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    Nba, Harden trascina i Sixers contro Boston: Denver 2-0 su Phoenix

    BOSTON (Stati Uniti) – James Harden trascina Philadelphia al successo (119-115) sul Td GArden di Boston, in gara 1 delle semifinali della Eastern Conference. Grazie a 45 punti e alla tripla decisiva segnata a 8 secondi dalla sirena, porta i 76esr al successo. Per i padroni di casa non bastano i 39 punti di Jayson Tatum.
    I suns vanno ko e perdono Chris Paul
    I Nuggets battono i Suns 97-87 e si portano sul 2-0. Decisivi i 39 punti e i 16 rimbalzi di Nikola Jokic.  Per i Suns oltre alla pesante sconfitta, sale la preoccupazione per le condizioni di Chris Paul, uscito sul finire del 3° periodo per un problema all’adduttore. LEGGI TUTTO

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    Nba, Curry show: Golden State in semifinale contro i Lakers

    Nella notte Nba, Golden State vince 120-100 in casa di Sacramento e chiude finalmente la serie sul 4-3, nel match decisivo. Prestazione incredibile di Steph Curry, che si carica i Warriors sulle spalle e mette a referto la miglior prestazione di sempre in una gara-7: 50 punti, 8 rimbalzi e 6 assist, con 7/18 dall’arco e 20/38 dal campo. Numeri fantastici che permettono ai campioni in carica di conquistare la semifinale della Western Conference, dove incontreranno i Lakers di LeBron James. Iniziano anche le semifinali, con Miami si impone 108-101 su New York, invertendo il fattore campo. A trascinare gli Heat è il solito Jimmy Butler: 25 punti e 11 rimbalzi. LEGGI TUTTO

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    Playoff Nba, Curry da record: Warriors in semifinale contro i Lakers

    Stephen Curry show sul parquet dei Sacramento Kings: con 50 punti (nuovo record per una gara-7 dei playoff NBA), ha condotto Golden State alle semifinali della Western Conference, dove affronteranno i Los Angeles Lakers di LeBron James. I campioni in carica dei Warriors hanno chiuso la serie 4-3 dopo essere andati in svantaggio 0-2 grazie al successo per 120-100 in casa dei Sacramento Kings. Nell’altra partita della notte vittoria dei Miami Heat contro i New York Knicks in gara-1 delle semifinali della Eastern Conference. LEGGI TUTTO

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    Playoff Nba, Murray e Jokic show: Denver domina Phoenix

    DENVER (STATI UNITI) – Si aprono con la vittoria di Denver su Phoenix le semifinali della Western Conference dell’Nba. I Nuggets regolano 125-107 i Suns e si portano sull’1-0 nella serie. I padroni di casa dominano in lungo e in largo la partita grazie alle prestazioni monstre dei loro due assi: doppia doppia da 24 punti e 19 rimbalzi per Nikola Jokic e 34 punti per Jamal Murray.
    Suns, Durant non basta
    Il match della ‘Ball Arena’ si decide nel secondo quarto: 37-19 il parziale per Jokic e compagni con il 51% dal campo per andare negli spogliatoi sul 68-51 con il fuoriclasse serbo già in doppia doppia (14 punti e 13 rimbalzi) e Aaron Gordon da 16 punti con 6/6 dal campo. Durant (a referto con una doppia doppia da 29 punti e 14 rimbalzi) e Booker provano ad accorciare il gap fino al -11 (106-95) ma Denver risponde con un parziale di 14-0 che chiude i giochi. Stasera (alle 19, ora italiana) Knicks-Heat apre le semifinali della Eastern Conference mentre alle 21.30 si gioca gara-7 tra Kings e Warriors: chi vince sfiderà i Lakers. LEGGI TUTTO

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    Pozzecco esclusivo: l’Italia ambiziosa, i Mondiali, i giovani e Banchero

    Pozzecco, com’è cambiata la sia vita da papà?

    «Sono estremamente felice, Un mio amico mi prendeva in giro quando dicevo  un anno che i miei azzurri erano come figli perché non ero ancora papà. Lo so che sono emozioni diverse, io prendo Gala dalla culla, la porto con me a letto e me la metto sul petto, la sento respirare, non potrei farlo con Melli o Polonara. Con un figlio hai la necessità che stia bene, quando piange vorresti piangere tu, così come quando ha la febbre o male al pancino. Ma intendevo dire che a me interessa soprattutto che i miei giocatori stiano bene e possano esprimere in campo il loro talento e fuori la loro personalità».

