Poche ore del 2025 e abbiamo già l’atleta dell’anno. Possono risparmiarsi la fatica, tutti gli altri. Qualunque cosa s’inventino, qualsiasi record abbattano, saranno secondi. Sospendere le votazioni, preparare la cerimonia di dicembre, scrivere subito il nome sulla targa: atleta dell’anno, ma forse sarebbe il caso di passare direttamente all’atleta del secolo, è LeBron James.
Esagerazioni? Se qui aleggiano esagerazioni sono le sue. Ultimissime dal signore del basket americano: il 30 dicembre compie 40 anni, età che nello sport allunga tristi penombre di patetica malinconia sui soggetti ancora in giro per gare, ma pochi giorni dopo lui di nuovo sbanca: 38 punti (7 tiri da 3, massimo stagionale) per i suoi Lakers contro i Blazers, e con questo saccheggio va a sedersi proprio di fianco a Michael Jordan sul record dei record, 562 partite in carriera sopra i 30 punti. Tu chiamale, se vuoi, rottamazioni.
Pensi a LeBron e inesorabilmente ti tornano su come l’aglio certe immagini di certi suoi colleghi di certi popolari sport, questi giovani di sana e robusta costituzione che spiegano quanto sia dura al giorno d’oggi la vita dell’atleta professionista, puoi avere tutto il talento del mondo, ma le pressioni, santo dio le pressioni sono tremende, è facilissimo perdersi, mister società tifosi, sempre addosso, sempre a stressare, via, non è vita.
LeBron questa vita se la gratta e se la gusta allegramente da decenni, restando sempre là alle altitudini massime, volteggiando come un deltaplano attorno al canestro, sopra tutti e sopra tutto, nella forza, nella tecnica, nei punteggi, e dopo tutto anche nei complicati rapporti con il proprio se stesso. Oggi che è un raro esemplare di sempreverde, o magari una giovane vecchia quercia, sa ancora guardare avanti e magari si chiede pure cosa farà da grande. Voltandosi indietro, vede una sterminata prateria di bellezza e di luce. Sul campo ha vinto tutto (quattro titoli NBA con tre squadre diverse, tre Mvp (Miglior Giocatore) della stagione, tre ori olimpici). Strada facendo, si è tolto ogni genere di soddisfazione, eccentrica la celebrazione tra i cartoons in un film (Space Jam – New Legends), ultima addirittura quella di giocare col figlio Bronny, anche se per poche partite, prima che il ragazzo venisse dirottato nella Lega di sviluppo per farsi le ossa.
Sì, è ovviamente, inevitabilmente, doverosamente anche ricco sfondato: entrate 2025 pari a 48,73 milioni di dollari, patrimonio personale di 1,2 miliardi (conti in tasca di Forbes).
LeBron ha veramente tutto per essere sazio. Per tagliare il traguardo e salire sul podio. Oppure fare l’inventario dei ricordi, caricarli nel furgone e andare in giro a rivenderli sulle bancarelle dello star-system. Oppure ancora scrivere il libro che sbanca, spacciare opinionismo in tv, insegnare schemi alla lavagna, accettare la presidenza di qualcosa. O anche semplicemente coordinare pignoli sopralluoghi nei cantieri e rincasare prima di sera per tormentare l’amata moglie Savannah, darling questo tacchino andava stufato qualche minuto ancora.
LeBron ha cioè l’età sportiva per mettere su l’azienda della vecchia gloria e spolparsi una seconda vita di rendita. Ma tutto è relativo. L’età può essere una vantaggiosa occasione, una vecchia racchia da mettere gli incubi, oppure può essere l’età di LeBron: una rompiscatole che bussa alla porta, insistente e seccante, tu lasciala bussare, non rispondere, tanto si stanca prima lei.