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    Nba, ufficiale: i Phoenix Suns esonerano Monty Williams

    PHOENIX (STATI UNITI D’AMERICA) – I Phoenix Suns hanno esonerato Monty Williams. Il 51enne coach americano paga a caro prezzo l’eliminazione nei playoff Nba contro i Denver Nuggets arrivata in gara 6. Dopo le esperienze da vice con la nazionale Usa, Oklahoma City Thunder e Philadelphia 76ers, nel 2019 era diventato head coach della franchigia dell’Arizona e due anni fa era addirittura riuscito a portare la squadra fino alle Finals, perse poi 4-2 contro i Milwaukee Bucks. 
    Williams saluta i Suns: le parole del general manager James Jones
    “Monty è stato fondamentale per il nostro successo nelle ultime quattro stagioni”, ha dichiarato il general manager James Jones. “Siamo pieni di gratitudine per tutto ciò che Monty ha dato ai Suns e alla nostra comunità”, ha aggiunto. LEGGI TUTTO

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    Nba, i Phoenix Suns licenziano il coach Williams

    PHOENIX (Usa) – I Phoenix Suns hanno deciso di cambiare guida tecnica. Dopo quattro anni, si conclude l’avventura di Monty Williams alla guida della squadra: decisiva l’eliminazione dei Suns in semifinale di Conference contro Denver.
    Le parole del coach
    Il coach al termine della partita contro Denver aveva ammesso le carenze della squadra nella partita più importante dell’anno. ”Mi prendo totalmente la responsabilità dell’eliminazione – ha ammesso l’allenatore Williams dopo la sconfitta 125-100 contro i Nuggets – non eravamo preparati a giocare la partita più importante della stagione”. LEGGI TUTTO

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    Melli: “A Milano si gioca sempre per vincere, poi penserò ai Mondiali”

    Melli si comincia contro Pesaro. Se si volge indietro, si aspettava tante difficoltà visti i cambiamenti in organico?«Vedo che di strada ne abbiamo fatta tanta, ma si è raccolto molto poco. Abbiamo sofferto tanto, sportivamente parlando. Mi aspettavo difficoltà, un periodo di adattamento, ma infortuni e difficoltà non aiutano. Ora è il momento di guardare avanti, non indietro».

    È bastato l’arrivo di Napier a far girare la stagione?«È stata una concomitanza di eventi, Napier un’addizione importante nel momento in cui non avevamo il playmaker di ruolo. Poi abbiamo infilato una serie di vittorie in Eurolega che ci hanno dato un po’ di spinta. Prima gli infortunati non avevano aiutato. Con un paio in meno non avremmo infilato 9 sconfitte di file e con 2-3 vittorie ce la saremmo giocata. Ma i se e i ma non portano da alcuna parte e comunque ci sono stati cambiamenti in squadra al di là degli infortuni».

    Tutti aspettano Milano-Virtus.«Sbagliatissimo, innanzitutto perché sarebbe la terza serie playoff e ci sono ottime squadre in crescita di rendimento. Siamo arrivati primi e avremmo il fattore campo su tre serie potenziali, anche se negli ultimi anni non è servito. Pensare a una serie alla volta è un imperativo, non una frase fatta».

    Impressioni su questa Serie A.«Avere vissuto un’ultima giornata con tante posizioni in gioco certifica un campionato equilibrato, dunque avvincente, non per forza bellissimo».

    Logan e Delfino decisivi a 40 anni. Lei ha come obiettivo Los Angeles 2028, conferma?«Possiamo ufficializzarlo, poi bisogna vedere se ci riesco, se sarò in condizioni di realizzare il sogno. Il motivo è Los Angels, dove mia madre disputò i suoi Giochi nel 1984: sarebbe una chiusura romantica. La fine perfetta sarebbe battere mamma, argento con gli Usa nel volley. A quel punto mi ritirerei davvero. Ma scherzo eh».