    Essere stato un grande giocatore la ispira, dunque. Diverso dai coach non giocatori?«La prima impressione che si ha di un coach ex giocatore è sbagliata. Si pensa sia favorito dal sapere cosa farà un atleta. Invece è penalizzante perché uno potrebbe aspettarsi l’identico modo di reagire dal punto di vista emotivo e tecnico alle situazioni e non succede. Generalizzando può aiutare l’empatia. Ma anche in questo ci sono casi diversi. Io uso l’empatia per aiutarli, è il mio unico obiettivo. Se un giocatore sbaglia so che è il più dispiaciuto, certo, in casi di menefreghismo mi arrabbio e correggo, ma tra i giocatori di oggi i menefreghisti non esistono. Soffrono per i loro errori».

    Lei però è uno che vive di emozioni e le mostra. Come fa invece con i giocatori?«Vivo le partite in modo animato, acceso, è vero. Ma nella quotidianità, pur incazzandomi quando è necessario, sono sereno e voglio trasmettere questo. Come coach sono cambiato dopo Varese. Arrivato a Sassari ho capito che i giocatori vedevano il peggio di me in partita, che perdevo il controllo, ma in settimana ero diverso. Allora ho cercato di mediar e mi sono spiegato. E quello mi ha aiutato. Io posso allenare solo così. Per me allenare è coerenza, anche se il compianto Maurizio Costanzo diceva che ogni tanto la coerenza è stupidità. Alla fine sa qual è la chiave? Io mi fido di loro, perciò mi spendo per loro. E questo crea consapevolezza, in me e in loro. Poi arriva il momento delle decisioni e soffro se devo escludere qualcuno, anche perché a volte un giocatore non capisce. A me è successo, ai tempi. Ora dico una cosa che penso e non ho mai detto. Io non sono peggio di come appaio, perché non sono preoccupato di come appaio. Però vivo in un mondo in cui tutti cercano di mostrarsi meglio di quanto siano, preoccupati. Dunque sembrano meglio di me. Ma i giocatori capiscono, prima o poi».

    Ha parlato delle decisioni, quest’anno lei potrebbe avere problemi di abbondanza.«Io ne porterei 35, ma poi forse il 36° si arrabbierebbe comunque. Farò scelte tecniche, ma dando opportunità a tutti. Abbiamo giovani emergenti, i reduci dall’Europeo che hanno meritato. Ma sono orgoglioso di loro e degli altrui progressi. Io vedo che almeno 16-18 giocatori potrebbero entrare nei 12. Ma forse l’unico aspetto negativo di un lavoro meraviglioso».

    Lei è stato ed è tuttora personaggio. Il Basket ha bisogno di giocatori che siano personaggi e riferimenti. Come fare?«Credo sia una questione generale, anche nel calcio per esempio. Forse è il talento più diffuso, la possibilità di allenarsi in modo più sofistico. Ma anche io credo sia necessario, soprattutto che nelle squadre ci siano giocatori di riferimento per gli appassionati, che si creino rivalità. In modo che il pubblico e i bambini, i ragazzini, si possano identificare. Occorre che le società in tal senso cambino e si aprano, aiutino i ragazzi a esprimersi. Io vivo un momento di grande entusiasmo perché girando per i campi e i raduni, vedo tanti giovani di grande talento. Noi avevamo un vantaggio, potevamo identificarci già nei ragazzi che crescevano nelle giovanili e si preparavano a sostituire i grandi. Ricordo che andai a vedere una finale giovanile perché c’erano Morandotti e Fumagalli. Tre settimane fa ai raduni Under 15 e 16 ho visto ragazzi che possono diventare fenomenali. Ma dobbiamo ritrovare il romanticismo e il coraggio di quei tempi, puntare su almeno un giocatore rappresentativo per ogni squadra».

    Sgomberiamo il campo dal “caso” Banchero, su cui c’è stata un po’ di confusione. Tanto una risposta Paolo la darà.«Dobbiamo riconoscere che sia cambiato lo scenario. Con lungimiranza la Fip, Trainotti, Fois avevano individuato un grande talento dotato anche di grande etica. A causa del covid non è potuto venire prima. Poi è cresciuto al di là delle più rosee previsioni. Siamo contenti che se lo sia meritato, ora la sua scelta è più difficile. Banchero è un ragazzo estremamente serio, non focalizzato soltanto su se stesso, con idee chiare. Ha un modo di giocare e una comprensione del basket di livello tale che si può adeguare ovunque. Abbiamo sognato, teniamo la speranza accesa, ma tutto è cambiato. Ci darà una risposta, sono sicuro, per tempo. Nel frattempo io vado avanti». LEGGI TUTTO

