La forza delle perseveranza. Il rapporto qualità-successo della stagione di Jakob Fuglsang si stava facendo sinistramente squilibrato. Secondo dietro ad Alaphilippe a Strade Bianche e Freccia Vallone, un pasticcio con lo stesso ‘Alaf’ all’Amstel di Pasqua dopo una corsa di vertice, con tanto di ringraziamenti da parte di van der Poel. Vero, una vittoria di tappa alla Tirreno, la classifica alla Vuelta Andalucia, ma la Liegi-Bastogne-Liegi è un’altra cosa. La Doyenne numero 105 (la decana, prima edizione nel 1892) parla danese, è la seconda volta nella storia: 26 anni fa aveva vinto Rolf Sorensen, stavolta tocca a Jakob Fuglsang.
Vittoria solitaria, voluta, meritata, in una giornata che rievoca le migliori tradizioni della Liegi: tanto freddo e pioggia per buona parte dei 256 km. Nel momento della verità, Fuglsang stacca Davide Formolo. E’ appena passata la Côte de la Roche-aux-Faucons, l’ultima delle undici previste, tratto di falso piano. ”Mi ha preso un metro e non sono più riuscito a stargli dietro”, l’analisi del 26enne veneto sembra quasi banale, ma è la foto perfetta di quanto successo. Solo, privo di qualsiasi remora tattica e psicologica, Fuglsang sprigiona fino al traguardo potenza e voglia di riscatto. Formolo è comunque splendido secondo nella corsa che gli piace di più: lo scorso anno fu settimo, il prossimo chissà… A completare il quadro italiano, l’ottavo posto di Vincenzo Nibali: lo Squalo resta comunque sempre nel vivo della gara (è nel drappello che si gioca il terzo posto, andato a Schachmann): per sua stessa ammissione mancano un po’ di energie quando l’Astana del vincitore scatena il forcing decisivo.
Ritmo alto sin dai primi km. Va via una fuga, prende una decina di minuti. L’Italia è rappresentata da Pasqualon, quello che resiste di più è Julien Bernard. Francese, figlio d’arte: il padre in un Tour di fine anni ottanta incantò la Francia con una crono monstre sul Mont Ventoux, poi però si sgonfiò nei giorni seguenti. Mentre Bernard è davanti, cadono le prime teste coronate. Alejandro Valverde ad esempio, quando mancano un centinario di km al traguardo, scende di bici e abbandona il sogno di raggiungere il pokerissimo alla Doyenne, fatto solo da Eddy Merckx. Anche Daniel Martin, altro papabile, si arrende presto.
Senza la salita finale di Ans e lo strappo degli italiani, Saint Niocolas, è una Liegi meno bloccata nelle fasi centrali. Spesso il gruppo si fraziona (molto attivi Caruso e De Marchi) e questo non un granché per la Deceunink Quick Step di Alaphilippe, che spende tanto per tenere la situazione sotto controllo. Arrivano le tre côte che decidono. Sulla Redoute è tutto un Phil Phil Phil, dipinto sull’asfalto persino in giapponese. Ma è proprio il diretto interessato, Philippe Gilbert, a dare segni di cedimento sulle pendenze a lui tanto care.
Sulla Côte de Forges Kangert, che aveva tentato un assolo, viene raggiunto da Konrad. Quindi arrivano Wellens e Impey. Niente da fare, quartetto ripreso. Decide la Côte de la Roche-aux-Faucons: Fuglsang fa saltare il banco, Formolo e Woods lo tengono. Alaphilippe è solo, non ne ha più per inseguire. Poi l’assolo di Fuglsang, prepotente: tra lui e la vittoria prova ad inserirsi la malasorte. Discesa su una stradina stretta e bagnata, una sbandata paurosa: ma il danese stavolta doma anche il destino.
ORDINE D’ARRIVO
1 Jakob Fuglsang (Den) Astana Pro Team 6:37:37
2 Davide Formolo (Ita) Bora-Hansgrohe 0:00:27
3 Maximilian Schachmann (Ger) Bora-Hansgrohe 0:00:57
4 Adam Yates (GBr) Mitchelton-Scott
5 Michael Woods (Can) EF Education First
6 David Gaudu (Fra) Groupama-FDJ
7 Mikel Landa (Spa) Movistar Team
8 Vincenzo Nibali (Ita) Bahrain-Merida 0:01:00
9 Dylan Teuns (Bel) Bahrain-Merida 0:01:05
10 Wout Poels (Ned) Team Sky 0:01:26