    Punti forti e deboli di Milano.«Punto di forza è la profondità, in una serie playoff in cui si gioca spesso, avere tanti giocatori di alto livello aiuta. Possiamo migliorare in tutti gli aspetti, ma forse di più nell’approccio a certe gare, ad alcune scelte, insomma nella lettura dei momenti della partita. Dobbiamo essere più cinici».

    Una vittoria di Milano è il pubblico: oltre 9mila in Eurolega e oltre 7mila 800 in A, dati incredibili.«Il pubblico è incredibile. È venuto a sostenerci anche quando eravamo inguardabili. Per quanto, abbiamo sempre lottato ed è questo uno dei motivi principali per cui mi spiace si sia raccolto così poco. Ci abbiamo sempre tenuto tutti, ma non riuscivamo a esprimerci. Un altro motivo per cui mi spiace è legato proprio al pubblico perché Milano offre tante alternative e possibilità di disperdersi da parte degli spettatori anche nello sport. Inter e Milan in semifinale di Champions, il volley ad alto livello».

    Perché porre grande attenzione ai quarti con Pesaro?«Perché non ha nulla da perdere, è una squadra di talento e con gerarchie ben precise. Può venire qui a giocare con la mente libera».

    Varese, Verona poi retrocessa e Trento impiegano italiani e giovani: un segnale?«Non credo che queste squadre facciano a caso, spero sia stato un segnale per altre società, che possano esempi Virtus. Del resto al di là di Verona, per cui ci sono altri motivi, non è con gli italiani si perda, anzi. Esprimo un senso di appartenenza diverso, legittimo e normale sia così. Andrebbe incentivato chi ci prova».

    Ora guardiamo al Mondiale con sorteggio positivo.«È vero, ma siamo ai Mondiali. È vero che avremmo voluto scegliere un sorteggio simile. Ma non basta. L Filippine hanno Clarkson, la Repubblica Dominicana forse Carl Anthony Towns, l’Angola ha tanto atletismo. Poi paradossalmente, se si affronta una big nella prima fase, non la si può ritrovare fino in fondo. Questo per dire che dovremo essere molto preparati».

    Come avete vissuto voi azzurri l’attenzione verso Banchero?«Benissimo, se fosse venuto, bene. E se non verrà, bene lo stesso. Non dipendiamo da lui nel bene e nel male. Ovvio che sia meglio avere la sua qualità, ma nessuno di noi ci ha pensato. Piuttosto, sarà un vantaggio partire dal nucleo dell’Europeo perché ci può dare la consapevolezza di quello che si può fare. Però dovremo andare con la mentalità degli underdog, perché fisicamente siamo sempre meno attrezzati degli altri».

    Lei è ormai leader conclamato di Milano, anche all’esterno.«Non lo so, io penso a giocare a basket, a essere il miglior giocatore e il miglior compagno di squadra possibile. Non so che percezione ci sia di me fuori, nel basket italiano. A me interessa cosa pensino di me i gruppi in cui gioco. Forse in azzurro sono un po’ più riferimento per l’esperienza».

    Com’è la vita da papà?«Una meraviglia totale, è bellissimo, nulla è paragonabile. E non mi pesano le trasferte, perché preferisco la qualità del tempo dedicato. E la meraviglia totale intendo il sentimento che si prova, la sensazione unica, nemmeno descrivibile. Poi quando vedi la piccola che ti imita in qualche gesto, è finita. In casa non si guarda la tv, fa eccezione il basket. E allora lei si siede e accavalla le gambe come me. E io…».

