Tutti in ammiraglia prima del tempo. Chi con un sorriso, chi arrabbiato, chi in lacrime. Una violentissima grandinata spezza sul più bello la tappa più attesa: strada invasa da acqua e fango, chi attende la truppa a Tignes può ritirarsi in buon ordine. Non ci sarà un vincitore. Il tempo viene preso sulla vetta più alta del Tour, il col d’Iseran: 2770 metri. Passa primo Egan Bernal. Dopo le incertezze del giorno precedente il Team Ineos sceglie: è lui il capo. Anzi forse è lui stesso che sceglie di esserlo, piazzando un attacco irresistibile al quale Geraint Thomas, volente (come sembrerebbe) o nolente, deve adeguarsi. In cima all’Iseran il 22enne colombiano ha due minuti abbondanti di vantaggio su Alaphilippe, a cui aggiungerne 8 del bonus: gli bastano per prendersi la maglia gialla. Sorride Bernal, è arrabbiato Alaf: forse pensava di poter recuperare in discesa, magari di mettere il sigillo almeno su un podio che, con il senno del prima, avrebbe del prodigioso.
Una delle giornate più incredibili della storia del Tour si chiude quindi sull’Iseran, ma anche una salita ben più insignificante -la Montée d’Aussois- esprime tanto. Thibaut Pinot lascia tra le lacrime. La scena dei compagni che gli passano vicino e lo consolano, quasi lo accarezzano senza aspettarlo, è una sentenza: loro già sanno di un problema muscolare ch attanaglia il capitano. Chiarisce tutto Philippe Mauduit, ds della Fdj. “Due giorni fa per evitare una caduta, ha sbattuto il ginocchio sinistro contro il manubrio e il dolore è andato via via peggiorando. Aveva dolore già dall’inizio, non era possibile andare avanti”.???? Así ha sido el desprendimiento de tierra que ha hecho suspender la etapa— COPEdaleando (@Copedaleando) July 26, 2019 Un momento toccante, sportivamente drammatico, destinato a rendere Pinot ancora più simpatico ai tifosi. Succede sempre con gli eroi fragili e sfortunati. Thibaut lo scorso anno aveva chiuso il suo amato Giro d’Italia (ha un tatuaggio in italiano) in ospedale, con una bronchite e disidratato dopo aver perso una lotta impari con le montagne. Quest’anno il Giro lo aveva saltato, obiettivo Tour: forma al massimo, la distrazione nel vento di Albi lo aveva tagliato fuori, le imprese sui Pirenei lo avevano rimesso dentro, ora la nuova disdetta.
Al momento del dramma di Pinot si sta sviluppando una situazione interessante. Per la classifica, con Uran pronto al tutto per tutto per rientrare in posizioni più elevate (era dietro 5’33”). Per la gloria, con nobili decaduti come Simon Yates e Dan Martin. Per l’Italia: Nibali, Caruso, Aru, Ciccone tra gli attaccanti. La presenza di Uran fa si che dietro non concedano troppo spazio, ma a parte il buon Rigoberto, il Team Ineos torna agli antichi splendori, come quando si chiamava Sky… Poels e Van Baarle tengono alta l’andatura per spossare Alaphilippe. Due pallottole come Thomas e Bernal, troppo per Alaf. Parte per primo Thomas, ma è il classico specchietto per le allodole. Appena gli si riportano sotto (de Plus lavora alla grande per il proprio capitano Kruijswijk), tocca a Bernal. Fa il vuoto in salita, passa primo in vetta: sembra andar forte anche in discesa, mentre dietro Alaphilippe organizza una disperata e rischiosa resistenza su curve impossibili. Poi la sentenza di madre natura che rimanda i verdetti definitivi a sabato. Su 130 km ce ne sono 60 di salita: non c’è solo la gialla, ma anche il podio. Bernal ha 45” su Alaphilippe, a 1’3” c’è Thomas. Sempre sul filo dei secondi, il Tour sembra ancora avere in serbo qualcosa.