Aveva celato con classe e spirito di squadra la delusione di Bagneres de Bigorre, quando ai propositi di vittoria aveva dovuto sostituire gli applausi per il compagno di team Simon Yates. La forma però c’era, Matteo Trentin ha avuto pazienza, e finalmente a Gap ha raccolto i frutti del suo stato di forma. “Era da Bagneres-de-Bigorre che ci pensavo. La gamba era quella dei giorni migliori, oggi era l’ultima occasione per tanti, me compreso, e l’ho spuntata io”. Vero, era l’ultima occasione per i cacciatori di tappe: dopo infatti, restano il terribile trittico alpino ed il festival dei velocisti a Parigi.
Non è un caso che la fuga sia ambita. Ci entrano in 34: oltre a Trentin altri due italiani, Oss e Pasqualon. Presenti anche professionisti di azioni del genere come Van Avermaet, Rui Costa (che tra l’altro aveva vinto in un precedente a Gap sei anni fa), De Gendt, Clarke, Meurisse (il meglio piazzato in classifica, a 28’25”). Dietro non si combatte per andare a prenderli. Alaphilippe si tiene la gialla, gli altri stanno attenti a non cadere in banalità. Obiettivo raggiunto per tutti.
Alaf ancora in giallo conferma una tradizione. Il Tour infatti arriva a Gap per la 24esima volta e, nonostante sia un traguardo prossimo alle montagne, non c’è mai stato un cambio in vetta alla generale. Altra buona tradizione, consolidata, riguarda gli italiani: quella di Trentin è la sesta vittoria su questo traguardo. Nel Tour in corso invece è il secondo successo italiano dopo la volata di Viviani a Nancy.
A proposito di volate, Trentin è un buon velocista e avrebbe chance nel caso il drappellone giungesse compatto. Ma si capisce che in lui c’è l’irrequietezza dell’attacco. La scremata ai battistrada la dà Oss: grandi tirate e battistrada ridotti a 11. Trentin è freddo e studia la situazione: “Temevo Asgren perché non aveva tirato, va bene in salita ed è abbastanza veloce”. Già, il danese, dispensato dal collaborare essendo un compagno di squadra di Alaphilippe. C’è il Col de la Sentinelle, poi una discesa assai veloce. Trentin anticipa, sceglie la strada della fuga solitaria e gli va bene. Dopo Lione nel 2013 e Nancy nel 2014 è la sua terza vittoria al Tour.
Ora l’attenzione si sposta sulla Alpi: giovedì Vars, Izoard e Galibier. Attenzione e tensione: Luke Rowe e Tony Martin, in prossimità del rifornimento, rischiano di venire alle mani.
“Mi sento molto bene fisicamente e nella testa. Ho mostrato di avere costanza di rendimento e sono sicuro della mia squadra”. E’ il grido di battaglia di Thibaut Pinot, l’uomo che tutta la Francia aspetta, dovesse cedere ancora Alaphilippe, per tornare a mettere le mani sul Tour. Il buon Thibaut è nemico della ‘canicule’ che sta avvolgendo la strade di Francia: un bel problema, tanto che il temporale abbattutosi sul gruppo in gara è stato accolto quasi con sollievo. Si prospetta in finale bollente, in tutti i sensi.