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Ciclismo, Pinot vince sul Tourmalet. Alaphilippe ancora super: secondo e sempre più in giallo

”Allez Juju”. Era scritto su un cartello agitato da una tifosa francese sulle strade del Tour. Fa il verso al diminutivo usato per Laurent Jalabert (Jaja), è il segnale che ormai Julian Alaphilippe ha occupato un posto stabile nel cuore dei francesi, inaridito da tanta astinenza (34 anni) di trionfi alla Grande Boucle. Juju non trema, neanche sul Tourmalet. In molti lo aspettavano al varco sul gigante dei Pirenei e lui tiene. Non dà mai l’idea della sofferenza, anzi… Nel finale rilancia, andandosi a prendere secondo posto e abbuoni.
 
Secondo, perché la tappa viene vinta da un altro francese, Thibaut Pinot. Una vittoria che parte da una sconfitta, quella di Albi del 15 luglio: spazzato via dalla classifica dalla complicità tra una sua distrazione e un colpo di vento. L’altro Pinot, quello che non andava a crono, che vedeva ogni discesa come un tormento, sarebbe stato stritolato dalla proprie inquietudini. Questo Pinot ha reagito, ha spinto al massimo nella crono, ora ha domato il Tourmalet.
 
Alaf e Pinot sono i personaggi da copertina, ma il Tourmalet ha svelato altro. La Ineos ad esempio non sembra più quella corazzata invincibile che controlla anche il particolare insignificante. ”Non mi hanno detto niente dall’ammiraglia”. Sono parole di Egan Bernal, lasciato libero di decidere nel momento più delicato dell’intero Tour del team. Il colombiano fa lo stopper ed arriva quarto: decide bene mentre il suo capitano (ma un’altra giornata del genere e sarà golpe) perde terreno. Geraint Thomas cede: non di schianto, ma cede. Accusa 36”, più di 10 di abbuono, da Pinot: resta secondo nella generale, ma il segnale non è granché. Ma di sconfitti ce ne sono tanti. A parte Bardet, crollato già sul Soulor e che ormai fa relativamente notizia, sul Tourmalet cedono, uno dopo l’altro Quintana, Fuglsang, Uran, e prima ancora Danile Martin e Adam Yates.
 
A proposito di Quintana, interrogativi seri sulla strategia della Movistar. ”Non sapevamo che non fosse in condizione”, ha spiegato Valverde puntando il dito contro il colombiano. Una frase che spiega il gran lavoro, iniziato da lontano, che alla fine ha prodotto uno striminzito sesto posto con Mikel Landa.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/sport/rss2.0.xml


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