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Toyota Supra, hot lap da brividi a Le Mans

La sveglia suona presto, troppo presto. L’appuntamento è alle 6.30 ma per evitare rischi – con il popolo di Le Mans, trecentomila, anima più anima meno, non sai mai quando arrivi – meglio muoversi in anticipo. Però alle 5 è dura, è ancora buio, quasi l’alba. E di una giornata speciale che non avrei pensato di poter vivere.

Tutto è iniziato la sera prima, appena arrivato a le Mans. Mi hanno chiesto se volevo girare sul circuito de La Sarthe a bordo della  e ho risposto con un sorriso. “State scherzando, vero?”. Affatto, era tutto vero. Mi voglioni far correre sui 13 chilometri e seicentoventinove metri che hanno scritto la storia dell’automobilismo mondiale più di ogni altro pezzo d’asfalto nell’universo e qualcuno davvero pensa si possa rifiutare? Non lo farei per nulla al mondo, anche in bicicletta, ci andrei, figuriamoci con i 340 cavalli della leggenda Supra sotto il sedere. “Dove c’è da mettere… l’autografo per la liberatoria?”.

L’ingresso in pista

Ed eccomi qui, mezzo “rimba” dal sonno ma carico di adrenalina. La giornata si è fatta bella, fresca e qui nei Paesi della Loira tira anche un vento forte, teso. Arriviamo al circuito e l’adrenalina si mescola a qualche brivido di tensione. C’è una lunga fila di Toyota Supra, in attesa, sono 15 in tutto e inizio a capire quello che mi aspetta. Tra 30 colleghi, la percentuale di rischio di trovare il folle che immagina di essere il clone di Hamilton è altissima nella nostra categoria. E girare a Le Mans con questo presupposto, non è proprio come una passeggiata tranquilla nel bosco.

Mi forniscono di casco poi il responsabile della sicurezza in pista inizia a spiegare come funziona il test nel suo inglese francesizzato che fa sorridere, sembra di ascoltare l’ispettore Clouseau.

“Avete un solo giro a testa, voi e il vostro compagno di viaggio. Ci si muove in colonna dietro alla safety car – una Porsche… – che guido io e potete anche superarvi, a patto che quello che vi preceda metta la freccia e rallenti spostandosi a destra. Ricordatevi che tra qualche minuto qui ci saranno 62 vetture impegnate nel warm up della corsa più famosa del mondo, cercate di essere prudenti e di non creare problemi”.

Un giro solo senza conoscere la pista, la più veloce al mondo, senza istruttore e con altre 14 macchine intorno? Però, mica male come rischio! Chissenefrega, ormai ci sono e non torno indietro nemmeno sotto tortura. 

Le Mans, storia scritta sull’asfalto

Mi assegnano una delle Supra, gialla, davvero trendy, con quelle sue forme bombate sul cofano anteriore, i fianchi muscolari e il lato B decisamente sensuale. Fossi a Malibù mi divertirei sfilare in parata, sono a Le Mans c’è solo da spingere l’acceleratore. Accendo il motore e improvvisamente mi torna in mente quello che sto facendo, dove lo sto facendo. Di test ormai ne ho superati tanti, sopravvivendo, compreso il cavatappi di Laguna Seca e l’Eau Rouge di Spa. Ma qui è diverso, tutto terribilmente più emozionante. È il peso della storia. Perchè Le Mans non è un circuito, piuttosto un tempio del motorismo e della velocità. Quello che ha visto i 19 trionfi della Porsche, i 13 dell’Audi e i 9 della Ferrari; gli 8 successi di Kristensen i 6 di Ickx e i 5 di Emanuele Pirro, ma anche il teatro della più grande tragedia automobilistica della storia, quando nel 1955 la presunzione di Pierre Levegh superò ogni limite, guidare tutta da per 24 Ore e finì (inevitanbilmente) in tragedia. Sbagliò la marcia della sua Mercedes, uscì di strada e fece una strage: uccise 83 persone. L’incidente che più di tutti gli altri ha messo a rischio il futuro del motorismo.

