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Il 29 dicembre e il 3 gennaio: le date di Schumacher, la leggenda che continua a combattere


Il 29 dicembre, il 3 gennaio: sono i giorni di Michael Schumacher. Due date impresse nella mente dei tifosi, di chi gli vuole bene, di chi l’ha visto gioire, vincere, esultare, arrabbiarsi. E combattere. Già, perché Schumi continua a combattere. #KeepFightingMichael, non mollare. In rete è un h ashtag motivazionale: lo scrivi, e inviii una carica di affetto al campione. Che c’è ancora, chissà in quale condizione. Ma c’è. Ed è sempre nei nostri cuori. Il 29 dicembre 2013. Data che segna per sempre la vita di Schumi. Che scia con gli amici e il figlio Mick a Meribel, in Alta Savoia, dove ha casa e si diverte e si tiene in forma nel periodo invernale (l’altra sua tappa storica, nella pausa della Formula 1, era la Norvegia, precisamente a Trysil, dove possedeva un grande chalet in legno). Ma quel giorno, nel fuoripista, il destino lo aspetta, tragico: la caduta, la testa che batte su una pietra, il casco che si rompe. In ospedale riescono a salvargli la vita, dopo interminabili minuti, ore di angoscia. Già, ma quale vita? Da allora, su Schumi è calato il sipario. Per curarlo in casa, in Svizzera (si è parlato anche di un trasferimento a Maiorca, per stare al caldo), la moglie Corinna ha venduto abitazioni e aereo privato, tra gli altri asset. E da allora, combatte con Michael, nell’estremo riserbo (Jean Todt e Ross Brawn tra i pochi a poterlo vedere). Ha alzato un muro. E chi ha provato a scalfirlo è finito a processo. E condannato. Avvoltoi che hanno rubato foto e file privati, pur di vendere scoop al mondo. Ma la moglie del campione è stata più forte. Se Michael c’è ancora – diverso sì, ma vivo – è grazie alla sua determinazione, all’amore incrollabile. Non molla Corinna, non molla il suo Schumi. E allora #KeepFightingMichael diventa un modo per stare loro vicini, per incoraggiarli: non siete soli, sappiatelo. Dopo dodici anni, è come se il pilota tedesco avesse appena smesso di correre. Invece, la sua esistenza di curve e staccate, di sorpassi e botti, di vittorie e delusioni, di accelerazioni e frenate continua, chissà se nella sua mente.

I ricordi, le piste, da Kerpen a Maranello

Di sicuro, nei ricordi degli appassionati Schumi è in pista. Dove conquista Gran Premi e Mondiali. Porta la Ferrari lassù. Regala gioie infinite al popolo rosso. Il 3 gennaio 1969. A Hürth, in Germania, Rolf ed Elisabeth Schumacher hanno il primo figlio: Michael (arriverà anche Ralf, 6 anni dopo). La famiglia non possiede grandi mezzi, ma Michael ha la passione per i motori sin da piccolo, passione affinata sui kart a Kerpen. Quella è “casa”, tutto ruoterà attorno a Kerpen. La sua pista. Tra sacrifici e nottate passate vicini alla vettura del momento, Schumi diventerà un fuoriclasse della F1, passando dalla Jordan ai trionfi giovanili con la Benetton e poi a quelli con la Ferrari. L’Italia è quindi il suo secondo Paese. Che ama profondamente. Come Maranello. Non parla bene la lingua e in pubblico usa l’inglese: ne nascono polemiche a iosa, finché non comincia anche a concedere interviste in italiano, spogliatosi della timidezza che lo bloccava. Lui e la Rossa, un rapporto unico. Come quello con i tifosi che a Monza gli portano un grande cuore. I numeri raccontano del fenomeno che era tutt’uno con la macchina. I flash fanno riemergere il ragazzo serio che lavorava duro, sempre. Che aveva sacro il concetto di squadra. Che anche dopo l’incidente di Silverstone mai accusò qualcuno del team.

Nel 2012 ultimo campionato poi l’incidente e il sipario

Schumi in Ferrari era protetto e sostenuto: dai meccanici agli ingegneri, tutti avevano grande ammirazione per lu i. In quel periodo, ha fatto della Formula 1 lo sport principale in Italia: record di ascolti, pomeriggi attaccati alla tv. Come nessun altro. Finito il grande ciclo, l’addio nel 2006. Poi il rientro nel 2010 con dimostrazione di coraggio in Mercedes. E nel 2012 il suo ultimo campionato. Un anno dopo, una giornata infausta, a Meribel, sugli sci che tanto bene padroneggiava, la drammatica caduta, tradito dalla neve e dall’imprudenza di lasciare la pista tracciata. La corsa in ospedale, l’operazione a Grenoble, il coma, la piccola ripresa e il trasferimento in Svizzera. Cala il sipario. #KeepFightingMichael. E Schumi continua a combattere.

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