    E lei si scioglie. La riportiamo in campo. Scudetto o fallimento?«A Milano lo scudetto è sempre l’obiettivo, a prescindere. Giusto che sia così. Però non è scontato vincere, lo ripeterò sempre. Ed è una gioia grande. Vincere lo scudetto sarebbe una bella mano per mettere la stagione in un’ottica migliore. Vincere un trofeo. Per quanto riguarda il fallimento non sono d’accordo completamente con Antetokounmpo. Capisco il momento e il motivo per cui l’ha detto. Ma il fallimento nello sport come nella vita esiste. Fa parte di una crescita, e non c’è niente di male. Ma se non ci fosse il fallimento, non ci sarebbe il successo. Si impara e si migliora fallendo e sbagliando. Importante, come ha detto Giannis, è avere dato tutto». LEGGI TUTTO

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    Playoff Nba: i Lakers eliminano i Warriors, a Est gli Heat superano i Knicks

    I Lakers travolgono i Warriors per 122-101 in gara -6 e conquistano la finale della Western Conference. Per il successo di Los Angeles è cruciale la performance dell’intramontabile LeBron James. Il cestista statunitense sfiora la tripla doppia mettendo a referto 30 punti, 9 rimbalzi e altrettanti assist, preziose anche le prestazioni di Anthony Davis (17 punti e 20 rimbalzi) e di Austin Reaves (23 punti). Per i Warriors non basta il solito Stephen Curry (32 punti) in una notte con più ombre che luci per Klay Thompson, che chiude con il magro bottino di 8 punti.

    Miami Heat-New York Knicks gara -6: 96-92 (serie 4-2)

    A Est, invece, gli Heat riescono ad imporsi contro i Knicks in gara -6 chiudendo la serie per 4-2 e conquistando la finale. La sfida termina infatti per il punteggio di 96-92. A guidare la squadra di coach Erik Spoelstra alle finals di Conference ci pensano Jimmy Butler (24 punti) e Bam Adebayo (23 punti), mentre New York capitola nonostante un super Jalen Brunson (41 punti). Miami, passata dai play-in, ora attende la vincente di gara-7 tra Boston e Philadelphia. LEGGI TUTTO

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    Playoff Nba: Denver vola in finale, ok i Celtics contro i Sixers

    Il sogno di Denver è ancora acceso. I Nuggets superano in gara 6 la serie contro Phoenix e raggiungono la finale della Western Conference a tre anni di distanza dall’ultima volta. Gli uomini di coach Malone Al Footprint Center travolgono i Suns 125-100, complice una super prestazione del solito Nikola Jokic (32 punti, 12 assist e 10 rimbalzi), oltre ai 26 punti di Murray e ai 21 di Caldwell-Pope. 

    Philadelphia 76ers- Boston Celtics 86-95

    I Celtics superano i Sixers 95-86 e si conquistano il diritto di giocare la sfida decisiva davanti al proprio pubblico domenica. Merito di Jayson Tatum, 19 punti ma soprattutto le due triple consecutive nell’ultimo quarto che permettono a Boston di passare da 81-83 a 87-83. I Sixers – 26 punti a testa per Embiid e Maxey – rischiano di fare la fine di Milwaukee, che un anno fa si fece rimontare da 3-2 dopo aver fallito il match-point in casa. E i precedenti di Doc Rivers (nove sconfitte in gara 7, quattro volte più di qualsiasi altro coach) fanno tremare i tifosi di Philadelphia. LEGGI TUTTO

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    Delfino: “Non sento i miei 40 anni Avanti per la gente di Pesaro”

    Delfino, come si fa a 40 anni? Lei e David Logan decisivi.

    «Logan è straordinario, giocare a quel ritmo, essere ancora a quei livelli è incredibile. L’ho votato Mvp del campionato, bravo davvero. Sono un so fan. Io a Pesaro non ho lo spazio, né le competenze: sono attore secondario, porto ciò che serve. L’anno scorso giocavo di più, quest’anno sono intorno ai 15’ e cerco di adattarmi, poi arrivano partite come con Tortona, l’ultima spiaggia playoff, le aspettative. Una gran partita, lo dovevamo ai tifosi, li abbiamo fatti soffrire più di quanto meritassero».

    Pesaro è ancora cresciuta, pur tra qualche alto e basso.

