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La stagione dell’Accademia Kioene Padova raccontata da chi la vive

C’è un momento, alla fine di ogni stagione, in cui si tirano le somme. Ma per chi vive la pallavolo giovanile con passione autentica, quei numeri non bastano mai a raccontare tutto. L’Accademia Kioene Pallavolo Padova ha chiuso un’annata straordinaria, fatta di risultati importanti e di storie quotidiane che intrecciano fatica, sogni e identità. Perché dietro ogni finale nazionale c’è un gruppo che ha imparato a camminare insieme, e dietro ogni traguardo raggiunto c’è un metodo che punta alla crescita dell’atleta e della persona.

A raccontarlo è Monica Mezzalira, responsabile dell’Accademia, che ripercorre una stagione vissuta intensamente, tra soddisfazioni, sfide educative e quel senso di appartenenza che rende unica l’esperienza all’interno del vivaio bianconero.

Dieci squadre, 150 atleti, cinque finali nazionali. Qual è il bilancio complessivo della stagione dell’Accademia Kioene Pallavolo Padova?

“Il bilancio complessivo non può che essere positivo. Questa stagione ci ha regalato risultati di grande rilievo: tre nostre formazioni hanno conquistato l’accesso alle finali nazionali, con l’Under 19 classificatasi tra le prime sei squadre d’Italia, e altre due compagini, l’U17 e l’U15, addirittura tra le prime quattro. Si tratta di un risultato significativo, perché il nostro obiettivo minimo, parlando del settore maschile, è sempre quello di raggiungere le finali nazionali di categoria, per consolidare il lavoro svolto durante l’anno e rafforzare la nostra presenza sul panorama nazionale. 

Siamo il settore giovanile di una società di Serie A, ma rappresentiamo un caso atipico: non disponiamo di foresterie. Questo è un valore aggiunto per il nostro progetto sportivo, perché significa che insegniamo una buona pallavolo ai nostri giovani atleti. Le squadre che ci hanno preceduto nelle tre categorie nazionali fanno tutte affidamento alle proprie foresterie, dalle quali possono prendere atleti già formati. Noi, invece, lavoriamo con i nostri ragazzi, e questo fa davvero la differenza”.  

E anche alla Boy League e alla Junior League?

“Abbiamo fatto bene anche lì. È importante per le nostre Under 14 e Under 20 arrivare a giocarsi le finali con squadre di alto livello, soprattutto di società di Serie A. Quando fai i campionati giovanili ti confronti con realtà del territorio, alle finali della Boy League e Junior League ti confronti invece con le realtà della Serie A. Cambia tutto: l’approccio alle partite, il modo di giocare, l’organizzazione. È un contesto più professionale, o comunque professionistico”. 

Il settore femminile cresce. Che risultati avete visto? 

“Sta andando molto bene. Essendo partiti tre anni fa, siamo arrivati a giocarci anche un terzo-quarto posto provinciale. Abbiamo organizzato open day che hanno avuto una grandissima partecipazione. Tante ragazze vogliono entrare: vuol dire che il nostro lavoro e la nostra proposta sono visibili e riconoscibili”.  

Cosa rappresenta per un giovane atleta il passaggio dai campionati provinciali e regionali alle finali nazionali? 

“Vuol dire molto. Fin dall’Under 13 cerchiamo di dare regole chiare, che nel tempo aiutano a far crescere un atleta a 360 gradi, non solo dal punto di vista sportivo, ma anche sotto il profilo comportamentale e nutrizionale. Quando giochi solo a livello provinciale o regionale, spesso non comprendi appieno il senso di certe regole o comportamenti. Ma alle finali nazionali tutto si esaspera: devi muoverti in fretta, mangiare in fretta, riposarti appena puoi. È lì che capisci perché ti abbiamo ‘stressato’ su certe cose, anche quando eri in Under 13.