Momenti di… bagarre

Le prime Supra iniziano a muoversi e la storia lascia il passo al presente. Il rombo del 6 cilindri in linea mi ricorda che è il momento di mettere da parte le emozioni, la voglia di pestare pesante e usare la ragione. Avanti, si parte. Mi fanno entrare in pista all’altezza a metà tra la chicane Corvette e la chicane Ford, quella che precede l’ingresso nel rettilineo di partenza. Terza, quarta, quinta, la Supra prende velocità. Ai lati vedo sfrecciare le tribune gia’ cariche di gente alle 7.30 del mattino. Mamma mia, mi stanno pure a guardare, che roba! In un baleno sono a 150 km/h, arrivo fino a 180 poi inizia la salita che porta alla chicane Dunlop quella che molti sanno riconoscere per via del grande semicerchio contraddistinto dal marchio del gommista. Subito dopo, la S della Foresta velocissima. All’improvviso un genio alle mie spalle mi supera da destra, “perfettamente” in linea con le indicazioni del brief di sicurezza, un pari cretino lo imita e arrivo alla Tertre Rouge il primo vero banco di prova, la prima curva impegnativa di Le Mans, un po’ irrigidito. Se dopo li becco gli cambio i connotati, penso mentre passo indenne la curva-monumento e spingo l’acceleratore che qui di fatto inizia un altro mondo, un’altra vita. Eccolo, il rettilineo più lungo del mondo diviso in tre sezioni da circa 1,8 km ciascuno da fare a tutta a parte le due chicane – Playstation e Michelin – che di fatto evitano di…volare, come succedeva qualche anno fa quando si sono toccate punte di 405 km/h. Dimenticavo questa non è più pista vera, ma asfalto di due strade cittadine, destinate all’uso quotidiano quando non c’è la gara, inserite nel circuito (la pista vera e propria, quella dove si corre il Motomondiale è la Bugatti ma supera appena i 5 km!) proprio per farlo entrare nella storia.

Come va la Supra in pista

I pensieri vanno veloci com le Supra: è una goduria autentica, la Toyota Supra romba e accelera – per le mie possibilità – oltre i 200 km/h e fino a 230 km/h. Un’emozione profonda, senza paura. L’unico problema è che non ho punti di riferimento, non so dove finisce questo rettilineo infinito e non so dove frenare, anche perchè davanti ho un collega piazzato al centro della pista ed evito di fargli i fari e di superarlo a destra come hanno fatto con me (senza fari) quei due fenomeni. Per la cronaca, adesso in questi rettilinei le LMP1 vanno a oltre 350 km/h. Attraverso un’autentica foresta e gli alberi sfilano ancora più velocemnte di quanto facesse all’inizio le tribune. Finalmente si intravede la strada che gira e mi torna in mente che sono arrivato alla curva più pericolosa del circuito la Mulsanne da prendere a 60-80 km/h con una decelerazione bella potente, stile NASA. Ma dura pochissimo, come entrare in una sorta di fionda per essere rilanciati su un altro lungo rettilineo, l’Indianapolis che sfocia in una velocissima S. Ingannevole e traditrice perchè porta alla curva più lenta e insidiosa di Le Mans: l’Arnage, teatro di non pochi delitti perfetti nella storia della 24 Ore. Girando per la prima volta su questo asfalto mitico, non stacco gli occhi dai cordoli e non ho tempo di guardare la velocità, in fondo non mi interessa a quanto la faccio, mi interessa esserci, farla. 

Può sembrare folle a chi piace spingere sempre “a tutta” o a chi è abituato veder sfrecciare certi bolidi da queste parti, ma per me, in queste condizioni è il massimo. Dopo la curva inizia il divertimento, o almeno una parte. Si arriva alla curva Porsche che precede le due chicane da dove sono partito qualche minuto prima e che hanno accuratamente evitato di farci percorrere.

Sì, il sogno è già finito. E viene da urlare “Un altro giro per favore, uno solo e senza cretini in giro se si può”!  Urlo ovviamente inascoltato. Vabbè, poteva andare meglio. Ma anche molto peggio, dentro al mito Le Mans. Indimenticabile.


Fonte: http://www.tuttosport.com/rss/motori


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