Il bicchiere mezzo pieno, probabilmente anche qualcosa di più, di Julian Alaphilippe: arriva alla terza settimana del Tour de France in maglia gialla. In pochi lo avrebbero scommesso, bene tenerlo a mente. Il bicchiere mezzo vuoto: a 5 km dal termine dell’ultima salita pirenaica, verso l’arrivo di Foix Prat d’Albis, il simpatico Juju accusa la prima crisi. Niente di definitivo, tanto che la maglia gialla, sia pure non più tanto saldamente, resta sua. Alaf si piega ma non si spezza su un attacco violento, bellissimo, di Thibaut Pinot. Dopo la vittoria del Tourmalet, un secondo posto che per lui è un pieno di autostima: “Oggi ho iniziato la mia rimonta, non avevo come obiettivo prendere la maglia gialla subito, ma solo di guadagnare terreno. Sono sempre più convinto dei miei mezzi”.
Fa bene ad esserlo, perché dopo la ricordatissima disdetta nel vento di Albi, Pinot ha ritrovato se stesso e la squadra. In una giornata micidiale, con Port de Lers (11,4 km al 7%), Mur de Pèguére (9,3 km al 7,9%) e salita finale, tutto concentrato in 70 km, la Fdj è un capolavoro di strategia. Mandato il campione svizzero Reichenbach nel drappellone di attaccanti di giornata per poi ritrovarlo al momento giusto, tiene uno splendido Gaudu, decisivo nella tirata che spossa tutti, accanto al capitano. Pinot non vince la tappa solo perché, nel drappellone appena citato, c’era anche Simon Yates: il britannico apre e chiude i Pirenei con un vittoria. Un bis mentre il gemello ‘diverso’, Adam, quello che doveva fare classifica, va alla deriva. Termine al quale sta facendo mestamente l’abitudine Vincenzo Nibali: è nella fuga iniziale (con lui anche Ciccone e Caruso), arriva scarico di voglia ed energie con un altro fardello di minuti di ritardo sulle spalle (mezz’ora, dura da mandar giù per uno del suo livello). Il migliore degli italiani è ancora Fabio Aru, comunque parecchio staccato da Pinot e compagnia.
Lunedì il riposo, poi le Alpi decideranno il padrone del Tour. Necessario fare due conti: Pinot, arrivato con Mikel Landa a ruota, ha guadagnato 24’’ (abbuono compreso) su Buchmann -il tedesco ancora all’altezza- e Bernal. Thomas e Kruijswijk hanno accusato 55’’, Porte ha sforato il minuto, Alaf 1’22’’. Ancora nel mezzo Fuglsang, mentre ormai i Quintana ed i Danile Martin sono ampiamente fuori gioco. In classifica Alaf resta con 1’35’’ su Thomas, poi fino a Buchmann, sesto a 2’24’’, tutti in una manciata di secondi.
Giornata corsa a tutta sin dall’inizio. La Movistar, incerta nel giorno del Tourmalet, stavolta non sbaglia strategia. Quintana all’attacco insieme ad altri 35: con lui i fidi Amador e Soler. E’ la fuga dei delusi: ci sono anche Nibali, Bardet, Daniel Martin. Il Mur de Péguère disintegra il drappello di testa, mentre dietro Landa si scatena su pendenze che sfiorano punte del 18%. Dopo una discesa spettrale, quella che qualche buonempone nel 2012 pensò bene di disseminare di chiodi, restano soli in testa Simon Yates e Geschke. Poi Simon saluta e va a vincere.
L’enigma per la gialla però è alle sue spalle. Sul forcing di Gaudu, scivola dietro Thomas: “Dovevo attaccare un po’ prima”, commenta il gallese. Si riferisce al momento in cui si libera della compagnia di Alaphilippe, dimenticandosi di ricordare che davanti Pinot stava mettendo il Tour a fuoco e fiamme. Reiterati gli scatti, che fiaccano tutti tranne Landa, il quale però era partito nella salita precedente. L’ultimo a resistergli è Bernal, sempre sospeso tra il ruolo di aiuto a Thomas e la smania di fare da solo. Tour dunque sempre più indecifrabile e appassionante, con un dato da analizzare. Dal 1919, 55 Tour hanno visto un corridore portarela maglia gialla almeno 10 giorni. Cinquanta l’hanno portata anche a Parigi, cinque no. Gli ultimi tre, Pascal Lino e due volte Thomas Voeckler, erano francesi. Alaphilippe fa gli scongiuri, Pinot e gli altri no.