Far parte della famiglia di Pallavolo Padova è bello, ma anche faticoso. Chiediamo molto ai ragazzi e alle loro famiglie, ma è il nostro modo di intendere la pallavolo e di vivere questo sport. Non lasciamo nulla al caso. Questo è il nostro stile: ciò che ci distingue davvero. Offriamo ai ragazzi opportunità uniche, che altrove sarebbero difficili da trovare, accompagnandoli verso il pieno sviluppo del loro potenziale”.  

Molti ragazzi restano nel club anche dopo il loro percorso da atleti. Perché secondo te? 

“È una delle cose più belle. Molte delle persone che oggi ruotano attorno a Pallavolo Padova sono ‘nate’ qui dentro e non vogliono andarsene. Scoprono che possono trasmettere ciò che hanno imparato in altri ruoli: istruttori, allenatori, scoutman. Vuol dire che il seme piantato ha dato il suo frutto. Significa che quel rapporto umano ha lasciato qualcosa. Si creano legami veri, che restano”.  

E guardando avanti? Quali saranno le sfide del prossimo anno? 

“Si parte sempre in silenzio. Non abbiamo sfide predefinite. L’unica è continuare a crescere e migliorare. Non ci sono obiettivi numerici. Ogni stagione ha gruppi diversi, percorsi diversi. La cosa importante è formare al meglio ciascun atleta che entra a far parte della nostra Accademia. Se poi un ragazzo arriva in SuperLega, o anche solo al suo massimo, è già un successo. Lo sport è così: non tutti restano fino alla fine, ma noi cerchiamo sempre di portarli al massimo”. 

Che ruolo hanno i volley camp estivi di Pallavolo Padova?

“Stanno diventando una bella realtà. Ci sono sempre più richieste: da chi già fa parte dell’Accademia e vuole continuare ad allenarsi, ma anche da ragazzi nuovi. Sono un modo per far conoscere il nostro approccio: anche se dovrebbe essere un momento ludico, c’è sempre un obiettivo tecnico. La pallavolo non cambia, ma cambia il modo in cui la insegni e la vivi. Abbiamo più iscritti dell’anno scorso. Anche ragazzi che non hanno mai giocato vogliono provare. La giornata tipo? Dopo l’accoglienza, allenamento tecnico al mattino, pausa pranzo e poi l’incontro con un ospite – che può essere un atleta della prima squadra, una giocatrice di Serie A, un nazionale. Poi si torna in palestra fino a sera. Si gioca e si macina tanta pallavolo”.  

Tornando alla stagione appena conclusa, c’è un momento che ricordi in particolare?

“Guardo poche partite dal vivo, ma sono sempre al palazzetto, vivo gli allenamenti, i ragazzi e le ragazze. Vado sempre alle finali regionali, perché danno il pass per le finali nazionali, e perché negli anni abbiamo vinto titoli importanti. E poi accompagno le squadre alle finali nazionali. Quella settimana è la più appagante, anche se estenuante: lavo magliette, guido il pulmino, ma vivo i ragazzi a 360 gradi. Lì si consolidano i rapporti. Il momento più difficile è l’ultima partita della Junior League. Lì si chiude un percorso. Lasciarli andare è la parte più difficile. Finché ci sono io, so come va. Poi è come perdere un pezzo. Ma sono sicura che abbiamo fatto un buon lavoro”.

Pallavolo Padova non è solo la sua prima squadra, Sonepar Padova, ma anche un importante settore giovanile, l’Accademia Kioene Pallavolo Padova. Come si inserisce, a tuo avviso, il vivaio bianconero all’interno della società?

“La risposta migliore è vedere quanto dell’Accademia c’è nella prima squadra. È vero che la SuperLega e il giovanile sono due mondi diversi, ma il fatto che tanti ragazzi, allenatori, scoutman provengano dall’Accademia dimostra quanto sia importante il lavoro fatto sotto. Questo è ciò che ci lega. E chi guarda da fuori può capire quanto di ciò che facciamo nell’Accademia sia determinante per quello che c’è sopra”. 


Fonte: http://www.legavolley.it/rss.asp


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