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    Nba, i Lakers eliminano i Grizzlies. Colpo Kings a San Francisco

    Dopo due anni d’assenza, Jack Nicholson torna ad assistere a una gara dei Lakers alla Crypto.com Arena di Los Angeles. L’attore ha portato bene, con i gialloviola che dopo il ko in trasferta hanno infatti chiuso tra le mura amiche la serie contro Memphis sul 4-2 volando così ai quarti. Tra i grandi protagonisti del netto 125-85 finale D’Angelo Russell, autore di 31 punti (2 rimbalzi e 4 assist), e LeBron James che chiude a quota 22 (5 rimbalzi e 6 assist). Tra i Grizzlies il migliore è lo spagnolo LEGGI TUTTO

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    Nba, Lakers a valanga sui Grizzlies. I Kings espugnano San Francisco

    Vittoria netta e convincente per i Los Angeles Lakers, che sconfiggono in gara 6 i Memphis Grizzlies 125-85 e li eliminano dai play off. Decisivi i 31 punti di D’Angelo Russel e i 22 di Lebron James, segnati sotto gli occhi di Jack Nicholson, che ha assistito alla gara dagli spalti. 
    I Kings battono i Warriors: sarà decisiva gara sette
    I Kings vincono nettamente sul campo dei Warriors e pareggiano la serie. La gara termina 99-118. Tra i protagonisti De’Aaron Fox e Malik Monk: il primo chiude con 26 punti e 10 assist, mentre il secondo segna 28 punti, con 7 rimbalzi, 4 assist, un recupero e 2 stoppate. Per conoscere chi passerà il turno, sarà necessaria gara 7, che si giocherà a Sacramento. LEGGI TUTTO

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    Scariolo esclusivo: “Numeri 1 ma nel momento del ricambio generazionale”

    Scariolo, le sensazioni sue e della Spagna al sorteggio?
    «Pensare di essere n. 1 del ranking mondiale, oro mondiale ed europeo fa un po’ sorridere, perché sappiamo benissimo di non essere né i migliori del mondo, né d’Europa. Però abbiamo meritato per il cammino, superando squadre più forti, giocando molto bene. In questo momento noi siamo in un evidente ricambio generazionale, dobbiamo traghettare verso la nuova generazione dei nati intorno al 2005/2006 che promette di essere grandissima. Però siamo nel mezzo. Stiamo lanciando giocatori nuovi, e quanto fatto ci dà ancora più fiducia e coraggio. Ma ci sono almeno 3-4 squadre più forti in Europa».

    Intanto avete lanciato giocatori con esperienze nelle coppe, ma non ritenuti fenomeni. Eppure avete vinto.
    «Sono frutti del grande lavoro che ormai da 8 anni almeno stiamo facendo per far crescere giocatori con coesione e compattezza di valori, metodologia tecnica e tattica fin dalle giovanili. Questo permette loro di inserirsi con maggiore facilità a un livello più alto e sofisticato, lavorando in linea con quello che fanno da diversi anni. Questa grande capacità di trasformare i valori individuali in valore collettivo è il punto fondante».

    Perché agli altri non riesce?
    «Non sono indicato a rispondere perché non ho conoscenza dettagliata degli altri. Posso però dire che a volte sorrido quando spieghiamo il nostro sistema e chi ha posto domande risponde subito: “ma quello noi non possiamo farlo”. Un grande cammino è fatto di piccoli passi tra i quali il primo è imprescindibile. Mi viene in mente il Topolino quand’ero bambino: zio Paperone faceva lustrare tutte le monete a Paperino e gli regalava un dollaro che il nipote buttava. Al che Paperone gli ricordava che il deposito era partito da 1 cent».

    Ai Mondiali avrete Lorenzo Brown?
    «Sì, è stato felicissimo e non smette di ringraziarci, quando un po’ di gratitudine la dovremmo a lui, soprattutto per l’atteggiamento. La Nazionale dà un tipo di gratificazione diverso anche a chi è stato Nba ed è considerato tra i più forti del ruolo in Eurolega. Anche se non è nato nel Paese di cui difende la maglia. Nemmeno io sono spagnolo, però è una grande emozione, perché so quanta gente e lavoro stiano dietro. E ciò mi dà più allegria è quando in giro mi ringraziano. Ho la sensazione che non solo si tratta di vincere medaglie o coppe, ma di trasmettere qualcosa a chi magari il giorno dopo va in fabbrica o in ufficio con il sorriso. Non è retorica, ce lo dicono».

