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Depressione e super-allenamento, per questo si è uccisa Kelly Catlin

A UCCIDERE Kelly Catlin è stato un terribile mix di depressione e super-allenamento, cui si sono aggiunti i postumi di una commozione cerebrale provocata da una caduta in allenamento. In un’intervista al Washington Post, il padre e la sorella della 23enne pistard americana, argento olimpico nell’inseguimento a squadre, hanno raccontato i suoi ultimi terribili mesi. Kelly era in procinto di laurearsi in matematica a Stanford, ma giovedì ha scelto di mettere fine alla sua vita.
 
Tutto è cominciato a ottobre: Kelly non riusciva a riprendersi da una caduta in cui si era fratturata il braccio sinistro. A dicembre si era procurata una commozione cerebrale. “Non era più la stessa, la mia Principessa guerriera, parlava come un robot” ha spiegato il padre Mark. “Kelly da tempo non riusciva più ad allenarsi – ha scritto su Facebook Christine – soffriva di mal di testa violenti e un’ipersensibilità alla luce le provocava disagi gravissimi. Già in gennaio aveva tentato di suicidarsi ma prima di provarci aveva scritto a noi della famiglia una mail in cui spiegava che il pensiero di dover gareggiare non riusciva a uscirle dalla testa nemmeno nel sonno. Era un’ossessione. Aveva pensieri neri, era sprofondata nel nichilismo. All’epoca intercettammo la mail e riuscimmo a salvarla chiamando in tempo la polizia, questa volta non ce l’abbiamo fatta. Negli ultimi dieci giorni sembrava ripresa e stabilizzata e noi ci sentivamo più sereni. Purtroppo era solo calma apparente”.
 
In un post a metà febbraio su Velonews, Kelly Catlin, assente all’ultimo Mondiale della pista a Pruszkow, aveva scritto: “Laurearsi in matematica computazionale è facile. Laurearsi e contemporaneamente gareggiare per la nazionale di ciclismo su pista è difficile. È difficile preparare un esame importante (da Stanford mi hanno appena scritto una mail per comunicarmi che ho fallito la prova di Statistica) nelle tre ore successive alla finale di un inseguimento a squadre. Senti di dover di viaggiare indietro nel tempo per fare tutto. Una volta ho studiato per 12 ore durante il mio giorno di recupero solo per rendermi conto che avevo bisogno di un giorno di recupero da quel giorno di recupero. Proprio come con i tuoi muscoli, la tua mente può solo riparare se stessa e diventare più forte con il riposo. Chiedi un giorno di riposo o, se sei fortunato ad essere il tuo supervisore (o allenatore), concediti un giorno di riposo. Altrimenti è come giocare con i coltelli: puoi farti male”. La storia di Kelly somiglia drammaticamente a quella di numerosi altri ciclisti uccisi dalla depressione, da Luis Ocaña a Frank Vandenbroucke fino al “Chava” Jimenez e a Marco Pantani.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/sport/rss2.0.xml


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