Us Open a novembre nell’impianto di Indian Wells? Utopia, oppure no… Pare che sotto sotto il mondo della racchetta, bloccato dal dramma globale della pandemia, stia lavorando su più ipotesi. L’obiettivo è quello di ripartire. In qualche modo, per salvare il salvabile di una stagione nerissima, spazzata via come le nostre speranze in questi bassi tempi.
Purtroppo l’orizzonte degli eventi è totalmente incerto, e peggio ancora imprevedibile. Solo con l’annuncio ufficiale di un vaccino sicuro e di un programma di vaccinazione globale si potrebbe “programmare” l’uscita da quest’incubo, porre i titoli di coda allo status quo peggiore dalla fine della seconda guerra mondiale. Il vaccino, rassicurano gli esperti, arriverà, si stanno facendo enormi passi in avanti. Ma i tempi della medicina sono lunghi, o almeno non così rapidi. Quindi si deve navigare a vista, con la difficoltà di coordinare situazioni totalmente diverse nei vari paesi.
Questo è forse l’ostacolo più alto e difficile da superare. Il tennis è talmente globale che senza una discreta sicurezza nei viaggi e nelle connessioni tra paesi e persone, pensare ad una ripartenza vera è irrealistico. Per questo altri sport, che si disputano in ambiti chiusi, nazionali, faranno prima di noi.
Nonostante tutto questo, si lavora, si studia, si programma. E la speranza è che prima o poi questi programmi possano diventare almeno possibili. Uno degli scenari che pare si stia profilando negli USA è quello di spostare a fine anno l’US Open. Giocare a settembre a New York pare oggi prematuro per non dire impossibile. Magari nel deserto della California, in un luogo discretamente isolato come Indian Wells, potrebbe avere un senso. Anche per il clima e per la bontà del bellissimo impianto californiano, davvero vicino ai requisiti necessari per ospitare uno Slam.
Chris Widmaier della USTA dichiara al momento che “la situazione è fluida, non ci sono certezze né programmi. Al momento spostare il torneo a Indian Wells a fine anno non è previsto”, taglia corto. Ma in realtà, questa pare l’ipotesi più plausibile tra le varie uscite, unica alternativa alla cancellazione dell’edizione 2020. Oggi l’impianto di Flushing Meadows si sta trasformando in un ospedale da campo con quasi 400 letti per accogliere i malati del corona virus. Non è dato a sapere quanto tempo sarà necessario per liberarlo, vorrebbe dire che la situazione sanitaria in città è tornata sotto controllo, e che gli ospedali riescono a gestire l’ondata.
Ai quattro angoli del mondo, tutti i tennisti ed ex campioni sono bloccati, e dubitano su di una ripresa rapida. Gabriela Sabatini dalla natia argentina dice che “Siamo esseri umani, e vivere questa condizione non è facile, qualche giorno sei più sù di morale, altri ci si sente abbattuti. A volte mi alzo la mattina pensando… Ok, che faccio oggi? Cerco di fare un po’ di esercizio, è qualcosa che il mio corpo mi chiede, ogni giorno, altrimenti non posso sentirmi bene. Per fortuna è possibile far sport anche dentro casa, anche se con limiti. Per esempio ho appena montato i rulli per la bici, e d’ora in poi mi eserciterò così, meglio di niente… Come può riprendere l’attività tennistica? A breve credo sia impossibile, se fossi ancora una professionista mi verrebbe il mal di testa a pensare di non potermi allenare e giocare”.
Il blocco totale sta provocando enormi problemi ai giocatori media e bassa fascia. Alex Corretja, intervistato dal collega Sebastian Fest, pensa che “Non penso che i giocatori Top debbano donare denaro ai giocatori di bassa classifica, però credo che sia necessario mettere più tornei insieme, il maggior numero che si possa organizzare, anche più di uno nella stessa settimana. Per esempio, perché non disputare il torneo di Barcellona in un’altra data o superficie, se fosse possibile? Oggi dobbiamo accettare ogni possibilità, anche se diversa dal solito. Per la situazione che stiamo vivendo, è impossibile fare un piano strutturato e globale, ci sono situazioni diverse nel mondo, e sarebbe ideale poter sfruttare ogni possibilità, appena possibile, per far ripartire il gioco. Come la voce che è uscita di US Open a novembre a Indian Wells, perché no? Se fosse possibile, non avrebbe senso essere contrari”.
Diversi commentatori stanno appoggiando l’ipotesi di salvare il torneo di NY collocandolo verso la fine dell’anno. Ma la situazione generale, lo permetterà? Come potranno i giocatori muoversi liberamente ed arrivare da tutto il mondo? Ed il pubblico? Giocare a stadio vuoto, diffondendo le immagini in tv in modo massivo, come si sta ipotizzando per esempio nel mondo del calcio? Ipotesi, aspettando che la crisi sanitaria possa, finalmente, migliorare.
Marco Mazzoni