Cento anni dalla prima maglia gialla, cinquanta dalla prima vittoria del più grande di tutti, Eddy Merckx. Il Tour de France celebra i due eventi iniziando l’edizione numero 106 da Bruxelles, proprio in onore del Cannibale. Una Grande Boucle all’insegna dell’incertezza: ci sono ovviamente dei favoriti, manca però il favoritissimo. Lo sarebbe stato, se non altro per la bacheca già ricca di 4 successi, Chris Froome che però ha chiuso con il ciclismo per i prossimi sei mesi dopo essersi abbattuto contro un muro al Delfinato. Un ruolo che il keniano bianco si sarebbe spartito con Tom Dumoulin, ma anche la stagione dell’olandese continua ad essere segnata dalla caduta al Giro nella tappa di Frascati.
La squadra di Froome, il Team Ineos (ex Sky) resta comunque quella di riferimento. Usando la definizione dell’intellettuale del gruppo, il francese Romain Bardet, passa semplicemente da 3 a 2 leader. Quello più in forma è Egan Bernal: lo testimonia la bella vittoria al Giro della Svizzera, una delle due cartine al tornasole per valutare la forma Tour. L’altra, il Giro del Delfinato, ha visto protagonista il danese Jacob Fuglsang, in grande spolvero da inizio stagione – ha vinto la Liegi – nonostante le parecchie primavere (34) sul groppone. Tornando a Bernal, ci si interroga sulla tenuta, non solo fisica ma anche psicologica, su tre settimane molto stressanti, visto che si tratta di un ragazzo di ventidue anni. Domanda lecita, visto che la storia degli ultimi tre decenni di Tour ha premiato corridori nel pieno della maturità.
Non si cura del problema il boss di Ineos, Dave Brailsford, che si è affrettato a definirlo come uno dei due capitani: “E’ il migliore approccio per darci più possibilità di vittoria”. A proposito, l’altro leader è Geraint Thomas, il gallese vincitore della scorsa edizione che però arriva alla corsa con condizioni tutte da verificare. Un bel rebus insomma, che lascia parecchi varchi per nomi che non ti aspetti. Vincenzo Nibali ad esempio è uno di quelli che nei vuoti di potere ci sguazza. Lo Squalo punterà alle singole tappe o alla classifica? Lui stesso non ha risposto, cerchiando la sesta tappa (arrivo in quota a Planche des Belle Filles) per capirci qualcosa in più. Circa l’altro italiano atteso, Fabio Aru, la logica dice che un successo di tappa possa essere la massima aspirazione. Senza guardare troppo oltre, viste le insidie che il Tour è solito offrire anche in una tappa dal percorso liscio come un biliardo, sarà proprio Planche des Belle Filles il primo vero crocevia della classifica, con una significativa anticipazione nella crono a squadre del secondo giorno a Bruxelles.
Un Tour senza certezze, dove anche il piazzatissimo Uran, l’imprevedibile Quintana, il regolarista Adam Yates, il fantasioso Eric Mas e l’eterna speranza mai granché mantenuta Richie Porte, possono dire la loro. Sempre aspettando i francesi. I galli nel pollaio sono sostanzialmente due, e neanche si vogliono bene. Romain Bardet e Thibaut Pinot non hanno mai brillato troppo per costanza ma, soprattutto il secondo, sembra aver trovato una dimensione per poter fare cose importanti nel piani altissimi della classifica. In Francia ormai, quando si tirano le somme sui Campi Elisi, ìsono abituati a celebrare gli altri. L’ultimo capace di esaltare in pieno la loro grandeur è stato Bernard Hinault: sono passati 34 anni…