    All’Olimpiade tutti i fenomeni vogliono partecipare. Al Mondiale si aspetta più defezioni?
    «Io credo che anche al Mondiale i giocatori abbiano l’idea di andare. Non mi aspetto tante defezioni che non ci sarebbero ai Giochi. La variabile è legata alle condizioni fisiche. Poi la dedizione in qualche Paese è stata sviluppata meglio che in altri. Ma è sempre stato così».

    Mondiale nelle Filippine: ci sta, vista la passione. Ma nel 2027 in Qatar. Che ne pensa?
    «Che la globalizzazione lo richiede. Del resto delle ultime 4 Olimpiadi, due sono state in Asia. Il Qatar ha dimostrato di avere organizzazione con il calcio. E nelle Filippine mi aspetto grandissimo entusiasmo. Io ho fatto un’Olimpiade  e un Mondiale in Oriente ed è stata una bella esperienza».

    Campione Nba da assistente a Toronto, è tornato in Eurolega con la Virtus. Si gioca troppo, è un fatto. Ma differenze reali nei calendari?
    «Ce ne sono un paio evidenti: la prima è che nella Nba si gioca di più rispetto all’Eurolega. Le squadre hanno pure il campionato nazionale, ma non tutte le gare sono di uguale valore. In Eurolega invece tutte le partite pesano molto. Nella Nba no, perché i back to back, le franchigie in ricostruzione, le partite in cui restano fuori titolari, tutto questo crea una quota di partite meno impegnative. Eppoi l’Eurolega ha un livello di tolleranza dei contatti più alto. Nella Nba la grande priorità è proteggere i giocatori di talento da infortuni e azioni violente, non si lascia troppo spago alla difesa. Gli arbitri hanno l’input chiaro. Qui l’asticella è più alta, certe azioni sono tollerate, la fisicità è molto forte. Noi europei siamo più abituati, non avvertiamo la mancanza degli spazi di cui godono i giocatori Nba. Ma è chiaro che questo incida».

    Cosa ha pensato ascoltando Giannis Antetokounmpo opporsi all’idea del fallimento sportivo?
    «Mi dà pena che ci siano stati commenti del tipo “però guadagna milioni”. Sono parole ignoranti, di gente che ignora quale di competitor sia lui e quale dedizione e leadership metta. A partire dalla scelta di rimanere a Milwaukee e non andare in un mercato più ricco. È il frutto della subcultura che regna in molte fasce della popolazione e dell’informazione, soprattutto nel sud Europa e che ormai siamo aiutati a razionalizzare, quando invece dovremmo restarne fuori. La cultura sportiva di un Paese non si cambia da oggi a domani o perché due sanno parlare, comincia dal far crescere i bambini in maniera sana, anche nello sport».

    Un commento sulla rissa di Eurolega tra Real e Partizan.
    «Credo che occorra distinguere un po’ tra la reazione di Punter su un fallo duro, ma entro i limiti del botta e risposta campo. Mi spiego: Punter provoca con i palleggini e tutti sanno che dia fastidio a risultato acquisito, Llull risponde come non dovrebbe. Però mi piace si siano spiegati con messaggi social distensivi. Quanto è successo dopo è inqualificabile. Ci sono tensioni molto grosse, è qualunquistico dire che se uno guadagna dovrebbe sapersi comportare, salute e condizione mentale non dipendono da quello, lo dimostra che ci siano miliardari in depressione, o uomini molti ricchi che si sono suicidati. Chiaro, i campioni devono imparare a essere responsabili per il ruolo pubblico. Altrettanto chiaro che un’azione come quella di Yabusele a livello inferiore di Lessort non possono essere giustificate, neanche se si gioca in promozione».

    Chiudiamo con la Virtus. A che punto siete? E cercherete un lungo?
    «Il problema sotto canestro rimarrà, non sarà incorporato nessun giocatore in maniera definitiva. Io penso ci sia una generale soddisfazione, siamo in Italia la squadra n. 2, abbiamo fatto 3 competizioni: primi in Supecoppa, secondi in Coppa italia e nel peggiore dei casi in A finiremo nella nostra posizione di riferimento. In Europa, sommando lo scotto del debutto e la falcidia degli infortuni che ha avuto uguali solo in Milano, siamo rimasti in gioco fino a 3-4 giornate dalla fine nell’Eurolega più competitiva ed equilibrata di sempre. In campionato vorremmo mantenere il 1° posto, garantisce un fattore campo che magari per una volta può contare e qualifica il lavoro di 7 mesi. Poi nei playoff si tratta di fare bene per un mese. E lì vorremo giocarcela fino in fondo». LEGGI TUTTO