CLERMONT-FERRAND – Il Puy Mary, altrimenti detto Pas de Peyrol, non è una salita qualunque, ma anche Daniel Felipe Martinez Poveda non è uno scalatore qualunque. Nella EF, la squadra più estemporanea del gruppo e anche quella vestita peggio, è il numero due dietro Rigoberto Uran, e poi c’è anche Sergio Higuita, il campione nazionale, detto Renè, come il mitico portiere con cui non sembra condividere niente, a parte Medellin e il cognome. Martinez, il vincitore di ieri, ha dovuto lottare da solo contro due della Bora, i tedeschi Schachmann e Kämna, e come era prevedibile che andasse, anche se era in inferiorità numerica, ha vinto lui. Leggero e scattante, l’escarabajo nato a Soacha nel 1996 aveva già vinto il Delfinato (non al, il Delfinato), ma anche un tappa della Parigi-Nizza 2019 sul col de Turini, due campionati nazionali a cronometro e una tappa al Tour Colombia davanti a Higuita e Bernal e una valanga di altri connazionali. Era al Tour per fare qualche timido discorso di classifica, ma durante la prima e la seconda tappa si era tirato fuori a causa di due cadute. Poco male: per certi corridori, uscire di classifica è una benedizione, un modo per iniziare la caccia a qualche traguardo di tappa. Andare in fuga, sperare di acquisire vantaggio, avere i compagni giusti e alla fine infilzarli tutti. Il giorno prima il gioco era riuscito al formidabile ragazzino svizzero Marc Hirschi. In una tappa di montagna, invece, Colombia vuol dire fiducia.Ciclismo
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Ciclismo, Tour de France: il giorno di Martinez e un pugno al passato
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