E’ stato già detto e scritto quando al Tour de France ha dominato la tappa di Sarran Correze. Ripeterlo però ci sta: con Marc Hirschi è nata una stella, una delle tante in questo ciclismo avvolto da un tumultuoso ricambio generazionale guidato dal vincitore del Tour de France, Tadej Pogacar. Ventidue anni, svizzero, pupillo di Fabian Cancellara, uno degli enfant prodige in circolazione, Hirschi si prende la prima classica della carriera: gestisce l’arrampicata impossibile sul Muro di Huy (pendenze che toccano il 25%) con forza e freddezza e conquista la Freccia Vallone. Con lui la Svizzera interrompe un lunghissimo digiuno di vittorie nella corsa della Vallonia: l’ultimo, unico, a vincere, era stato Ferdi Kubler con la sua doppietta nel 1952 e 1953. Hirschi sale inoltre sul podio dei più giovani vincitori della Freccia: è terzo dopo Demeersman, vincitore della prima edizione nel 1936 a 21 anni e 150 giorni ed Eddy Merckx (1967 a 21 ans e 315 giorni). Scalza Giuseppe Sarroni, che aveva vinto nel 1980 a 22 anni e 208 giorni..
“Bisogna essere forti nelle gambe, ma soprattutto bisogna esserlo nella testa per sopportare e superare le difficoltà”: le prime frasi del vincitore sembrano pronunciate da un veterano. Invece sono di uno che si è appena affacciato nel ciclismo che conta e che è freschissimo di podio mondiale (il bronzo di domenica scorsa a Imola). A proposito di Mondiale, mancava il neo iridato Julian Alaphilippe (vincitore delle ultime due edizioni), così come era assente il decano del gruppo, Alejandro Valverde, che a Huy aveva fatto l’abbonamento vincendo 5 edizioni, 4 consecutive dal 2014 al 2017. Questo però non toglie nulla alla bravura di Hirschi, che a questo punto diventa uno degli uomini da battere anche per la Liegi di domenica prossima. Ma non ci sarà comunque possibilità di trittico delle Ardenne, vista la cancellazione della Amstel Gold Race, la classica olandese prevista per sabato 10: l’emergenza Covid ha consigliato gli organizzatore ad alzare bandiera bianca.