Tomas Etcheverry è una delle punte di diamante del tennis argentino, e questa settimana ha toccato il proprio best ranking. Il 24enne di La Plata dopo un buon apprendistato nei Challenger – molti giocati anche in Italia, con discreti risultati – è sbarcato con successo sul tour maggiore, imponendo la potenza del suo diritto e schemi offensivi che gli permettono di ottenere buoni risultati anche al di fuori della natia terra battuta. La scalata del “piccolo Delpo” (così lo chiamano in patria, anche per il suo fisico longilineo) non è stata fulminea ma costante: ha iniziato il 2022 al n.130 del ranking e con buoni risultati nei Challenger (1 vittoria e alcune finali) ha chiuso la stagione al n.85. Nel 2023 il salto qualità: finale al 250 di Santiago e poi a Houston, fino al miglior torneo in carriera, Roland Garros, dove si è issato sino ai quarti di finale (battuto da Zverev) dopo aver sconfitto De Minaur e Coric. Grazie ai quarti a Basilea si è attestato al n.31, e agli ultimi Australian Open è arrivato al terzo turno, fermato da sua maestà Djokovic. La scorsa settimana nella sua Argentina si è fermato nei quarti a Cordoba (superato da Coria), adesso cercherà l’acuto a Buenos Aires, dove è testa di serie n.6, esordio contro Carballes Baena. Con un tennis di pressione interessante e un diritto che può fare davvero male, l’argentino ha trovato un livello di gioco che vale la sua attuale classifica di n.27, il suo picco in carriera. La sensazione è che abbia ancora molti margini di miglioramento.
Proprio nella settimana scorsa Tomas ha rilasciato un’intervista al collega Sebastian Varela di Clay, nella quale si è soffermato su alcuni temi, come la vita sul tour e il tanto discusso possibile ingresso dei sauditi nel tennis. Per Etcheverry le porte ai ricchi fondi sauditi sono spalancate se questo comporterà una crescita dei compensi per i giocatori.
“Affrontare Djokovic sulla Rod Laver Arena è stato da brividi, una grande esperienza” racconta Tomas. “Ho giocato la mia partita, è stato qualcosa di bellissimo. Ovviamente mi è rimasto un po’ di amaro in bocca perché non sono riuscito a fare quello che speravo a livello di colpi, ma del resto lui è il più grande, e sul suo campo… Un’esperienza che mi spinge ad andare avanti, continuare ad imparare, rendendomi conto di cosa ho fatto bene e cosa ho sbagliato. Aver avuto l’opportunità è qualcosa che mi aiuta a crescere”.
L’argentino ha iniziato il 2024 con un vero cambio di telaio (da Head a Yonex), non è mai facile digerire la novità. “È difficile, ma bisogna essere aperti ai cambiamenti. L’ho scelto per fare un salto di qualità. Ci sono diversi tipi di giocatori: alcuni non riescono mai cambiare, altri sono aperti a provarci, come è stato il mio caso. Volevo trovare qualcos’altro perché la racchetta precedente non mi aiutava a migliorare alcuni aspetti del mio gioco. Volevo fare un salto e ho scommesso, vedremo come andrà. Non ho mai rotto una racchetta. Quando ero bambino me la regalarono i miei genitori. Costano molto e mi hanno insegnato che le cose vanno rispettate, e che se sbaglio la colpa non è del telaio, è così e chi dice il contrario sbaglia. Non ho mai voluto mostrare al mio rivale la mia frustrazione. Ci sono ragazzi là fuori che hanno bisogno di una racchetta e me le hanno chieste. Preferisco regalarle a chi ne ha bisogno piuttosto che romperle”.
Ecco il passaggio sul tema caldo del momento, i sauditi nel tennis. Senza ipocrisia, Tomas apre a una potenziale rivoluzione: “È un tema sul quale non sono così informato, non conosco i dettagli, ma è risaputo negli spogliatoi che l’Arabia Saudita desidera essere coinvolta in più tornei e sono disposti a portare più soldi. Io non ho nessun problema al riguardo. Finché ci sono più soldi da distribuire ai giocatori, non solo a quelli in alto, ma anche a quelli più dietro in classifica, ovviamente i conti tornano. È stato molto difficile per tutti noi, soprattutto per i sudamericani, arrivare in alto, quindi se portano più denaro ben vengano“.
Marco Mazzoni