    «Assolutamente si, abbiamo fatto il nostro per meritare questi traguardi, Ci sarà chi dice che manca Varese, che Brescia ha mancato l’ultima, però alla fine ci siamo noi. Sono a Pesaro da tre anni, nel primo la squadra veniva dalla stagione covid con una sola vittoria, fosse finita non sarebbe rimasta in A. Siamo sempre migliorati, il primo anno finale di Coppa Italia, poi con Luca Banchi i playoff e quest’anno i due obiettivi. Abbiamo dato qualcosa alla gente di Pesaro che chiede sempre di più, che capisce il basket».

    Non ha detto però cosa la spinga a 40 anni e come faccia.

    «Fisicamente mi sento molto bene e, anzi, posso vantarmi: potrei continuare a giocare ancora un po’. Mentalmente, ci sono cose che pesano di più, i bimbi che crescono, i sacrifici ora più tosti per divertirmi in campo. Però amo la pallacanestro, mi diverto ancora, mi sento forte. Detto questo, non so ancora quanto e se continuerò. Ci sono cose che alimentano la voglia, danno motivazioni. Devo valutare, quest’anno ho avuto due-tre botte importanti, con la Nazionale non andare al Mondiale, non giocare il secondo tempo di quella partita quando sentivo di poter dare. Il nostro allenatore mi ha colpito. Mi piacerebbe giocare un po’ più con un ruolo primario, però resto un ragazzo che intende il basket come sport di gruppo eppoi se faccio i conti mi ricordo di avere 40 anni. È la gente di Pesaro che mi spinge a continuare».

    Seguirà l’esempio di Scola, dirigente? Voi sapete come fare.

    «Luis ha fatto un lavoro magnifico, super. Ce l’ha dentro, ha sempre cercato di migliorare la confederazione argentina, dice che ora sta facendo il lavoro pensato per la Nazionale. Sono molto contento per lui che cerca la perfezione. Noi abbiamo il vantaggio di aver vissuto tante realtà diverse, dalla Nba, all’Europa, prima l’Argentina, abbiamo accumulato esperienze. Ma non so se farò, allenatore, dirigente, agente, o conterò le mie mucche. Ne parlavo con Ario Costa, che stimo tanto: il punto è che io continuo a pensare da giocatore. Sono in grado di correre dietro la palla, competere».

    Un parere sulla Serie A.

    «Ci sono i pessimisti, e gli ottimisti. Io dico che il campionato è uno dei più competitivi. Ogni weekend te la giochi, si può vincere contro il budget altrui. E questo è interessante e stimolante. Però bisogna aprire le porte agli italiani. Aiuterebbe tanto la nazionale. Bisogna trovare la formula che aiuti gli italiani a essere in campo e a svilupparsi. L’Italia mi ha dato tanto. Quando iniziavo le squadre erano zeppe di italiani, ora di tanti stranieri non migliori di molti italiani. Serve un progetto che trovi il consenso di tutti, perché tutti vogliono il bene di questo basket».

    Cos’è successo all’Argentina?

    «Oggi siamo ancora in alto, credo quarti nel ranking Fiba, incredibile non essere al Mondiale. S’è pagato carissimo il sistema delle finestre. La qualità c’è, manca la stazza, ma succedeva anche in passato. Abbiamo tantissime guardie di valore, Campazzo, Laprovittola, Bolmaro, Vildoza, l’altro Vildoza che gioca in Brasile. Non possiamo metterle tutte in campo. Poi tante Nazioni sono cresciute, guardate il Canada. E noi alle finestre ci ritroviamo dopo viaggi interminabili, dopo tanto tempo, magari con un coach nuovo. Ma la scuola resta, anche il Brasile ha rischiato».

    Tutti convinti: per Milano è facile.

    «E noi lasciamolo credere. Ora tutto ciò che viene per noi è un regalo». LEGGI TUTTO