davvero dura: “È una situazione molto complicata, questa crisi la dice lunga sul sistema di cui facciamo parte, dove è richiesto il massimo impegno da parte dei giocatori, e basta. Siamo quelli che subiscono la riduzione del montepremi, quelli che devono sopportare condizioni di gioco più dure. A questo si aggiunge la classifica. Se non sei soddisfatto delle condizioni e non giochi, crolli in classifica e quindi non riesci più a giocare. Mi sento come se fossimo costretti a giocare e perdere soldi in molti tornei… Le bolle nei tornei indoor non sono facili. A Montpellier ero estremamente depresso nel vedere le mogli dei giocatori portare a spasso i loro bambini proprio fuori dalla camera d’albergo, dato che c’era il coprifuoco alle 18. I giovani giocatori affrontano meglio queste condizioni perché non hanno ancora pianificato la loro “prossima vita”, ma per quelli di noi che hanno una famiglia non ha senso mettere i bambini in una bolla. È difficile adattarsi e andare avanti”.
    Ecco la soluzione che doveva essere adottata, vista l’emergenza, secondo il francese: “Per me la classifica avrebbe dovuto essere bloccata. In questo modo viaggia solo chi ritiene giusto farlo. Più alta è la tua classifica, maggiore è la pressione che hai. Chi ritiene che il prize money dei tornei non sia abbastanza, poteva scegliere di non viaggiare. Forse se l’ATP l’avesse fatto, nessuno avrebbe viaggiato e giocato… quindi sei forzato a giocare e in queste condizioni perdi soldi. È complicato. Avrebbero dovuto prendere decisioni molto diverse all’inizio di questa crisi, non attenersi disperatamente allo stesso programma come se niente fosse. Ora dobbiamo resistere e aspettare che arrivi il vaccino”.
    Parole forti e chiare, assai critiche verso il sistema e come viene gestito. La situazione è oggettivamente molto complicata, ma onestamente anche per i tornei, non solo per i giocatori.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Isner tuona contro l’ATP: “È un sistema guasto. A noi tagliano nettamente i prize money, molte loro entrate sono invariate”

    John Isner, membro della PTPA

    John Isner non ha accolto per niente bene la notizia del drastico taglio del prize money nel primo Masters 1000 in stagione, il Miami Open. Rispondendo ad un tweet di Tennis Major (che per prima ha riportato le cifre esatte del montepremi per il prossimo evento in Florida), non le ha mandate a dire, accusando l’ATP di non fare l’interesse dei giocatori, di non tutelarli e di pensare solo al proprio tornaconto. Ricordiamo che il gigante USA è stato anche tra i fondatori e promotori della discussa PTPA, nuova associazione nata la scorsa estate a difesa degli interessi dei tennisti, ma della quale nell’ultimo periodo si sono un po’ perse le tracce, almeno per quanto riguarda iniziative comunicate ufficialmente.
    Ecco il pensiero di Isner, scritto nei suoi tweet “al veleno” e senza peli sulla lingua.
    “L’ATP è un sistema guasto. I giocatori e i tornei come “partner” devono lavorare insieme, ma il taglio del 60% complessivo (al torneo di Miami 2021, ndr) e quello dell’80% dell’assegno per i vincitori in uno dei nostri più grandi eventi che ha mantenuto intatte entrate da TV, dati, sponsorizzazioni e anche da gioco d’azzardo appena approvate, non è affatto una partnership”

    “Che ne dite di un vero audit per vedere quanto i tornei stiano effettivamente in sofferenza e poi una formula di denaro dopo l’evento per riconciliarsi. Incredibile, non lo abbiamo ancora in molti dei nostri grandi eventi. Ha senso?”
    “Il tennis è gestito come uno sport fatto di muri. Controllate NBA, MLB, NHL, PGA ecc. Non è comparabile il rapporto tra entrate / popolarità con quegli sport, ma date un’occhiata alla loro struttura, rappresentazione dei talenti e percentuale dei modelli di entrate. Il tennis è afflitto da conflitti e mancanza di trasparenza“.
    “Gli organizzatori possiedono risorse che hanno un valore e hanno tempo infinito per monetizzare quell’asset, mentre noi giocatori abbiamo poco tempo per massimizzare il nostro talento. Questo è un sistema guasto”.
    “Quindi i giocatori dovrebbero accettare un taglio del 60% e i campioni dell’80%, mentre i dirigenti dell’ATP tengono il conto completo di stipendi, benefici e spese? Non è sensato. Sembra un po’ ipocrita, non credete?”
    Isner è il primo giocatore ad esternare in modo così schietto una forte insoddisfazione per la gestione economica del tour in questo periodo di crisi. Vedremo se altri tennisti faranno altre uscite del genere sul tema. Di sicuro la guerra intestina all’interno del mondo del tennis, in particolare tra ATP ed una fronda di giocatori, è tutt’altro che vicina alla conclusione, anzi pare appena iniziata…
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO