in

Simone Agostini, corsa, personalità, cuore e l’esperienza con Camila Giorgi. E con Coach Musa si può sognare

Simone Agostini è un tennista nato e cresciuto a Civitavecchia, oggi è 1799 del mondo (best ranking), ha 25 anni con la voglia e l’atteggiamento giusto di chi desidera fortemente emergere. E se lo merita. A mio parere ha tutte le carte in regola per farcela e lo sport ha un solo giudice, il campo. Basterà la sua grinta, il suo mettere sempre il 100%, per raggiungere i suoi obiettivi? Una cosa è certa, il ragazzo sta percorrendo una strada difficile e stimolante, che si goda il cammino. Scopriamo meglio Simone, il suo tennis, il suo team, i sogni.
Nella mia vita ho sbagliato più di novemila tiri, ho perso quasi trecento partite, ventisei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l’ho sbagliato. Ho fallito molte volte. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto. (Michael Jordan)

Partiamo dai tuoi inizi e anche qualcosa sul presente.
“Tutto è cominciato a 5 anni, quando mio papà, che è un appassionato praticante, mi mise la racchetta in mano e fu amore a prima vista con il tennis. Da lì in poi è partita un’avventura a base di allenamenti, partite, viaggi. Ho cambiato diversi circoli a Civitavecchia e Santa Marinella. La mia vita sportiva ha subito un primo importante cambiamento quando mi sono trasferito a Roma, per allenarmi anche la mattina al circolo SC La Quercia, in full time. Ho avuto diversi Maestri: quelli che più hanno inciso sono stati Floriano Salvoni, Giancarlo Musa e Daniele Musa. Floriano Salvoni mi ha fatto un po’ da secondo papà: passavo tantissimo tempo con lui e mi ha fatto vedere il tennis dal punto di vista professionistico, capendo molte cose in questo senso e trasformando il mio approccio da amatoriale a PRO. Dopo di lui sono rimasto in quel circolo con Giancarlo Musa e Nicola Augello. Dopo un anno Giancarlo mi propose di spostarmi da Daniele Musa, suo figlio ed ex 130 ATP, in Liguria a Savona. Questa possibilità mi balenò nella testa per un po’ fino a quando non decisi di provare da Daniele Musa, lavorando per la maggior parte del tempo proprio lì. Lui implementò ancora le mie conoscenze come professionista, allargando i miei orizzonti non solo sul piano tecnico ma come “filosofia”. E’ stato proprio lui a farmi ricordare che lo sport in primis nasce come divertimento, e fermo restando la professionalità e l’impegno, bisogna provare a divertirsi mentre si gioca. Ciò mi ha aiutato davvero tanto, migliorando la mia mentalità, di questo lo ringrazio di cuore. Credo che molti ragazzi avrebbero bisogno di ricordarsi di quando, come bambini, giocavano senza l’assillo del risultato. E’ chiaro che si gioca per vincere, ma durante il percorso si deve provare gioia, felicità, altrimenti può arrivare anche il risultato ma si rischia di non amare quello che si fa. E Daniele Musa lo ricorda sempre, se non ti diverti, oltre a faticare, diventa complicato andare avanti per tanto tempo. Al CT Toirano Gli Ulivi, mi trovo benissimo, sono tutti molto accoglienti, è un ambiente ideale. Ringrazio Stefania Gorlero, la dirigente del circolo, una persona meravigliosa, competente e appassionata, che mi ha accolto facendomi sentire a casa. Il Maestro Daniele Musa poi ha dei collaboratori fantastici, a cominciare dal preparatore atletico, Michele Benso, una figura molto importante, perché lavora in sintonia e in sincronia con Daniele esattamente come deve avvenire per poter strutturare un piano di allenamento coerente. Hernan Boderone poi completa un team di assoluto valore con cui mi trovo davvero bene.”

Le medaglie d’oro non sono fatte davvero d’oro. Sono fatte di sudore, determinazione e di quella lega rara da trovare chiamata “palle”.
(Dan Gable, oro olimpico di lotta alle olimpiadi del 1972)

Da che tipo di famiglia provieni?
“I miei genitori mi hanno sempre sostenuto, pur non essendo degli sportivi professionisti. Papà ha indossato le divise di guardia forestale e carabiniere, mamma è una Maestra elementare. Fin da piccolo hanno pensato di farmi fare sport per farmi crescere in un ambiente pulito, stimolante. Il tennis grazie a loro mi ha formato fin da bambino, dandomi la possibilità di risolvere i problemi da solo.”
Ho solo due cose da lasciarti in eredità, figlio mio, e si tratta di radici ed ali.
(William Hodding Carter)

L’identità tennistica di Simone Agostini. Che tipo di giocatore sei?
“Mi ritengo un giocatore solido, che sbaglia poco e corre molto. Quello che qualcuno può definire un “pallettaro”. In realtà da diverso tempo sto cercando delle varianti al mio gioco che in origine si basava sulla sola difesa. A certi livelli bisogna saper diversificare il gioco, variare e prendersi dei rischi quando serve. Con Daniele Musa abbiamo lavorato proprio su questo sul piano tattico, perché per altro la sua identità naturale è proprio l’opposto della mia. Anche se ha 50 anni, è così aggressivo il suo gioco che tuttora mi mette in grossa difficoltà e mi insegna a vedere il campo e la pallina con una visione differente. Per cui sto provando ad inserire nel mio bagaglio anche discese a rete, attacchi con piedi dentro al campo. Il mio colpo preferito, diciamo naturale, è sempre stato il rovescio ma il servizio mi sta dando tante soddisfazioni Ci ho lavorato davvero tanto e se anni fa era una rimessa in gioco, oggi penso anche a dominare lo scambio col servizio e a volte mi regala punti diretti.”

****************Daniele Musa, il Coach***********************************************
Professionista dal 1992 e con un best ranking al numero 133 del mondo, Daniele Musa, superò le qualificazioni a Flushing Meadows, entrando nel tabellone principale di un torneo dello Slam. Fu sconfitto all’esordio dall’austriaco Thomas Muster, numero 13 del seeding. Sempre nel 1994, vinse il challenger di Recife, in Brasile, imponendosi su Doug Flach nell’atto conclusivo. L’anno dopo raggiunse il secondo turno sulla terra di Kitzbühel e sul cemento di New Haven, superando rispettivamente Herbert Wiltschnig e Louis Gloria. Con il connazionale Gabrio Castrichella, si aggiudicò un altro challenger, questa volta in doppio, a Montauban (1997). Prediligeva la terra rossa e il suo colpo migliore era il diritto.**********************
Oggi Daniele Musa è un Coach affermato, con una ottima scuola in Liguria al TC Gli Ulivi d Toirano (Sv).
La Filosofia di Coach Daniele Musa dalle sue stesse parole
“Che cos’è il tennis per me.
-Il tennis è musica
-Un incontro di pugilato
-Una partita a scacchi
-Le emozioni, che rendono reale tutto questo
Musica: se noi solo per un istante chiudiamo gli occhi in un campo da tennis, sentiremo un ritmo, il rumore della pallina, la scivolata dei piedi che è diversa per ogni superficie, quindi di conseguenza un ritmo di gioco ogni volta diverso. O pensiamo alla respirazione del giocatore al momento dell’impatto, o all’attrito dell’accelerazione della racchetta nell’aria. Tutto questo è musica per un giocatore di tennis ed è differente per ogni giocatore che ha il suo ritmo biologico specifico. Io uso la musica in campo, perché innesta la dopamina che è un neurotrasmettitore che regola le emozioni e lo stato d’animo, come quando noi ascoltiamo una canzone che ci lascia qualcosa dentro. Automaticamente aumentiamo tutte le nostre percezioni, sensazioni e prestazioni. La Musica è una sorta di doping naturale.
Pugilato: perché quando entri in un campo da tennis è come entrare in un ring dove devi combattere con il tuo avversario finchè uno dei due non cede fisicamente o mentalmente. O vinci o perdi.
Scacchi: se noi osserviamo bene un campo da tennis, questo è diviso come una scacchiera; ci sono zone interne, esterne, un centro del campo ed in base a dove rimbalza la pallina il giocatore deve tirare in un determinato settore per cercare di trarne un vantaggio. Negli scacchi la torre si muove orizzontalmente e verticalmente, l’alfiere in diagonale, il cavallo ad L, e via dicendo. Allo stesso modo se noi vediamo una partita tra due campioni si vede molo chiaramente come si studiano durante lo scambio ed appena uno dei due sbaglia una mossa l’altro prende il sopravvento.
Emozioni: le emozioni sono l’aspetto più affascinante, perché non si possono comandare, ma bisogna accettarle e conviverci. La paura di vincere o di perdere, la paura di colpire o di fare un determinato colpo, cambiare idea su dove tirare, battere o rispondere ad una palla break o sul match point. Tutto questo è reale e chi non riconosce queste emozioni non può giocare a tennis.
Tutte queste cose mi sono state trasmesse già da bambino, da mio padre in primis, poi dopo dal mio allenatore psicologo e sociologo Giampaolo Coppo. Poi sono state perfezionate dal mio preparatore atletico Michele Benso con cui lavoro tuttora e da suo padre psicologo nonché docente universitario. Allenare i nostri sensi e la nostra istintività è meglio che allenare la sola tecnica.”

Queste le parole del Maestro Daniele Musa su Simone Agostini
“Simone è un ragazzo sensibile, molto alla mano. Allenare Simone è “facile” nel senso che è disponibile al sacrificio, ci mette il massimo impegno in quello che fa. Più che aggiungere colpi stiamo provando a “togliere” qualcosa nel suo gioco, ad esempio sforzi che potrebbero essere superflui se giocasse più aggressivo. Naturalmente è un percorso, non si cambia identità di tennista da un giorno a l’altro né tantomeno dovrebbe farlo in senso assoluto. Lui per caratteristiche ama stare dietro la riga di parecchio, stare lì a soffrire rimandando qualsiasi cosa di là, il che di per sé è un gran pregio. Tuttavia stiamo aggiungendo nuove frecce al suo arco, attraverso un gioco più offensivo con i piedi nel campo quando possibile. Ora deve prendere consapevolezza che il suo modo di lottare (correre su ogni palla e non mollare mai) è grandioso ma non è l’unico. Si è dei guerrieri anche prendendosi dei rischi, provando a comandare il gioco. La sua crescita parte da qui. Ovviamente tutto ciò è complesso sia sul piano “mentale” che su quello più specificatamente tecnico. Cambia il timing e prima che un tennista PRO si senta sicuro su un timing differente nel giocare certe palle, passa del tempo. Simone comunque si impegna sempre, con la massima partecipazione e disponibilità d’animo. Ora questa opportunità con Camila Giorgi, che era ovviamente da prendere al volo per molti motivi, allunga un po’ i tempi di preparazione dei prossimi tornei. L’esperienza nel circuito WTA con Camila lo arricchirà certamente sotto molti punti di vista, anche sul piano della consapevolezza, e non appena tornerà ad allenarsi sono sicuro che avrà una visione più propositiva anche del suo tennis. Per gli obiettivi di classifica ne riparliamo tra qualche tempo.”
Sbagliate il cento per cento dei colpi che non tirate mai.
(Wayne Gretzky)

Hai un modello di tennista che ti ispira?
“Sicuramente Nadal, lo stimo fin da quando ero un ragazzino. Mi ha sempre affascinato la sua capacità di impegno massimo, la fisicità che infonde su ogni palla. Lo vedevo rimontare partite pazzesche e questo mi faceva sognare. La mentalità che ho oggi la devo anche a Nadal che mi ha ispirato, non solo nel tennis ma nella vita anche fuori dal campo.”
Immagino che con un modello come Rafa sarai messo sotto torchio da Michele Benso, il tuo preparatore atletico…
“Michele lavora molto in sincronia e in sintonia con Daniele, alterniamo allenamenti con obiettivo atletico con la racchetta in mano a quelli senza racchetta. Credo che sia il miglior preparatore atletico che abbia conosciuto, è preparatissimo, e molto attento alle esigenze del mio fisico. Persino quando siamo distanti e non lavoriamo insieme direttamente mi manda programmi su programmi; tutt’oggi che sono ad Eastbourne si preoccupa di inviarmi programmi e suggerimenti su come tenermi in forma in prospettiva dei miei prossimi impegni agonistici. Insomma il preparatore che tutti vorrebbero.”
Io non credo nella predestinazione. I risultati si ottengono solo con molto lavoro. Nella mia carriera sportiva mi sono allenato 5-6 ore al giorno, tutti i giorni, per 365 giorni l’anno, tra gare e allenamenti, per quasi venti anni.
(Pietro Mennea)

Michele Benso, il preparatore atletico********************************************************
Michele Benso, in campo lo chiamano “PROF”, Dottore in Scienze Motorie, Cofondatore di IMTrainer, presenza indispensabile accanto agli Atleti, Stratega Creativo. Responsabile del Training Cognitivo e Formatore imprevedibile. Preparatore Atletico completo svolge il suo lavoro principalmente presso IMT LABORATORIO DEL MOVIMENTO, presso il Tennis gli ULIVI di Toirano. Ha ricoperto negli ultimi anni il ruolo di Preparatore nel Pietra Ligure Calcio in Eccellenza e nel Ceriale Calcio in Promozione. Oggi si occupa di Formazione del Talento sportivo collaborando con numerosi Atleti agonisti.************************
Ecco le parole di Michele Benso, preparatore atletico di Simone Agostini
“Simone è un ragazzo intelligente di cui apprezzo la grande sensibilità. Quando l’ho conosciuto ho capito presto che gli sarebbe servito un po’ di ordine, soprattutto sulla calendarizzazione degli impegni. Quindi principalmente abbiamo cercato all’inizio proprio questo e i risultati buoni ci hanno permesso di scegliere i tornei più adatti a Simone. C’è stato un periodo in cui passavamo molto tempo assieme, visto che lui qui era anche un po’ solo, lontano dai suoi affetti più stretti, e questo mi ha permesso di conoscerlo sempre meglio. Simone come caratteristiche atletiche ha una fibra veloce ed una esplosività pazzesche. Abbiamo però dovuto aggiustare delle dinamiche posturali deficitarie che col tempo stiamo colmando. Per questa ragione Simone sosteneva male certi carichi di lavoro e faticava nel recupero dopo le competizioni. Insieme con Coach Daniele Musa abbiamo ragionato su come ripulire i gesti tecnici e per far questo è necessario lavorare sui processi cognitivi a stimoli complessi. E’ ipotizzabile che il suo gioco molto difensivo, che ha sempre rappresentato la sua identità di tennista, nasca in origine proprio dal dover compensare una elaborazione un po’ lenta allo stimolo della palla e quindi una soluzione al problema dal punto di vista percettivo lo spinge ad arretrare. Se questo ovviamente può rappresentare un limite, come ce ne sono anche altri sul piano atletico, d’altro canto Simone ha sempre avuto la grande dote di adattarsi e superarli con l’atteggiamento. Ora Simone è in tournèe con Camila Giorgi, quando tornerà faremo delle valutazioni e comunque affronterà dei tornei. Attraverso la Firstbeat monitoriamo i parametri fisiologici di Simone e questo ci dà un riscontro oggettivo e numerico sulle sue condizioni giorno per giorno; ovviamente non ci basiamo solo sulla strumentazione ma la nostra esperienza sommata alle sue sensazioni fanno l’insieme per costruire intanto un programma di mantenimento. Per la programmazione della preparazione invernale è quindi ancora presto. Lo scorso anno abbiamo fatto 4 settimane a cavallo tra novembre e dicembre per poi farne altre 3 in cui ci siamo concentrati sulla prevenzione agli infortuni. Alla fine i migliori team sono quelli che scelgono bene le priorità, soprattutto in uno sport come il tennis che ha moltissime variabili anche nel calendario delle competizioni da affrontare. “

Simone, Oggi sei numero 1799 ATP, cosa pensi ti manchi per scalare il ranking?
“Ho fatto poca attività internazionale da ragazzino, ho fatto solo Parioli e Pescara come Under 14. Dopo ho fatto semplicemente Open perché mi suggerivano tutti di raggiungere un certo livello prima di prendere “mazzate” fuori. A livello di 15mila dollari è difficile già in quali. Nel 2018 ho fatto il primo torneo in Georgia ma mi feci male nella prima partita e quindi ricominciai a fare Open. Raggiunsi la classifica 2.3 in Italia e lo scorso anno ho preso i primi punti ATP in doppio ad Ajaccio. A Gennaio di quest’anno ho preso il primo punto ATP in singolare, e pensa che non mi aspettavo moltissimo come prestazione visto che tra tirocinio come istruttore FIT e altri impegni non mi sentivo in perfetta forma. Sicuramente per salire in classifica devo trovare con costanza il giusto equilibrio tra impegno, capacità di soffrire e divertirsi come dicevo prima. Io sono uno che sa soffrire, e se riuscirò a dimenticare il risultato giocando più aggressivo quando serve, ho già le armi tecniche per poter crescere. Spero già quest’anno da luglio di poter giocare a livello internazionale con continuità prendendo anche altri punti. In questi ultimi mesi tra impegni con la coppa a squadre in Italia e in Francia e il tirocinio per diventare istruttore anche di secondo grado, ho avuto poche opportunità di giocare ITF. L’obiettivo iniziale è conquistare punti per poter entrare direttamente nei tabelloni principali evitando le qualificazioni che tolgono tante energie.”
Non hai bisogno di vedere l’intera scalinata. Inizia semplicemente a salire il primo gradino.
(Martin Luther King)

Il mio amico e allievo (insieme ai Maestri Gianluca Minati e Daniele Lanuti) Riccardo Terenzi ti ha visto in TV nel box di Camila Giorgi sui tornei in erba, ci racconti come è nata questa collaborazione con la tennista azzurra?

“L’esperienza con Cami è nata in modo del tutto casuale. Già una prima volta mentre facevo il corso da istruttore mi era stato chiesto di farle da sparring ma avevo dovuto rifiutare a causa di una competizione francese che dovevo affrontare. Ho avuto una seconda occasione, sempre durante il corso istruttori a Firenze. Lei era di rientro dal Roland Garros e abbiamo palleggiato. Mi è stato chiesto di seguirla come sparring nella tournè inglese sull’erba. Ho accettato e ho fatto bene perché è una esperienza che mi sta formando tantissimo. Ci si rende conto, frequentando questo altissimo livello, che la differenza la fa l’atteggiamento in campo e fuori. I campioni sono ragazzi e ragazze come tutti gli altri, hanno i loro momenti no, le loro difficoltà ma rispetto ad altri reagiscono alle problematiche in modo positivo e propositivo, trovando soluzioni più frequentemente e più velocemente. Nella gestione dei problemi che in campo si creano sono più performanti. Il diritto non va? Il servizio non sta funzionando? Camila trova soluzioni, tende a non buttarsi giù e a questo livello è determinante. La differenza tra il maschile e il femminile è principalmente la potenza, ma alcune ragazze giocano davvero delle palle molto tese, e Camila è una di queste. E’ difficile anche per me che sono maschio giocarci contro, tanto la traiettoria della palla di Cami è difficile da gestire. Per me è davvero una grande esperienza.”
La fortuna è ciò che accade quando la preparazione si incontra con un’opportunità.
(Anonimo)

Quali sono le difficoltà di emergere nel circuito internazionale? Come ci si mantiene economicamente?
“Questa è una domanda che ogni giocatore di tennis dovrebbe farsi prima di cominciare a provarci davvero. Per prima cosa bisogna comunque sviluppare delle qualità, sia tecniche che mentali, insomma bisogna avere attitudine, “essere portati” per un certo tipo di fatica. Il sacrificio, l’impegno, stare lontano dagli affetti, reagire bene alle avversità, sono tutte caratteristiche che servono. Oltre ovviamente a quelle fisiche. Poi c’è il discorso “feeling” col Maestro. Questo è fondamentale, un Maestro che segue un allievo in ambito professionistico in primis deve conquistarsi la fiducia del ragazzo, e il ragazzo deve essere disposto a concedergliela. Fiducia è la parola chiave. Un tennista PRO moderno oggi potrebbe persino non avere bisogno direttamente di un Maestro, sa già da solo cosa gli serve, oggi i ragazzi che girano il circuito sono molto informati, conoscono il proprio tennis e quello dei loro avversari, sanno che tipo di allenamento fare, tuttavia il ruolo del Coach è decisivo per il discorso della “tranquillità”, di quella fiducia come dicevo prima che permette ad un giocatore di dare il meglio di sé in prestazione e in allenamento. Sentirsi in fiducia e tranquilli permette di giocare in modo fluido, altrimenti i colpi rischiano di incepparsi. Ovviamente anche sul piano tecnico il Coach ti aiuta a sistemare alcuni colpi, cerca gli allenamenti giusti per correggere quei piccoli errori che un tennista PRO può ancora fare, più che altro dettagli che però fanno la differenza.”
Per spiegarlo bene a chi non è del settore, ad un tennista, e aggiungo ad un qualsiasi performer (che sia un attore, un ballerino, un cantante), essere tranquilli e al contempo bene attivati permette di entrare in quello che gli americani chiamano il “flow”. Quella sensazione di giocare il proprio miglior tennis quasi senza sforzo, i colpi escono puliti, la lettura della palla è veloce e sembra di volare sul campo, come se ci fosse qualcuno che ci muovesse dall’alto. Il classico “stato di grazia” o “in the zone”. Gli atleti cercano per lo più questo in un Maestro/Coach, soprattutto, come nel caso di Simone, se parliamo di un atleta già formato. Quando invece, ed è il caso contrario, un Maestro/Coach, non riesce a far sentire in fiducia l’atleta, capita l’inverso: quello che sempre gli americani chiamano “paralisi da analisi”: la classica situazione che sentiamo molte volte nei circoli, in cui il maestro o il genitore dell’allievo danno consigli tecnici (è un esempio) durante la prestazione. Più il performer “pensa” al gesto tecnico, più si entra nella paralisi da analisi e il colpo perde fluidità. Naturalmente a volte è il tennista stesso che entra in questo loop negativo, e ciò capita anche ai più esperti. Ma la differenza in una stagione la fa proprio il numero di volte in cui si trovano soluzioni in un senso (positivo) o in un altro, fermo restando che lo stato di flow si prova davvero raramente e nessuno ancora ha trovato davvero il modo di riprodurlo automaticamente. Ci sono dei buoni risultati attraverso degli “ancoraggi” sullo stile PNL, ma siamo ancora molto lontani dalla soluzione definitiva. Le famose routines di Nadal tuttavia sono un ottimo esempio per trovare in prestazione il massimo equilibrio tra attivazione e tranquillità.

Riprende Simone:
“La stabilità economica poi è l’altro fondamento per un tennista che voglia fare il PRO. E’ necessario avere una base economica il più possibile stabile e se non può darla direttamente la famiglia, deve essere il giocatore a procurarsi il denaro necessario per la stagione. Il modo migliore è cercare per prima cosa di risparmiare dove possibile e poi le competizioni a squadre possono fare il resto. E’ comunque davvero difficile e bisogna avere molta pazienza e scaltrezza nello scegliere i tornei. Per questo motivo occorre anche avere capacità di relazionarsi in qualche modo con tutte le componenti del mondo del tennis. Le relazioni personali in tal senso diventano opportunità da non perdere. Chi ha una base solida di partenza sul piano economico ovviamente ha un vantaggio notevole, perché può programmare i tornei più liberamente e giocare così un numero di settimane considerevole, accumulando esperienza, skills, punti e anche conoscenze di varia natura che come dicevo prima aiutano sempre. Poi c’è un discorso mentale che si lega a quello di prima: abbiamo visto quanto la tranquillità e la fiducia siano importanti, e per un tennista che ogni settimana deve far quadrare i conti necessariamente a volte diventa difficile restare sereni durante i tornei. Differente è il discorso di chi può impostare una stagione sapendo anche di potersi permettere passi falsi. Di questo bisogna tener conto per la tensione che può accumulare un tennista senza base economica sicura e che finisce con l’influire sulla prestazione.”
Un atleta non può correre con i soldi in tasca. Deve correre con la speranza nel cuore e sogni nella sua testa. (Emil Zatopek)

Hai fatto vari tornei al Cairo, come ti sei trovato? La tua programmazione adesso?
“Ho fatto 5 tornei al Cairo e per il momento lo considero il torneo con le condizioni ideali per me. Sono facilitato da una buona adattabilità. Alcuni ragazzi si lamentano magari, perché necessitano del miglior letto possibile, di un pasto di loro assoluto gradimento, di camere più lussuose. Io no. Io non perdo, come capita a qualcuno perché il letto era scomodo o la camera non perfetta. I campi al Cairo sono in terra a differenza di Monastir. Campi lenti con Out spaziosi che mi permettono di giocare parecchio dietro la riga e difendere come piace a me per poi ovviamente cercare di mettere i piedi in campo attraverso la manovra. Il circolo si trova in un posto molto riservato, a poche centinaia di metri dal resort. A volte ci siamo solo noi del torneo che giochiamo, e l’organizzazione è molto disponibile. Insomma alla fine al Cairo mi trovo bene; prima di andare temevo che le condizioni fossero peggiori per come me le avevano descritte, in realtà è tutto più che accettabile. Quest’anno penso di andare 2 settimane in Sri Lanka, e sto immaginando la programmazione futura ma sto ancora valutando. Mi piacerebbe anche avere la possibilità di entrare in un Challenger, se magari ci sono dei “buchi”, ovviamente in quali. Poi valuteremo con Daniele.”
I perdenti vedono dei temporali, i vincenti vedono degli arcobaleni.
I perdenti vedono strade ghiacciate, i vincenti mettono su i pattini da ghiaccio!
(Denis Waitley)

C’è qualche tennista che ti ha colpito particolarmente vedendolo da vicino?
“Ho assistito, condividendo con lui la stanza e le esperienze in alcune circostanze, alla scalata nel ranking di Franco Agamenone. Ora anche nei Challenger si sta facendo valere. Mi ha impressionato la sua serietà e il suo dedicare le intere energie per il tennis. Non gliel’ho mai detto ma è stato di grande ispirazione per me anche stando poch giorni insieme a lui. Abbiamo fatto il 25mila dollari di Montauban e per caso mi chiese di condividere la stanza. Notai quei dettagli che fanno la differenza: ordinatissimo in tutto e per tutto, trovando il tempo giusto per qualsiasi cosa.”
Il successo è la somma di piccoli sforzi, ripetuti giorno dopo giorno.
(Robert Collier)

Tre consigli per un tennista che comincia.
“Il primo è davvero “divertirsi”. Entrare in campo sempre con la voglia di giocare. Il secondo è curare i particolari, dall’alimentazione allo stretching, dall’andare a dormire ad una certa ora ad allenarsi con la massima cura. Non è facile per un giovane, ma diventa fondamentale avere un ordine mentale, che si porta da fuori a dentro al campo. Un tennista che non ha ordine fuori dal campo poi rischia di portarsi un disordine anche nelle trame di gioco. Infine è crederci. Se non credi tu in te stesso, non ci credono nemmeno gli altri.”
Quando ti dicono che non puoi farcela, ti stanno mostrando i loro limiti. Non i tuoi. (Anonimo)
Per questo tema del crederci vi consiglio di leggere un articolo che ho scritto su Francesca Jones, nata con sole 8 dita diventata una tennista PRO con enormi successi. https://www.alessandrozijno.it/2019/06/29/francesca-jones-non-sapeva-che-fosse-impossibile-ecco-perche-ce-lha-fatta/

Circolo con Maestro classico o Accademia?
“Alla fine io preferisco il rapporto diretto con il Maestro, un buon preparatore atletico e qualche ragazzo con cui scambiare. Un campo isolato, tranquillo, non servono, per chi è come me, grandi Academy.”
Allenati come se non avessi mai vinto. Gioca come se non avessi mai perso.
(Michael Jordan)
Dove ti piacerebbe vivere se non fosse in Italia? E un sogno nel cassetto?
“Ho avuto occhi e orecchie solo per il tennis. In fondo come si sa quando fai il tennista sei così focalizzato sui vari aspetti del gioco, che non hai tempo né energie per conoscere davvero cosa c’è fuori. Anche quando viaggi. Circolo, allenamento, competizione, riposo. E quasi nulla altro. Mi auguro di coronare i miei sogni che alla fine riguardano proprio il tennis, che sia da giocatore o chissà anche da allenatore.”

Un uomo diventa vecchio quando i suoi rimpianti prendono il posto dei suoi sogni. (John Barrymore)
Hai amici nel circuito?

“Spesso ho fatto trasferte con Matteo De Vincentis, è capitato anche di allenarci insieme e di fare qualche doppio trovando grande sintonia. Matteo ha preso un punto ATP recentemente a Monastir. Da tantPoi con Giuliano Benedetti siamo amici davvero da tantissimi anni, ora lui è fermo per un infortunio, speriamo torni presto in campo!”
Che cosa è un amico? Te lo dico io. L’amico è una persona con cui hai il coraggio di essere te stesso.
(Frank Crane)

Nel ringraziare Riccardo Terenzi che ci ha messo in contatto, ci tengo ad un commento sul nostro atleta della Roman Sport City dove io insegno con i Maestri Gianluca Minati e Daniele Lanuti.
“Riccardo l’ho conosciuto a La Quercia, ha un gioco davvero pulito, vecchio stampo. Mi ha colpito il suo ritmo, tanto che gestire la sua palla non era facilissimo nemmeno per me che sono comunque un professionista. E’ fluido nei movimenti, proprio un bel giocatore da vedere, tanto che anche i Maestri che erano lì gli hanno fatto i complimenti.”
E che serva di lezione a tutti. Nessuno batte Vitas Gerulaitis 17 volte di fila.
(Vitas Gerulaitis, dopo aver finalmente battuto Jimmy Connors dopo 16 sconfitte di fila)
Ciò che mi sento di dire a Simone Agostini è che deve crederci, lui prima di tutti gli altri. Vivere da atleta, convincersi che MERITA di stare ai massimi livelli e dedicare tutto sè stesso a questo sogno meraviglioso. E magari tra un paio d’anni potremo fare un’altra intervista festeggiando….
Ringrazio di cuore Simone Agostini, il Maestro Daniele Musa che mi ha illuminato su tanti argomenti, il grande preparatore Michele Benso e approfitto per salutare Giampaolo Coppo, non solo un grande tecnico ma un maestro di vita.

Alessandro Zijno


Fonte: http://feed.livetennis.it/livetennis/


Tagcloud:

MotoGp, Bagnaia vince in Olanda: “Felice dopo due weekend negativi”

Ciclismo, Filippo Zana è il nuovo campione italiano su strada